TAR Venezia, 26.04.2021 n. 538
Ciò che occorre valutare, quindi, è se, da un lato, la formula lineare sia legittimamente utilizzabile in quanto sistema ragionevole e logico per valutare le ipotesi di offerte al ribasso o, comunque, non al rialzo, e, dall’altro lato, se sia legittima una lex specialis che, come nel caso di specie, preveda due criteri perfettamente alternativi essendo predeterminati gli ambiti applicativi di ciascuna formula.
Sotto il primo profilo, va rilevato come la “formula lineare” sia stata ritenuta legittima dalla giurisprudenza, anche di questo TAR.
Infatti, C. Stato, sez. IV, 10 luglio 2020, n. 4413 ha sottolineato come “il criterio dell’interpolazione lineare … non è, in sé, illegittimo… . In disparte il fatto che la scelta dell’Amministrazione circa le modalità di attribuzione del punteggio all’offerta economica, quale manifestazione di ampia discrezionalità, è sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo per manifesta illogicità, il Collegio rileva che il criterio in questione mira a premiare in maniera decisa e significativa il ribasso: come tale, la relativa adozione costituisce una legittima facoltà per le Amministrazioni che, nell’ambito della propria attività contrattuale, intendano privilegiare in primis, sin dall’indizione del bando, il contenimento dei costi (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 giugno 2018, n. 3733)”.
Come rilevato da questo TAR, “l’art. 95, comma 10 bis, del d.lgs. n. 50 del 2016 e le Linee guida ANAC n. 2 esprimono un chiaro favor per la valorizzazione del profilo qualitativo delle offerte (Cons. Stato, Sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6026) e deve ritenersi legittimo un criterio di valutazione delle offerte che attribuisca importanza centrale alle componenti qualitative (Cons. Stato, Sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7389; Cons. Stato, Sez. V, 23 novembre 2018, n. 6639); il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa tuttavia non può prescindere dal prezzo: l’interesse al pregio qualitativo dell’offerta deve essere bilanciato con il necessario interesse al risparmio di spesa dell’Amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, 28 agosto 2017, n. 4081); nell’assegnazione dei punteggi è necessario che venga utilizzato tutto il potenziale differenziale previsto per il prezzo, attribuendo il punteggio minimo pari a zero all’offerta che non presenta sconti rispetto al prezzo a base di gara, ed il punteggio massimo, all’offerta che presenza lo sconto maggiore, al fine di evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell’offerta (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 31 marzo 2012, n. 1899; Sez. V, 15 luglio 2013, n. 3802; Sez. V, 23 febbraio 2015, n. 856; Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1186; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 16 aprile 2020, n. 237; ANAC, Linee Guida n. 2 del 21 settembre 2016)” (TAR Veneto, sez. I, 29/12/2020, n. 1323).
Sotto il secondo profilo, il Collegio ritiene non vi siano norme o principi che impediscano di prevedere, nell’ambito della medesima lex specialis, criteri di valutazione delle offerte economiche applicabili alternativamente, qualora, come nel caso di specie, siano puntualmente predeterminati e chiaramente distinti gli ambiti applicativi di ciascuno di essi.
In tal senso, si richiama l’insegnamento per cui le stazioni appaltanti godono di ampia discrezionalità nel determinare le formule in base alle quali attribuire il punteggio per la valutazione dell’offerta economica (Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257; 18 febbraio 2013, n. 978) e su tali scelte il sindacato del giudice è ammissibile unicamente nei casi di abnormità, sviamento e manifesta illogicità (T.A.R. Lazio, sez. II Bis, 1 agosto 2019, n. 10229; T.A.R. Veneto, sez. III, 27 giugno 2016, n. 689; T.A.R. Lombardia, sez. I, 9 marzo 2016, n. 461);
Costituisce ius receptum che, nelle gare pubbliche, la formula da utilizzare per la valutazione dell’offerta economica può essere scelta dall’amministrazione con ampia discrezionalità e di conseguenza la stazione appaltante dispone di ampi margini nella determinazione non solo dei criteri da porre quale riferimento per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma anche nella individuazione delle formule matematiche, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale nei confronti di tali scelte, tipica espressione di discrezionalità tecnico amministrativa, può essere consentito unicamente in casi di abnormità, sviamento e manifesta illogicità (C. Stato, sez. V, 22 ottobre 2018 n. 6026; sez. V, 18 febbraio 2013, n. 978; 27 giugno 2012, n. 3781; 22 marzo 2012, n. 1640; 1 marzo 2012, n. 1195; 18 ottobre 2011, n. 5583; sez. III, 22 novembre 2011, n. 6146; Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313; Corte cost., 3 marzo 2011, n. 175).
