TAR Catania, 28.02.2020 n. 500
Con il primo motivo si deduce l’illegittimità dell’aggiudicazione e degli ulteriori atti impugnati poiché l’aggiudicataria, non avendo specificato separatamente i costi della manodopera nella propria offerta economica, doveva essere esclusa dalla procedura di affidamento in questione.
Il Collegio osserva che l’art. 60 del D.Lgs. 19 aprile 2017 n. 56 ha integrato l’art. 95 co. 10 D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 prevedendo l’obbligatorietà nell’offerta economica dell’indicazione separata (anche) del costo della manodopera oltre a quella già prevista del costo della sicurezza aziendale, tranne in caso di affidamento di contratti pubblici di forniture senza posa in opera, servizi di natura intellettuale ed affidamenti diretti.
La ragione della prevista indicazione separata del costo del lavoro è rinvenibile nell’esigenza di consentire alla Stazione appaltante una puntuale verifica della congruità del prezzo offerto con particolare riguardo al rispetto delle tabelle ministeriali, dalle quali, secondo la giurisprudenza (Consiglio di Stato sez. V, 02/08/2018 n. 4785, Cons. Stato, Sez. V, 7/5/2018 n. 2691, 5/10/2017 n. 4644 e Sez. III, 13/10/2015 n. 4699), gli operatori economici possono discostarsi, purché in ragione di giustificazioni attendibili. Si pensi, ad esempio, alle tabelle ministeriali che nella parte in cui individuano un costo medio-orario del lavoro basato su una serie di parametri forfettari (calcolando un certo numero di giorni di ferie, di malattia, ecc…) non precludono al concorrente la possibilità di offrire un costo medio inferiore giustificato, per ipotesi, dalla peculiare esiguità dello scostamento o dall’inadeguatezza di uno dei parametri forfettari rispetto alla propria realtà aziendale o dalla prevedibile diminuzione dei giorni di assenza dei propri lavoratori rispetto a quelle forfettariamente preventivate, ecc… La giurisprudenza, quindi, ammette che dalle tabelle ministeriali ci si possa discostare motivando la ragione per la quale si offre un costo della manodopera inferiore rispetto a quello individuato sulla base del parametro medio stabilito dal Ministero, purché, comunque, sempre pari o superiore rispetto al trattamento salariale minimo inderogabile stabilito dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge (art. 97 co. 6 D.Lgs. 50/2016).
Nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, all’esito delle modifiche apportate dal (“Correttivo”) D.Lgs. n.56/2017, il regime del costo della manodopera è parificato a quello dei costi di sicurezza. Quindi, la mancata indicazione separata dell’uno o dell’altro nell’offerta economica legittima l’esclusione dell’offerente dalla gara, in tal senso deponendo il testo normativo dell’art. 95 co.10 D.Lgs. 50/2016 nella parte in cui, adoperando il modo indicativo ed il tempo presente, chiarisce inequivocabilmente che “nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali …”.
La mancata puntuale indicazione, in sede di offerta, dei costi della manodopera comporta, dunque, necessariamente l’esclusione del concorrente dalla gara, non essendo siffatta lacuna rimediabile attraverso il soccorso istruttorio (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 18/03/2019, n. 3605; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 24/12/2018, n. 28549).
Il Consiglio di Stato ha condiviso la prospettata interpretazione letterale della richiamata disposizione, statuendo che “nell’ambito di una gara pubblica, si intendono violate le disposizioni di cui all’art. 95, co. 10 del D.Lgs. n. 50/2016, laddove l’operatore economico che intenda partecipare alla gara non abbia inserito nell’offerta economica i propri costi della manodopera” (Consiglio di Stato sez. III, 03/07/2019, n. 4556) essendo, quindi, “illegittima la decisione della Commissione di gara di riammettere le imprese escluse per omessa indicazione separata dei costi della manodopera rispetto agli oneri aziendali in presenza di espressa previsione in tal senso della lex specialis di gara, contenente il rinvio all’art. 95, comma 10, d.lg. n. 50/2016. Si tratta infatti, da un lato (per i costi della manodopera) di informazioni che solo l’operatore economico, datore di lavoro, può conoscere, sicché non possono formare oggetto di una precostituita modalità di computo ed imposizione, ai fini dello scorporo dal prezzo, e, dall’altro, (per gli oneri aziendali di adempimento delle disposizioni in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) di costi interni aziendali dell’impresa, da quantificarsi in rapporto all’offerta economica e all’organizzazione propria e autonoma dell’impresa concorrente; sicché, in difetto di una separata indicazione, verrebbe meno l’obiettivo della norma — e della previsione della lex specialis, che espressamente richiedeva, a pena di esclusione, l’osservanza dell’adempimento — che è evidentemente quello di verificare il rispetto delle prescrizioni in materia di retribuzione, assicurazione obbligatoria e sicurezza del lavoro. Si tratta pertanto di violazione sostanziale di una disposizione idonea a determinare una vera incertezza sul contenuto dell’offerta economica e, pertanto, non sanabile con il potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante” (Consiglio di Stato sez. V, 25/09/2018, n. 5513.
