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Anticipazione contrattuale e subappalto

Quesito: L’art, 35, comma 8, del codice prevede l’anticipazione del 20% a favore dell’appaltatore, e l’art. 105, comma 13, stabilisce che la SA paghi direttamente e il subappaltatore, nel caso di pm impresa. ipotizziamo che i lavori eseguiti e contabilizzati sul primo SAL siano stati eseguiti interamente e soltanto dal subappaltatore; il pagamento della SA sarà a favore sia del subappaltatore che dell’appaltatore. Il recupero dell’anticipazione potrà, anzi dovrà, inevitabilmente riguardare anche la somma da corrispondere al subappaltatore, qualora la quota da corrispondere all’appaltatore sia inferiore rispetto alla somma da recuperare relativa all’anticipazione. Infatti, è indispensabile che la SA recuperi, per ogni SAL, l’intero importo relativo all’anticipazione e che, pertanto, la SA intervenga anche sul pagamento a favore dei subappaltatori. Si chiede se questo modo di procedere sia corretto, considerato anche che il subappalto non ha più il limite del 30%.

Risposta: Occorre chiarire che il quesito riguarda due istituti diversi che prevedono misure dirette ad agevolare due soggetti diversi, come di seguito sintetizzato:

1) l’anticipazione all’appaltatore prevista all’art. 35 comma 18, pari al 20% del valore del contratto subordinatamente all’effettivo inizio della prestazione ed alla costituzione della specifica garanzia, con eventuale incremento fino al 30% previsto dal Decreto Rilancio quale facoltà rimessa in capo alla S.A. nei limiti delle risorse disponibili (L. n. 77/2020). L’anticipazione, così come la ritenuta per garanzia, viene recuperata mediante compensazione sui pagamenti successivi a fronte dei S.A.L., fino a raggiungimento dell’importo totale della stessa. Quindi, in generale, per il recupero dell’anticipazione la S.A. dovrà procedere nei confronti dell’appaltatore che in ciascuna fattura è tenuto ad evidenziare l’importo dell’anticipazione da recuperare in modo da consentire la graduale ed automatica diminuzione della garanzia;

2) il pagamento diretto al subappaltatore ex art. 105 comma 13 dell’importo dovuto per le prestazioni dallo stesso eseguite, nei casi previsti dallo stesso comma. La norma prevede un preciso obbligo per l’amministrazione di procedere al pagamento diretto, e non più una mera facoltà esercitata a seguito di espressa richiesta, come nella previgente disciplina. Riguardo al tema posto, si fa presente che ad oggi assume una maggiore rilevanza in conseguenza del recente superamento del limite del 30% per il subappalto. Si ricorda comunque che l’appaltatore è la parte contrattuale referente per la S.A. che sottoscrive i S.A.L. ed in caso di pagamento diretto al subappaltatore non si crea alcun rapporto obbligatorio di debito-credito tra S. A. e subappaltatore, in quanto il subappalto mantiene comunque un elevato grado di autonomia rispetto al contratto di appalto cui afferisce. Infatti, la S.A. pagando adempie alla propria obbligazione nei confronti dell’appaltatore e, contemporaneamente, estingue anche l’obbligazione dell’appaltatore nei confronti del subappaltatore (cfr. ANAC, delibera AG 4/12 del 17/05/2012; Cass. Civ. Sez. II, 21 ottobre 2009, n. 22344; Cass. civ. Sez. I, 9 settembre 2004, n. 18196), configurandosi, il pagamento diretto da parte della
stazione appaltante, come una delegazione di pagamento. Ciò posto, nelle ipotesi di cui al comma 13 dell’art. 105 occorre che sia comunque garantito il recupero dell’anticipazione da parte della S.A., prevedendo nel contratto di appalto specifiche clausole per l’applicazione coordinata dei due istituti nei casi in cui la quota di subappalto sia tale da interferire con la quota dell’anticipazione ex art. 35 comma 18.
Pertanto, per il quesito posto si concorda con quanto da voi indicato a condizione che il procedimento sia previsto e regolato nel contratto di appalto sottoscritto con l’appaltatore. Si ricorda che per il recupero dell’anticipazione la S. A. può comunque utilizzare anche la garanzia costituita per l’erogazione della stessa (Parere MIMS n. 1277/2022).

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    Frazionamento appalto : non giustificabile per ragioni di necessità ed urgenza

    Le ragioni di necessità e urgenza non possono giustificare il frazionamento di un appalto allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del Codice dei contratti pubblici relative alle soglie europee. In caso di affidamento contemporaneo di più servizi, attraverso la suddivisione in lotti distinti, si deve calcolare comunque il valore complessivo dei lotti e, se questo supera la soglia, applicare a ciascun lotto le disposizioni comunitarie degli affidamenti sopra soglia.
    Lo chiarisce l’Anac nella Delibera numero 34 del 26 gennaio 2022, che ha come oggetto un’indagine su appalti disposti con procedura negoziata.

    Secondo ANAC le ragioni di necessità ed urgenza non consentono alle stazioni appaltanti di suddividere in diverse procedure negoziate, senza pubblicare un bando di importo inferiore alle soglie europee, affidamenti che devono essere assegnati mediante un’unica gara il cui valore deve essere calcolato complessivamente. L’urgenza consente la riduzione dei termini nelle procedure ordinarie o il ricorso alla procedura negoziata ma non certamente giustifica il mancato rispetto delle regole che governano il calcolo dell’importo a base di gara. L’autorità quindi raccomanda di conformarsi alle considerazioni svolte nella delibera in riferimento alla corretta applicazione degli articoli 35 e 36 del decreto legislativo 50/2016.

    fonte: sito ANAC

    NUOVE SOGLIE COMUNITARIE IN VIGORE DAL 1 GENNAIO 2022

    In vigore dal 01.01.2022 le nuove soglie di rilevanza comunitaria sugli appalti pubblici ai sensi dell’art. 35, D.Lgs. n. 50/2016.

    I nuovi Regolamenti sono stati pubblicati sulla GUCE L 398 del 11 novembre 2021:

    Per effetto dei Regolamenti le nuove soglie aggiornate risulteranno le seguenti:

    SETTORI ORDINARI

    • euro 5.382.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni;
    • euro 140.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali indicate nell’allegato III; se gli appalti pubblici di forniture sono aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici operanti nel settore della difesa, la soglia si applica soltanto agli appalti concernenti i prodotti menzionati nell’allegato VIII;
    • euro 215.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali; la soglia si applica anche agli appalti pubblici di forniture aggiudicati dalle autorità governative centrali che operano nel settore della difesa, allorché tali appalti concernono prodotti non menzionati nell’allegato VIII;

    SETTORI SPECIALI

    • euro 5.382.000 per gli appalti di lavori;
    • euro 431.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione;

    DIFESA E SICUREZZA

    • euro 5.382.000 per gli appalti di lavori;
    • euro 431.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione;

    CONCESSIONI

    • euro 5.382.000;

    Anticipazione 30% del prezzo : facoltativa nei limiti delle risorse disponibili

    Parere MIMS n. 923 del 05.11.2021

    Codice identificativo: 923
    Data ricezione: 05/11/2021

    Argomento: Anticipazione del prezzo

    Oggetto: Istituto dell’anticipazione del 30% del prezzo nei limiti delle risorse disponibili.

