Onere per il concorrente di partecipare alle sedute della gara d’ appalto e riflessi sulla decorrenza del termine per il ricorso giurisdizionale

Consiglio di Stato, sez. IV, 27.06.2022 n. 5232

8.2. Si premette che, sui profili relativi al momento iniziale del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale, questo Consiglio ha statuito che “il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016” e che “la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12).
8.2.1. Il dictum è stato ulteriormente puntualizzato in successive e recenti pronunce nelle quali si è chiarito, in particolare, che, in base ai principi sanciti dall’Adunanza plenaria, “l’interessato non può essere onerato di un ricorso al buio, da proporre comunque entro il termine di decadenza anche quando non vi siano in quel momento vizi ravvisabili negli atti di gara” e, tuttavia, la medesima fondamentale pronuncia “Non dice però che alla regola generale per cui i vizi dell’atto amministrativo si devono far valere nel termine di decadenza vi sia un’eccezione, ovvero, in ipotesi, che, una volta individuato un vizio che si può immediatamente far valere con un ricorso principale, come avvenuto nel caso di specie, si possa essere rimessi in termini per il ricorso principale stesso dalla successiva scoperta di vizi ulteriori, che invece si devono far valere con motivi aggiunti” (Cons. Stato, sez. IV, sentenza 2 novembre 2021, n. 7292).
8.3. L’impostazione esegetica in esame risulta confermata dalla Corte costituzionale, la quale pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’art. 120 c.p.a., ha evidenziato che il termine per la proposizione dei motivi aggiunti decorre non dalla ricezione della comunicazione di aggiudicazione, ma, quanto ai vizi non percepibili in precedenza, dal momento dell’effettiva conoscenza degli atti di gara.
8.3.1. Per la Corte costituzionale l’art. 120, comma 5, c.p.a. “è compatibile con un’interpretazione, come quella da ultimo seguita dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, secondo la quale il dies a quo per proporre il ricorso principale ed i motivi aggiunti decorre dalla comunicazione dell’aggiudicazione (salve le ulteriori ipotesi di decorrenza di altra natura, ed estranee al presente incidente di legittimità costituzionale), fermo il già descritto meccanismo di dilazione temporale per denunciare i vizi che emergano a seguito dell’accesso agli atti di gara”.
8.3.2. La Corte costituzionale, per quel che qui interessa, ha puntualizzato che sono “salve le ulteriori ipotesi di decorrenza di altra natura” e ha altresì affiancato alla “data in cui [la parte che intende agire in giudizio] ha preso conoscenza…” dell’atto o del provvedimento ritenuto illegittimo e lesivo, anche quella in cui “avrebbe potuto prendere conoscenza usando l’ordinaria diligenza” (Corte costituzionale, sentenza 28 ottobre 2021, n. 204).
8.4. Principi analoghi si traggono anche in ambito sovranazionale dalle sentenze della Corte di giustizia, la quale ha, a sua volta, affermato che il diritto euro-unitaria nella materia degli appalti pubblici “esige che il termine per proporre ricorso decorra dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della illegittimità che intende denunciare” (Corte di giustizia dell’Unione europea, 28 gennaio 2010, C-406/08, Uniplex).
8.5. In base ai principi passati in rassegna, risulta evidente come rilevi, per valutare la tempestività del ricorso di primo grado, la possibilità per la società ricorrente di venire a conoscenza dei vizi di legittimità dedotti avverso gli atti endoprocedimentali relativi alla qualificazione tecnica della società aggiudicataria in un momento anteriore rispetto a quella nel quale si è consentito l’accesso agli atti e si è ostesa la documentazione domandata.
8.5.1. In proposito, il Collegio evidenzia che, testualmente, il verbale della seduta di gara del 14 luglio 2021 indica fra la documentazione della società risultata aggiudicataria controllata durante quella seduta quella denominata “1.8.7 Dichiarazione realizzazione negli ultimi tre anni (contratti di subappalto e relativa documentazione contabile)”, consistente, per l’appunto, nei contratti con i quali l’aggiudicataria intendeva comprovare i requisiti richiesti dalla lex specialis.
8.5.2. Sempre testualmente, il medesimo verbale indica che “Il SEGGIO, presa visione dei documenti pervenuti sulla piattaforma telematica, resa la consultazione degli stessi possibile alle imprese partecipanti, ritiene di sospendere la seduta alle ore 10:50 per poter visionare in maniera approfondita tutta la documentazione caricata dagli operatori economici”, chiarendo così che la documentazione era a disposizione delle parti.
8.5.3. Invero, al riguardo, la società -OMISSIS-, ricorrente in primo grado e odierna appellata, rappresenta, nella sua memoria del 10 gennaio 2022, che “mette conto stigmatizzare con assoluta chiarezza la falsità o, in ogni caso, la capziosità dell’argomento sostenuto da GESESA secondo cui ‘tutta la documentazione di gara, comprese le varie comunicazioni, inviate via pec ai partecipanti e a loro dirette, sono state sempre disponibili sul portale di -OMISSIS- e quindi facilmente conoscibili da parte di -OMISSIS-”.
8.5.4. Tuttavia, in proposito, questo Collegio rileva che il verbale delle sedute delle c.d. gare di appalto, in ordine ai fatti in esso riportati, va qualificato come “atto pubblico” e, come tale, esso è fidefacente fino a querela di falso ai sensi degli artt. 2699 e 2700 c.c. (Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 2012, n. 3351).
8.6. Da quanto sin qui evidenziato, consegue che la società ricorrente avrebbe potuto (o meglio dovuto) prendere conoscenza della documentazione comprovante la violazione della lex specialis, usando l’ordinaria diligenza, già a partire dalla seduta di gara del 14 luglio 2021, prendendo parte alla relativa seduta e consultando la documentazione depositata dalla concorrente.
8.7. Già in un precedente di questa sezione, si è avuto modo di stabilire che la concorrente abbia l’onere di partecipazione alle sedute della gara di appalto (Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 2022, n. 768, §§ da 20 a 22.1.).
8.8. Le esigenze di snellimento e tempestività delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, cristallizzate nella disciplina del codice dei contratti pubblici (cfr. art. 30 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50) e in quella relativa ai rimedi giurisdizionali (cfr. art. 120 c.p.a.), non gravano soltanto sulla amministrazione procedente o sull’autorità giudiziaria chiamata a conoscere del relativo contenzioso, dovendosi invece, in attuazione del dovere di solidarietà economica gravante su ciascun consociato (art. 2 Cost.), ritenerle estese anche agli operatori economici partecipanti alle procedure di evidenza pubblica.