Siffatto orientamento, tuttavia, ha destato qualche perplessità nei casi in cui l’obbligo di separata indicazione dei costi della manodopera non fosse stato espressamente esplicitato nel bando o nel disciplinare di gara, al punto da indurre gli operatori economici in errore in relazione alla doverosità o meno dell’adempimento, secondo quanto desumibile dalla lex specialis della procedura.
Si tratta di una vicenda, in parte analoga, a quella delle cause di esclusione non codificate dalla legge e dalla giurisprudenza ritenute in talune ipotesi validamente applicate dalle Stazioni Appaltanti. Si pensi, ad esempio, all’omesso pagamento del contributo previsto dalla legge n.266/2005 in favore dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Questione, come noto, risolta dalla Corte di Giustizia dell’U.E. nel senso che le clausole di esclusione devono essere previste nel bando e devono risultare dai documenti della procedura, essendo, infatti, imposto dai principi di trasparenza, parità di trattamento e chiarezza che le condizioni di partecipazione siano esplicitate nella lex specialis (Corte giustizia UE sez. VI, 02/06/2016, n. 27). In quella pronuncia la Corte di Giustizia dell’U.E. ha ritenuto che il pagamento del predetto contributo era considerato requisito di partecipazione in virtù di un’interpretazione giurisprudenziale estensiva della L. 266/2005 legittimante l’applicazione della disciplina in questione, prevista soltanto per le procedure di affidamento degli appalti di opere pubbliche, anche alle procedure di affidamento degli appalti di servizi. E poiché non ne era agevole la conoscenza soprattutto (ma non soltanto) per le (eventuali) società concorrenti non italiane, non essendo, peraltro, stata prevista nel bando, la sua qualificazione quale requisito di partecipazione a pena di esclusione è stata ritenuta in contrasto con il diritto eurounitario, dovendo, dunque, in siffatti casi la P.A. concedere un termine per consentire alle imprese interessate la regolarizzazione del predetto onere.
Sulla compatibilità con il diritto eurounitario dell’esclusione da una procedura di affidamento di contratti pubblici di un concorrente per omessa specificazione separata dei costi della manodopera nella propria offerta economica allorché siffatto adempimento non fosse stato espressamente richiesto nel bando o nel disciplinare di gara, nonostante la chiarezza del testo dell’art.95 co.10 D.Lgs. 50/2016, si è dubitato al punto da sollevare la questione pregiudiziale interpretativa dinanzi Corte di Giustizia dell’U.E. che, recentemente pronunciandosi, ha così risolto la quesitone: “i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice” (Corte giustizia UE sez. IX, 02/05/2019, n. 309).
L’omessa specificazione, dunque, nella lex specialis dell’obbligo di separata indicazione dei costi della manodopera e della correlativa sanzione dell’esclusione dalla procedura non costituisce, di per sé, circostanza ostativa alla corretta partecipazione delle imprese alle procedure di affidamento dei contratti pubblici ed al rispetto della concorrenza e della par condicio allorché la normativa di riferimento sia chiara sul punto, come certamente deve ritenersi quella in esame contemplata dall’art. 95 co. 10 D.Lgs. 50/2016.
Le prime sentenze della giurisprudenza amministrativa successive alla richiamata pronuncia della Corte di Giustizia dell’U.E. hanno, infatti, sottolineato l’importanza preminente, ai fini della decisione di siffatte tipologie di controversie, della documentazione di gara e della concreta possibilità per le concorrenti di indicare separatamente i costi della manodopera. In tal senso si è espresso il T.A.R. Lazio, sede di Roma, precisando che «I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella Direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la Direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’Amministrazione aggiudicatrice. Ciò significa che, sebbene non sia violativo della normativa comunitaria prevedere una ipotesi di esclusione automatica dalla procedura selettiva per mancata indicazione dei costi della manodopera, è comunque necessario operare una valutazione in concreto sulle indicazioni fornite nella documentazione di gara che non devono dare adito a dubbi circa gli adempimenti richiesti a pena di esclusione» (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 06/06/2019, n. 7324).
Il Collegio osserva che, nella fattispecie in esame, il disciplinare di gara prevedeva per i concorrenti la “possibilità” di avvalersi dell’allegato A per la presentazione della domanda di partecipazione, degli allegati B1 e B2, C e D per le dichiarazioni sostitutive di certificati e di atti di notorietà. Nessun allegato, invece, era previsto per la presentazione dell’offerta tecnica e dell’offerta economica. Le imprese, dunque, erano libere di formulare le loro offerte senza moduli precostituiti, come la documentazione in atti dimostra.
