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Regolarità fiscale : non basta accertamento del cassetto fiscale e del certificato dell’ Agenzia Entrate. Sentenza Adunanza Plenaria Consiglio di Stato

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 24.04.2024 n. 7

6. Ravvisando, tra i riferiti orientamenti interpretativi un possibile contrasto giurisprudenziale, la Sezione ha ritenuto di dover rimettere a questa Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:
i) se, fermo restando il principio della insussistenza di un potere della stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni dell’Agenzia delle entrate attestanti l’assenza di irregolarità fiscali a carico dei partecipanti a una gara pubblica, le quali si impongono alla stessa amministrazione, il principio della necessaria continuità del possesso in capo ai concorrenti dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure selettive comporti sempre il dovere di ciascun concorrente di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsiasi irregolarità che dovesse sopravvenire in corso di gara;
ii) se, correlativamente, sussista a carico della stazione appaltante, ferma restando la richiamata regola della sufficienza delle certificazioni rilasciate dalle Autorità competenti, il dovere di estendere la verifica circa l’assenza di irregolarità in capo all’aggiudicatario della procedura in relazione all’intera durata di essa, se del caso attraverso l’acquisizione di certificazioni estese all’intero periodo dalla presentazione dell’offerta fino all’aggiudicazione;
iii) se, in ogni caso e a prescindere dalla sufficienza o meno delle verifiche condotte dalla stazione appaltante, il concorrente che impugni l’aggiudicazione possa dimostrare, e con quali mezzi, che in un qualsiasi momento della procedura di gara l’aggiudicataria ha perso il requisito dell’assenza di irregolarità con il conseguente obbligo dell’amministrazione di escluderlo dalla procedura stessa.

[…]

1. Occorre partire dall’esame delle questioni sottoposte con l’ordinanza di rimessione.
2. Il Collegio non ravvisa, innanzitutto, l’ipotizzato contrasto giurisprudenziale posto a fondamento del primo quesito.
E invero, va ribadito l’orientamento per il quale i certificati rilasciati dalle autorità competenti, in ordine alla regolarità fiscale o contributiva del concorrente, hanno natura di dichiarazioni di scienza e si collocano fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso, per cui si impongono alla stazione appaltante, esonerandola da ulteriori accertamenti: tale orientamento riguarda, unicamente, il profilo della prova circa la sussistenza del requisito e degli accertamenti richiesti al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni all’uopo rese dal concorrente in sede di gara, come si desume dall’art. 86, comma 2, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 80, applicabile alla fattispecie ratione temporis (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; 4 maggio 2012, n. 8; Sez. III, 18 dicembre 2020 n. 8148; Sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682).
L’ulteriore orientamento, anch’esso da ribadire, che secondo la Sezione remittente si contrapporrebbe al primo, fa, invece, riferimento al regime sostanziale dei requisiti di ammissione previsti dalla lex specialis, affermando la necessità che gli stessi siano posseduti dal concorrente a partire dal momento della presentazione dell’offerta e sino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale (ex plurimis, Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; 12 febbraio 2018, n. 856; Sez. IV, 1° aprile 2019, n. 2113).
Il concorrente che partecipa a una procedura a evidenza pubblica deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e ha l’onere di dichiarare, sin dalla presentazione dell’offerta, l’eventuale carenza di uno qualunque dei requisiti e di informare, tempestivamente, la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi.
L’art. 85, comma 1, del D. Lgs. n. 50 del 2016 dispone che il concorrente, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, autodichiari, attraverso il documento di gara unico europeo (DGUE), l’assenza di cause di esclusione di cui al precedente art. 80.
Pur se l’art. 85 non prevede espressamente il dovere di comunicare alla stazione appaltante le eventuali cause di esclusione dalla gara verificatesi in un momento successivo alla presentazione dell’offerta, il relativo onere dichiarativo deve ricollegarsi, alla necessità, sancita dall’art. 1, comma 2-bis, della L. 7 agosto 1990, n. 241, che: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione (siano) improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”.
Tale disposizione, infatti, ha posto un principio generale sull’attività amministrativa e si estende indubbiamente anche allo specifico settore dei contratti pubblici (Cons. Stato, Sez. III, 19 febbraio 2024, n. 1591; Sez. V, 16 agosto 2021, n. 5882).
Poiché i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali), discende, de plano, il dovere della stazione appaltante di compiere i relativi accertamenti con riguardo all’intero periodo (Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; 25 febbraio 2014, n. 10; Sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2231; Sez. III, 10 novembre 2021, n. 7482).
La regola si desume anche dall’art. 80, comma 6, del D. Lgs. n. 50 del 2016, il quale stabilisce che: “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5”.
A tal fine, con specifico riguardo al requisito concernente l’assenza di debiti tributari, la certificazione rilasciata dall’amministrazione fiscale competente (Agenzie delle Entrate o eventualmente altra amministrazione titolare di poteri impositivi), ai sensi dell’art. 86, comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 50/2016, deve coprire l’intero lasso temporale rilevante, ovvero quello che va dal momento di presentazione dell’offerta sino alla stipula del contratto.
In tal senso è, dunque, la risposta ai primi due quesiti posti con l’ordinanza di rimessione.

