TAR Campobasso, 09.12.2016 n. 513
Il disciplinare di gara è stato pubblicato sull’albo pretorio del Comune il 1.7.2016 e la lettera di invito è del 2.7.2016 e quindi la gara rientra pacificamente nel campo di applicazione del d. lgs. n. 50/2016 il cui articolo 95, comma 10 così statuisce: “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”.
Si tratta di disposizione che configura un ineludibile obbligo legale da assolvere necessariamente già in sede di predisposizione dell’offerta economica (così TAR Salerno, 6 luglio 2016, n. 1604) proprio al fine di garantire la massima trasparenza dell’offerta economica nelle sue varie componenti, evitando che la stessa possa essere modificata ex post nelle sue componenti di costo, in sede di verifica dell’anomalia, con possibile alterazione dei costi della sicurezza al fine di rendere sostenibili e quindi giustificabili le voci di costo riferite alla fornitura del servizio o del bene.
Poiché siffatta dichiarazione configura un elemento essenziale dell’offerta economica non può ritenersi integrabile ex post mediante l’istituto del soccorso istruttorio e comporta l’esclusione dalla gara anche in assenza di una espressa sanzione prevista dalla legge o dal disciplinare.
Né, in senso contrario, può invocarsi la mancata espressa menzione di tale obbligo dichiarativo nel disciplinare di gara e nella lettera di invito, come pure nel modulo di predisposizione dell’offerta, atteso che nel disciplinare di gara si faceva espressa menzione che trattavasi di procedura negoziata indetta “ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b) …del D.Lvo 50/2016” e cioè del nuovo corpus normativo disciplinante la materia degli appalti che prevede in via generalizzata l’obbligo di immediata dichiarazione degli oneri relativi alla sicurezza già in fase di predisposizione dell’offerta economica.
Non può neppure opporsi che trattandosi di affidamento sottosoglia dovrebbero applicarsi i soli principi di cui all’art. 31, comma 1, del d. lgs. n. 50/2016, espressamente richiamato dall’art. 36, comma 1, del codice dei contratti pubblici: la richiesta di invito – RDO, predisposta dalla stazione appaltante sul MEPA, indicava espressamente che l’aggiudicazione sarebbe avvenuta con il criterio della “offerta economicamente più vantaggiosa”, secondo quanto espressamente indicato nella determina a contrarre n. 57 del 30.6.2016 – ove si stabilisce “che l’aggiudicazione del servizio avverrà con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 95, comma 6, del D Lgs. 50/2016” – e ribadito nell’allegato disciplinare.
La lex specialis conteneva dunque un chiaro richiamo al criterio di aggiudicazione e allo stesso articolo 95 che, nel nuovo codice, ne compendia la disciplina anche con specifico riferimento, come si è detto, all’obbligo per l’operatore di indicare già nell’offerta economica i propri costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Carattere dirimente riveste comunque la circostanza che tra i documenti obbligatori richiesti dalla procedura informatica RDO v’è il fac simile precompilato e non modificabile relativo all’offerta economica che prevede espressamente un campo dedicato alla indicazione dei costi relativi alla sicurezza che la società ricorrente ha omesso di compilare, tant’è che nella copia di domanda estratta dal sistema informatico depositata dal Comune resistente e non contestata dalla ricorrente, figura la cifra di default pari a “Euro 0,00”.
Non può pertanto dolersi la ricorrente della mancata espressa menzione di tale dichiarazione, essendo tale adempimento obbligatoriamente richiesto sia dalla normativa disciplinante la gara sia dai documenti di gara e, segnatamente, dal “fac simile di sistema” relativo alla offerta economica previsto dalla procedura RDO del MEPA sicchè non si pone neppure un problema di possibile contrasto con il diritto comunitario in relazione alla parità di trattamento ed alla tutela dell’affidamento del concorrente che può assumersi leso solo laddove la legge nulla disponga in tale senso e neppure i documenti di gara contemplino un siffatto obbligo dichiarativo.
Ed infatti la recente ordinanza della Corte di Giustizia, VI, 10 novembre 2016 ha affermato che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, come attuati dalla direttiva 2004/18, devono essere interpretati nel senso che ostano alla esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito di inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla gara e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale bensì emerge da una interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti.
