La Commissione Europea, mediante lettera recante “Costituzione in mora – Infrazione n. 2018/2273” ha rimesso all’attenzione del Governo la mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici, vale a dire la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione1, la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici2 e la direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali.
Come di seguito illustrato, la Commissione ha individuato disposizioni non conformi in diversi articoli del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, contenente il codice dei contratti pubblici e modificato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 564 (in appresso “il codice italiano dei contratti pubblici” o “il decreto legislativo 50/2016”), e nell’articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (in appresso “il DPR 380/2001”).
1. Violazione di norme riguardanti il calcolo del valore stimato degli appalti.
1.1. La Commissione rileva che – laddove l’articolo 5, paragrafo 8, primo comma, e l’articolo 5, paragrafo 9, primo comma, della direttiva 2014/24/UE, nonché l’articolo 16, paragrafo 8, primo comma, e l’articolo 16, paragrafo 9, primo comma, della direttiva 2014/25/UE, prevedono che sia computato il valore stimato complessivo della totalità dei lotti quando vi è la possibilità di “appalti aggiudicati per lotti separati” – le corrispondenti disposizioni di cui all’articolo 35, comma 9, lettera a), e comma 10, lettera a), del decreto legislativo 50/2016 prevedono che sia computato il valore complessivo stimato della totalità dei lotti qualora vi sia la possibilità di “appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti separati”7. La Commissione osserva che, aggiungendo la qualifica “contemporaneamente”, la normativa italiana sembra aver ristretto l’applicabilità dell’obbligo di computare il valore complessivo stimato della totalità dei lotti.
1.2. La Commissione conclude che l’articolo 16, comma 2-bis, del DPR 380/2001 viola l’articolo 5, paragrafo 8, secondo comma, della direttiva 2014/24/UE, in quanto tale articolo 16, comma 2-bis, del DPR 380/2001 può, ovvero deve, essere interpretato nell’ordinamento giuridico italiano nel senso che le amministrazioni possono aggiudicare alcune “particolari” opere di urbanizzazione senza applicare il codice italiano dei contratti pubblici, non solo qualora il valore aggregato di tutte le opere di urbanizzazione sia al di sotto della soglia UE, ma anche qualora il valore di tali opere di urbanizzazione “particolari”, considerate isolatamente rispetto alle altre opere, sia al di sotto della soglia UE.
2. Violazione di norme riguardanti i motivi di esclusione.
2.1. L’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 50/2016 non è conforme alle suddette disposizioni della direttiva 2014/23/UE e della direttiva 2014/24/UE in quanto non consente di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione – pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo – possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore.
2.2. La Commissione ritiene che l’articolo 80, comma 5, lettera c), del decreto legislativo 50/2016 [N.B. comma modificato dal decreto legge n. 135/2018] viola l’articolo 57, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2014/24/UE e l’articolo 38, paragrafo 7, lettera f), della direttiva 2014/23/UE, giacché, nel caso di offerenti che abbiano contestato in giudizio la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o concessione, preclude alle stazioni appaltanti ogni valutazione circa l’affidabilità di tali offerenti sino a quando il giudizio non abbia confermato la risoluzione anticipata
3. Violazione di norme riguardanti il subappalto e l’affidamento sulle capacità di altri soggetti (limite al 30%, terna di subappaltatori, subappalto ed avvalimento a cascata)
3.1. Ai sensi della normativa italiana, articolo 105 del decreto legislativo 50/2016, il subappalto non può superare il 30% dell’importo totale di un contratto pubblico.
La Commissione rileva che nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE non vi sono disposizioni che consentano un siffatto limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato. Al contrario, le direttive si basano sul principio secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici, e il subappalto è uno dei modi in cui tale obiettivo può essere raggiunto. Conformemente a tale approccio, l’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE consente alle amministrazioni aggiudicatrici di limitare il diritto degli offerenti di ricorrere al subappalto, ma solo ove siffatta restrizione sia giustificata dalla particolare natura delle prestazioni da svolgere. La stessa impostazione si ritrova nell’articolo 79, paragrafo 3, della direttiva 2014/25/UE (e nel considerando 87 di tale direttiva). Analogamente, dall’articolo 38, paragrafo 2, della direttiva 2014/23/UE risulta che gli offerenti devono avere la possibilità, in linea di principio, di ricorrere a subappaltatori nell’esecuzione dei contratti. Il considerando 63 della stessa direttiva chiarisce che uno degli obiettivi di questa disposizione è proprio quello di facilitare la partecipazione delle PMI. Pertanto, occorre concludere che la normativa italiana viola il diritto UE in quanto essa limita il ricorso al subappalto in tutti i casi, e non solo nei casi in cui una restrizione del subappalto sia oggettivamente giustificata dalla natura delle prestazioni dedotte in contratto.