3. Con riferimento all’ultimo quesito prospettato, va, infine, puntualizzato che, indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante, il concorrente che impugna l’aggiudicazione può sempre dimostrare, con qualunque mezzo idoneo allo scopo, sia che l’aggiudicatario fosse privo, ab origine, della regolarità fiscale, sia che egli abbia perso quest’ultima in corso di gara.
Per quanto riguarda la certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, ovvero dagli enti previdenziali e assistenziali (DURC), per la consolidata giurisprudenza compete al giudice amministrativo accertare, in via incidentale (ossia senza efficacia di giudicato nel rapporto tributario o previdenziale/assistenziale), nell’ambito del giudizio relativo all’affidamento del contratto pubblico, la idoneità e la completezza della certificazione presa in considerazione, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal concorrente (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; Sez. V, 9 febbraio 2024, n. 1339; 26 aprile 2021, n. 3366; 14 giugno 2019, n. 4023).

4. Alla luce degli enunciati principi di diritto, è ora possibile passare ad affrontare, partitamente, le questioni oggetto del contendere.

5. Col primo motivo dell’appello principale, la -OMISSIS- lamenta, in sostanza, che la -OMISSIS- doveva essere esclusa dalla gara perché priva, al momento della presentazione dell’offerta, della regolarità fiscale, in conseguenza di un debito, grave e definitivamente accertato, col Segretariato Generale della Giustizia amministrativa, derivante dal mancato pagamento di una sanzione pari a 18.000 euro, irrogata in conseguenza del ritardato pagamento del contributo unificato dovuto per l’iscrizione a ruolo del ricorso in appello r.g. 202005062.
Da qui l’errore del Tribunale nell’aver ritenuto insussistente la prospettata carenza del requisito in parola e la violazione del conseguente onere dichiarativo gravante sull’aggiudicataria.
La doglianza va esaminata congiuntamente al primo motivo dell’appello incidentale.
Con esso si deduce che il giudice di prime cure, invece, che respingere il motivo concernente l’asserita mancanza della regolarità fiscale, avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile, in quanto né alla data della presentazione dell’offerta, né a quella dell’aggiudicazione, sarebbero emerse, a carico della -OMISSIS-, violazioni fiscali gravi, definitivamente accertate, idonee a integrare la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016, come risulterebbe dalle certificazioni rilasciate dall’Agenzia delle Entrate e dell’ANAC (AVCPASS), facenti fede fini a querela di falso.
Del resto, al momento della presentazione dell’offerta, non sarebbe emersa, dall’esame del ‘cassetto fiscale’ della -OMISSIS-, l’esistenza di alcun debito.
Solo successivamente, nel ‘cassetto’ sarebbero state inserite alcune cartelle di pagamento, una delle quali, tra l’altro, concernente il debito di 18.000 euro di cui sopra, estinto, in corso di gara, prima della notifica della relativa cartella esattoriale.
L’appellante principale, dal canto suo, non avrebbe prodotto a sostegno della propria censura alcuna documentazione, avendo desunto la dedotta carenza della regolarità fiscale, unicamente da una dichiarazione resa dalla -OMISSIS-, per mero scrupolo, in altra gara.
In ogni caso, il debito di che trattasi non avrebbe natura tributaria, costituendo una mera “spesa del processo”, versata direttamente all’ufficio giudiziario.

