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Suddivisione in lotti ed accesso alle gare delle Micro Piccole Medie Imprese

Consiglio di Stato, sez. V, 23.11.2023 n. 10057

È noto come il regime relativo alla suddivisione in lotti delle pubbliche commesse assolva essenzialmente a una funzione pro-concorrenziale, e in specie di favor partecipationis per l’accesso alle gare delle Mpmi, obiettivo, questo, perseguito su più livelli e con strumenti diversificati tanto dal legislatore interno quanto da quello eurounitario (cfr. al riguardo, inter multis, da ultimo Cons. Stato, III, 24 ottobre 2023, n. 9205; V, 15 febbraio 2023, n. 1607).
In tale prospettiva, l’art. 51, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, già richiamato, stabilisce la regola per cui «Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. È fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti».
La disposizione vale a stabilire non già un obbligo assoluto e inderogabile di suddivisione in lotti, bensì un favor per tale suddivisione, anch’essa – come già posto in risalto – a beneficio delle Mpmi (inter multis, cfr. Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020, n. 973; 27 novembre 2020, n. 7455; III, 14 ottobre 2020, n. 6209; 30 settembre 2020, n. 5746; IV, 19 giugno 2023, n. 5992).
Tale favor, in conformità con quanto previsto dall’art. 46, par. 1, direttiva 2014/24/Ue (si precisa sin d’ora: non applicabile alla fattispecie, in quanto l’appalto controverso rientra nei settori speciali, ex artt. 114, comma 2 e 118 d.lgs. n. 50 del 2016, essendo sottoposto all’applicazione della direttiva 2014/25/Ue, come emerge anche dal bando di gara), si traduce ex art. 51, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 nell’obbligo di legge in capo alle amministrazioni di fornire «motiva[zione della] mancata suddivisione dell’appalto in lotti», motivazione che deve essere espressa nell’ambito di alcuni precisi atti della procedura, e cioè il «bando di gara o [la] lettera di invito e [la] relazione unica» (art. 51, comma 1, cit.).
Come posto in risalto dall’appellante, tale disposizione non trova diretta applicazione nel caso di specie: suo presupposto applicativo è infatti la «mancata suddivisione dell’appalto in lotti», nella specie assente, proprio perché l’appalto è stato ripartito in sei lotti funzionali (cfr., al riguardo, Cons. Stato, V, 20 settembre 2021, n. 6402, in cui si pone in risalto che “a chi si adegua ad un precetto non si può richiedere (né è lecito attendersi) alcuna giustificazione perché la condotta conforme al precetto è la forma con la quale il destinatario manifesta la sua adesione ad esso. Al contrario, è colui che non si adegua che deve giustificarsi per evitare la sanzione. E la giustificazione può consistere nella prova di trovarsi in uno dei casi in cui la regola fa eccezione”).
Il che non implica tuttavia che, per il solo fatto di aver previsto una suddivisione in lotti, l’amministrazione sia sic et simpliciter esonerata da ogni dovere istruttorio e motivazionale al riguardo e in ordine alla configurazione della procedura (cfr., recentemente, Cons. Stato, n. 9205 del 2023, cit.); al contrario, vuol significare soltanto che la stazione appaltante non è tenuta in tal caso a motivare il fatto di avere scelto (nell’an) la ripartizione della gara in lotti (prediletta dalla legge), ma non implica anche che la stessa stazione appaltante non sia tenuta per questo, ipso facto, a manifestare alcunché in ordine alla conformazione dei lotti e strutturazione della gara.
Come affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, infatti, al pari di qualsiasi scelta della pubblica amministrazione, anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa, e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca a circoscrivere tale sindacato nei consueti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria (Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1038; VI, 2 gennaio 2020, n. 25).
Il che, evidentemente, non può non valere anche per la conformazione dei lotti, sul piano qualitativo e dimensionale, anch’essa espressiva appunto di esercizio di discrezionalità tecnico-economica, che deve risultare ragionevole e proporzionato (e, previamente, adeguatamente istruito), anche a mente della previsione per cui «Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese» (art. 51, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016).
In tale prospettiva, seppure – al pari della scelta di suddividere la gara in lotti, in sé non inderogabile – “in caso di frazionamento le amministrazioni aggiudicatrici non sono tenute a dimensionare i lotti a misura delle PMI”, posto che “non si rinviene né nella normativa nazionale né nella direttiva 24/2014/UE l’obbligo di suddividere l’appalto in lotti e di dimensionare i lotti in modo da garantire la partecipazione alle PMI” (Cons. Stato, III, 28 dicembre 2020, n. 8440), nondimeno occorre che la scelta (discrezionale) effettuata sia rispettosa dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza istruttoria (Cons. Stato, n. 1038 del 2017, cit.), e conseguentemente sia sorretta da un’adeguata motivazione che di ciò dia conto e costituisca espressione (cfr. Cons. Stato, n. 8440 del 2020, cit.; Id., III, 21 marzo 2019, n. 1857; 4 marzo 2019, n. 1491 e 1486; 26 febbraio 2019, n. 1350; 26 settembre 2018, n. 5534 e n. 5528, tutte relativi a fattispecie con una pluralità di lotti).
Ne consegue che, in caso di prevista suddivisione in lotti, sebbene non trovi diretta applicazione l’obbligo di motivazione di cui all’art. 51, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, nondimeno la scelta discrezionale fatta propria dall’amministrazione nel conformare e dimensionare i lotti non potrà essere irragionevole, sproporzionata o carentemente istruita, e dunque per tale via – e in tale specifica prospettiva – dovrà risultare motivata.
Il che trova peraltro spiegazione e giustificazione anche nel portato parzialmente diverso che il dovere motivazionale assume nelle due ipotesi: mentre in caso di opzione per il lotto unico l’amministrazione è tenuta di per sé a motivare ex lege il perché della scelta di non operare una ripartizione in lotti, e dunque (anche) di riservarsi un unico interlocutore nell’affidamento, nel caso di (accolta) suddivisione, è chiamata piuttosto a una determinazione proporzionata, ragionevole e ben istruita sul quomodo della suddivisione, e che per tale via e con tale prospettiva deve essere dunque adeguatamente motivata.
Difatti, un’immotivata scelta di confezionamento di lotti d’importo spropositato, ovvero di aggregazione nel medesimo lotto di prestazioni eterogenee e non funzionalmente collegate, può risultare sproporzionata od irragionevole, e dunque illegittima (cfr., rispettivamente, Cons. Stato, n. 1038 del 2017, cit.; n. 1607 del 2023, cit.; Id., V, 27 novembre 2020, n. 7455; III, 6 aprile 2020, n. 2293; n. 6209 del 2020, cit.; Id., V, n. 793 del 2020, cit.; nonché Cons. Stato, V, 27 dicembre 2017, n. 6087; V, 26 giugno 2017, n. 3110), tenuto conto peraltro che ai sensi dell’art. 51, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 è fatto divieto alle stazioni appaltanti, non solo di suddividere in lotti la commessa a fini elusivi dell’applicazione del codice dei contratti pubblici, ma anche di «aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti».

Suddivisione in lotti – Vincolo di aggiudicazione esteso a unico centro decisionale – Inammissibilità (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Roma, 25.07.2023 n. 12625

Pur non potendosi “escludere a priori che, nell’esercizio della discrezionalità dell’art. 51, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 la stazione appaltante, a determinate condizioni, estenda il c.d. vincolo di aggiudicazione alle imprese appartenenti allo stesso gruppo, ove ciò non sia previsto dalla legge di gara non è mai possibile inferire dall’introduzione del limite di aggiudicazione dei lotti per ciascun offerente un divieto di partecipazione a lotti diversi da parte di imprese in situazioni di collegamento” (Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2021, n. 2350; questa pronuncia richiama a sua volta l’orientamento che enfatizza “la finalità pro-concorrenziale dello strumento che l’art. 51, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, rimette alla scelta discrezionale della stazione appaltante […], evidenziando come spetti a quest’ultima individuare la formula di sintesi che valga per il bilanciamento complessivo degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento, alla stregua dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza”, con la conseguenza che “le determinazioni in concreto adottate si prestano ad essere sindacate in sede giurisdizionale solo sotto i profili della ragionevolezza e della proporzionalità”).

Muovendo da tali punti, la sentenza in rassegna ha concluso nel senso che “nel silenzio della legge di gara l’eventuale vincolo di partecipazione/aggiudicazione non si estende anche alle imprese sostanzialmente riconducibili allo stesso centro decisionale, fatta salva una diversa ed espressa eccezione in tal senso della lex specialis (diretta ad estendere il vincolo anche a tali situazioni di collegamento/controllo societario)”.