Anticipazione contrattuale e subappalto

Quesito: L’art, 35, comma 8, del codice prevede l’anticipazione del 20% a favore dell’appaltatore, e l’art. 105, comma 13, stabilisce che la SA paghi direttamente e il subappaltatore, nel caso di pm impresa. ipotizziamo che i lavori eseguiti e contabilizzati sul primo SAL siano stati eseguiti interamente e soltanto dal subappaltatore; il pagamento della SA sarà a favore sia del subappaltatore che dell’appaltatore. Il recupero dell’anticipazione potrà, anzi dovrà, inevitabilmente riguardare anche la somma da corrispondere al subappaltatore, qualora la quota da corrispondere all’appaltatore sia inferiore rispetto alla somma da recuperare relativa all’anticipazione. Infatti, è indispensabile che la SA recuperi, per ogni SAL, l’intero importo relativo all’anticipazione e che, pertanto, la SA intervenga anche sul pagamento a favore dei subappaltatori. Si chiede se questo modo di procedere sia corretto, considerato anche che il subappalto non ha più il limite del 30%.

Risposta: Occorre chiarire che il quesito riguarda due istituti diversi che prevedono misure dirette ad agevolare due soggetti diversi, come di seguito sintetizzato:

1) l’anticipazione all’appaltatore prevista all’art. 35 comma 18, pari al 20% del valore del contratto subordinatamente all’effettivo inizio della prestazione ed alla costituzione della specifica garanzia, con eventuale incremento fino al 30% previsto dal Decreto Rilancio quale facoltà rimessa in capo alla S.A. nei limiti delle risorse disponibili (L. n. 77/2020). L’anticipazione, così come la ritenuta per garanzia, viene recuperata mediante compensazione sui pagamenti successivi a fronte dei S.A.L., fino a raggiungimento dell’importo totale della stessa. Quindi, in generale, per il recupero dell’anticipazione la S.A. dovrà procedere nei confronti dell’appaltatore che in ciascuna fattura è tenuto ad evidenziare l’importo dell’anticipazione da recuperare in modo da consentire la graduale ed automatica diminuzione della garanzia;

2) il pagamento diretto al subappaltatore ex art. 105 comma 13 dell’importo dovuto per le prestazioni dallo stesso eseguite, nei casi previsti dallo stesso comma. La norma prevede un preciso obbligo per l’amministrazione di procedere al pagamento diretto, e non più una mera facoltà esercitata a seguito di espressa richiesta, come nella previgente disciplina. Riguardo al tema posto, si fa presente che ad oggi assume una maggiore rilevanza in conseguenza del recente superamento del limite del 30% per il subappalto. Si ricorda comunque che l’appaltatore è la parte contrattuale referente per la S.A. che sottoscrive i S.A.L. ed in caso di pagamento diretto al subappaltatore non si crea alcun rapporto obbligatorio di debito-credito tra S. A. e subappaltatore, in quanto il subappalto mantiene comunque un elevato grado di autonomia rispetto al contratto di appalto cui afferisce. Infatti, la S.A. pagando adempie alla propria obbligazione nei confronti dell’appaltatore e, contemporaneamente, estingue anche l’obbligazione dell’appaltatore nei confronti del subappaltatore (cfr. ANAC, delibera AG 4/12 del 17/05/2012; Cass. Civ. Sez. II, 21 ottobre 2009, n. 22344; Cass. civ. Sez. I, 9 settembre 2004, n. 18196), configurandosi, il pagamento diretto da parte della
stazione appaltante, come una delegazione di pagamento. Ciò posto, nelle ipotesi di cui al comma 13 dell’art. 105 occorre che sia comunque garantito il recupero dell’anticipazione da parte della S.A., prevedendo nel contratto di appalto specifiche clausole per l’applicazione coordinata dei due istituti nei casi in cui la quota di subappalto sia tale da interferire con la quota dell’anticipazione ex art. 35 comma 18.
Pertanto, per il quesito posto si concorda con quanto da voi indicato a condizione che il procedimento sia previsto e regolato nel contratto di appalto sottoscritto con l’appaltatore. Si ricorda che per il recupero dell’anticipazione la S. A. può comunque utilizzare anche la garanzia costituita per l’erogazione della stessa (Parere MIMS n. 1277/2022).