6. I due contrapposti motivi, più sopra sinteticamente riassunti, ruotando, sostanzialmente, attorno a una medesima questione, si prestano a una trattazione congiunta.
Il motivo dell’appello principale è fondato, mentre non lo è quello dell’impugnazione incidentale.
Occorre preliminarmente rilevare che, come già evidenziato dalla Sezione remittente, il contributo unificato va ascritto alla categoria delle entrate tributarie, delle quali condivide tutte le caratteristiche essenziali, “quali la doverosità della prestazione e il collegamento della stessa ad una pubblica spesa, cioè quella per il servizio giudiziario, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante” (cfr. Corte Cost., 7 febbraio 2005, n. 73; Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2020, n. 2785; Cass. Civ., Sez. Un., 5 maggio 2011, n. 9840).
Identica natura fiscale va riconosciuta alle sanzioni pecuniarie conseguenti al mancato o al ritardato pagamento del contributo unificato, trattandosi di obbligazioni accessorie che hanno fondamento in un rapporto di tipo tributario (si veda l’art. 2, comma 1, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, infatti, attribuisce la giurisdizione sulle sanzioni in parola al Giudice Tributario).
Il mancato pagamento delle sanzioni irrogate a seguito del mancato versamento del contributo unificato nei tempi previsti integra la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50 del 2016, laddove la violazione sia grave e definitivamente accertata.
Ciò posto, nel caso di specie la -OMISSIS- risultava priva del requisito della regolarità fiscale.
Come correttamente dedotto dall’appellante principale, al momento della presentazione dell’offerta, l’aggiudicataria risultava, infatti, in debito, col Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, della somma di 18.000 euro, quale sanzione per il mancato tempestivo versamento del contributo unificato dovuto per l’iscrizione a ruolo del ricorso in appello r.g. 202005062.
La violazione della detta obbligazione tributaria era grave e definitivamente accertata: ‘grave’, in quanto superiore alla soglia di 5.000 euro, fissata dall’art. 48-bis, commi 1 e 2-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, espressamente richiamato dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016, nonché ‘definitivamente accertata’, poiché, l’invito di pagamento, valevole quale atto di accertamento della debenza, sia in relazione al contributo unificato dovuto, sia, ai sensi dell’art. 17, comma 1, della L. 18 dicembre 1997, n. 472, con riguardo alle sanzioni pecuniarie da corrispondere per il caso di mancato o ritardato versamento dello stesso, era stato, correttamente, notificato alla -OMISSIS- all’indirizzo del difensore presso il quale aveva eletto domicilio (si vedano le dichiarazioni in tal senso rese dalla detta società), così come, espressamente, previsto dall’art. 248, comma 2, del D.P.R. n. 115 del 2002.
Tale disposizione, peraltro, è stata ritenuta conforme alla Costituzione dalla Corte Costituzionale, che, con la sentenza 29 marzo 2019, n. 67, ha affermato che “la notifica al domicilio eletto non viola il «fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti» (sentenza n. 346 del 1998).[…].
D’altronde l’onere di diligenza e cooperazione che si richiede in capo al destinatario si concretizza nell’onere di acquisire informazioni dal domiciliatario in ordine al processo e alle incombenze ad esso connesse (compreso dunque l’obbligo di pagare il contributo)”.
L’invito di pagamento non è stato impugnato, con conseguente cristallizzazione della obbligazione concernente tanto il contributo unificato, quanto la sanzione pecuniaria (Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; idem 14 aprile 2020, n. 2397; Cass. Civ., Sez. Trib., 7 luglio 2022, n. 21538).
La circostanza, addotta dall’appellante incidentale, che il proprio difensore non le avesse comunicato l’avvenuta notifica dell’invito di pagamento, è, poi, ininfluente ai fini di causa, risultando incontroversa la sussistenza del debito.
D’altra parte, l’art. 14, comma 1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, stabilisce che la parte “che deposita il ricorso introduttivo … è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato”, per cui la -OMISSIS- rispondeva a suo tempo del debito, pur se – per quanto è stato dedotto – si era impegnata al pagamento l’altra società congiuntamente alla quale aveva proposto l’appello r.g. 202005062 (la -OMISSIS-).