Da quanto detto segue l’infondatezza della doglianza in esame, posto che il vincolo di aggiudicazione in concreto delineato dalla lex specialis non risulta esteso alle situazioni di collegamento o controllo societario tra i partecipanti (con conseguente ininfluenza della questione relativa alla rilevanza solo in ambito antritrust della nozione di “impresa unica”; la controinteressata richiama in proposito Corte giust. UE, sez, I, 8 maggio 2013, in causa C-508/11, parr. 80 ss.).

 

Suddivisione in lotti – Carenza di una specifica e adeguata motivazione della scelta di non suddividere – Illegittimità (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 15.02.2023 n. 1607

7.4. Orbene, l’appellante -OMISSIS- sostiene che non avrebbe dovuto disporre la suddivisione in lotti della procedura di gara e che, comunque, non doveva motivare una scelta siffatta.
7.5. Così non è.
L’art. 51 del D. Lgs. n. 50/2016, al comma 1, dispone che: “Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. È fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti”.
7.5.1. In primo luogo, va rilevato che la regola della suddivisione in lotti risponde all’esigenza di apertura del mercato ed opposizione alla creazione di posizioni monopolistiche o, comunque, di predominio, obiettivo ritenuto meritevole dal legislatore per la convinzione- che v’è sottesa- che per questa via si possa migliorare l’efficienza del servizio all’utenza e, dunque, in ragione delle stesse preoccupazioni che l’appellante assume a fondamento della sua critica alla regola della suddivisione in lotti (si veda negli stessi termini Cons. Stato, V, 20 settembre 2021, n. 6402).
Infatti, la suddivisione in lotti di una procedura di gara favorisce l’apertura del mercato alla concorrenza, rendendo possibile la presentazione dell’offerta anche da parte delle piccole e medie imprese (c.d. P.M.I.), poiché consente alla stazione appaltante di richiedere requisiti di partecipazione che, in quanto parametrati su singoli lotti, sono inevitabilmente meno gravosi di quelli che, in termini di capacità economica e prestazionali, sarebbero richiesti per la partecipazione all’intera procedura di gara; requisiti questi ultimi dei quali sono in possesso solo imprese di grandi dimensioni.
In definitiva, l’apertura alla concorrenza è realizzata rendendo possibile la formulazione di un’offerta che, invece, per una procedura unitaria, non sarebbe neppure proponibile.
7.5.2. Come poi correttamente osservato dal primo giudice, il rafforzato favor per la suddivisione dell’appalto in lotti è dovuto alla crescente attenzione riservata dal legislatore europeo all’accesso al mercato delle commesse pubbliche da parte delle P.M.I., costituendo la riduzione del valore dei contratti un efficace incentivo alla partecipazione degli operatori di mercato di più ridotte dimensioni alle procedure di affidamento.
Ed infatti la Direttiva 2014/24/UE, al Considerando 2, dopo avere premesso che “gli appalti pubblici ….. costituiscono uno degli strumenti basati sul mercato necessari alla realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva garantendo contemporaneamente l’uso più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici”, afferma che tra le proprie primarie finalità vi è quella di aggiornare la precedente Direttiva 2004/18/CE “in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica, facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici e permettendo ai committenti di farne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale”.
Il considerando 78 precisa, poi, che “le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti” e che “se l’amministrazione aggiudicatrice decide che non è appropriato suddividere l’appalto in lotti, la relazione individuale o i documenti di gara dovrebbero contenere un’indicazione dei principali motivi della scelta dell’amministrazione aggiudicatrice. Tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.
L’art. 46 della stessa Direttiva afferma, infine, che “Le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati e possono determinare le dimensioni e l’oggetto di tali lotti. … Le amministrazioni aggiudicatrici indicano i motivi principali della loro decisione di non suddividere in lotti; tali motivi sono riportati nei documenti di gara o nella relazione unica di cui all’articolo 84”.
7.5.3. Si tratta, insomma, di una misura pro-concorrenziale (che, come chiarito dalla giurisprudenza, trova applicazione anche alle procedure di affidamento di contratti di concessione di servizi, per i quali analogamente si pone l’esigenza di massima apertura del mercato che tale regola è diretta a garantire: cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 novembre 2018, n. 6611; sez. V, 21 marzo 2018, n. 1811), espressamente volta ad assicurare la maggiore partecipazione possibile alle gare di imprese di non grandi dimensioni.
La giurisprudenza è assolutamente concorde nel dare la esposta lettura della disposizione in esame, rimarcando più volte non solo la legittimità, ma anche il rispetto del principio del buon andamento nella divisione di un pubblico appalto in lotti, con il rammentare che in materia di appalti pubblici è senz’altro principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto regola diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese e funzionale alla tutela della concorrenza (Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020 n. 973); della quale vi è violazione anche in caso di previsione di lotti di importo spropositato (Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1038) e riferiti ad ambiti territorialmente incongrui (così Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 2020, n. 7455; ma di identico tenore: sez. III, 21 gennaio 2021, n. 4762; III, 12 febbraio 2020, n. 1076; V, 11 gennaio 2018, n. 123).
7.5.4. L’art. 51 consente, inoltre, alla stazione appaltante di derogare alla regola della suddivisione in lotti per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito. Infatti, poiché l’art. 51, comma 1, del codice è norma giuridica costruita nella forma linguistica della proposizione prescrittiva (di modo che colui che non si adegua al precetto, non manifestando ad esso adesione, deve giustificarsi per evitare la sanzione, fornendo la prova di trovarsi in uno dei casi in cui la regola fa eccezione, come già chiarito da Cons. Stato, V, 6402/2021), in coerenza, il legislatore onera la stazione appaltante di motivare la scelta di non suddividere la procedura di gara in lotti, ossia di non adeguarsi al precetto.
In conclusione, il principio della suddivisione in lotti, prevista dall’art. 51 del codice può, dunque, essere derogato, attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) ed è espressione di scelta discrezionale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081), il cui concreto esercizio deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 21 marzo 2019, nr. 1857; Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1222; Consiglio di Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044; Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2018, nr. 1138; Cons. Stato, Sez. III, 13 novembre 2017 n. 5224; Sez. V, 6 marzo 2017, nr. 1038).
7.6. Acclarato dunque che nella procedura in esame ricorrevano i presupposti fattuali che consentivano di far applicazione della regola della suddivisione in lotti, prevista dalla legge per la più sicura realizzazione della finalità enunciata in apertura dell’art. 51 cit. (“…favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese”) e che- secondo la univoca interpretazione fornita dalla giurisprudenza – l’attenuazione di tale precetto è subordinata all’esternazione di una specifica e congrua motivazione che dia conto dei vantaggi economici e/o tecnico – organizzativi derivanti dall’opzione del lotto unico, esplicitando le ragioni per cui detti obiettivi siano prevalenti sull’esigenza di garantire l’accesso alle pubbliche gare ad un numero quanto più ampio di imprese e in particolare alle imprese di minori dimensioni (Cons. Stato, Sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857 e Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044), deve qui rilevarsi come, nel caso di specie, gli atti di gara sono, invece, del tutto privi di ogni esternazione delle ragioni alla base della opzione per l’articolazione della gara in un lotto unico. Infatti, il bando impugnato non reca alcuna motivazione in ordine all’omessa suddivisione dell’appalto in lotti né essa si evince dal complesso degli atti di gara dai quali emerge, piuttosto, che l’affidamento ha ad oggetto un servizio di spedizione e notifica degli atti giudiziari, che ricade prevalentemente (ossia per “circa il 90%” dei casi) nel territorio della Provincia di -OMISSIS-, così che risulta astrattamente configurabile la suddivisione dell’appalto in almeno due lotti “funzionali”, ossia quello regionale e quello nazionale.