    Quesito:
    Si chiede se la frase relativa all’istituto in oggetto che indica che “l’importo dell’anticipazione può essere incrementato fino al 30% nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della SA” significhi: 1- l’OE chiede il 30% di anticipo e, qualora l’SA se non abbia disponibili tutte le somme, sia obbligata comunque ad erogare il 20% e non il restante 10% necessario al raggiungimento del 30%; 2- l’SA, qualora non abbia disponibili le risorse, non sia obbligata nemmeno a corrispondere né il 30% né il 20% dell’anticipo ma solo, eventualmente, una quota parte minore (Es. 8%), in relazione alle risorse disponibili in quel momento.

    Risposta:
    L’art. 35, comma 18, del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, dispone che l’appaltatore ha diritto a ricevere un’anticipazione del prezzo, pari al 20% del valore del contratto, a condizione che sia effettivamente iniziata la prestazione, “entro quindici giorni dall’effettivo inizio della prestazione” ed a condizione che sia costituita una fidejussione pari all’importo corrisposto maggiorato dagli interessi legali calcolati in ragione dell’arco temporale programmato per l’adempimento; l’importo della garanzia viene gradualmente ed automaticamente ridotto nel corso della prestazione, in rapporto al progressivo recupero dell’anticipazione da parte delle stazioni appaltanti “secondo il cronoprogramma della prestazione”. Originariamente, tale disposizione si riferiva soltanto agli appalti di lavori; l’art. 1, comma 20, lett. g), n. 3, del D.L. 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. “Decreto Sblocca Cantieri”), sostituendo all’art. 35, comma 18, sopra citato la parola “dei lavori” con la parola “della prestazione”, ha esteso l’applicazione dell’istituto dell’anticipazione anche agli appalti di servizi e forniture. Come già espresso, nel parere n. 676 reso dal presente servizio, l’anticipazione del prezzo non è subordinata all’espressa richiesta da parte dell’O.E. ma è, invece, necessariamente subordinata alla costituzione della specifica garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa prevista all’art. 35, comma 18 del d.lgs. 50/16. Il carattere cogente dell’anticipazione di cui all’art. 35, comma 18, del D.Lgs. n. 50/2016, deriva dalla ratio di consentire alle imprese di disporre delle risorse finanziare necessarie a dare avvio della prestazione e di onorare puntualmente i propri impegni nei confronti dei dipendenti e dei fornitori ricorrendo solo in minima parte al costoso credito bancario. Quanto sopra trova conforto anche nella deliberazione n. 67/2020 dalla Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Piemonte, secondo cui “Poiché si tratta di pagamento dovuto, l’anticipazione non va formalmente richiesta dall’appaltatore (…) Tuttavia, per la effettiva corresponsione dell’anticipazione, occorre comunque la collaborazione dell’appaltatore; l’erogazione della stessa, infatti, resta subordinata alla prestazione della garanzia da parte dell’appaltatore medesimo, sicché, in mancanza, non può concretamente essere pagata.”. L’articolo 207 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, rubricato “Disposizioni urgenti per la liquidità delle imprese appaltatrici”, ha introdotto in via transitoria la possibilità per le stazioni appaltanti di elevare l’importo dell’anticipazione del corrispettivo di appalto di cui all’articolo 35, comma 18, “fino al 30 per cento, nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante”. Tale disposizione si applica alle procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici, d.lgs. 50/2016, quando: 1) bandi o avvisi di gara risultano pubblicati alla data di entrata in vigore del decreto Rilancio; 2) nell’ipotesi di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, quando gli inviti a presentare le offerte o i preventivi siano stati già inviati e i relativi termini non siano ancora scaduti, 3) “in ogni caso” alle procedure avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino alla data del 30 giugno 2021. L’aumento dal 20% al 30 %, costituisce una “possibilità” per le stazioni appaltanti, al fine di attenuare le difficoltà economiche in cui versano le imprese a causa dell’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da Covid-19 (la norma testualmente, dispone che l’importo “Può” essere incrementato fino al 30 per cento). Con riguardo all’inciso per cui la facoltà introdotta dall’articolo 207 del d.l. n. 34/2020 può essere esercitata dalla stazione appaltante “nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante”, il legislatore ha inteso porre all’erogabilità del beneficio il solo vincolo della disponibilità delle relative somme negli stanziamenti annuali previsti nel quadro economico dell’intervento (sul punto, si vedano i chiarimenti interpretativi del MIT R112 del 11/08/2020) . Pertanto, da quanto sopra si ricava che, previa necessaria garanzia da parte dell’appaltatore, l’anticipazione di cui all’art. 35, comma 18 del Codice è dovuta almeno nella misura del 20%. Quindi, in quanto obbligatorio, tale importo deve essere già previsto nel quadro economico dell’intervento. L’eventuale incremento dal 20% fino al 30% previsto dal c.d. “Decreto rilancio” è, invece, una facoltà rimessa in capo alla SA, nei limiti delle risorse disponibili.

    Frazionamento artificioso dell’appalto – Procedure ” spezzettate ” – Incoerenza con la programmazione – Illegittimità (art. 32 , art. 35 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 27.07.2021 n. 5561

    2. – Maggiore pregnanza assume il sub-motivo con cui si deduce l’artificioso frazionamento temporale dell’appalto, con durata di soli venti mesi, onde rimanere al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria (per soli 11.000 euro), in violazione di quanto prescritto dall’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, mentre sarebbero bastati dieci giorni in più per superare la predetta soglia; peraltro appare incoerente una siffatta durata con la programmazione biennale, in quanto non è consentito che nello stesso ambito programmatorio possano coesistere due o più procedure per lo stesso servizio, ma “spezzettate”. Per l’appellante, se il bisogno è biennale, la durata del contratto deve essere almeno biennale; in ogni caso, ai sensi dell’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, il frazionamento deve essere correlato a “ragioni oggettive”, che non sono invece esternate nella deliberazione a contrarre.
    La fondatezza del motivo appare evidente proprio nella prospettiva da ultimo evidenziata.
    L’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che «un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino». Nella fattispecie controversa la determinazione a contrarre non contiene alcuna esternazione delle ragioni idonee a giustificare il frazionamento dell’appalto su base temporale, limitandosi a rappresentare la necessità del rispetto del principio di rotazione e di garantire la continuità del servizio.
    In assenza di motivazione sulle ragioni del frazionamento, l’artificiosità del medesimo può essere dimostrata in via indiziaria; a tale dimostrazione concorre la prefissazione della durata del contratto a venti mesi, implicante il raggiungimento di un importo che “lambisce” la soglia comunitaria, non coerente con la programmazione biennale, e soprattutto con l’affermazione che «i servizi di vigilanza degli Uffici giudiziari sono necessari ed irrinunciabili in quanto funzionali al mantenimento di adeguati livelli di sicurezza pubblica ed all’ordinato svolgimento delle attività giudiziarie», sì da risultare illogica una durata limitata nel tempo, se non con lo scopo di non superare la soglia comunitaria, che appare dunque l’obiettivo, non dichiarato apertis verbis, ma evidentemente strumentale, che domina la determinazione gravata.