Nel caso di specie, la previsione di due criteri alternativi tra loro, ben distinti quanto a presupposti e ambiti applicativi, non presenta, a giudizio del Collegio, quel carattere di abnormità, sviamento o manifesta illogicità che solo ne giustificherebbe l’annullamento.
In particolare, il Collegio ritiene non fondata la doglianza di parte ricorrente secondo la quale una tale previsione determina una situazione di imprevedibilità e incertezza che impedirebbe alla concorrente di ponderare adeguatamente la propria “linea” di partecipazione alla gara con riguardo al “confezionamento” dell’offerta economica.
In tutte le gare, infatti, qualunque sia il criterio previsto per la valutazione delle offerte economiche, per le imprese concorrenti sussiste una sorta di “alea” o “incertezza” legata all’imprevedibilità delle scelte altrui, per la mancata conoscenza, cioè, del contenuto delle offerte degli altri “competitors”.
In questo senso, quindi, secondo il Collegio, il doppio criterio alternativo censurato da parte ricorrente non risulta aggravare la suddetta alea o incertezza in modo da rendere lo stesso manifestamente irragionevole, illogico o comunque ingiustificato, tanto più che con esso la Stazione appaltante ha inteso “controbilanciare” l’apertura della gara ad offerte al rialzo.
Al contrario, il sistema consentiva a ciascun concorrente, in modo egualitario, di decidere liberamente se “rischiare” facendo un’offerta al ribasso, esponendosi, però, all’eventuale maggior ribasso non anomalo di altro concorrente o alla scelta altrui di offrire al rialzo, ovvero “rischiare” determinando o concorrendo a determinare esso stesso l’applicazione della formula inversamente proporzionale.
Pertanto, parte ricorrente, se avesse ritenuto il criterio inversamente proporzionale maggiormente utile, o, comunque, maggiormente conforme alle peculiarità della propria struttura imprenditoriale e della propria offerta economica, in modo da avere maggiori chance di vittoria, avrebbe potuto presentare l’offerta al rialzo anche solo di 1 euro, al fine di determinare l’applicazione della suddetta formula.
La previsione alternativa in esame, al contrario, era idonea a garantire una più ampia partecipazione anche alle imprese che non fossero in grado di offrire un consistente ribasso, in tal caso potendo l’Amministrazione valorizzare un metodo – quello inversamente proporzionale – che consentisse di confrontare uniformemente le offerte di tutti gli operatori economici in modo che l’importo risultante da ogni singola offerta potesse costituire la base per l’attribuzione del punteggio prezzo.
Con la precisazione che, ad ulteriore controbilanciamento, il bando di gara aveva previsto la possibilità per la Stazione appaltante, in caso di superamento della base d’asta, di valutare, mediante apposita istruttoria, la convenienza dell’offerta ai sensi per gli effetti di cui all’art. 95, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016, anche in relazione ai prezzi correnti di mercato o a raffronti con altre condizioni tecnico-economiche di mercato, rilevati presso le aziende sanitarie del Veneto o altre stazioni appaltanti, e solamente in caso di esito positivo, provvederà ad aggiudicare la fornitura.
Non vi sono elementi per ritenere, quindi, al contrario di quanto lamentato da parte ricorrente, che il doppio criterio alternativo impedisse ai concorrenti di “calibrare” la propria offerta.
Né il fatto che l’applicazione del criterio inversamente proporzionale avrebbe potuto determinare una diversa conclusione della gara (con eventuale vittoria della ricorrente) può condurre a ritenere abnorme o illogica la soluzione adottata dalla Stazione appaltante.
Il Collegio ritiene, infatti, che la conseguenza sopra censurata trovi un’adeguata giustificazione nel tentativo, non abnorme, né illogico, né manifestamente irragionevole, da parte della Stazione appaltante, di bilanciare l’interesse ad un risparmio di spesa, pur nella garanzia di qualità dell’offerta – attraverso l’applicazione della formula lineare in prima battuta –, e quello – in seconda battuta e, in un certo senso, in via eccezionale – ad aggiudicare comunque la gara garantendo la più ampia partecipazione possibile, “aprendo”, quindi, anche ad offerte al rialzo, ma, in tal caso, dovendo utilizzare un criterio quale la formula inversamente proporzionale che, come detto, consente di confrontare uniformemente le offerte di tutti gli operatori economici in modo che l’importo risultante da ogni singola offerta potesse costituire la base per l’attribuzione del punteggio prezzo.
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