La suddetta conclusione è confermata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE. In particolare, nella causa C-406/14 la Corte ha già statuito che una clausola che impone limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale delle prestazioni di cui si tratta, è incompatibile con la direttiva 2004/18/CE.
Pertanto la Commissione conclude che l’articolo 105, comma 2, terza frase, e l’articolo 105, comma 5, del decreto legislativo 50/2016 violano l’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, l’articolo 63, paragrafo 2, e l’articolo 71 della direttiva 2014/24/UE.3.2. La Commissione ritiene che, sebbene l’articolo 71, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE preveda che le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere agli operatori di indicare nelle loro offerte “i subappaltatori proposti”, una disposizione quale l’articolo 105, comma 6, del decreto legislativo 50/2016, che obbliga gli offerenti ad indicare sempre tre subappaltatori, anche qualora all’offerente ne occorrano meno di tre, viola il principio UE di proporzionalità di cui all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE. Inoltre la disposizione di cui all’articolo 105, comma 6, del decreto legislativo 50/2016 è resa ancor più sproporzionata dal fatto che, in base al testo di detta disposizione e come confermato dai fatti della causa C-395/1834, l’articolo 105, comma 6, del decreto legislativo 50/2016 viene interpretato e applicato dalle Autorità italiane nel senso che gli operatori sono obbligati ad indicare nelle loro offerte una terna di subappaltatori anche quando, in realtà, essi non intendono fare ricorso a nessun subappaltatore.
Pertanto la Commissione conclude che l’articolo 105, comma 6, del decreto legislativo 50/2016 viola l’articolo 18, paragrafo 1, e l’articolo 71 della direttiva 2014/24/UE, sia perché impone agli offerenti di indicare una terna di subappaltatori anche quando, in realtà, detti offerenti non intendono fare ricorso a nessun subappaltatore, sia perché impone agli offerenti di indicare una terna di subappaltatori anche quando, in realtà, a detti offerenti occorrono meno di tre subappaltatori.3.3. Dalle richiamate direttive, nonché dall’obbligo di rispettare i principi di proporzionalità e parità di trattamento, risulta che gli Stati membri non possono imporre ai subappaltatori un divieto generale e universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori. Questa conclusione è ulteriormente confermata dal fatto che le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE non recano disposizioni che consentano di imporre un limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato.
Orbene, l’articolo 105, comma 19, del decreto legislativo 50/2016 vieta in modo generale e universale che le prestazioni subappaltate possano essere oggetto di ulteriore subappalto. Pertanto la Commissione conclude che l’articolo 105, comma 19, del decreto
legislativo 50/2016 viola sia le disposizioni delle direttive menzionate, sia le seguenti disposizioni: l’articolo 18, paragrafo 1, e l’articolo 71, paragrafo 5, quinto comma, della direttiva 2014/24/UE; l’articolo 36, paragrafo 1, e l’articolo 88, paragrafo 5, quinto comma, della direttiva 2014/25/UE; l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 42, paragrafo 3, quarto comma, della direttiva 2014/23/UE.3.4. L’articolo 89, comma 6, del decreto legislativo 50/2016 dispone che il soggetto delle cui capacità l’operatore intende avvalersi non può affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto. Pertanto la Commissione conclude che l’articolo 89, comma 6, del decreto legislativo 50/2016 viola l’articolo 38, paragrafo 2, della direttiva 2014/23/UE, l’articolo 63, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE e l’articolo 79, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/25/UE
3.5. L’articolo 89, comma 7, del decreto legislativo 50/2016 dispone, a pena di esclusione, che in una determinata procedura di gara due o più offerenti non possono avvalersi delle capacità dello stesso soggetto. Lo stesso articolo dispone altresì, a pena di esclusione, che in una determinata procedura di gara l’offerente e il soggetto delle cui capacità l’offerente intende avvalersi non possono entrambi presentare un’offerta in quella stessa procedura di gara.
L’articolo 105, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 50/2016 prevede che l’offerente in una determinata procedura di gara risultato aggiudicatario dell’appalto possa far ricorso a subappaltatori purché questi ultimi non abbiano partecipato alla medesima procedura di gara.