    Divieto di frazionamento degli appalti pubblici ( tranne che ragioni oggettive lo giustifichino )

    Consiglio di Stato, sez. III, 21.05.2021 n. 3974

    Consiglio di Stato, sez. III, 21.05.2021 n. 3971

    8. E’ un dato di fatto che [la Stazione appaltante] abbia affidato a ciascun singolo Distretto l’esperimento di singole procedure di gara per provvedere all’acquisizione dei dispositivi audioprotesici di che trattasi, e che ad oggi siano state bandite almeno cinque procedure “parallele” (…). Tutte di importo inferiore alla soglia dei 40.000 euro.
    9. A mente dell’art. 35, c. 6, d.lgs. 50/2016 “Un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino”.
    9.1. Nel caso di specie le ragioni del frazionamento emergono dalla nota (…) della Direzione strategica dell’Azienda sanitaria, ma esse non sono, ad avviso del Collegio, tali da costituire una valida giustificazione.
    9.2. Come correttamente evidenziato dall’appellante, infatti, l’ASL non ha compiuto una specifica ricognizione delle proprie esigenze di acquisto, e ha deciso il frazionamento a prescindere dalle stesse, sulla base di valutazioni attinenti all’autonomia tecnico gestionale ed economico finanziaria dei Distretti e alla necessità di una gara “ponte” nelle more di una procedura di gara aziendale.
    9.3. In realtà, così facendo, ha frazionato la procedura su base locale, correlandola alle esigenze d’acquisto, note ai singoli distretti, omettendo di procedere ad una attività di ricognizione del fabbisogno, invero semplice da effettuare sol che si fosse provveduto alla mera sommatoria dei dati provenienti dai distretti.
    9.4. Il risultato è stato il frazionamento del fabbisogno aziendale, non solo su base locale, ma anche su base temporale, posto che si è consentito l’utilizzo di una serie parallela di procedure di affidamento diretto (come spiegato dal TAR la previa consultazione e la competizione sul prezzo delle imprese invitate è solo il frutto di un autovincolo del distretti), nell’ambito del territorio dell’Azienda sanitaria, per importi “estensibili” sino a 40.000 euro, teoricamente replicabili una volta che il fabbisogno torni a riquotarsi in sede locale.
    9.5. E’ evidente che un siffatto modus procedendi scardina il principio di corretta programmazione del fabbisogno a livello aziendale, e di fatto vanifica l’utilizzo di strumenti e procedure contrattuali coniate dal codice dei contratti pubblici quali, ad es., l’accordo quadro di cui all’art. 54; comunque eludendo, in assenza di ragioni oggettive, l’applicazione di procedure di evidenza pubblica maggiormente strutturate e garantiste, che invece si applicherebbero ove l’acquisto fosse centralizzato in capo all’Azienda sanitaria.
    10. Il Collegio non disconosce l’orientamento fornito dalla Sezione con decisione 3566/2020, avente anch’essa a oggetto la fornitura di apparecchi acustici. In quel caso però trattavasi di una gara “ponte” bandita dall’ASL (non dai singoli distretti) – nelle more della definizione della gara bandita dalla stazione unica appaltante regionale, all’epoca oggetto di contenzioso – posta in stretta connessione con la gara regionale, come chiaramente si evince dalla previsione espressa di una clausola di anticipata risoluzione riferita all’eventuale intervento “nel frattempo dell’aggiudicazione della corrispondente gara d’appalto regionale da parte della Stazione Unica Appaltante della Regione”.
    10.1. Nulla di tutto ciò si rinviene nel caso in esame, in cui invece è la stessa ASL ad autorizzare le plurime gare ponte, pur accingendosi dichiaratamente la stessa a bandire una gara aziendale (…). Non risulta, dagli atti processuali se poi la gara aziendale (ossia, quella nelle more della quale i distretti hanno agito in modo frazionato) si sia effettivamente svolta, né che vi sia stata una stretta correlazione fra le plurime procedure distrettuali sotto soglia e quella aziendale in via di predisposizione, a riprova che la scelta organizzativa si è in definitiva risolta unicamente in un frazionamento strumentale all’utilizzo di procedure negoziate in luogo di quelle aperte o ristrette ex lege previste.

    Clausola di estensione del contratto – Requisiti – Contenuto (art. 35 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. III, 28.09.2020 n. 5705

    Giova aggiungere, richiamando un precedente della Sezione (15 febbraio 2018, n. 982) che “il criterio orientativo di base, elaborato dalla giurisprudenza, vuole che una clausola estensiva in tanto possa essere ammessa, in quanto soddisfi i requisiti, in primis di determinatezza, prescritti per i soggetti e l’oggetto della procedura cui essa accede (Cons. St., sez. V, 11 febbraio 2014, n. 663): infatti, l’appalto oggetto di estensione, in questa prospettiva, non viene sottratto al confronto concorrenziale, a valle, ma costituisce l’oggetto, a monte, del confronto tra le imprese partecipanti alla gara, poiché queste nel prendere parte ad una gara, che preveda la c.d. clausola di estensione, sanno ed accettano (…) che potrebbe essere loro richiesto di approntare beni, servizi o lavori ulteriori, rispetto a quelli espressamente richiesti dalla lex specialis, purché determinati o determinabili a priori, al momento dell’offerta, secondo requisiti né irragionevoli né arbitrari, tanto sul piano soggettivo – per caratteristiche e numero delle amministrazioni eventualmente richiedenti – che su quello oggettivo – per natura, tipologia e quantità dei beni o delle prestazioni aggiuntive eventualmente richieste entro un limite massimo (Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2016, n. 442).

    [rif. art. 35 d.lgs. n. 50/2016]

    Circolare MIT : chiarimenti su anticipazione corrispettivo appalto ex art. 35, comma 18, d.lgs. n. 50/2016

    Articolo 207 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34. Chiarimenti interpretativi.

    “Disposizioni urgenti per la liquidità delle imprese appaltatrici” al fine di attenuare le difficoltà economiche determinate alle imprese dall’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da Covid-19

    L’articolo 207 del recente decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, rubricato “Disposizioni urgenti per la liquidità delle imprese appaltatrici”, ha introdotto in via transitoria, al fine di attenuare le difficoltà economiche determinate alle imprese dall’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da Covid-19, la possibilità per le stazioni appaltanti di elevare l’importo dell’anticipazione del corrispettivo di appalto di cui all’articolo 35, comma 18, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e successive modifiche e integrazioni.
    Con la presente circolare, si forniscono alcuni chiarimenti in ordine all’interpretazione della norma suindicata, al fine di ovviare a criticità insorte in sede applicativa e oggetto di segnalazioni pervenute a questo Ministero.

