Consiglio di Stato, sez. V, 26.05.2020 n. 3348
In linea generale, al cospetto di una previsione di bando di gara affetta da errore, non è fondata la pretesa di una sua interpretazione in una direzione che non trova corrispondenza nel suo tenore letterale, e neanche nella legislazione di settore, e che pertanto riflette solo la personale lettura dell’esponente, che, in quanto tale, è priva di qualsiasi rilevanza giuridica.
Nel caso di specie, poi, la lettura dell’art. 17 in esame che offre l’appellante fonda su una interpolazione del testo della norma finalizzata ad ampliare le fattispecie espulsive mediante l’inserimento in esso della parola “deve”.
Al riguardo, vale osservare che è principio consolidato in giurisprudenza amministrativa che le cause di esclusione, in quanto limitano la libertà di concorrenza e in quanto di natura latu sensu sanzionatoria, sono di stretta interpretazione e non possono essere oggetto di interpretazione analogica ed estensiva (tra tante, Cons. Stato, V, 23 maggio 2015, n. 1565; 5 dicembre 2014, n. 6028; 22 maggio 2001, n. 2830).
A maggior ragione deve indi escludersi l’operazione additiva proposta dall’appellante: la gravità della sanzione impone, sia ex se, sia per l’afferenza alla materia dei bandi pubblici, ove domina l’esigenza della certezza della regolazione, l’espressa e univoca predeterminazione delle carenze che determinano l’esclusione dalla gara. E, poichè la lex specialis in esame non ha previsto la carenza della relazione al PEF come causa di esclusione, una tale previsione non può esservi fatta rientrare per le vie traverse indicate dall’appellante.
L’operazione non può essere consentita neanche considerando lo specifico errore di cui sopra.
Vi si oppone, ancora una volta, la consolidata giurisprudenza, che afferma che quando la portata applicativa di una clausola di bando sia dubbia o ambigua occorre applicare il principio del “favor partecipationis” (Cons. Stato, III, 7 marzo 2019, n. 1577; V, 17 luglio 2017, n. 3507), escludendo che il procedimento ermeneutico possa condurre a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara, con l’aggiunta di significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale (tra tante, Cons. Stato, V, 14 aprile 2020, n. 2400; 29 novembre 2019, n. 8167; 12 settembre 2017, n. 4307).
Bene ha fatto, pertanto, il primo giudice a concludere, in applicazione dei richiamati principi, che l’interpretazione letterale dell’art. 17 del disciplinare della gara de qua non consentisse di rinvenire a carico delle concorrenti l’obbligo di presentazione, a pena di esclusione, della relazione illustrativa al PEF.
3.1. Consegue l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 21 del disciplinare, pure invocato nel mezzo in esame, che prevede l’esclusione delle offerte “parziali, plurime, condizionate, alternative nonché irregolari, ai sensi dell’art. 59, comma 3, lett. a) del Codice, in quanto non rispettano i documenti di gara, ivi comprese le specifiche tecniche”.
Per l’art. 59, comma 3, lett. a) del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, riprodotto dalla disposizione di bando in esame, “fermo restando quanto previsto all’art. 83, comma 9”, sono considerate irregolari le offerte che non rispettano i documenti di gara. A sua volta, il richiamato art. 83, comma 9, nello stabilire che “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio […] con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica”, dispone all’ultimo periodo che “costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.
Nessuna delle predette norme risulta violata.
Quanto all’art. 59, comma 3, lett. a), si è già sopra visto che l’offerta economica di -Omissis2- non può essere considerata non conforme alla legge di gara perché priva della relazione illustrativa del PEF, documento di cui il disciplinare non ha imposto la presentazione a pena di esclusione.
La carenza del documento non rileva neanche ai sensi dell’art. 83, comma 9, in quanto essa, come meglio in seguito, non ha influito sulla comprensibilità e valutabilità del contenuto dell’offerta economica dell’appellata.
3.2. L’appena detta conclusione va confermata anche in relazione alla ulteriore censura contenuta nel mezzo in esame, con cui l’appellante afferma che senza la relazione al PEF non potrebbe sussistere l’offerta economica, in quanto essa si sostanzia nella documentazione elencata nell’art. 17 del disciplinare, che ricomprende, tra altro, oltre che la relazione in parola, gli sconti offerti e i costi di sicurezza e manodopera: sicchè sarebbe erronea l’impostazione del primo giudice, che ha distinto tra l’offerta economica in senso stretto e la documentazione da allegare alla stessa.