Ciò significa che la normativa italiana vieta incondizionatamente i) ai diversi offerenti in una determinata procedura di gara di affidarsi alle capacità dello stesso soggetto, ii) al soggetto delle cui capacità un offerente intende avvalersi di presentare un’offerta nella stessa procedura di gara e iii) all’offerente in una data procedura di gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa procedura di gara.La Commissione è dell’avviso che i divieti incondizionati di cui ai precedenti punti i), ii) e iii) siano incompatibili con il principio di proporzionalità (di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE, all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE e all’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE), in quanto essi non lasciano agli operatori economici alcuna possibilità di dimostrare che il fatto di aver partecipato alla stessa procedura di gara, o di essere collegati a partecipanti nella stessa procedura di gara, non ha influito sul loro comportamento nell’ambito di tale procedura di gara né incide sulla loro capacità di rispettare gli obblighi contrattuali.
3.6. L’articolo 89, comma 11, del decreto legislativo 50/2016 dispone in particolare che un offerente non può avvalersi delle capacità di altri soggetti quando l’appalto pubblico comprenda “opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali”.
La Commissione ritiene che tale disposizione sia sproporzionata perché, invece di proibire l’avvalimento in relazione agli specifici “lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica” compresi nell’appalto, essa proibisce l’avvalimento in relazione all’intero appalto, andando così oltre quanto disposto dall’articolo 63, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/24/UE e dall’articolo 79, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/25/UE, i quali stabiliscono norme in materia di avvalimento e prevedono che le stazioni appaltanti possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso.
4. Violazione di norme riguardanti le offerte anormalmente basse
4.1. Ai sensi dell’articolo 97, comma 8, del decreto legislativo 50/2016, la stazione appaltante può prevedere nel bando l’esclusione automatica delle offerte anormalmente basse qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative: il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, il valore del contratto è inferiore alla soglia UE e il numero delle offerte ammesse è pari o superiore a dieci.
La Commissione osserva che la disposizione di cui all’articolo 97, comma 8, del decreto legislativo 50/2016, la quale non figura nelle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, è incompatibile con l’articolo 69, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2014/24/UE e con l’articolo 84, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2014/25/UE in quanto, contrariamente a tali disposizioni UE, consente alle stazioni appaltanti di escludere offerte anormalmente basse senza prima chiedere agli offerenti di fornire spiegazioni.
Benché l’articolo 97, comma 8, del decreto legislativo 50/2016 sia applicabile unicamente al ricorrere di alcune condizioni cumulative (fra cui in particolare il fatto che il valore dell’appalto sia inferiore alla soglia UE e il fatto che il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a 10), la Commissione ritiene tuttavia che l’articolo 97, comma 8, del decreto legislativo 50/2016 sia incompatibile con le disposizioni UE in questione, giacché dalla sentenza della Corte di giustizia UE nelle cause riunite C-147/06 e C-148/06 emerge 1) che, in caso di appalti con un valore inferiore alla soglia UE, le offerte anormalmente basse possono essere escluse automaticamente (ossia senza prima chiedere agli offerenti di fornire spiegazioni) purché l’amministrazione aggiudicatrice abbia verificato che l’appalto non ha un interesse transfrontaliero certo, e 2) che è consentito fissare una soglia (un numero minimo di offerte ammesse) oltre la quale le offerte anormalmente basse sono escluse automaticamente (ossia senza prima chiedere agli offerenti di fornire spiegazioni) purché tale soglia sia sufficientemente elevata da giustificare l’argomento secondo cui un numero di offerte pari o superiore a tale soglia potrebbe obbligare le amministrazioni aggiudicatrici a procedere alla verifica in contraddittorio di un numero di offerte talmente alto da eccedere la loro capacità amministrativa o da poter compromettere la realizzazione del progetto a causa del ritardo che tale verifica potrebbe comportare. Per quanto concerne il punto 1), la Commissione osserva che l’articolo 97, comma 8, del decreto legislativo 50/2016 si applica a prescindere dal fatto che l’appalto presenti o no un interesse transfrontaliero certo. Per quanto concerne il punto 2), la Commissione rileva che la soglia di dieci offerte fissata dall’articolo 97, comma 8, del decreto legislativo 50/2016 non sembra essere sufficientemente elevata, in particolare con riferimento alle grandi amministrazioni aggiudicatrici (la soglia di dieci offerte fissata dall’articolo 97, comma 8, del decreto legislativo 50/2016 si applica a tutte le amministrazioni aggiudicatrici, a prescindere dalle loro capacità amministrative).