    Circolare 112 del 11.08.2020.pdf

    Procedura negoziata “ponte” – In attesa della conclusione di una gara aperta – Legittimità (art. 36 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. III, 05.06.2020 n. 3566

    Passando al merito, è dedotto innanzitutto l’illegittimo ed immotivato ricorso alla gara ponte nonché la sproporzione delle cifre poste a base delle due gare rispetto ai bacini di utenza (…) con la conseguenza che la procedura di gara negoziata espletata in via autonoma da parte della Asl -Omissis priverà di significato economico quella in corso di svolgimento da parte della Stazione unica appaltante della Regione.
    Giova premettere che, contrariamente a quanto affermato dalla appellante, la determina a contrarre ex art. 32, d.lgs. n. 50 del 2016 del 30 maggio 2018 reca una sintetica ma certamente congrua individuazione delle ragioni sottese alla procedura, da rinvenire nella necessità di reperire materiale protesico “per un fabbisogno strettamente necessario, nelle more della gara regionale in corso di esecuzione”. Evidente dunque l’intento dell’Azienda sanitaria che, a fronte di una domanda – attuale o stimata – di protesi superiore alle scorte e per assicurare la prestazione sanitaria agli utenti, ha ritenuto opportuno approvvigionarsi con una propria procedura prevedendo tempi non brevi per la conclusione della gara centralizzata. Ha peraltro ben chiarito che tale fornitura era per coprire lo “stretto necessario” e solo perché era ancora in corso la procedura bandita dalla Stazione unica appaltante della Regione e non c’erano altri contratti attivi o accordi di collaborazione tra soggetti aggregatori. A corollario di tale previsione e a dimostrazione dell’effettivo intendimento della Asl di indire una procedura “ponte”, l’art. 2 del disciplinare aggiungeva, con rappresentazione anche graficamente maggiormente evidente rispetto a tutte le altre disposizioni, che “il contratto relativo alla fornitura del presente appalto è da intendersi in ogni caso anticipatamente risolto se, nel frattempo, intervenga l’aggiudicazione della corrispondente gara d’appalto regionale da parte della Stazione Unica Appaltante (…). Evidente è dunque la stretta connessione tra la procedura indetta dalla Asl e quella centralizzata: la prima trae la sua essenza nella pendenza della gara regionale.
    Tale essendo le ragioni sottese alla procedura impugnata, il Collegio ritiene che l’Azienda sanitaria abbia agito avendo ben presenti gli obblighi che ad essa fanno capo, id est, in via primaria, assicurare agli utenti del servizio sanitario le prestazioni di cui necessitano. Sarebbe certamente stata passibile di censura ove avesse opposto al cittadino avente diritto ad una protesi acustica che le scorte erano finite e che occorreva attendere la conclusione di una gara, peraltro di incerta durata.
    Detto presupposto giustifica anche la decisione di appaltare la fornitura di apparati protesici (e i servizi alla stessa strettamente connessi) per un importo presunto a base d’asta di 180.000,00 euro che, essendo inferiore alla soglia comunitaria ex art. 35, comma 1, lett c), d.lgs. n. 50 del 2016, consente il ricorso alla procedura negoziata senza bando, con “consultazione di almeno quindici operatori economici, ove esistenti” (art. 36, comma 2, lett. c, d.lgs. n. 50 del 2016).
    Si tratta, quindi, di una gara ponte ben giustificata e che non vanifica quella bandita dalla Stazione Unica Appaltante della Regione, che ha, anzi, costituito il parametro per l’individuazione della richiesta dei prodotti da acquisire e la cui conclusione rappresenta – in virtù di espressa clausola di anticipata risoluzione – motivo per risolvere anticipatamente il rapporto di fornitura senza diritto ad alcun compenso ulteriore a quello derivante dalle prestazioni effettivamente erogate (art. 2 del disciplinare di gara e art. 4 del capitolato tecnico).
    Si tratta, ancora, come si è detto, di importo “presunto” perché presunta è la stima della quantità di protesi (30 per ogni lotto) necessarie, ferma restando la possibilità per la stazione appaltante di acquistare una fornitura ridotta ove la conclusione prossima della gara regionale avesse assicurato la copertura del fabbisogno; conclusione della procedura, peraltro, che invece, ex post, si è rilevata lontana nel tempo, essendo stata la gara annullata dal giudice di appello con la citata sentenza della sez. III, n. 759 del 30 gennaio 2019.
    Nel Capitolato tecnico si precisa chiaramente, infatti, che i quantitativi indicati, e dunque l’importo stimato, rappresentano il fabbisogno aziendale presunto annuale, “che ha natura meramente indicativa, e quindi non vincolante per le AS”, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 106, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016, e dunque con la possibilità di un aumento o diminuzione della fornitura fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto.

    Decreto ” RILANCIO ” : le misure in materia di appalti e contratti pubblici

    Sulla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 19.05.2020 è stato pubblicato iDecreto Legge 19 maggio 2020, n. 34: Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonche’ di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

    Di seguito le disposizioni rilevanti in materia di appalti e contratti pubblici.


    Art. 65
    Esonero temporaneo contributi Anac
    1. Le stazioni appaltanti e gli operatori economici sono esonerati dal versamento dei contributi di cui all’articolo 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 all’Autorità nazionale anticorruzione, per tutte le procedure di gara avviate dalla data di entrata in vigore della presente norma e fino al 31 dicembre 2020. L’Autorità farà fronte alla copertura delle minori entrate mediante l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione maturato al 31 dicembre 2019. Agli oneri di cui al presente comma, valutati in 25 milioni di euro per l’anno 2020 in termini di fabbisogno e indebitamento netto, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

    Art. 81
    Modifiche all’articolo 103 in materia di sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza
    1. All’articolo 103, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, sono aggiunte infine le seguenti parole: “, ad eccezione dei documenti unici di regolarità contributiva in scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020, che conservano validità sino al 15 giugno 2020.”.
    2. I termini di accertamento e di notifica delle sanzioni di cui agli articoli 7 e 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, sono sospesi fino al 31 luglio 2020.

    Art. 109
    Servizi delle pubbliche amministrazioni
    1. L’articolo 48 decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e’ sostituito dal seguente:

    “Art. 48 (Prestazioni individuali domiciliari). 1. Durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66 e successive modificazioni, disposta con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 3 comma 1 del decreto- legge del 23 febbraio 2020 n. 6, e durante la sospensione delle attivita’ sociosanitarie e socioassistenziali nei centri diurni per anziani e per persone con disabilita’, dei centri diurni e semiresidenziali per minori, per la salute mentale, per le dipendenze e per persone senza fissa dimora, dei servizi sanitari differibili, laddove disposta con ordinanze regionali o altri provvedimenti, considerata l’emergenza di protezione civile e il conseguente stato di necessita’, le pubbliche amministrazioni forniscono, anche su proposta degli enti gestori di specifici progetti per il fine di cui al presente articolo, avvalendosi del personale disponibile, gia’ impiegato in tali servizi, anche dipendente da soggetti privati che operano in convenzione, concessione o appalto, prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza o rese nel rispetto delle direttive sanitarie negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi senza ricreare aggregazione. Tali servizi possono essere svolti secondo priorita’ individuate dall’amministrazione competente, tramite coprogettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i fondi ordinari destinati a tale finalita’, alle stesse condizioni assicurative sinora previsti, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali, convenzionali, concessorie, adottando specifici protocolli che definiscano tutte le misure necessarie per assicurare la massima tutela della salute di operatori ed utenti, secondo quanto stabilito al comma 2.
    2. Durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socioassistenziali di cui al comma 1, le pubbliche amministrazioni sono autorizzate al pagamento dei gestori privati dei suddetti servizi per il periodo della sospensione, sulla base delle risorse disponibili e delle prestazioni rese in altra forma. Le prestazioni convertite in altra forma, in deroga alle previsioni del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, previo accordo tra le parti secondo le modalita’ indicate al comma 1 del presente articolo, sono retribuite ai gestori con quota parte dell’importo dovuto per l’erogazione del servizio secondo le modalita’ attuate precedentemente alla sospensione e subordinatamente alla verifica dell’effettivo svolgimento dei servizi. E’ inoltre corrisposta un’ulteriore quota per il mantenimento delle strutture attualmente interdette che e’ ad esclusiva cura degli affidatari di tali attivita’, tramite il personale a cio’ preposto, fermo restando che le stesse dovranno risultare immediatamente disponibili e in regola con tutte le disposizioni vigenti, con particolare riferimento a quelle emanate ai fini del contenimento del contagio da COVID-19, all’atto della ripresa della normale attivita’. Le pubbliche amministrazioni possono riconoscere, ai gestori, un contributo a copertura delle spese residue incomprimibili, tenendo anche in considerazione le entrate residue mantenute, dagli stessi gestori, a seguito dei corrispettivi derivanti dai pagamenti delle quote di cui al presente comma e di altri contributi a qualsiasi titolo ricevuti.
    3. A seguito dell’attivazione dei servizi di cui al comma 2, e’ fatta comunque salva la possibilita’ per i gestori di usufruire, in relazione alle ore non lavorate, dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga laddove riconosciuti per la sospensione dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, degli altri servizi di cui al comma 1 e dei servizi degli educatori per gli alunni disabili, ove attivati gli accordi di cui all’articolo 4-ter, o di servizi sociosanitari e socioassistenziali resi in convenzione, appalto o concessione nell’ambito dei provvedimenti assunti in attuazione del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 e con ordinanze regionali o altri provvedimenti che dispongano la sospensione dei centri diurni per anziani e persone con disabilita’.»

    b) all’articolo 92, comma 4-bis, primo periodo, le parole: “e di trasporto scolastico” sono soppresse.


    Art. 153
    Sospensione delle verifiche ex art. 48-bis DPR n. 602 del 1973
    1. Nel periodo di sospensione di cui all’articolo 68, commi 1 e 2-bis, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 non si applicano le disposizioni dell’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Le verifiche eventualmente già effettuate, anche in data antecedente a tale periodo, ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, per le quali l’agente della riscossione non ha notificato l’ordine di versamento previsto dall’articolo 72-bis, del medesimo decreto restano prive di qualunque effetto e le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonchè le società a prevalente partecipazione pubblica, procedono al pagamento a favore del beneficiario.
    2. Agli oneri derivanti dal presente articolo valutati in 29,1 milioni di euro per l’anno 2020 che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto e di fabbisogno in 88,4 milioni di euro, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

    Art. 207
    Disposizioni urgenti per la liquidità delle imprese appaltatrici

    1. In relazione alle procedure disciplinate dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono già stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonchè in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, siano già stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi, ma non siano scaduti i relativi termini, e in ogni caso per le procedure disciplinate dal medesimo decreto legislativo avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 30 giugno 2021, l’importo dell’anticipazione prevista dall’articolo 35, comma 18, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, può essere incrementato fino al 30 per cento, nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante.

    2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, l’anticipazione di cui al medesimo comma può essere riconosciuta, per un importo non superiore complessivamente al 30 per cento del prezzo e comunque nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante, anche in favore degli appaltatori che hanno già usufruito di un’anticipazione contrattualmente prevista ovvero che abbiano già dato inizio alla prestazione senza aver usufruito di anticipazione. Ai fini del riconoscimento dell’eventuale anticipazione, si applicano le previsioni di cui al secondo, al terzo, al quarto e al quinto periodo dell’articolo 35, comma 18 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e la determinazione dell’importo massimo attribuibile viene effettuata dalla stazione appaltante tenendo conto delle eventuali somme già versate a tale titolo all’appaltatore.

    Art. 264
    (Liberalizzazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi in relazione all’emergenza COVID-19)

    1. Al fine di garantire la massima semplificazione, l’accelerazione dei procedimenti amministrativi e la rimozione di ogni ostacolo burocratico nella vita dei cittadini e delle imprese in relazione all’emergenza COVID-19, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2020:
    a) nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad
    oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e sospensioni, da parte di pubbliche amministrazioni, in relazione all’emergenza COVID-19, le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, anche in deroga ai limiti previsti dagli stessi o dalla normativa di settore, fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159;
    b) i provvedimenti amministrativi illegittimi ai sensi dell’art.
    21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, adottati in relazione all’emergenza Covid-19, possono essere annullati d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro il termine di tre mesi, in deroga all’art. 21-nonies comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine decorre dalla adozione del provvedimento espresso ovvero dalla formazione del silenzio assenso. Resta salva l’annullabilità d’ufficio anche dopo il termine di tre mesi qualora i provvedimenti amministrativi siano stati adottati sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali, ivi
    comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
    c) qualora l’attività in relazione all’emergenza Covid-19 sia
    iniziata sulla base di una segnalazione certificata di cui agli artt. 19 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, il termine per l’adozione dei provvedimenti previsti dal comma 4 del medesimo art. 19 e’ di tre mesi e decorre dalla scadenza del termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 3 del medesimo articolo 19;
    d) per i procedimenti di cui alla lettera a) l’applicazione dell’articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 è ammessa solo per eccezionali ragioni di interesse pubblico sopravvenute;
    e) nelle ipotesi di cui all’articolo 17-bis, comma 2, ovvero di cui all’art. 14-bis, commi 4 e 5 e 14 ter, comma 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il responsabile del procedimento e’ tenuto ad adottare il provvedimento conclusivo entro 30 giorni dal formarsi del silenzio assenso;
    f) gli interventi, anche edilizi, necessari ad assicurare l’ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19 sono comunque ammessi, secondo quanto previsto dal presente articolo, nel rispetto delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di tutela dal rischio idrogeologico e di tutela dei beni culturali e del paesaggio. Detti interventi, consistenti in opere contingenti e temporanee destinate ad essere rimosse con la fine dello stato di emergenza, sono realizzati, se diversi da quelli di cui all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, previa comunicazione all’amministrazione comunale di avvio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato e corredata da una dichiarazione del soggetto interessato che, ai sensi dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, attesta che si tratta di opere necessarie all’ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19. Per tali interventi, non sono richiesti i permessi, le autorizzazioni o gli atti di assenso comunque denominati eventualmente previsti, ad eccezione dei titoli abilitativi di cui alla parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. E’ comunque salva la facoltà dell’interessato di chiedere il rilascio dei prescritti permessi, autorizzazioni o atti di assenso. L’eventuale mantenimento delle opere edilizie realizzate, se conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, è richiesto all’amministrazione comunale entro il 31 dicembre 2020 ed è assentito, previo accertamento di tale conformità. con esonero dal contributo di costruzione eventualmente previsto, mediante provvedimento espresso da adottare entro sessanta giorni dalla domanda. Per l’acquisizione delle autorizzazioni e degli atti di assenso comunque denominati, ove prescritti, è indetta una conferenza di servizi semplificata ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. L’autorizzazione paesaggistica e’ rilasciata, ove ne sussistano i presupposti, ai sensi dell’articolo 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.
    42;