Suddivisione in lotti : applicazione del vincolo di aggiudicazione in caso di imprese collegate (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 21.10.2022 n. 9003

L’istituto del vincolo di aggiudicazione, come disciplinato dall’art. 51, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, può avere una duplice finalità, indicata dal considerando 79 della direttiva 2014/24/UE, che facoltizza le stazioni appaltanti a limitare il numero dei lotti aggiudicabili al medesimo operatore economico “allo scopo di salvaguardare la concorrenza o per garantire l’affidabilità dell’approvvigionamento”: conseguentemente, la norma attributiva del potere (concepito in termini di mera facoltà) di imporre il vincolo di aggiudicazione non attribuisce alla singola stazione appaltante la sola facoltà di frammentare gli affidamenti per “garantire una maggiore efficacia delle prestazioni”, ma anche il potere di limitare la concentrazione di commesse pubbliche in capo ai medesimi soggetti, nel contesto di una disposizione (il citato art. 51) che ha proprio la finalità di escludere concentrazioni.
L’orientamento consolidato della giurisprudenza è nel senso che la discrezionalità di cui all’art. 51, commi 2 (vincolo di partecipazione) e 3 (vincolo di aggiudicazione), se si esercita nell’an (con l’introduzione del vincolo quantitativo di partecipazione e/o di aggiudicazione) a fortiori trova applicazione nel quomodo (quanto alla scelta di estendere o meno tale vincolo anche alle società che formano un unico centro decisionale): senza che sussista uno specifico e formalistico onere di specificazione, nella lex specialis, circa tale estensione, in quanto ricavabile dal sistema.
Quando, pur nell’apparente diversità soggettiva delle offerte presentate per lotti diversi, plurimi ed univoci indici sintomatici rivelino il dato oggettivo della sostanziale unicità dell’offerta prestazionale, si è in presenza non un mero collegamento societario, ma piuttosto di una sostanziale identità imprenditoriale e finanche aziendale dietro lo schermo formale di una apparente diversità soggettiva; in tal caso l’applicazione del vincolo di aggiudicazione risponde non solo a tutelare l’interesse pro concorrenziale, ma anche a proteggere l’affidamento riposto dal committente sulle reali caratteristiche imprenditoriali dello specifico soggetto tenuto a rendere la prestazione.

Tutela della concorrenza ed esigenze di efficiente erogazione del servizio

Consiglio di Stato, sez. III, 12.10.2021 n. 6839

 -Omissis- ha operato un bilanciamento ragionevole e logico fra tutela della concorrenza ed esigenze correlate ad una efficiente ed efficace prestazione del servizio in relazione alle caratteristiche strutturali del relativo bacino di utenza, attraverso una divisione in lotti geografici e per base d’asta, “tenendo conto dell’ambito territoriale di riferimento per una adeguata organizzazione e gestione dei team residenti e non residenti”.
Tale motivazione, lungi dall’essere apodittica ed apparente (come ritenuto dall’appellante: con un percorso argomentativo che sfocia nella sostituzione delle proprie, soggettive valutazioni a quelle della stazione appaltante), risulta peraltro conforme all’istruttoria procedimentale.
La circostanza che in alcuni lotti siano state accorpate più Aziende Sanitarie non prova nulla nella prospettiva dell’illogicità della scelta, qualora – come nel caso di specie – tale accorpamento sia comunque conforme al criterio territoriale di cui sopra: non risultando, e non avendolo peraltro neppure dedotto l’appellante, che gli accorpamenti in questione siano stati individuati e definiti in deroga al ridetto criterio.
L’accorpamento nel medesimo lotto di Aziende non ricadenti in ambiti territoriali eterogenei confermerebbe semmai la ragionevolezza del criterio e la sua effettiva funzionalizzazione agli interessi collettivi portati dalla stazione appaltante.
[…]
È proprio il diritto comunitario ad insegnare che la tutela della concorrenza, che qui dunque appare garantita, può essere peraltro recessiva (o quanto meno bilanciata) rispetto alle esigenze sottese ad una efficiente ed efficace erogazione del servizio, in ragione della prevalenza funzionale, nella disciplina (anche comunitaria) degli appalti pubblici, del profilo causale inerente le ragioni della domanda pubblica: “Va anzitutto osservato che il fatto che la disciplina degli appalti pubblici sia ispirata al valore della tutela della concorrenza non vuol dire che ciò comporti una restrizione sul piano della qualità delle prestazioni che può richiedere l’amministrazione (secondo un parametro di proporzionalità), specie a fronte di un servizio pubblico così delicato. A partire alla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99, è acquisito il principio per cui la tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego). La positivizzazione di tale principio è scolpita nella direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4), confermando l’impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 1076/2020).
Tale principio, positivizzato con riferimento alla disciplina dei requisiti, rileva evidentemente – per identità di ratio – anche quale criterio che orienta il margine di discrezionalità di cui dispone la stazione appaltante (con il limite della logicità e della ragionevolezza) nell’individuazione dei lotti, a tutela delle esigenze dell’amministrazione rilevanti sul piano dell’organizzazione del servizio.

Riferimenti normativi:

art. 30 d.lgs. n. 50/2016

art. 51 d.lgs. n. 50/2016

Suddivisione in lotti – Vincolo di aggiudicazione – Logicità e ragionevolezza (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 12.10.2021, n. 6837

5.2. In argomento osserva il Collegio che una connessione fra i commi 1 e 3 dell’art. 51 cod. contr. pubbl. effettivamente sussiste, anche se non nel senso inteso dall’appellante. Occorre infatti anzitutto verificare se la suddivisione in lotti sia ragionevole; in caso affermativo la mancanza del vincolo di aggiudicazione non comporta un vulnus per la tutela della concorrenza. Nella giurisprudenza della Sezione si è infatti più volte affermato che la mancata previsione del vincolo di aggiudicazione non comporta ex se illegittimità della procedura: sentenze nn. 3683/2020, 4361/2020. […] Tale ricostruzione, che ha il pregio di coniugare razionalmente la tutela della concorrenza per il mercato con la tutela della concorrenza nel mercato, ad avviso del Collegio rappresenta l’unica compatibile con il dato testuale e, per la ragione appena esposta, con la disciplina comunitaria: la cui finalità proconcorrenziale non va intesa acriticamente, ma appunto, come segnalato dalla decisione da ultimo citata, in relazione agli effetti economici complessivi della decisione avente ad oggetto la struttura del lotto.
5.3. Dunque la questione di fondo, come sintetizzata dall’appellante nella memoria di replica (l’amministrazione deve o motivare sulla suddivisione in lotti, oppure deve porre il vincolo di aggiudicazione), configura un’alternativa in realtà non conforme al paradigma normativo, come la Sezione ha da ultimo precisato nella sentenza n. 4683/2021: “La suddivisione in lotti di cui all’art. 51 D.lgs 50/2016 è prevista a tutela delle piccole e medie imprese al fine di consentire la loro partecipazione e, dunque, è posta a tutela della libera concorrenza. L’appalto in questione prevede la fornitura dall’oggetto necessariamente unitario, motivo per cui la suddivisone in lotti in termini geografici non appare difforme rispetto al precetto normativo. La previsione di vincoli di partecipazione o di aggiudicazione rientra tra le facoltà dell’amministrazione e non si risolve in un obbligo, come anche indicato nella Direttiva 2014/24/UE. La scelta della Stazione appaltante è frutto di un bilanciamento tra tutela della concorrenza da una parte, ed esigenze tecnico-economiche dall’altra, afferenti l’interesse pubblico alla prestazione di cui è attributaria l’amministrazione, per cui la suddivisione in lotti geografici su base d’asta non risulta irragionevole o illegittima, e, come affermato da recente giurisprudenza, sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie. (Cons. Stato, Sez. V, n. 123/2018; Sez. III n. 1076/2020) […]. Il problema si sposta dunque sulla logicità e ragionevolezza della suddivisione in lotti: che, come chiarito, nel caso di specie è risultata conforme ad un plausibile bilanciamento fra le esigenze di tutela della concorrenza e quelle correlate alla organizzazione sul territorio della prestazione oggetto dell’appalto”.
È la ragionevolezza intrinseca della suddivisione, e non la sua formale motivazione, a rilevare.
5.4. Il problema, come da ultimo richiamato, deve allora spostarsi sulla logicità e ragionevolezza della suddivisione in lotti in sé (oggetto specifico del secondo motivo di appello): laddove l’appellante dà per scontato che nel caso di specie essa sia irragionevole ed anticoncorrenziale. […] La circostanza che in alcuni lotti siano state accorpate più Aziende Sanitarie non prova nulla nella prospettiva dell’illogicità della scelta, qualora – come nel caso di specie – tale accorpamento sia comunque conforme al criterio territoriale di cui sopra: non risultando, e non avendolo peraltro neppure dedotto l’appellante, che gli accorpamenti in questione siano stati individuati e definiti in deroga al ridetto criterio. L’accorpamento nel medesimo lotto di Aziende non ricadenti in ambiti territoriali eterogenei confermerebbe semmai la ragionevolezza del criterio e la sua effettiva funzionalizzazione agli interessi collettivi portati dalla stazione appaltante. […]
5.5. In ogni caso osserva il Collegio che, in applicazione della giurisprudenza della Sezione sopra richiamata, dalla quale non si ravvisa ragione per discostarsi, anche ove fossa fondata la premessa maggiore del sillogismo posto a fondamento dell’appello (quella per cui i lotti sarebbero stati dimensionati in modo irragionevolmente ampio), in ogni caso non sarebbe fondata la relativa conclusione: giacché una eventuale suddivisione ragionevole […] in lotti più piccoli, priva del vincolo di aggiudicazione (proprio in ragione della supposta ragionevolezza della scelta dimensionale: secondo la lettura combinata dei due istituti che l’appellante sollecita), comunque avrebbe consentito in astratto il medesimo risultato, vale a dire l’aggiudicazione di tutti i lotti alla medesima impresa (che avesse presentato l’offerta più conveniente per l’amministrazione). A ben vedere, la tesi […] secondo la quale è il combinato fra dimensione del lotto e mancanza del vincolo di aggiudicazione a costituire un ostacolo alla concorrenza) prova troppo. Ove essa fosse accolta (contro il dato testuale, come già osservato), si avrebbe che l’amministrazione sarebbe costretta a scartare in alcuni lotti le offerte più convenienti, per il sol fatto di dover garantire una pluralità di imprese contraenti: il che non coincide esattamente con la nozione di tutela della concorrenza propria del diritto comunitario degli appalti pubblici, che ha riguardo – ferma restando la libertà di accesso al mercato per ciascuna impresa, sufficientemente attrezzata rispetto al singolo contratto (dimensionato sulla base delle irrinunciabili esigenze della collettività sottese alla domanda pubblica) – ad un ragionevole bilanciamento fra esigenze organizzative ed economiche dell’amministrazione e possibilità per le imprese di aggiudicarsi la commessa.