Pertanto, i concorrenti potevano indicare, senza preclusione alcuna, i costi della manodopera, non ostandovi alcun impedimento di tipo formale o procedurale.
-Omissis- S.p.A. ha eccepito l’illegittimità costituzionale della disciplina in esame così come interpretata anche dalla Corte di Giustizia per violazione dei controlimiti enunciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 183/1973, con particolare riguardo ai principi di certezza del diritto e legittimo affidamento. Gli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del D.Lgs. 50/2016, infatti, giustificando la sanzione dell’esclusione dalla procedura di gara di un operatore per omessa osservanza di un adempimento previsto da una norma di legge così come interpretata da una stazione appaltante sarebbero in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.
Il Collegio osserva che la questione di legittimità costituzionale prospettata dall’aggiudicataria implica l’esame della possibile incidenza, sul piano del rispetto della concorrenza, della corretta partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici e della par condicio, della mancata esplicitazione nella lex specialis dell’obbligo di separata indicazione dei costi della manodopera della correlativa sanzione dell’esclusione dalla procedura.
Il Collegio, al riguardo, osserva che l’omessa previsione nel bando e nel disciplinare di gara di un’espressa clausola di esclusione per il caso di mancata indicazione separata dei costi della manodopera non può, di per sé, ingenerare confusione negli operatori economici a fronte del chiaro ed inequivoco tenore dell’art.95 co. 10 D.Lgs. 50/2016. Non può, infatti, ritenersi scusabile l’ignoranza della legge quando la sua interpretazione ed applicazione non desti perplessità alcuna a causa della chiarezza delle espressioni adoperate dal legislatore, come nel caso in esame. Né, peraltro, può ritenersi necessaria un’espressa ripetizione nel bando o nel disciplinare di gara della regola sancita dall’art. 95 co. 10 D.Lgs. 50/2016, poiché altrimenti si perverrebbe alla non condivisibile conclusione secondo cui la disciplina in esame sarebbe meramente dispositiva in quanto rimessa ad una scelta discrezionale degli Enti aggiudicatori ai quali, invece, non è consentita, sul punto, deroga alcuna in ragione proprio della indiscutibile natura imperativa della normativa in questione.
La Corte di Giustizia dell’U.E. ha statuito che il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in caso di mancato rispetto di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal “diritto nazionale vigente”, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C-27/15, EU:C:2016:404, punto 51; v., in tal senso, ordinanza del 10 novembre 2016, Spinosa Costruzioni Generali e Melfi, C-162/16, non pubblicata, EU:C:2016:870, punto 32), precisando poi che «sebbene il giudice del rinvio rilevi che il bando di gara di cui al procedimento principale non richiamava espressamente l’obbligo incombente ai potenziali offerenti, previsto all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici, di indicare, nell’offerta economica, i loro costi della manodopera, dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte risulta tuttavia che il bando in parola specificava che, “[p]er quanto non espressamente previsto nel presente bando, nel capitolato e nel disciplinare di gara si applicano le norme del [codice dei contratti pubblici]”. Ne consegue che qualsiasi offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente era, in linea di principio, in grado di prendere conoscenza delle norme pertinenti applicabili alla procedura di gara di cui al procedimento principale, incluso l’obbligo di indicare nell’offerta economica i costi della manodopera” (Corte giustizia UE sez. IX, 02/05/2019, n. 309).
Considerato, dunque, che secondo l’art. 14 del disciplinare di gara (rubricato “Disposizioni finali”), “per quanto non previsto dal Disciplinare di gara o dal presente capitolato speciale d’appalto si fa espresso riferimento al d.lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii., e, in generale, alla vigente normativa sui contratti della Pubblica Amministrazione” e che, quindi, l’operatività dell’art.95 co.10 D.Lgs. 50/2016 era chiaramente richiamata, l’obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera era perfettamente conoscibile da parte delle società partecipanti alla gara e, pertanto, l’omessa osservanza del prescritto adempimento non può che essere esclusivamente imputato alla negligenza dell’aggiudicataria.
Nessuna violazione degli artt. 3 e 24 Cost. può, dunque, ritenersi perpetrata dall’applicazione della disciplina in esame.
Di conseguenza, l’aggiudicataria, non avendo provveduto a specificare i costi della manodopera così rendendo generica ed incerta nel suo contenuto l’offerta economica presentata e non potendo rimediarvi mediante il soccorso istruttorio, doveva essere esclusa dalla procedura. L’aggiudicazione, pertanto, è illegittima, come correttamente dedotto dalla ricorrente principale.
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