    2. Al fine di accelerare la massima semplificazione dei procedimenti nonchè l’attuazione di misure urgenti per il sostegno a cittadini e imprese e per la ripresa a fronte dell’emergenza economica derivante dalla diffusione dell’infezione da Covid-19, il presente comma reca ulteriori disposizioni urgenti per assicurare piena attuazione ai principi di cui all’ articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che non consentono alle pubbliche amministrazioni di richiedere la produzione di documenti e
    informazioni già in loro possesso:
    a) al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 sono apportate le seguenti modificazioni:
    1) il comma 1 dell’articolo 71 e’ sostituito dal seguente: “Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità  del beneficio, e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicità delle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47, anche successivamente all’erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni. (L)”;
    2) all’articolo 75 dopo il comma 1, e’ aggiunto il seguente:
    “1-bis. La dichiarazione mendace comporta, altresì, la revoca degli eventuali benefici già erogati nonchè il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l’amministrazione ha adottato l’atto di decadenza. Restano comunque fermi gli interventi, anche economici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio. (L)”;
    3) all’articolo 76, comma 1, e’ aggiunto in fine il seguente periodo: “La sanzione ordinariamente prevista dal codice penale è aumentata da un terzo alla meta’.”;
    b) all’articolo 50 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, apportare le seguenti modifiche:
    1) al comma 2 le parole “salvo il disposto dell’articolo 43, comma 4″ sono sostituite dalle seguenti: “salvo il disposto degli articoli 43, commi 4 e 71,”;
    2) dopo il comma 2-bis e’ aggiunto il seguente comma:
    “2-ter. Le pubbliche amministrazioni certificanti detentrici dei dati di cui al comma 1 ne assicurano la fruizione da parte delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici, attraverso la predisposizione di accordi quadro. Con gli stessi accordi, le pubbliche amministrazioni detentrici dei dati assicurano, su richiesta dei soggetti privati di cui all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi, con le modalita’ di cui all’articolo 71, comma 4 del medesimo decreto.”;
    c) all’articolo 50-ter, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, apportare le seguenti modifiche: le parole “lettera a),”, ovunque ricorrono, sono soppresse; al comma 2, la parola “sperimentazione” e’ sostituita con la parola “gestione” e le parole “al Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale non oltre il 15 settembre 2019″ sono sostituite dalle seguenti: “alla Presidenza del Consiglio dei ministri”; al comma 3, primo periodo, le parole “il Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale” sono sostituite dalle seguenti: “la Presidenza del Consiglio dei ministri” e, al secondo periodo, le parole “del Commissario” sono sostituite dalle seguenti: “della Presidenza del Consiglio dei ministri”.”
    d) nell’ambito delle verifiche, delle ispezioni e dei controlli comunque denominati sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione non richiede la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministrazione. E’ nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso dell’amministrazione procedente o di altra amministrazione;

    3. Le amministrazioni predispongono gli accordi quadro di cui all’articolo 50, comma 2-ter, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

    4. Le disposizioni del presente articolo attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione e prevalgono su ogni diversa disciplina regionale.

    Quinto d’obbligo – Non si computa per il calcolo del valore stimato dell’appalto – Non rientra tra opzioni o rinnovi – Richiamo nella lex specialis – Irrilevanza (art. 35 , art. 106 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Milano, 10.02.2020 n. 284

    Secondo l’art. 35, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 “Il calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore. Il calcolo tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara. Quando l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore prevedono premi o pagamenti per i candidati o gli offerenti, ne tengono conto nel calcolo del valore stimato dell’appalto”.
    A sua volta, il successivo art. 106, comma 12, stabilisce che “La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, può imporre all’appaltatore l’esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto”.

    Tale ultima norma è chiara nel definire il “quinto d’obbligo” come una prestazione aggiuntiva rispetto al contratto originario che costituisce una sopravvenienza. Essa quindi si sottrae alla previsione dell’art. 35, comma 4, del Codice dei contratti pubblici, il quale fa riferimento a clausole già previste al momento della predisposizione degli atti di gara ed in questa sede inserite per effetto di scelta discrezionale della stazione appaltante – che evidentemente ne valuta ab initio l’utilità per l’interesse pubblico perseguito –, sia pur rimesse dette clausole, nella loro concreta applicazione, ad una successiva valutazione facoltativa dell’amministrazione. Tale ricostruzione risulta confermata dal fatto che il “quinto d’obbligo” rientra tra le modifiche contrattuali, oggetto di variante, e quindi si differenzia nettamente dai patti aggiunti al contenuto del contratto che si inseriscono nella fase di formazione del medesimo ed ai quali la norma in esame si rivolge.
    Inoltre la sua inclusione negli atti di gara, ma non nel contratto, finirebbe per creare una distonia rilevante tra valore della gara e valore del contratto. Infatti l’art. 106, comma 12, del Codice dei contratti pubblici prevede che tale diritto potestativo ha fonte legale e non negoziale, innestandosi ab externo sul contratto il cui valore può essere ridotto o incrementato per effetto di scelte operate solo ex post dalla stazione appaltante, mentre il valore della gara risulterebbe fin dall’inizio ancorato ad un importo solo ipotetico e sicuramente divergente dalle offerte dei concorrenti, dal cui confronto concorrenziale dovrebbe di norma scaturire la difformità tra valore della gara e valore del contratto.
    In considerazione di ciò nessuna norma del Codice dei contratti pubblici, e tantomeno l’art. 106, comma 12, richiede che il ricorso al “quinto d’obbligo” assuma rilevanza ai fini della determinazione del valore dell’appalto oggetto di gara. E non se ne può dunque tenere conto neppure per le soglie di rilevanza comunitaria.
    Né, infine, rileva che nella fattispecie l’art. 6 del capitolato speciale d’appalto prevedesse “… un aumento o una diminuzione della fornitura … fino alla concorrenza del quinto dell’appalto alle medesime condizioni del contratto …”, giacché il richiamo esplicitamente fattovi dalla lex specialis di gara nulla aggiunge all’àmbito di efficacia dell’istituto del “quinto d’obbligo”, per trattarsi di meccanismo che comunque opera ex lege, sì da non rientrare tra le voci “opzioni o rinnovi” previste di volta in volta dall’ente appaltante all’atto dell’indizione della gara.