Limite di aggiudicazione dei lotti “ allargato ” all’ unitario centro decisionale (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 27.09.2021 n. 6481

2.- Vale osservare, in premessa ed in termini generali, che, come riconosciuto anche nella sentenza gravata, la ratio dell’imposizione del limite di aggiudicazione dei lotti è quella di favorire la massima partecipazione possibile da parte delle piccole e medie imprese, sicché esso costituisce senz’altro uno strumento proconcorrenziale, conforme alle previsioni dell’art. 51, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, rimesso alla scelta discrezionale della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, III, 18 gennaio 2021, n. 518).
Sul punto, importa, tuttavia, chiarire e precisare che la logica che sorregge – in un contesto evidenziale programmaticamente strutturato, ai sensi del comma 1 dell’art. 51 del d. lgs. cit., dalla (mera) suddivisione dell’appalto in lotti (funzionali o prestazionali) – l’opzione (distinta, autonoma ed ulteriore) per una limitazione quantitativa del “numero dei lotti che possono essere aggiudicati a ciascun offerente” esibisce una sua concreta specificità, che qualifica e connota il (generico) obiettivo del favor per l’apertura competitiva al mercato (essenzialmente a salvaguardia delle imprese minime, piccole e medie) nel senso di una (più rigorosa ed incisiva) limitazione a forme di concentrazione, accaparramento e acquisizione centralizzata delle commesse pubbliche.
Si deve, invero, rimarcare che, laddove la suddivisione in lotti rappresenta, in quanto tale, una opzione regolare ed ordinaria, come tale connotata da sindacabile discrezionalità negativa (al segno che l’art. 51, comma 1 cit. – dettato in recepimento dell’art. 46 della direttiva 2014/24/UE e dell’art. 65 della direttiva 2014/25/UE, in conformità al criterio di delega di cui alle lettere dd) e ccc) della l. n. 11/2016 – impone una congrua e circostanziata motivazione, nel corpo degli atti indittivi o nelle “relazioni uniche” di cui agli artt. 99 e 139, del mancato frazionamento: cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2017, n. 272; Id., sez. V, 11 gennaio 2018, n. 123; Id., sez. III, 12/02/2020, n. 1076), il vincolo quantitativo di aggiudicazione (come, prima ancora, l’eventuale limitazione del numero di offerte proponibili in relazioni ai singoli lotti: cfr. art. 51, comma 2) postula solo – in funzione di trasparenza e parità di trattamento – la espressa formalizzazione in termini di lex specialis e la prefigurazione di “regole o […] criteri oggettivi e non discriminatori” per l’affidamento selettivo.

[…]

In altri termini, la stazione appaltante ha ritenuto operante – come preannunciato in sede di chiarimenti – un vincolo di aggiudicazione sostanzialmente “allargato” all’unitario centro decisionale, ancorché l’offerta fosse formalmente imputabile a distinti operatori economici.

5.- Si tratta di una decisione corretta.
Il Collegio non ignora che, ancora di recente, la giurisprudenza ha assunto, sulla specifica questione, un opposto orientamento restrittivo (cfr. soprattutto Cons. Stato, sez. V, 2 maggio 2017, n. 1973, cui si sono adeguate Id., sez. V, 12 febbraio 2020, nn. 1070 e 1071), ma ritiene – alla luce di un complessivo approfondimento – che lo stesso meriti di essere rimeditato.
5.1.- Vale, infatti, osservare che la tesi restrittiva (di impronta formalistica), si basa sul complessivo assunto:
a) che il c.d. vincolo di aggiudicazione tragga, come chiarito, fondamento normativo nella previsione dell’art. 51, comma 3 del Codice, che, in caso di suddivisione dell’appalto in lotti funzionali, abilita, nei sensi diffusamente chiariti, le stazioni appaltanti – di là dalla facoltà di presentare offerta per alcuni o per tutti i lotti – a “limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente”;
b) che, sul piano strettamente letterale, il richiamo alla figura soggettiva dell'”offerente” vada acquisito con riferimento al singolo ‘”operatore economico” (art. 3, comma 1 lett. cc), in reazione al comma 1 lett. p) nonché all’art. 2 della direttiva 2014/24/UE): sicché non possa – immediatamente – richiamare le situazioni di “sostanziale identità soggettiva dal punto di vista economico e patrimoniale”, derivanti da forme di collegamento e/o cointeressenza, ancorate ad unitarietà di centri decisionali, né possa essere riferito alle mere situazioni di trasparente controllo societario;
c) che, allora, una interpretazione estensiva postulerebbe la valorizzazione di una analogia di situazioni, che sarebbe nondimeno preclusa: c1) sul piano formale, dal carattere per definizione eccezionale delle regole limitative dell’accesso concorrenziale, in quanto operanti in deroga alla libertà di impresa; c2) sul piano sostanziale, dalla insussistenza di una identità di ratio (che – nelle parole di Cons. Stato n. 1973/2017 – sarebbe ancorata al disincentivo alla contemporanea assunzione, da parte di una medesima organizzazione aziendale, di una pluralità di prestazioni in diverso ambito territoriale, con conseguente sovraccarico in fase esecutiva).
5.2.- Le premesse riassunte supra consentono, tuttavia, di chiarire che – se è, naturalmente, eccezionale la regola che volta a volta limiti (o precluda o conformi) la partecipazione alle procedure evidenziali – non altrettanto può dirsi in ordine ad un vincolo, come quello correlato al divieto di plurime aggiudicazioni, che, senza precludere la competizione, operi, nei sensi chiariti, in funzione non solo proconcorrenziale, ma propriamente distributiva e antitrust.
Sicché appare corretto – in una plausibile logica sostanzialistica, orientata a disincentivare ed impedire forme e modalità di partecipazione che, anche quando non siano collusive o propriamente abusive (incorrendo, come tali, in specifiche cause di esclusione come illeciti anticoncorrenziali: cfr. art. 80, comma 5, lett. c) d. lgs. n. 50/2016), risultino, ai fini evidenziati, elusive del divieto di accaparramento – riferire il limite, estensivamente, anche agli operatori economici sostanzialmente riconducibili ad un unitario centro decisionale o ad una organizzazione economica operante, a guisa di grande player di mercato, in forma di holding.
Si tratta, di nuovo, di una logica coerente con una disciplina di gara che – lungi dal limitarsi al frazionamento dell’appalto (ex art. 51, comma 1) – avesse specificamente inteso, nei termini illustrati, segmentare e distribuire l’affidamento dei lotti: i quali, a diversamente opinare, ben potrebbero essere acquisiti, a dispetto delle finalità proconcorrenziali, da un unico ed organizzato gruppo societario, che si avvalesse di una pluralità di operatori economici controllati.
Né si tratta di opzione ermeneutica fondata sul ragionamento analogico (come tale preordinato alla estensione di una regola ad una caso non previsto né codificato): la illustrata ratio interna alla disposizione fa, invero, palese, che la stessa postula una nozione estensiva di “operatore economico”.
5.3.- Del resto – e sotto distinto e concorrente profilo, specificamente rilevante nella vicenda in esame – la logica che ispira l’art. 80, comma 5 lett. m) – che considera l’imputabilità a qualsiasi titolo, di diritto o di fatto, “ad un unico centro decisionale”, delle offerte proposte da distinti operatori economici nel contesto di una “medesima procedura di affidamento” quale motivo di esclusione – è quella di dequotare il profilo formale della pluralità soggettiva, per far valere la sostanziale unitarietà della proposta negoziale: la cui automatica inammissibilità discende recta via dal principio di unicità dell’offerta (art. 32, comma 4, prima parte d. lgs. n. 50/2016).
Nel caso di appalto suddiviso in lotti tale preclusione, come si è precisato, non opera, trattandosi di procedura unitaria per affidamenti formalmente distinti, cioè di una gara plurima: sicché è naturalmente ammessa la presentazione di un’offerta da parte di operatori economici anche riconducibili ad un unico centro decisionale, purché – come è chiaro – non riferita al medesimo lotto (nel qual caso opererebbe l’art. 80, comma 5 lett. m), ma a lotti distinti (e ciò, beninteso, sempreché la stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, non abbia ritenuto di precludere, anche qui per ragioni di programmatica segmentazione distributiva, tale facoltà: arg. ex art. 51, comma 2).
Ne discende, allora, per coerenza, che – nel caso in cui sia limitato “il numero di lotti che possono essere aggiudicati ad un solo offerente” (art. 51, comma 3) – l’offerta imputabile ad un unico centro decisionale debba essere parimenti considerata unica, in quanto imputabile ad un “solo offerente” sostanziale.
E ciò, in buona sostanza, nel senso che così come una formale (ed apparente) pluralità di offerte, in realtà unitariamente elaborate, mira ad aggirare il divieto (immediatamente operante nella fase di ammissione) di offerta plurima, alla stessa stregua una formale proposta di aggiudicazione di un singolo lotto, concordata con altri operatori in virtù di una unitaria determinazione, mira ad aggirare (pur non essendo vietato in sé ed ex ante il cumulo di offerte) il divieto (operante, secundum eventum, all’esito della procedura) di aggiudicazione plurima.
Sicché, in definitiva, se è il divieto (legale) di “offerte plurime” a giustificare, quando sia unica la gara, l’immediata esclusione, è il divieto (facoltativo solo nell’an, ma autovincolante nel quomodo) di “aggiudicazioni plurime” ad imporre l’esclusione del concorrente che già si sia sostanzialmente aggiudicato un altro lotto (arg. ex comb. disp. artt. 32 comma 4, 80 comma 5 lett. m) e 51 comma 3 d. lgs. cit.).
Che è esattamente – e correttamente – quello che è avvenuto nella vicenda in esame.