L’argomentazione è completamente destituita di fondamento.
Il tenore della censura impone anzitutto di precisare che -Omissis1- non afferma che l’offerta economica di -Omissis2- sia carente dell’indicazione degli sconti e degli oneri di sicurezza e del personale. Non deduce neanche la carenza del PEF, ma solo quella della relativa relazione illustrativa.
Ciò posto, si osserva che l’art. 17 del disciplinare di gara prevedeva che all’offerta economica, per il lotto in parola, fossero allegati: a) lo sconto da applicare al listino prezzi delle singole pietanze; b) lo sconto da applicare al listino prezzi del servizio bar; c) lo sconto da applicare al listino prezzi per i distributori automatici; d) i prezzi dei prodotti offerti “fuori listino” dei distributori automatici; e) la stima dei costi aziendali relativi alla salute ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro; f) la stima dei costi della manodopera; g) il “piano economico finanziario per tutta la durata della concessione corredato da apposita relazione illustrativa”.
Per la giurisprudenza (Cons. Stato, V, 2 settembre 2019, n. 6015; 13 aprile 2018, n. 2214), la funzione del PEF è quella di dimostrare la concreta capacità del concorrente di eseguire correttamente la prestazione per l’intero arco temporale prescelto attraverso la responsabile prospettazione di un equilibrio economico – finanziario di investimenti e connessa gestione, nonché il rendimento per l’intero periodo: il che consente all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n. 4760; III, 22 novembre 2011, n. 6144). In altri termini, è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta e non si sostituisce a essa, ma ne rappresenta un supporto per la valutazione di congruità, per provare che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653). Sicché il PEF non può essere tenuto separato dall’offerta in senso stretto, rappresentando un elemento significativo della proposta contrattuale, perché dà modo all’amministrazione, che ha invitato a offrire, di apprezzare la congruenza e dunque l’affidabilità della sintesi finanziaria contenuta nell’offerta in senso stretto (così Cons. Stato, V, n. 2214/2018, cit.).
Così delineata la funzione del PEF, l’affermazione in esame, secondo cui non potrebbe sussistere una offerta economica senza la relazione al PEF, oltre a non essere supportata da una corrispondente previsione del Codice dei contratti pubblici, rivela tutta la sua insostenibilità: il PEF è già di suo la spiegazione dell’offerta economica, sicchè, in difetto di puntuali previsioni della legge di gara, non è predicabile che la carenza della relazione al PEF costituisca, in astratto, un ostacolo alla leggibilità dell’offerta.
E’ poi dirimente osservare che l’art. 21, settimo periodo, del disciplinare della gara de qua stabilisce che, ai fini dell’aggiudicazione, ciò che costituisce oggetto di esame da parte della stazione appaltante è il piano economico-finanziario (“Il piano economico finanziario viene esaminato dalla stazione appaltante ai fini dell’aggiudicazione”). La relazione al PEF, sempre per la legge di gara in esame, ha invece tutt’altra funzione, che è quella, emergente dall’art. 22, quinto periodo, del disciplinare, strumentale all’eventuale verifica di congruità dell’offerta, nel senso che “le spiegazioni fornite dall’offerente […] dovranno essere coerenti con il piano economico finanziario e relativa relazione illustrativa”.
Sicchè, anche sotto tale angolo visuale, ovvero tenuto conto del fatto che, per la lex specialis di cui trattasi, il documento non costituisce elemento di valutazione ai fini della graduazione dell’offerta, venendo in rilievo solo in via eventuale, ai fini della valutazione dell’anomalia, è da escludere che la sua mancata presentazione, in difetto di apposita previsione, si rifletta in un vizio di partecipazione.
Merita sul punto osservare che non è neanche possibile ipotizzare l’indispensabilità del documento in parola nella fase della presentazione delle offerte quale “giustificazione anticipata” rispetto alla eventualità della verifica dell’anomalia; un siffatto scenario va escluso ai sensi della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che ha affermato l’impossibilità di prevedere statuizioni espulsive automatiche in ipotesi di mancata produzioni delle c.d. “giustificazioni preventive” (Cons. Stato, IV, 9 febbraio 2016, n. 520): la sede ove rileva la presentazione delle giustificazioni relative alla anomalia dell’offerta è indi solo quella che segue alla instaurazione dello specifico contraddittorio endo-procedimentale di cui all’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, che si caratterizza, temporalmente, per essere “successivo all’insorgere del sospetto di anomalia e preventivo rispetto all’eventuale statuizione espulsiva”.