1) Avvalimento – Dichiarazioni mendaci – Sostituzione dell’impresa ausiliaria – Inapplicabilità; 2) Sentenze di condanna rilevanti quale causa di esclusione o quale illecito professionale – Differenze – Efficacia temporale – Effetti espulsivi ed effetti informativi (art. 80 , art. 89 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 19.11.2018 n. 6529

1) Va rilevato che l’art. 80, comma 5, lett. f-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede quale causa di esclusione dalla gara l’ipotesi in cui «l’operatore economico […] presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere».
Con riferimento alla fattispecie dell’avvalimento, che qui viene in rilievo, l’art. 89, comma 1, dello stesso corpus normativo, dopo avere disposto che l’operatore economico avvalentesi delle capacità di altri soggetti è tenuto ad allegare una dichiarazione sottoscritta dalla impresa ausiliaria attestante il possesso da parte di quest’ultima dei requisiti generali di cui all’art. 80, aggiunge che «nel caso di dichiarazioni mendaci […] la stazione appaltante esclude il concorrente e escute la garanzia».
Dal combinato disposto di queste norme contenute nel codice dei contratti pubblici emerge dunque inequivocabilmente che la dichiarazione mendace presentata dall’operatore economico, anche con riguardo alla posizione dell’impresa ausiliaria, comporta l’esclusione dalla gara.
La sentenza impugnata, pur rilevando il carattere non veritiero della dichiarazione, ha ritenuto che il precedente penale non influisca sulla moralità professionale dell’impresa ausiliaria riferendosi ad un reato di scarsa rilevanza, sanzionato nel 2011 (per fatti risalenti al 2008), precedente alla indizione della gara ed anche alla costituzione della società, avvenuta nel 2012.
La dichiarazione non veritiera è però sanzionata dalla norma in linea generale, in quanto circostanza che rileva nella prospettiva dell’affidabilità del futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza degli episodi non dichiarati.
La sanzione della reticenza è funzionale all’affermazione dei principi di lealtà ed affidabilità, in una parola, della correttezza dell’aspirante contraente, che permea la procedura di formazione dei contratti pubblici ed i rapporti con la stazione appaltante, come indirettamente inferibile anche dall’art. 30, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Nella fattispecie in esame la dichiarazione relativa alle condanne penali non è mendace sotto il profilo dell’obbligo dichiarativo delle condanne penali definitive in sè, in quanto, anche a prescindere dal perimetro temporale di rilevanza giuridica desumibile dal comma 10 dell’art. 80, quella oggetto di controversia non rientra proprio tra le condanne espressamente contemplate dal comma primo dello stesso art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016. (…)
La condanna assume peraltro rilievo in quanto espressione di “grave illecito professionale” ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, dovendosi intendere tale qualsiasi condotta legata all’esercizio dell’attività professionale, contraria a un obbligo giuridico di carattere civile, penale ed amministrativo (così Consiglio di Stato, sez. III, 05.09.2017 n. 4192). In particolare, emerge il valore della condanna alla stregua di grave illecito professionale in senso stretto, trattandosi di un reato ambientale che può astrattamente mettere in dubbio la integrità od affidabilità dell’operatore, ed inoltre la sua mancata dichiarazione costituiva elemento suscettibile di influenzare l’esclusione, la selezione, ovvero l’aggiudicazione, connotandosi più propriamente in termini di scorrettezza procedimentale.
Di qui la configurabilità dell’obbligo dichiarativo della condanna ed il contenuto non veritiero della dichiarazione resa dall’impresa ausiliaria (…).

Non è invece persuasivo l’argomento defensionale (…) nella considerazione che, in ogni caso, ove l’ausiliaria si trovasse in una delle cause di esclusione di cui all’art. 80, la conseguenza sarebbe quella della sostituzione della medesima, come inferibile dall’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, e non già dell’esclusione dell’operatore aggiudicatario. A prescindere se la riproposizione di tale assunto richiedesse l’impugnazione incidentale, osserva la Sezione come correttamente la sentenza di primo grado abbia affermato che l’art. 89, comma 3, non trova applicazione in caso di attestazione mendace sul possesso dei requisiti ex art. 80 da parte dell’impresa ausiliaria, stante il rapporto di specialità con il primo comma dello stesso art. 89, che prevede espressamente l’esclusione del concorrente in caso di dichiarazioni mendaci provenienti dall’impresa ausiliaria.

2) Sotto il profilo degli effetti, è diverso l’obbligo di dichiarare sentenze penali di condanna rientranti tra quelle previste dall’art. 80, comma 1, ovvero rilevanti ai sensi del successivo comma 5, lett. c); nel primo caso l’esclusione è atto vincolato in quanto discendente direttamente dalla legge, mentre nell’ipotesi di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), la valutazione è rimessa alla stazione appaltante (fermo restando che, nella prospettiva della norma da ultimo indicata, l’operatore economico non può valutare autonomamente la rilevanza dei precedenti penali da comunicare alla stazione appaltante, poiché questa deve essere libera di ponderare discrezionalmente la sua idoneità come causa di esclusione).
Tale diversità di effetti (espulsivi in un caso, meramente informativi, con finalità preistruttoria nell’altro) giustifica anche, pur nella difficile ermeneusi del comma 10 dell’art. 80, perché solo nel primo caso l’ordinamento attribuisca un’efficacia temporale alla sentenza definitiva di condanna.

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