Concessioni – Assimilazione agli appalti – Conseguenze in ordine ad avvalimento, criteri di valutazione e metodo di confronto a coppie (Art. 30)

Consiglio di Stato, sez. IV, 09.11.2015 n. 5091
(sentenza integrale)

non è vero che, nelle gare per affidare concessioni, vi sia una preclusione contro l’avvalimento ex art. 49 del Dlg 163/2006, istituto, invece, che ha efficacia generale ed è ammesso, senza sbarramenti rilevanti, per ogni tipo di requisito tecnico, professionale o finanziario. L’avvalimento serve infatti a garantire la massima partecipazione alle gare ad evidenza pubblica, consentendo ai concorrenti, che siano privi di quelli richiesti dal bando, di parteciparvi ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, così agevolando l’ingresso sul mercato di nuovi operatori e, quindi, la concorrenza fra le imprese (cfr. così Cons. St., III, 13 ottobre 2014 n. 5057).
Si tratta di una precisazione assai rilevante, agli occhi del Collegio, se si considera che dal 2013 (cfr. Cons. St., ad. plen., 7 maggio 2013 n. 13), questo Giudice interpreta l’esclusione, posta dall’art. 30, c. 3 del Dlg 163/2006, delle concessioni di servizi dall’ambito delle regole sugli appalti . L’affidamento di queste ultime, conformemente alla giurisprudenza europea e nazionale, deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato UE e dei principi generali sui contratti ad evidenza pubblica, all’uopo distinguendo tra principi e disposizioni. Si devono allora intendere riconducibili ai primi (e quindi estensibili anche alle concessioni di servizi) tutte quelle norme che, pur configurandosi a guisa di disposizioni legislative specifiche, rappresentino la declinazione dei principi generali della materia e trovino la propria ratio immediata nei medesimi principi: siffatte norme sono, dunque, esse stesse come principi generali della materia. In particolare, l’art. 30 sottrae sì dette concessioni alle disposizioni sugli appalti, ma le assoggetta comunque, in coerenza con il precedente art. 27 (principi relativi ai contratti esclusi), al rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità (arg. ex Cons. St., VI, 16 luglio 2015 n. 3571). In aggiunta, l’art. 2, c. 1 del Dlg 163/2006 impone alle procedure inerenti alle concessioni de quibus di rispettare i principi, tra l’altro, di libera concorrenza, non discriminazione, proporzionalità e pubblicità, con le modalità indicate nello stesso decreto n. 163. Sicché il ripetuto art. 30 s’inserisce nell’ottica della progressiva assimilazione delle concessioni stesse agli appalti (arg. ex Cons. St., VI, 4 giugno 2015 n. 2755), nel senso di renderne omogenee le regole di scelta del contraente. Così l’asserito (dall’ATI appellante) intuitus personae, che a suo dire connoterebbe il regime delle concessioni di servizi, al più è divenuto un concetto se non contrario, certo recessivo secondo le norme UE, nella misura in cui anche l’affidamento in concessione, pur non tollerando la sussunzione in blocco di tutto il Codice degli appalti pubblici, dev’esser preceduto dall’applicazione rigorosa, tra gli altri, dei principi di pubblicità, concorsualità e tutela della concorrenza.
7. – Se, dunque, l’avvalimento è predicato quale strumento anche per aumentare la libera concorrenza nel mercato delle commesse pubbliche (ossia, della messa a disposizione delle utilità collettive nei confronti delle imprese del settore) poiché consente all’impresa ausiliata d’utilizzare tutti i requisiti di capacità economica e tecnica dell’impresa ausiliaria (compresa la certificazione di qualità: cfr. in questi termini Cons. St., IV, 3 ottobre 2014 n. 4958), allora è anch’esso modo con cui in concreto si attua un principio indefettibile tra le regole di detto mercato.
Non sfugge certo al Collegio che, a seconda del tipo di bene pubblico da concedere e della natura e particolare sensibilità degli interessi collettivi coinvolti, la lex specialis di gara potrebbe delineare, negli ovvi limiti di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza, un concorso solo tra soggetti ad alta qualificazione e, quindi, idonei per le loro esclusive qualità a gestire il bene. Ma nemmeno si può sottacere che una tal vicenda rientra nei poteri discrezionali (si badi, e non arbitrari) d’ogni ente aggiudicatore nella scelta della platea dei possibili concorrenti e dei modi di aggiudicazione, onde essa non è un connotato peculiare delle concessioni. E pure ad accedere alla tesi restrittiva attorea, non irrazionale è quella clausola della lex specialis, pure per le concessioni e come nella specie, che fissi l’utilizzabilità dell’avvalimento in base alle regole proprie di questo, le quali appunto svolgono in concreto l’attuazione della libera concorrenza. (…)
Non dura fatica il Collegio a concedere all’ATI appellante che la questione dedotta s’incentri non sul fatto in sé che la lex specialis non abbia previsto i sub-criteri e i sub-pesi o i sub-punteggi per ciascun criterio di valutazione dell’offerta tecnica, bensì sul più stringente obbligo di motivazione imposto al seggio di gara nell’attribuzione dei punteggi quando non vi sia tal previsione. Questa, per vero ed in base all’art. 83, c. 4, del Dlg 163/2006, serve in pratica a limitare discrezionalità della commissione aggiudicatrice nella specificazione di sub-criteri e sub-punteggi, escludendo così ogni facoltà in capo al medesimo seggio di gara d’integrare la lex specialis (cfr. così Cons. St., V, 15 maggio 2013 n. 2625; id., 13 maggio 2014 n. 2430).
Spetterebbe allora a quest’ultimo di prevedere e specificare, se del caso, gli eventuali sottocriteri, oppure di meglio motivare le ragioni di ciascun punteggio assegnato (arg. ex Cons. St., V, 19 aprile 2013 n. 2214).
Sennonché il citato art. 83, c. 4 non obbliga la lex specialis ad introdurre sub-criteri e sub-punteggi, poiché essi devono esser stabiliti a priori solo «ove necessario», ossia se v’è la reale esigenza che, fin dalla formulazione del bando, ogni concorrente sia posto in grado di formulare la propria offerta tecnica, conoscendone gli elementi che verranno presi in considerazione . (…)
Circa l’uso del confronto a coppie, è tanto jus receptum, quello sì — tanto da esimere il Collegio da ogni pignolesca citazione —, il concetto per cui, una volta accertata la correttezza dell’applicazione del predetto metodo, o quando non ne sia stato accertato l’uso distorto o irrazionale, non c’è spazio alcuno per un sindacato di questo Giudice nel merito dei singoli apprezzamenti effettuati e, in particolare, sui punteggi attribuiti nel confronto a coppie, che indicano il grado di preferenza riconosciuto ad ogni singola offerta in gara, con l’ulteriore conseguenza che la motivazione delle valutazioni sugli elementi qualitativi risiede nelle stesse preferenze attribuite ai singoli elementi di valutazione considerati nei raffronti con gli stessi elementi delle altre offerte .. In ciò s’incentra la manifesta infondatezza, nel caso di specie, della pretesa attorea, che insiste, ma senza curarsi di giustificarne l’applicazione alla vicenda in esame, su un meccanico richiamo di principi espressi altrove e per altre ragioni dalla giurisprudenza di questo Giudice”.

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