Un tala conclusione muove dalle premesse che nei documenti di gara – tra cui il giudice remittente aveva espressamente ricompreso non solo il bando ed il capitolato speciale ma anche l’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte – non fosse stato previsto l’obbligo di indicare separatamente, nell’offerta economica, i costi di sicurezza aziendale, obbligo che invece nel caso di specie è previsto sia dalla disciplina del criterio di aggiudicazione richiamato dalla legge di gara e disciplinato dall’art. 95, sia dal fac simile di sistema dell’offerta economica i cui diversi campi sono appunto funzionali ad acquisire tutte le informazioni necessarie non solo alla attribuzione del punteggio ma anche alla verifica della anomalia mediante scomputo preventivo della quota del prezzo imputabile agli oneri di sicurezza, come obbligatoriamente previsto dal comma 10 dell’art. 95 (ma già anche dall’art. 87, comma 4 del d. lgs. n. 163/2006, laddove espressamente richiesto dai documenti di gara, come nel caso della procedura RDO del MEPA).Non vale neanche opporre che siffatto modulo sarebbe equivoco stante l’errato riferimento normativo all’art. 87, comma 4, del d. lgs. n. 163/2006 ivi presente, con conseguente necessità di tutelare l’affidamento ingenerato da tale erroneo richiamo normativo poiché una tale censura non figura nel ricorso introduttivo ma solo nella memoria difensiva depositata il 24.10.2016 e come tale deve ritenersi inammissibile oltre che tardiva.
Nel merito la doglianza è anche infondata poiché in presenza di una gara espressamente indetta ai sensi della sopravvenuta normativa di cui al d. lgs. n. 50/2016, secondo quanto inequivocabilmente indicato nel disciplinare di gara, e tenuto conto che lo ius superveniens rende pacificamente obbligatoria l’immediata dichiarazione dei costi della sicurezza già in sede di predisposizione dell’offerta economica, il mancato aggiornamento delle schede di offerta presenti nella procedura informatica del MEPA non può giustificare un affidamento incolpevole, essendo ben riconoscibile ad un operatore medio che nella specie si trattava di mancato adeguamento formale del richiamo normativo presente nella scheda di offerta economica, come confermato dal fatto che la procedura informatica prevedeva un apposito campo ove dichiarare, per l’appunto, i costi relativi alla sicurezza.
Inoltre la previsione nel fac simile di sistema dell’obbligo dichiarativo serviva proprio a rendere obbligatoria la dichiarazione che, diversamente, ai sensi dell’art. 87, comma 4 del d. lgs. 163/2006 poteva anche essere resa successivamente in sede di verifica dell’anomalia sicchè la violazione sussiste sia rispetto all’art. 95, comma 10, applicabile ratione temporis, che prevede un obbligo ex lege in tal senso, sia rispetto alla lex specialis tenuto conto che l’abrogato art. 87, comma 4 consentiva comunque alla stazione appaltante di prescrivere l’obbligo della dichiarazione preventiva a condizione che figurasse espressamente nei documenti di gara, come accaduto nel caso di specie.
Il provvedimento di esclusione è dunque legittimo sicchè la ricorrente va dichiarata priva di interesse alla disamina delle restanti doglianze. Come infatti di recente ribadito da Cons. Stato, IV, 20 aprile 2016, n. 1560, anche tenuto conto dei principi elaborati dalla Corte di giustizia UE nella recente sentenza della Grande Camera, 5 aprile 2016, C-689/13: “La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha specificato che anche se di regola è sufficiente l’interesse strumentale del partecipante a una gara pubblica di appalto a ottenere la riedizione della gara stessa, deve in ogni caso ritenersi che un tale interesse (che non può e non deve essere emulativo) non sussista in capo al soggetto legittimamente escluso dato che tale soggetto, per effetto dell’esclusione, rimane privo non soltanto del titolo legittimante a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle scansioni procedimentali (Adunanza Plenaria 7 aprile 2011, n. 4; Cons. Stato, V, 20 febbraio 2012, n. 892;10 settembre 2010, n. 6546; 29 dicembre 2009, n. 8969; 21 novembre 2007, n. 5925; 13 settembre 2005, n. 4692).Il suo interesse protetto, invero, da qualificare interesse di mero fatto, non è diverso da quello di qualsiasi operatore del settore che, non avendo partecipato alla gara, non ha titolo a impugnare gli atti, pur essendo portatore di un interesse di mero fatto alla caducazione dell’intera selezione, al fine di poter presentare la propria offerta in ipotesi di riedizione della nuova gara.
Anzi, la citata sentenza dell’Adunanza Plenaria 7 aprile 2011, n. 4, ha ribadito ancora che nelle procedure pubbliche di affidamento dei contratti, la legittimazione al ricorso è correlata a una situazione differenziata, in modo certo, come risultato della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione, salvi i casi nei quali il ricorrente contesti, in radice, la scelta della stazione appaltante di indire la procedura, oppure, in qualità di operatore economico di settore, l’affidamento diretto o senza gara, oppure ancora una clausola del bando automaticamente escludente in relazione all’illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione, situazioni queste, che non ricorrono nel caso concreto.
In tale contesto, ha osservato la Plenaria, la mancata partecipazione alla gara, ostativa all’ammissibilità del ricorso, è del tutto equiparabile alla situazione di chi ne sia stato legittimamente escluso. (si veda di recente Ad Plen. n. 9 del 2014; successivamente Cons. Stato, Sez. V, n. 2256 del 2015).”
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