Suddivisione in lotti : indicazioni ” operative ” per la Stazione Appaltante (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 28.12.2020 n. 8440

Ritiene il Collegio di dover preventivamente richiamare i condivisibili principi espressi dalla giurisprudenza più recente di questo Consiglio di Stato ed, in particolare, di questa Sezione, relativa all’interpretazione dell’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 (cfr. tra le ultime, Cons. Stato Sez. V, n. 7455/2020; Sez. III n. 5746/2020; Sez. III n. 7962/2020) secondo cui: l’art. 51 d.lgs 50/2016 prescrive la divisione in lotti al fine di favorire l’accesso alle piccole e medie imprese prevedendo, al contempo, la possibilità di evitare tale suddivisione a seguito di una motivazione articolata che giustifichi la scelta operata.
Tale disposizione prevede che le “…stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. E’ fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti”.
Tale disposizione è “dichiaratamente finalizzata a plasmare i profili organizzativi dell’amministrazione committente in modo servente rispetto ad un fine che esula dallo stretto tema dell’evidenza pubblica, per collocarsi nella più ampia prospettiva dello sviluppo pro-concorrenziale del mercato” (cfr. sent. n. 7962/2020).
Nella sentenza n. 5746/2020 questa Sezione ha ritenuto che “Il favor legislativo per la suddivisione in lotti (di cui sono espressione anche i successivi commi dell’art. 51) è diretta attuazione della visione esposta nei considerando n. 78 e 79 della Direttiva 2014/24/UE, per cui “è opportuno che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI. (…). A tal fine e per rafforzare la concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. Tale suddivisione potrebbe essere effettuata su base quantitativa, facendo in modo che l’entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI, o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti, per adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto”.
[…]
Sulla scorta del dettato normativo, la giurisprudenza amministrativa ha escluso che il principio della suddivisione in lotti possa considerarsi un principio assoluto ed inderogabile riconoscendo invece la possibilità di optare per un assetto alternativo mediante una scelta garantita da ampia discrezionalità, che va motivata ma resta sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria. Segnatamente, la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme sopra ricordate del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza”(Cons. St., sez. III, 22 febbraio 2019 n. 1222; 22 febbraio 2018, n. 1138; Cons. St., sez. VI, 2 gennaio 2020, n.25; Cons. St., sez. V, 11 gennaio 2018, n. 123; Cons. St., sez. V, 6 marzo 2017 n. 1038).
Affinché dunque l’agire della stazione appaltante possa considerarsi legittimo è necessario, come precisato da questa Sezione (cfr. Cons. St., sez. III, 29 novembre 2018 n. 5534), “verificare se l’Amministrazione ha osservato il “protocollo” operativo, così come enucleato dalla giurisprudenza, che consente di ritenere che il suo modus operandi è comunque conforme al modello legale, laddove quest’ultimo ammette la deroga ad una suddivisione in lotti dell’appalto rigidamente rispettosa dell’interesse partecipativo delle PMI, subordinatamente:

1) all’osservanza dell’obbligo motivazionale, mediante la congrua illustrazione delle ragioni sottese alla suddivisione in lotti concretamente disposta;

2) alla verifica della logicità e plausibilità delle stesse, in rapporto all’interesse pubblico perseguito in concreto.
[…]
Più in particolare, sulla natura e la portata della suindicata cornice normativa di riferimento questa Sezione, per quanto qui di più diretto interesse, si è ampiamente soffermata nella recente sentenza n. 4289 del 3 luglio 2020 di cui si riportano, siccome tuttora condivisi, i relativi essenziali snodi argomentativi:
– sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. St., sez. V, 11 gennaio 2018, n.123; sez. III, 12 febbraio 2020, n. 1076) e derogabile, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Cons. St., sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669, sez III, 12 febbraio 2020 n. 1076);
– in materia di appalti pubblici è principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all’art. 51 D.Lgs. n. 50 del 2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti funzionale alla tutela della concorrenza (es. Cons. St., sez. V, 7 febbraio 2020, n. 973; 26 giugno 2017, n. 3110; sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857);
– secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo, Cons. St., sez. VI, 02 gennaio 2020, n.25; Cons. St., sez. III, 13 novembre 2017, n. 5224) la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza;
– la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (così da ultimo, Cons. St., sez. III, 4 marzo 2019, n. 1491); sicché non può ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di suddividere l’appalto in lotti di importo elevato (Cons. St., sez. III, 26 settembre 2018 n. 5534) ove tale scelta risponda all’esigenza di tutelare l’interesse pubblico;
– secondo il costante orientamento della giurisprudenza la suddivisione in lotti è espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione sindacabile in sede giurisdizionale sotto l’aspetto della ragionevolezza e proporzionalità e dell’adeguatezza dell’istruttoria (ex multis, cfr. Cons. St., sez. III n., 21 marzo 2019, n. 1857; Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044;); in ogni caso l’ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito non è suscettibile di essere censurato in base a meri criteri di opportunità (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1138)”.

Ne consegue che, secondo la giurisprudenza di questa Sezione, l’art. 51 del d.lgs. 50/2016, letto in combinazione con le disposizione della direttiva 24/2014/UE (art. 46 e i considerando 59 e 78) non comporta l’obbligo per la stazione appaltante di ripartire la gara in lotti modulandoli necessariamente in modo da garantire l’accesso delle PMI.
L’art. 46 della direttiva 2014/24/UE dispone che “Le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati e possono determinare le dimensioni e l’oggetto dei tali lotti”; l’attenzione espressa dalla direttiva all’accesso alle gare da parte delle PMI che si ravvisa nei considerando n. 2, 59, 78 e 124 sui quali si è focalizzata la prospettazione dell’appellante, non implica il venir meno della discrezionalità della stazione appaltante nella scelta di suddividere la gara in lotti e nella determinazione dell’oggetto e delle loro dimensioni, come recita in modo chiaro l’art. 46 sopra citato.
Se il considerando 59 stigmatizza la tendenza delle stazioni appaltanti all’aggregazione della domanda da parte di committenti pubblici al fine di perseguire economie di scala e professionalità nella gestione degli appalti, e auspica il controllo su tali determinazioni al fine di evitare collusioni ed eccessiva concentrazione del potere di acquisto, perseguendo la trasparenza, la concorrenza e l’accesso al mercato per le PMI, nondimeno il considerando 78 dopo aver affermato che “E’ opportuno che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI” e fatto rinvio al “Codice europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici”, ha poi statuito in modo chiaro che “L’entità e l’oggetto dei lotti dovrebbero essere determinati liberamente dall’amministrazione aggiudicatrice….”; “l’amministrazione aggiudicatrice dovrebbe avere il dovere di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti mantenendo la facoltà di decidere autonomamente sulla base di qualsiasi motivo ritenga rilevante, senza essere soggetta a supervisione amministrativa o giudiziaria. Se l’amministrazione aggiudicatrice decide che non è appropriato suddividere l’appalto in lotti, la relazione individuale o i documenti di gara dovrebbero contenere un’indicazione dei principali motivi della scelta dell’amministrazione aggiudicatrice. Tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.