    N.B. Interpretazione parzialmente in contrasto (in tema di proroga): TAR Napoli, 05.09.2018 n. 5380

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      Clausole escludenti – Impugnazione – In mancanza di partecipazione alla gara – Inammissibilità – Fattispecie (art. 35 , art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

      1) Clausole escludenti – Individuazione – Prezzo a base d’asta – In mancanza di partecipazione alla gara – Inammissibilità

      Consiglio di Stato, sez. V, 20.01.2020 n. 441

      Tutto ciò, secondo l’appellante, avrebbe dato luogo a vere e proprie clausole escludenti, immediatamente lesive, in quanto idonee a rendere “il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente” e comunque idonee a “rendere la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile” (cfr. Adunanza Plenaria n. 3 del 2001): in definitiva, il Tribunale, nonostante l’inidoneità delle compensazioni stimate a coprire i costi del servizio e l’assoluta incapienza della base d’asta, avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile la censura, ritenuto inapplicabile ratione temporis al caso di specie il decreto ministeriale n. 157 del 2018 in tema di costo standard e affermato, in assenza di una plausibile motivazione (ed anzi confondendo voci del tutto eterogenee, quali il contributo finanziario corrisposto dalla – omissis – per i servizi minimi sul proprio territorio e il corrispettivo a carico del – omissis – per la remunerazione del gestore del servizio), che i dati del PEF consentissero obiettivamente di apprezzare la potenzialità dell’operazione in termini di convenienza economica.
      Anche tali censure sono infondate.
      La Sezione è dell’avviso che nel caso di specie non ricorra l’ipotesi dell’eccezionale ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando e degli altri atti di gara in assenza della presentazione della domanda di partecipazione (da ultimo, tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 4 maggio 2018, n. 2663). A tal fine, infatti, la lesione lamentata deve conseguire in via immediata e diretta, e non soltanto potenziale e meramente eventuale, alle determinazioni dell’amministrazione e all’assetto di interessi delineato dagli atti di gara, in relazione a profili del tutto indipendenti dalle vicende successive della procedura e dai correlati adempimenti; inoltre, i motivi immediatamente escludenti devono avere natura oggettiva e non inerire meramente a pretese situazioni soggettive, ascrivibili ad un giudizio meramente individuale di non convenienza della commessa.
      D’altra parte neppure ricorre l’ipotesi che le condizioni dell’affidamento imposte dal bando, per l’immanente irragionevolezza e illogicità, siano strutturate in modo tale da integrare una palese violazione dei principi fondamentali che sottendono alla predisposizione della lex specialis di gara.
      In realtà correttamente il primo giudice, con motivazione sintetica ma puntuale ed esaustiva, ha escluso che le clausole del bando e gli atti di gara impugnati fossero inficiati da profili di abnormità, illogicità, arbitrarietà e irragionevolezza sì da rendere impossibile al – omissis – ricorrente il calcolo di convenienza economica della commessa e la formulazione di un offerta seria ed attendibile: la disciplina dell’offerta e il prezzo a base d’asta sono chiari riguardo alla formazione della stessa e alla economicità e convenienza dell’appalto (…).

      2) Clausole escludenti – Individuazione – Criteri di valutazione delle offerte – In mancanza di partecipazione alla gara – Inammissibilità.

      TAR Roma, 20.01.2020 n. 720

      Le doglianze formulate nel secondo motivo di ricorso, dirette a censurare i criteri per la valutazione delle offerte, sono invece palesemente inammissibili, essendo dirette a contestare la legittimità di disposizioni della lex specialis non immediatamente lesive e quindi non autonomamente impugnabili da parte di chi non ha partecipato alla procedura di gara (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 26 aprile 2018 n. 4).
      L’infondatezza della tesi della ricorrente in merito alla dedotta illegittimità delle “clausole escludenti o comunque impeditive di una partecipazione consapevole del concorrente alla gara” (pag. – omissis – del ricorso), risulta altresì evidente, dal momento che la stessa ricorrente nella memoria depositata in data – omissis –, ha dato atto di non aver presentato domanda di partecipazione alla gara, “per ragioni imprenditoriali che esulano completamente dall’oggetto del presente giudizio”.

      Lavori – Individuazione soglia per la procedura negoziata – Calcolo valore dell’appalto – Totale pagabile – Non comprende incentivi, imprevisiti per funzioni tecniche, direzione lavori e coordinamento della sicurezza nella fase di esecuzione (art. 35 , art. 36 , art. 113 d.lgs. n. 50/2016)

      TAR Trieste, 09.12.2019 n. 514

      Parte ricorrente impugna la deliberazione della Giunta Comunale con la quale, per quanto qui interessa, si è stabilito di procedere all’individuazione dell’appaltatore a cui affidare i lavori mediante “l’indizione di una gara d’appalto a procedura negoziata”, ai sensi dell’art. 36, 2° co., lettera c bis) del D. Lgs. n. 50 del 2016 “con consultazione di almeno quindici operatori economici, aventi i requisiti e le qualificazioni richieste, individuati sulla base di indagine di mercato o tramite elenchi di operatori economici”.
      A fondamento del gravame, la ricorrente censura, con il primo motivo, l’adozione della procedura negoziata, prevista nel citato art. 36, 2° co., lett. c bis), D. Lgs. n. 50 del 2016, della quale non sussisterebbe il necessario presupposto applicativo, trattandosi di un appalto il cui valore si collocherebbe al di sopra della soglia comunitaria, individuato, ai sensi del precedente art. 36, 2° co, lett. c), in un milione di euro; osserva, sotto questo profilo, che il suddetto valore andrebbe stabilito computando, a tal fine, oltre all’importo dei lavori e agli oneri della sicurezza, agli incentivi (art. 113, D. Lgs. n. 50 del 2016), agli imprevisti e agli importi connessi alla direzione lavori e al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, pari ad un “totale pagabile dalla Amministrazione” superiore a 1.000.000 di euro.

      Il TAR ha ricordato che il calcolo del valore dell’appalto “è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore” (art. 35, 4° co., D. Lgs. n. 50 del 2016).
      A prescindere dal rilievo secondo cui, come traspare dalla chiara formulazione testuale, la determinazione del valore dell’appalto attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, per se stessa riservata all’Amministrazione ed insuscettibile di sindacato giurisdizionale (se non nei noti limiti dell’illogicità e dell’incongruità manifesta), deve essere ricordato che tale somma comprende oltre all’”importo dei lavori stessi”, il “valore complessivo stimato di tutte le forniture e servizi messi a disposizione dell’aggiudicatario dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, a condizione che siano necessari all’esecuzione dei lavori” (art. 35, 8° co.), categoria nella quale non sono tuttavia annoverabili gli imprevisti e gli incentivi per le funzioni tecniche di cui all’art. 113, D.Lgs. n. 50 del 2016 (la cui consistenza incerta ed eventuale ne preclude l’inclusione nel coacervo degli importi astrattamente pagabili, ossia del valore dell’appalto considerato ai fini dell’osservanza delle soglie comunitarie) e gli ulteriori oneri connessi all’attività dei professionisti incaricati della direzione lavori e del coordinamento della sicurezza nella fase di esecuzione, trattandosi di prestazioni non strettamente riconducibili alla nozione di “forniture e servizi” evocata dalla disposizione in esame. (…)
      Se ne deduce l’infondatezza della censura in esame, non idonea, per le considerazioni che precedono, a vanificare il presupposto quantitativo (valore dell’appalto inferiore alla soglia comunitaria) sulla cui base l’Amministrazione ha dato corso alle procedure negoziate, di cui all’art. 36, D. Lgs. n. 50 del 2016.

