In proposito, va evidenziato che la causa d’incompatibilità prevista dall’art. 77 comma 4 d. lgs. n. 50/16 non è espressione di un principio generale ed indefettibile delle procedure ad evidenza pubblica ma semplicemente il frutto di una scelta legislativa conseguente ad una valutazione di mera opportunità finalizzata a preservare l’autonomia di giudizio dei commissari che hanno svolto altre funzioni amministrative nell’ambito della medesima procedura; tale autonomia, però, facendo riferimento a funzioni amministrative già svolte, non si identifica con l’imparzialità che, ai sensi dell’art. 97 Cost., deve necessariamente caratterizzare l’attività della pubblica amministrazione (e, con riferimento all’ipotesi in esame, dei componenti dell’organo collegiale) e che attiene al diverso piano della ponderazione degli interessi pubblici e privati rilevanti nella fattispecie.
Del resto, che tale causa d’incompatibilità sia l’espressione di una scelta legislativa e non già di un principio generale necessario è confermato dalla successiva evoluzione normativa: infatti, l’art. 93 d. lgs. n. 36/23 (non applicabile ratione temporis alla fattispecie), ha eliminato l’ipotesi di incompatibilità endoprocedimentale perché, come emerge dalla relazione illustrativa del nuovo codice, tale incompatibilità “aveva comportato disagi alle stazioni appaltanti (specie di dimensioni ridotte) impendendo loro di nominare commissari dipendenti che nelle fasi precedenti della procedura si erano occupati dell’appalto” per cui “si è reputato opportuno superare la presunzione di condizionamento sulla scelta dell’aggiudicataria, preferendo l’idea che essi, conoscendo in maniera più approfondita l’oggetto dell’appalto, possano più agevolmente individuare l’offerta migliore”.