Da questo rapido richiamo alla disposizioni contenute nella direttiva 2014/24/UE si confermano i principi espressi dalla giurisprudenza della Sezione, in precedenza richiamati:
– la suddivisione in lotti non è obbligatoria; è incentivata dalla direttiva per consentire l’accesso al mercato delle PMI, ma le amministrazioni aggiudicatrici possono derogarvi sulla scorta di una congrua motivazione ed una ragionevole ed equilibrata ponderazione degli interessi in gioco;
– in caso di frazionamento le amministrazioni aggiudicatrici non sono tenute a dimensionare i lotti a misura delle PMI; il considerando 78 e l’art. 46 della direttiva riconoscono alle stazioni appaltanti la libertà di decidere l’oggetto e la dimensione dei lotti; il considerando 78, infine, prevede esemplificativamente ipotesi nelle quali è giustificata la mancata ripartizione in lotti;
– tale principio si applica, analogicamente, anche ai casi in cui, per le caratteristiche intrinseche dell’appalto ed, in particolare, per la sua complessità, non è concretamente ipotizzabile un frazionamento in lotti tale da consentire la partecipazione in via autonoma (senza cioè ricorrere a RTI ovvero al subappalto) delle PMI.

Suddivisione in lotti e vincolo di aggiudicazione (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 07.07.2020 n. 4361

8.2 – Ritiene il Collegio di dover preventivamente richiamare i principi esposti in tale recente decisione, ritenuta pienamente condivisibile, secondo cui l’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 “contempla due disposizioni, una prescrittiva e l’altra facoltativa. La prima, relativa ai lotti, prescrive che “1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. ….. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese” (comma 1); la seconda facultizza le stazioni appaltanti a “limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare”.
6.6. Ebbene, quanto alla prima, il Collegio osserva, con il conforto della giurisprudenza prevalente, che sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni Appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. Stato, sez. V, 11/01/2018, n. 123; Sez. III, 12/02/2020, n. 1076) e derogabile, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669, Sez III, n. 1076/2020 cit.)”.
Ha quindi aggiunto che, in quello specifico caso, la gara era stata suddivisa in quattro lotti e il quomodo della suddivisione non aveva certamente impedito all’appellante di partecipare: ha quindi ritenuto che “l’amministrazione ha pedissequamente applicato il disposto di legge, senza derogarvi, pur potendo, in astratto, motivatamente farlo. Nessuna violazione di legge v’è stata”.
“Quando al secondo aspetto, la legge configura il cd. vincolo di aggiudicazione quale mera facoltà (le stazione appaltanti “possono”, recita il comma 3 cit.), sicchè non si comprende per quali motivi e in che misura l’averne omessa la previsione possa ridondare in illegittimità stigmatizzabile dinanzi al giudice amministrativo. La stessa sentenza della Sezione, citata dall’appellante (n. 1491/2019 cit.), ribadisce il principio per il quale “la possibilità di stabilire un limite alla aggiudicazione di tutti i lotti di cui all’articolo 51 del codice dei contratti è una facoltà discrezionale il cui mancato esercizio non è – da solo e di per sé — sintomo di illegittimità”. E’ pur vero che nella medesima sentenza si sottolinea, subito dopo, che in alcuni peculiari casi il difetto del vincolo di aggiudicazione può essere il sintomo di una gara sbilanciata a favore di determinate imprese, e tuttavia in quell’occasione la Sezione aveva acclarato che la “Centrale di committenza per la Regione Veneto aveva dato luogo alla formazione di un vero e proprio “mercato chiuso” di tutte le Aziende Sanitarie Locali della Regione, per un importo rilevantissimo e per un periodo prolungato..”. Circostanza che nel caso di specie, il collegio ritiene possa escludersi, giusto quanto sopra detto”.
8.3 – Con specifico riferimento al c.d. “vincolo di aggiudicazione”, questa Sezione con la recente sentenza del 9 giugno 2020 n. 3682 ha ritenuto che:
– il c.d. vincolo di aggiudicazione e la decisione di limitare l’aggiudicazione di tutti i lotti allo stesso concorrente, costituisce una facoltà discrezionale dell’amministrazione, il cui mancato esercizio non costituisce ex sè sintomo di illegittimità;
– nella fattispecie ciascun concorrente, compreso l’appellante, aveva potuto prendere parte alla gara e presentare la propria offerta liberamente in tutti i lotti, che legittimamente erano stati assegnati all’aggiudicatario la cui offerta era risultata migliore;
– non erano rinvenibili elementi di irrazionalità nella ripartizione dei lotti né il contrasto con il principio della concorrenza nella circostanza della loro assegnazione al miglior offerente, di tutti i lotti, le cui caratteristiche del resto, al di là del differente ambito territoriale, erano similari;
– non è l’assenza di tale vincolo, la cui previsione è meramente discrezionale (art. 51, comma 3, del d. lgs. n. 50 del 2016), a determinare in sé la violazione della concorrenza, bensì la strutturazione della gara in modo tale che la sua apparente suddivisione in lotti, per le caratteristiche stesse di questi o in base al complesso delle previsioni della lex specialis, abbia favorito in modo indebito taluno dei concorrenti e gli abbia consentito di acquisire l’esclusiva nell’aggiudicazione dei lotti;
– anche il vincolo dell’aggiudicazione, del resto, può propiziare, strategie antinconcorrenziali e intese illecite tra i singoli concorrenti, tese a favorire la spartizione dei singoli lotti messi a gara e, da questo punto di vista, l’argomento dell’appellante, secondo cui la sua previsione avrebbe evitato un monopolio o un accentramento del potere economico in capo ad un solo operatore, prova troppo perché detto accentramento viene realizzato vieppiù in alcuni settori di mercato, ormai, attraverso le intese restrittive della concorrenza e la spartizione sottobanco dei lotti, non aggiudicabili tutti ad un singolo operatore.
9. – Applicando tali linee ermeneutiche ne deriva che non sussistono i vizi stigmatizzati dal TAR, in quanto:
– in materia di appalti pubblici è principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all’art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti funzionale alla tutela della concorrenza (es. Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020, n. 973; 26 giugno 2017, n. 3110; Sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857);
– secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo, Cons. Stato sez. VI, 02/01/2020, n.25; Cons. Stato, III, 13 novembre 2017, n. 5224) la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza;
– la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (così da ultimo, Cons. Stato, III, 4 marzo 2019, n. 1491); sicchè non può ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di suddividere l’appalto in lotti di importo elevato (Cons. Stato, Sez. III, 26/9/2018 n. 5534) ove tale scelta risponda all’esigenza di tutelare l’interesse pubblico;
– secondo il costante orientamento della giurisprudenza la suddivisione in lotti è espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione sindacabile in sede giurisdizionale sotto l’aspetto della ragionevolezza e proporzionalità e dell’adeguatezza dell’istruttoria (ex multis, cfr. Cons. Stato, Sez. III n. 1857/2019; Sez. V n. 2044/2018; Cons. Stato, VI, n. 25/2020); in ogni caso l’ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito non è suscettibile di essere censurato in base a meri criteri di opportunità (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1138/2018);

Suddivisione in lotti: principi consolidati (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 03.07.2020 n. 4289

– sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni Appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. Stato, sez. V, 11/01/2018, n.123; Sez. III, 12/02/2020, n. 1076) e derogabile, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669, Sez III, n. 1076/2020 cit.)”; (…)
– in materia di appalti pubblici è principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all’art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti funzionale alla tutela della concorrenza (es. Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020, n. 973; 26 giugno 2017, n. 3110; Sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857);
– secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo, Cons. Stato sez. VI, 02/01/2020, n.25; Cons. Stato, III, 13 novembre 2017, n. 5224) la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza;
– la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (così da ultimo, Cons. Stato, III, 4 marzo 2019, n. 1491); sicchè non può ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di suddividere l’appalto in lotti di importo elevato (Cons. Stato, Sez. III, 26/9/2018 n. 5534) ove tale scelta risponda all’esigenza di tutelare l’interesse pubblico;
– secondo il costante orientamento della giurisprudenza la suddivisione in lotti è espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione sindacabile in sede giurisdizionale sotto l’aspetto della ragionevolezza e proporzionalità e dell’adeguatezza dell’istruttoria (ex multis, cfr. Cons. Stato, Sez. III n. 1857/2019; Sez. V n. 2044/2018; Cons. Stato, VI, n. 25/2020); in ogni caso l’ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito non è suscettibile di essere censurato in base a meri criteri di opportunità (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1138/2018).