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    Qualificazione Stazioni appaltanti: Relazione ANAC sullo stato di attuazione

    L’Autorità nazionale anticorruzione ha inviato alla Cabina di Regia sui contratti pubblici di Palazzo Chigi la Relazione trimestrale sullo stato di attuazione del sistema di qualificazione previsto dal protocollo sottoscritto tra Anac e Presidenza del Consiglio.

    La relazione fa seguito alla pubblicazione delle prime linee guida e contiene i contributi della consultazione pubblica, la proposta di una metodologia per l’attribuzione di un punteggio complessivo che tiene conto dei requisiti di qualificazione nonché alcune considerazioni prospettiche sull’evoluzione del quadro normativo.

    Entro il 30 settembre 2022 Anac e presidenza del Consiglio presentano alla Cabina di regia una relazione finale sugli esiti delle attività di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, fornendo l’elenco delle amministrazioni in possesso dei requisiti per l’iscrizione nell’elenco dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti.

    PEF Piano Economico Finanziario – Errore materiale – Contrasto con offerta economica – Correzione – Possibilità

    Consiglio di Stato, sez. VII, 21.06.2022 n. 5104

    Considerato, infatti, al riguardo: […]
    – che le altre doglianze dell’appellante sono prive di fondamento, dovendosi condividere, alla stregua della disamina degli atti di gara, le osservazioni del T.A.R. sulla natura di errore materiale ictu oculi rilevabile dell’indicazione del canone contenuta nel P.E.F. della -OMISSIS- (€ 20.000,00), a fronte della solenne e inequivoca indicazione di € 25.000,00 contenuta nell’allegato (o modello) “C”, contenente l’offerta economica della società;
    – che al contrario di quanto sostiene l’appellante, il fatto che in tale modello, debitamente sottoscritto, il canone offerto, pari a € 25.000,00, sia stato scritto in lettere e in cifre, in neretto e sottolineato, non è irrilevante, perché sta a testimoniare la serietà e la solennità dell’impegno consapevolmente assunto dalla -OMISSIS-: all’opposto, la somma di € 20.000,00 indicata nel P.E.F. della società si presenta come il risultato di un’attività di elaborazione al computer tramite un “file excel”. Ciò rende verosimile che il dato numerico inserito nel P.E.F. sia un mero refuso in luogo dell’importo corretto di € 25.000,00 e in questo senso, oltre a quanto detto sul carattere solenne della dichiarazione contenuta nel modello “C”, depone l’ulteriore elemento evidenziato dal T.A.R., in base al quale, sostituendo alla somma di € 20.000,00, come canone concessorio, l’importo di € 25.000,00, l’equilibrio economico-finanziario e, dunque, la sostenibilità dell’offerta della -OMISSIS-, restano immutati;
    – che neppure da quest’ultimo punto di vista le doglianze dell’appellante colgono nel segno, poiché il primo giudice ha sostituito l’importo di € 25.000,00 a quello di € 20.000,00 quale canone annuo della concessione offerto dalla società non per manipolare l’offerta economica di questa, ma al solo fine di verificare la correttezza o meno sul piano logico della tesi dell’errore materiale: tesi che proprio da detta verifica ha tratto ulteriore fondamento;
    – che, perciò, per il dato del canone concessorio annuo contenuto nel P.E.F. della -OMISSIS- (€ 20.000,00 in luogo di € 25.000,00) sussistevano gli estremi dell’errore materiale percepibile e rilevabile ictu oculi dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque, il quale, quindi, proprio in virtù di tali sue caratteristiche era emendabile (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, 4 gennaio 2021, n. 68; id., 20 marzo 2020, n. 1998; Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113; id., 5 novembre 2014, n. 5468; Sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978). Per conseguenza, la Commissione di gara avrebbe potuto e dovuto procedere a emendare il suddetto errore e, dunque, a optare per l’importo indicato nell’allegato “C”, costituendo tale attività un mero esercizio del potere-dovere di interpretazione dell’offerta alla luce degli elementi oggettivi in essa contenuti (cfr. C.d.S., Sez. V. n. 113/2018, cit.). D’altra parte è principio consolidato che le offerte, intese come atto negoziale, vanno interpretate al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità o gli errori di scritturazione e di calcolo, a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale assunto (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, nn. 68/2021 e 1998/2020, cit.; id., 28 ottobre 2020, n. 6610; id., 27 marzo 2013, n. 1487; Sez. V, 27 aprile 2015, n. 2082).