Oneri dichiarativi relativi ad un reato estinto – Sanabilità dell’omessa dichiarazione (Art. 38)

admin-seaConsiglio di Stato, sez. V, 13.11.2015 n. 5192
(sentenza integrale)

“La circostanza che la condanna di cui trattasi comminata quarant’anni fa, ricadeva quanto alla disciplina della estinzione del reato sotto la vigenza del codice processuale Rocco, la caratterizza per la atipicità ed esclude l’applicabilità ad essa dei principi giurisprudenziali relativi alla necessità della richiesta della estinzione da parte della parte interessata formatasi con riferimento all’istituto della riabilitazione ed estinzione dei reati dettata dal codice penale e processuale Vassalli in vigore dal 1989. Comunque, anche in vigenza dell’articolo 676 del codice penale Vassalli si è evidenziato dalla giurisprudenza più attenta, che l’effetto estintivo operi ex lege per effetto del decorso inattivo del tempo e non abbisogni di alcun provvedimento, non rilevando in contrario l’attribuzione al giudice dell’esecuzione della competenza a decidere in merito all’estinzione del reato dopo la condanna (Cass. Pen. Sez. V, 14 maggio 2015, n. 20068; Cass. Sez. unite 30 ottobre 2014, n.2).
In particolare con la sentenza n. 2 del 2014 le Sezioni Unite della Cassazione, seppure con riferimento al tema dell’indulto, hanno ritenuto maggiormente coerente con i criteri ermeneutici che sottendono il codice processuale il principio secondo cui, quando un determinato effetto giuridico si verifichi per decorso inattivo del tempo, esso si verifica ope legis al momento in cui siano per legge maturate le condizioni cui è condizionato l’effetto.
Corollario di tale approccio ermeneutico è che il provvedimento dichiarativo dell’estinzione, successivo e ricognitivo di un effetto già verificatosi, resta estraneo ai fini dell’estinzione del reato e si pone in funzione meramente formale e ricognitiva di un effetto già verificato, nel mentre l’automatismo degli effetti dell’estinzione del reato si pone in coerenza con i principi comunitari di ragionevole durata dei processi, sollecita definizione e di minor sacrificio esigibile, evincibili dagli articoli 5 e 6 CEDU.
L’applicazione di tale criterio ermeneutico al caso di specie, comporta che l’estinzione del reato si era verificata già prima del formale provvedimento reso dal giudice dell’esecuzione il 9 aprile 2013, sicché la dichiarazione resa da Carrer Leonardo non era falsa o non veritiera laddove non dichiarava la condanna di cui trattasi.
14.- Comunque, anche prescindendo da tale criterio ermeneutico, nel caso di specie non è dato ravvisare, diversamente dalla sentenza impugnata, la mancata dichiarazione contestata al C. del reato risultante dal casellario giudiziario, trattandosi di reato che d’ufficio avrebbe dovuto essere dichiarato estinto in base alla disciplina vigente all’epoca dei fatti e alla data di maturazione del termine per disporre la riabilitazione e non essendo di conseguenza implausibile che il reato fosse stato dichiarato estinto d’ufficio e quindi estraneo all’obbligo della dichiarazione di cui all’articolo 38 del d. lgs. n. 163 del 2006 .

La questione della falsa dichiarazione è oggetto del terzo motivo di appello, con il quale la società appellante deduce l’erroneità della sentenza per erronea interpretazione dell’articolo 75 del d.p.r. n. 445 del 2000 sulla considerazione che “la norma in parola deve essere ragionevolmente intesa come preordinata a sanzionare chi renda dichiarazioni false in vista di ottenere un certo beneficio e non certo chi renda dichiarazioni non veritiere senza dolo e che, per la loro stessa natura, non siano in alcun modo idonee a far conseguire il beneficio..”.
Invero, il tenore dell’articolo 75 del d.p.r. n. 445 del 2000, in base al quale “…il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera…” presuppone che la dichiarazione non veritiera sia finalizzata a conseguire una qualche utilità.
Infatti la disciplina dell’articolo 75 del d.p.r. n. 445 del 2000 è volta a sanzionare l’accertamento della non veridicità di dichiarazioni rese al fine di beneficiare di un determinato provvedimento e non certo la falsità di una dichiarazione del tutto irrilevante rispetto al conseguimento di quel beneficio.
Nel caso è effettivamente difficile individuare l’utilità cui è finalizzata la omessa dichiarazione di un reato previsto dal codice penale militare di pace, commesso quarant’anni prima e che non incidendo sulla moralità professionale del dichiarante non avrebbe potuto portare alla esclusione dalla gara, quand’anche fosse stato dichiarato.
In conclusione, non essendo implausibile che il reato di cui trattasi fosse estinto alla stregua dell’articolo 578 del Codice di procedura penale al tempo vigente, non è di conseguenza nemmeno configurabile l’obbligo della dichiarazione e, quindi, la fattispecie della dichiarazione falsa o non veritiera di cui all’articolo 75 del d.p.r. n. 445 del 2000
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16.- Da ultimo non può non considerarsi che l’articolo 38 del d. lgs. n. 163 del 2006, come integrato dalla legge n. 114 del 2014 che ha introdotto il comma 2 bis, consente la sanabilità attraverso il pagamento di una sanzione pecuniaria dell’erroneità o omissione delle dichiarazioni attestanti i requisiti generali.
Seppure tale norma per il principio del tempus regit actum non si applica al caso di specie, tale apertura del legislatore porta a riflettere su principi quali il favor partecipationis nella considerazione che la completezza della dichiarazione debba essere valutata in relazione alla sostanziale rilevanza o meno dell’errore o omissione da bilanciare con l’affidamento dei concorrenti sulla legge di gara e sull’eventuale integrazione”.

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