      1) Valore stimato dell’appalto – Ampia discrezionalità tecnica della Stazione Appaltante – Insindacabilità – Limiti; 2) Clausole escludenti – Individuazione (Art. 35 d.lgs. n. 50/2016)

      TAR Roma, 31.10.2019 n. 12540

      1) Orbene, nell’esame del motivo si deve partire dal presupposto, largamente condiviso dalla giurisprudenza, secondo cui la determinazione del valore di stima è, in linea di principio, insindacabile, salvo la prova del ricorrere di illogicità evidenti stante la necessità che la (pur ampia) discrezionalità tecnica di cui la S.A appaltante dispone, ai sensi dell’art. 35, commi 6-8, d.lgs. n. 50 del 2016, nella fissazione del valore stimato di un appalto, non si trasformi in arbitrio e prescinda totalmente dagli elementi ricavabili dal contesto economico di riferimento (vedi TAR Abruzzo, Pescara, n. 27/2016). (…)

      2) In merito alla asserita tardività del motivo III del ricorso introduttivo, il quale investe la quantificazione dell’importo a base di gara e, dunque, una clausola della “lex specialis”, in tesi, immediatamente lesiva e, quindi, da impugnare doverosamente nell’immediato, senza poter attendere l’esito (favorevole o meno) della gara, si osserva quanto segue:
      i. le società ricorrenti contestano che la base d’asta individuata dalla S.A. sia “enormemente sovrastimata come del resto già evidenziano i ribassi che hanno potuto offrire sia l’aggiudicataria (43,1%), che le deducenti (55,7%)”, il che sarebbe sintomatico di un non corretto esercizio della pur ampia discrezionalità di cui dispone la S.A., che non può però operare arbitrariamente senza tener conto, come sarebbe avvenuto nella specie, dell’obbiettivo costo del servizio e di ogni utile elemento conoscitivo ricavabile anche da analoghe gare bandite nel passato, le quali proverebbero che il costo medio giornaliero per risorsa impiegata sarebbe notevolmente inferiore rispetto agli euro 383,21, desumibili sulla base del prezzo posto a base di gara; la sovrastima della base d’asta avrebbe comportato una “indebita svalutazione dell’elemento prezzo”, nonostante il notevole divario tra il prezzo offerto dal RTI delle ricorrenti e quello del RTI aggiudicatario (v. pag. 5 – 9 ric.);
      ii. secondo la nozione estensiva di “clausola escludente”, delineata in via ricostruttiva dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 26 aprile 2018, n. 4, che sul punto richiama la giurisprudenza formatasi in argomento all’interno delle coordinate a suo tempo fissate dall’Adunanza Plenaria n. 1 del 2003, possono farsi rientrare nel genus delle “clausole immediatamente escludenti” (ovvero dei “bandi e degli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi”, di cui all’art., 120, comma 5, c.p.a.) le seguenti fattispecie:
      a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (si veda Cons. Stato sez. IV, 7novembre 2012, n. 5671);
      b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (così l’Adunanza Plenaria n. 3 del 2001);
      c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (cfr. Cons. Stato sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980);
      d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2011 n. 6135; Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2015 n. 293);
      e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto: Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222);
      f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” pt.);
      g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2011 n. 5421);
      iii. la clausola che fissa la base d’asta sul quale le imprese sono tenute ad offrire i rispettivi ribassi, a rigore, non è riconducibile a nessuna delle ipotesi di elaborazione giurisprudenziale sopra elencate; trattasi di importo che non ha impedito la formulazione di un offerta e la cui “irragionevolezza” ed “eccessività” (nei termini contestati dalla ricorrente) non ha impedito alla stessa di formulare un’offerta conveniente e ragionevole, ma ha rivelato soltanto “ex post”, alla conclusione della competizione, la sua portata lesiva per avere fortemente ridotto la distanza, in termini di punteggio, tra le offerte economiche degli operatori concorrenti, nonostante, in termini assoluti, l’importo proposto dal costituendo RTI delle odierne ricorrenti fosse di molto inferiore a quanto offerto dal RTI – OMISSIS – (…);
      iv. può dunque concludersi, sulla scorta di quanto affermato dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 2018, che, al momento della pubblicazione del bando, il RTI – OMISSIS –, nonostante potesse percepire immediatamente il carattere (in tesi) eccessivo del valore stabilito da – OMISSIS –, non poteva però considerare la clausola immediatamente lesiva in quanto in quel momento era del tutto incerto ed aleatorio l’esito della gara e non poteva certamente escludersi un esito vittorioso (come dimostra in modo evidente il ridottissimo “gap” tra i punteggi finali rispettivamente conseguiti dal RTI – OMISSIS – e dal RTI – OMISSIS –);
      v. diversamente opinando si imporrebbe all’offerente di denunciare la clausola del bando “…sulla scorta della preconizzazione di una futura ed ipotetica lesione, al fine di tutelare un interesse (quello strumentale alla riedizione della gara), certamente subordinato rispetto all’interesse primario (quello a rendersi aggiudicatario), del quale non sarebbe certa la non realizzabilità” (Ad. Plenaria cit. par. 19.2.2.);
      vi. il Collegio non può pertanto che concludere nel senso che “debba trovare persistente applicazione l’orientamento secondo il quale le clausole non escludenti del bando vadano impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell’incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo.” (Cons. Stato, Ad. Plen. 4 del 2018).

       

      Nuove soglie di rilevanza comunitaria in vigore dal 1 gennaio 2020

      In vigore dal 01.01.2020 le nuove soglie di rilevanza comunitaria sugli appalti pubblici ai sensi dell’art. 35, D.Lgs. n. 50/2016.

      I nuovi Regolamenti sono stati pubblicati sulla GUCE n. L279 del 31.10.2019

      Per effetto dei Regolamenti le nuove soglie aggiornate risulteranno le seguenti:

      SETTORI ORDINARI

      • euro 5.350.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni;
      • euro 139.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali indicate nell’allegato III; se gli appalti pubblici di forniture sono aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici operanti nel settore della difesa, la soglia si applica soltanto agli appalti concernenti i prodotti menzionati nell’allegato VIII;
      • euro 214.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali; la soglia si applica anche agli appalti pubblici di forniture aggiudicati dalle autorità governative centrali che operano nel settore della difesa, allorché tali appalti concernono prodotti non menzionati nell’allegato VIII;
      • euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati all’allegato IX.

      SETTORI SPECIALI

      • euro 5.350.000 per gli appalti di lavori;

      • euro 428.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione;

      • euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati all’allegato IX.