Giudizio sulla gravità delle condanne penali, competenza – Omessa dichiarazione, comporta esclusione – Soccorso istruttorio, inapplicabilità, ragioni – Principio di buona fede, non opera in assenza di condotta dissociativa (Artt. 38, 46)

Consiglio di Stato, sez. V, 02.12.2015 n. 5451
(sentenza integrale)

“In sede di interpretazione della norma, la giurisprudenza univoca di questo Consiglio, l’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici e, da ultimo, l’ANAC, hanno chiarito che spetta all’amministrazione il giudizio sulla gravità delle eventuali condanne riportate, per cui è obbligo del concorrente dichiarare tutti i pregiudizi penali subiti, non competendo al concorrente effettuare valutazioni in ordine alla gravità del reato ascrittogli, perché ciò si risolverebbe nella privazione in capo alla stazione appaltante di conoscenze indispensabili per delibare in ordine alla incidenza del precedente riportato sulla moralità professionale e sulla gravità del medesimo. Ne consegue che in caso di omessa dichiarazioni di condanne penali riportate, è legittimo il provvedimento di esclusione, non potendosi configurare in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione e conseguendo il provvedimento espulsivo alla omissione della prescritta dichiarazione (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 4 gennaio 2012, n. 8; sez. IV, 22 novembre 2011, n. 6153).
In base ai suddetti criteri interpretativi, è incontestabile che l’incompletezza o la falsità delle dichiarazioni di cui all’articolo 38, commi 1 e 2 del d. lgs. n. 163 del 2006 e l’inosservanza degli adempimenti prescritti determinano l’esclusione dell’operatore economico.
2.- Quanto alla novella di cui al comma 1 bis dell’articolo 46 del codice dei contratti pubblici, introdotto dal decreto legge n. 70 del 2011 convertito dalla legge n. 106 del 2011, essa non vale ad evitare l’esclusione del partecipante che non abbia adempiuto all’obbligo di legge di rendere le dovute dichiarazioni ex articolo 38 del Codice, dovendosi intendere la norma nel senso che l’esclusione dalla gara può essere disposta sia nel caso in cui la legge o il regolamento la comminino espressamente sia nell’ipotesi in cui la legge imponga “adempimenti doverosi” o introduca “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente l’esclusione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 16 marzo 2012, n. 1471).
In conclusione deve ritenersi che la disciplina dettata dall’articolo 38 del d. lgs. n. 163 del 2006 non lasci spazi interpretativi al giudice, essendo una disciplina compiuta finalizzata a tutelare l’interesse pubblico di contrarre con soggetti moralmente corretti, affidabili dal punto di vista della moralità professionale, e di reprimere e prevenire fenomeni patologici di notevole gravità che possono pregiudicare il corretto svolgimento dell’attività amministrativa nel delicato settore degli appalti: in quest’ottica sono state individuate e stigmatizzate ipotesi tipiche rilevanti, tra le quali rientra il possesso dei requisiti di moralità professionale anche dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando.
3.- Quanto al principio di buona fede invocato dalle imprese ricorrenti, con riferimento alla circostanza di non aver potuto conoscere per tempo delle vicende penali dei soggetti da essa nominati con funzioni di responsabilità e rappresentatività, esso non opera perché la sanzione dell’esclusione dell’impresa dalla gara non presuppone un comportamento doloso o colposo della concorrente, essendo invece finalizzata alla tutela dell’amministrazione nella delicata attività degli appalti. Invero, l’unica modalità per evitare l’esclusione dalla gara è la dimostrazione di una condotta dissociativa che nel caso non risulta posta in essere né prima, né dopo la conoscenza della condanna penale del direttore tecnico cessato”.

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