Unicità ed unitarietà della gara nonostante la suddivisione in lotti – Elementi unificanti – Individuazione – Conseguenze (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 18.05.2020 n. 3135

Questo Collegio, a fondamento della reiezione del proposto appello, deve infatti richiamare la recentissima pronuncia n. 2865 del 6 maggio 2020 già emessa per la stessa gara oggetto di causa, su parallela e analoga controversia assunta in decisione nell’udienza del 30 aprile 2020, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.
Come questa Sezione ha già rilevato in tale pronuncia, infatti, la gara in questione deve ritenersi unitaria, nonostante la divisione in singoli lotti, ed illegittima, oltre che sviante, deve quindi ritenersi l’interpretazione fornita dalla stazione appaltante in sede di chiarimenti laddove ha inteso riferire il divieto dell’art. 2 del disciplinare di gara al singolo lotto sul presupposto, nel caso di specie del tutto erroneo, che ogni singolo lotto costituisse una gara a sé.
Anche l’appellante, a più riprese e con dovizia di pregevoli argomentazioni esposte nel proprio ricorso (v., in particolare, pp. 3-6, p. 12 e pp. 25-26), muove da questo fondamentale assunto e, cioè, l’esistenza di una pluralità di lotti, ciascuno dei quali costituirebbe una gara a sé, con conseguente invocata inapplicabilità del divieto a tutti i lotti, costituendo ciascuno di essi una singola gara, questione invero centrale, nel presente giudizio, e che il primo giudice non sembra avere colto perché, se la gara fosse plurima, il divieto dell’art. 48, comma 7, del d. lgs. n. 50 del 2016 non potrebbe operare che per il singolo lotto, costituente gara specifica a sé, dalle altre distinta.
È ben consapevole questo Collegio che la giurisprudenza maggioritaria, almeno di questo Consiglio, è tendenzialmente nel senso che un bando di gara pubblica, suddiviso in lotti, costituisce un atto ad oggetto plurimo e determina l’indizione non di un’unica gara, ma di tante gare, per ognuna delle quali vi è un’autonoma procedura che si conclude con un’aggiudicazione (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1070 ma anche Cons. St., sez. V, 12 gennaio 2017, n. 52).
Purtuttavia, con riferimento alla gara di cui è controversia, l’unitarietà della gara nonostante la suddivisione in lotti, come ha chiarito la citata sentenza n. 2865 del 6 maggio 2020, emerge da tutta una serie di elementi “unificanti” ben valorizzati da detta sentenza, a discapito di quelli differenziali evidenziati invece dall’appellante (v., in particolare, p. 12 del ricorso: ad esempio, distinte cauzioni provvisorie o diverse graduatorie), e cioè, più in particolare, dalla unicità della Commissione esaminatrice; dall’identità, per tutti i lotti, dei requisiti richiesti dal bando e degli elementi di valutazione dell’offerta tecnica di cui all’allegato 2 al disciplinare; dalla possibilità di produrre un’unica offerta telematica per più lotti; dall’identità, per tutte le AA.SS.LL., delle modalità di prestazione del servizio e delle prestazioni richieste; dall’integrazione telematica riferita alla esecuzione di tutti gli adempimenti negoziali conseguenti.
La questione dell’unitarietà o della pluralità di gara, in caso di suddivisione in lotti, è ancora dibattuta in dottrina e in giurisprudenza, ma si può qui evidenziare, per quanto attiene alla presente controversia, che la mera suddivisione territoriale della prestazione in lotti, in riferimento alle singole AA.SS.LL., non è tale da escludere l’unitarietà della gara, come sembra postulare l’appellante, ed anzi il coacervo degli elementi sopra evidenziati lascia propendere questo Collegio per l’unitarietà della gara stessa.
E proprio partendo da questo corretto presupposto (l’unicità della gara, pur suddivisa in lotti), si ripete, in riferimento a questo specifico caso, si può ritenere legittima l’esclusione dell’odierna appellante nella misura in cui la stazione appaltante, nonostante l’iniziale erroneità del chiarimento fornito che si basava, invece, sull’evidente pluralità delle gare, ha statuito l’esclusione dell’odierna appellante dalla gara per la violazione dell’art. 48, comma 7, del d. lgs. n. 50 del 2016.
La limitazione in esame quindi non è illegittima, come ha già chiarito la sentenza n. 2865 del 6 maggio 2020 più volte richiamata, e non pregiudica l’autonomia privata dei concorrenti, trattandosi non di una gara ad oggetto plurimo suddiviso in lotti di diverso contenuto caratterizzati da una propria autonomia – e quindi gestibili in modo diverso dalle imprese aggiudicatarie – bensì «di una gara unitaria rivolta alla fornitura di un medesimo servizio in aree territoriali diverse, con conseguente articolazione in lotti – corrispondenti ai diversi soggetti preposti alla tutela della relativa prestazione nei confronti degli utenti finali – che prelude a un sistema di gestione unitario della commessa».
Alla stregua delle pregresse considerazioni risulta, dunque, legittima non solo la limitazione del numero massimo di lotti attribuibili allo stesso partecipante (prescrizione volta a favorire la concorrenza ai sensi dell’art. 51, commi 2 e 3, del d. lgs. n. 50 del 2016), bensì anche il vincolo di partecipazione ai diversi lotti nella stessa forma e composizione, in quanto volto a garantire sia la corretta competizione fra le offerte riferite ai diversi lotti, sia la piena ed univoca responsabilità dei vincitori per l’adempimento delle specifiche obbligazioni nascenti dalla medesima gara in relazione ai diversi lotti.

Suddivisione in lotti – Derogabile con adeguata motivazione – Vincolo di aggiudicazione – Facoltà (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 07.05.2020 n. 2881

6.5. Quanto alle due rimanenti questioni è sufficiente richiamare il disposto d. lgs. n. 50 del 2016, che all’art. 51 contempla due disposizioni, una prescrittiva e l’altra facoltativa. La prima, relativa ai lotti, prescrive che “1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. ….. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese” (comma 1); la seconda facultizza le stazioni appaltanti a “limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare”.
6.6. Ebbene, quanto alla prima, il Collegio osserva, con il conforto della giurisprudenza prevalente, che sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni Appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. Stato, sez. V, 11/01/2018, n. 123; Sez. III, 12/02/2020, n. 1076) e derogabile, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669, Sez III, n. 1076/2020 cit.). Nel caso di specie la gara è stata suddivisa in quattro lotti e il quomodo della suddivisione non ha certamente impedito all’appellante di partecipare, indi l’amministrazione ha pedissequamente applicato il disposto di legge, senza derogarvi, pur potendo, in astratto, motivatamente farlo. Nessuna violazione di legge v’è stata.
6.7. Quando al secondo aspetto, la legge configura il cd vincolo di aggiudicazione quale mera facoltà (le stazione appaltanti “possono”, recita il comma 3 cit.), sicchè non si comprende per quali motivi e in che misura l’averne omessa la previsione possa ridondare in illegittimità stigmatizzabile dinanzi al giudice amministrativo. La stessa sentenza della Sezione, citata dall’appellante (n. 1491/2019 cit.), ribadisce il principio per il quale “la possibilità di stabilire un limite alla aggiudicazione di tutti i lotti di cui all’articolo 51 del codice dei contratti è una facoltà discrezionale il cui mancato esercizio non è – da solo e di per sé — sintomo di illegittimità”. E’ pur vero che nella medesima sentenza si sottolinea, subito dopo, che in alcuni peculiari casi il difetto del vincolo di aggiudicazione può essere il sintomo di una gara sbilanciata a favore di determinate imprese, e tuttavia in quell’occasione la Sezione aveva acclarato che la “- omissis – aveva dato luogo alla formazione di un vero e proprio “mercato chiuso” di tutte le – omissis -, per un importo rilevantissimo e per un periodo prolungato..”. Circostanza che nel caso di specie, il collegio ritiene possa escludersi, giusto quanto sopra detto.

Limite al numero massimo di lotti aggiudicabili – Vincolo di partecipazione a più lotti, nella stessa forma (individuale o associata) e nella medesima composizione (Raggruppamento o Consorzio) – Legittimità (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 06.05.2020 n. 2865

La doglianza in esame è riferita all’art. 2 del disciplinare di gara, il quale prevede che “l’operatore economico che intende partecipare a più lotti è tenuto a presentarsi sempre nella medesima forma (individuale o associata) ed in caso di R.T.I. o Consorzi, sempre con la medesima composizione, pena l’esclusione del soggetto stesso e del concorrente in forma associata cui il soggetto partecipa”, combinandosi con il limite di aggiudicazione a due lotti. (…)

Neppure la censura in esame risulta fondata. Premette il Collegio che, così come riconosciuto dal giudice di prime cure, la limitazione di un numero massimo di lotti (due) aggiudicabili al medesimo offerente risponde, secondo le previsioni dell’art. 51 del codice dei contratti, alle medesime ragioni di tutela della libertà d’iniziativa economica e di concorrenza da indebite rendite oligopolistiche che postulano la suddivisione dei contratti in più lotti, e quindi risulta pienamente legittima.
In tale quadro, l’ulteriore previsione che le offerte per più lotti messi a gara debbano essere presentate nella medesima forma individuale o associata e, in caso di RTI, con la medesima composizione risponde alla ragionevole esigenza d’interesse pubblico generale di garantire, da un lato, la correttezza e genuinità, e quindi la piena concorrenzialità fra loro, delle offerte riferite ad un’unica gara e, dall’altro, la univocità e serietà dell’impegno contrattuale assunto dai partecipanti alla medesima gara in sede di esecuzione dei singoli adempimenti contrattuali riferiti ai diversi lotti, ovvero alle diverse ASL della Regione Puglia, senza poter in ipotesi “triangolare” le responsabilità fra compagini societarie ed associative diverse. (…)
La limitazione in esame quindi non è illegittima e non pregiudica l’autonomia privata dei concorrenti, trattandosi non di una gara ad oggetto plurimo suddiviso in lotti di diverso contenuto caratterizzati da una propria autonomia – e quindi gestibili in modo diverso dalle imprese aggiudicatarie – bensì di una gara unitaria rivolta alla fornitura di un medesimo servizio in aree territoriali diverse, con conseguente articolazione in lotti – corrispondenti ai diversi soggetti preposti alla tutela della relativa prestazione nei confronti degli utenti finali – che prelude a un sistema di gestione unitario della commessa.
Alla stregua delle pregresse considerazioni risulta, dunque, legittima non solo la limitazione del numero massimo di lotti attribuibili allo stesso partecipante (prescrizione volta a favorire la concorrenza ex art. 51, commi 2 e 3, d.lgs. n. 50/2016), bensì anche il vincolo di partecipazione ai diversi lotti nella stessa forma e composizione, in quanto volto a garantire sia la corretta competizione fra le offerte riferite ai diversi lotti, sia la piena ed univoca responsabilità dei vincitori per l’adempimento delle specifiche obbligazioni nascenti dalla medesima gara in relazione ai diversi lotti.
Tali finalità trovano, pertanto, un ulteriore specifico fondamento, nella fattispecie in esame, nell’esigenza di tutela del diritto alla salute dei pazienti del servizio sanitario regionale ai sensi dell’art. 32 Cost. oltrechè nei principi di imparzialità e buon andamento dell’attività ammnistrativa di cui all’art. 97 Cost. Risultano, inoltre, coerenti con l’invocato principio di libertà di iniziativa economica garantita dall’art. 41 Cost., che postula un mercato regolato a garanzia del pieno dispiegarsi del principio di libera concorrenza, principio che peraltro trova, in questo caso, specifica tutela proprio nelle regole di gara ora esaminate, e in particolare nel limite di aggiudicazione di due lotti rispetto ai sei messi in gara, trattandosi di regole volte a consentire alle imprese “new comers” di concorrere ad armi pari con gli operatori economici dominanti di uno specifico segmento di mercato, con potenziali evidenti ricadute positive sulla qualità del servizio e sul suo costo posto a carico della comunità.

Contratti misti (servizi e lavori) – Accorpamento di prestazioni anche se oggettivamente separabili – Appalto unico – Legittimità – Suddivisione in lotti – Derogabilità (art. 28 , art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, 15.01.2020 n. 378

Le ragioni di connessione di prestazioni di servizi e lavori a base della scelta della Regione Toscana di affidare un unico contratto emergono dai seguenti atti amministrativi e documenti di gara: (…)
L’accorpamento di lavori ai servizi oggetto della prestazione principale è innanzitutto consentito dall’art. 28 del codice dei contratti pubblici, il quale per il caso di parti «oggettivamente separabili», quali quelle oggetto dell’appalto in contestazione nel presente giudizio, attribuisce alle amministrazioni la facoltà (“possono”) di scelta “di aggiudicare appalti distinti per le parti distinte o di aggiudicare un appalto unico” (comma 5). La disciplina contenuta in tale disposizione non pone altre condizioni, ma si limita ad enunciare i criteri per individuare la disciplina applicabile in relazione alle varie parti del contratto misto. Deve dunque ritenersi consentita, nel presupposto da essa enunciato dell’ammissibilità di un unico contratto prestazioni anche oggettivamente separabili, che tale accorpamento avvenga sulla base di ragioni di connessione funzionale tra le diverse prestazioni; ciò deve ritenersi avvenuto nel caso di specie (…).

Deve inoltre essere esclusa la violazione dell’obbligo di suddivisione degli appalti in lotti funzionali sancito dall’art. 51 del codice dei contratti pubblici “al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese”. In tanto può configurarsi l’obbligo in questione in quanto non vi si oppongano obiettive esigenze di connessione funzionale che rendano opportuno affidare congiuntamente prestazioni di servizi e lavori e che all’opposto sconsiglino di separare le stesse, come nel caso di specie dimostrato (…) (sulla preferenza solo tendenziale espressa dalla disposizione in esame per la suddivisione degli appalti pubblici in lotti, Cons. Stato, V, 3 aprile 2018, n. 2044, cui aderisce Cons. Stato, III, 21 marzo 2019, n. 1857 e 22 febbraio 2019, n. 1222).
Peraltro, nell’indire la gara de qua la Regione Toscana ha dato conto delle caratteristiche di “stretta interconnessione” oltre che di omogeneità e complessità delle forniture e dei servizi oggetto di appalto che avrebbero reso antieconomico e non efficiente la sua suddivisione in lotti, con ciò adempiendo all’obbligo di motivazione previsto dalla disposizione del codice dei contratti da ultimo citata per derogare alla regola della suddivisione in lotti.
Deve ancora aggiungersi che il dichiarato obiettivo di favorire la partecipazione di imprese di minori dimensioni, cui la regola della suddivisione in lotti è preordinata, non sarebbe stato ragionevolmente raggiunto con la separazione dei lavori dalla preponderante componente di servizi oggetto dell’appalto (…).

Macro lotti – Legittimità – Esteso ambito territoriale – Discrezionalità della Stazione Appaltante – Sindacabilità – Limiti (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. VI, 02.01.2020 n. 25

Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo, (Cons. Stato, III, 13 novembre 2017, n. 5224): la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza; a tal fine, quale corollario dell’effettività della regola generale, è posta la previsione di un specifico obbligo di motivazione (art. 51 del d.lgs. n. 50/2016), proprio perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza.
Questa Sezione ha poi richiamo un altro precedente in argomento in sede di decisione cautelare (Cons. Stato, V, 3 aprile 2018, n. 2044), dove si ricorda che “è pur vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50/2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163/2006; tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”.
“Il principio della suddivisione in lotti può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) ed è espressione di scelta discrezionale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081), sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto “di grosse dimensioni” in lotti”.
In merito alla sua sindacabilità, va poi osservato come correttamente il primo giudice abbia ricordato che “come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria” Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1038; “la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza”, così da ultimo, Cons. Stato, III, 4 marzo 2019, n. 1491). (…)
A meno che non si voglia affermare (…) che l’amministrazione avrebbe potuto accorpare al massimo i servizi unificandoli per singolo plesso unitario, con la conseguenza di dare vita (…), ad un numero di lotti oscillante tra i 10 e i 12. Ma in questo caso, la suindicata necessità di bilanciare il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto sarebbe compromessa, atteso che rispetto la sola finalità di tutela delle piccole e medie imprese avrebbe sopravanzato le altre due finalità tradizionali dell’evidenza pubblica, quella del buon uso delle risorse pubbliche (resa palese dalla scelta dell’amministrazione di procedere ad una razionalizzazione dei servizi) e quella della tutela della concorrenza tra le imprese (garantita in fatto dalla circostanza che nella gara si sono avute n. 7 offerte valide). Infine, e conseguentemente, non appare neppure possibile sindacare il dato dimensionale economico che, da un lato, si dimostra consequenziale alle condivisibili scelte gestionali effettuate e, dall’altro, non ha condotto alla frustrazione delle esigenze garantite dalla procedura di evidenza pubblica, come sopra sottolineato.