A parte ogni considerazione sulla prova di tale circostanza va rilevato che l’obbligazione tributaria in questione gravava a suo tempo su entrambe le parti appellanti, ai sensi dell’art. 14 sopra citato.
Diversamente da quanto sostiene la -OMISSIS-, nessuna rilevanza ha, poi, ai fini di causa, la disposizione contenuta nell’art. 13, comma 6-bis.1, del D.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui: “L’onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza”.
La disposizione, infatti, si limita a individuare la parte su cui debba gravare l’onere economico del contributo unificato, una volta passata in giudicato la sentenza che definisce il giudizio, ma non incide sull’identificazione del soggetto passivo del tributo.
Nel descritto contesto, non rileva il fatto che al momento della presentazione dell’offerta nel cassetto fiscale della -OMISSIS- non risultassero pendenze tributarie o che la regolarità fiscale fosse stata accertata dall’Agenzia delle Entrate e dall’ANAC tramite l’AVCPASS.
Infatti, il contributo unificato non rientra tra le imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate, per cui i debiti a esso relativi non vengono iscritti nel ‘cassetto fiscale’.
Solo a seguito dell’emissione del ruolo e della sua consegna all’Agenzia delle Entrate – Riscossione per la procedura esattoriale, l’esistenza del debito è comparsa, attraverso l’indicazione della relativa cartella, nel ‘cassetto fiscale’, ma senza alcuna influenza sulla regolarità fiscale della -OMISSIS-, ormai già insussistente.
Analoghe considerazioni vanno svolte quanto al certificato rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, il quale attesta la situazione fiscale del contribuente unicamente con riguardo alle imposte gestite dal detto ufficio, mentre non rileva per i tributi gestiti da altre amministrazioni, come per l’appunto il contributo unificato.
Altrettanto irrilevante, ai fini di causa, deve ritenersi il documento acquisito tramite il sistema AVCPASS.
Tale documento non reca alcuna indicazione in ordine a eventuali debiti derivanti dal mancato o ritardato pagamento del contributo unificato e delle relative sanzioni, come si ricava dalla delibera 20 dicembre 2012, n. 111, e succ. mod. e integr., con cui l’ANAC, in attuazione di quanto previsto dall’art. 6-bis del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ha istituito tale sistema.
Difatti, l’art. 5 della delibera n. 111 del 2012, che elenca gli enti certificanti tenuti a mettere a disposizione la documentazione e i dati in proprio possesso, relativi ai requisiti di carattere generale per la partecipazione alle gare, non individua, tra di essi, il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, per cui, l’esistenza dei eventuali debiti fiscali nei confronti di quest’ultimo non emerge dal documento rilasciato dall’ANAC.
In ogni caso, come più sopra rilevato, nell’ambito del giudizio contro il provvedimento di aggiudicazione di una gara, il giudice ha sempre il potere di accertare la idoneità e la completezza delle certificazioni rilasciate dalle competenti amministrazioni in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione.

Regolarità fiscale – Istanza di rateizzazione – Effetti – Cancellazione inadempimento originario (art. 80 d.lgs. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 02.05.2023 n. 4374

Il Collegio condivide le conclusioni a cui è giunta questa Sezione con ordinanza cautelare n. 6060 del 2022, in ordine al principio, condiviso della dottrina più attenta e dalla giurisprudenza prevalente, che afferma la novazione del debito tributario a seguito dell’accoglimento dell’istanza di rateizzazione presentata dal contribuente (nella specie la società ISSV) con riferimento ad un carico tributario portato in un atto impositivo, che si assume essere divenuto definitivo per omessa impugnazione.
L’Adunanza Plenaria, con sentenza n. 15 del 2013, ha precisato che “la rateizzazione si traduce in un beneficio che, una volta accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso, secondo un meccanismo di stampo estintivo – costitutivo che dà luogo a una novazione dell’obbligazione originaria. L’ammissione alla rateizzazione, rimodulando la scadenza dei debiti tributari e differendone l’esigibilità, implica quindi la sostituzione dell’originaria obbligazione a seguito dell’insorgenza di un nuovo rapporto obbligatorio secondo i canoni della novazione oggettiva di cui agli artt. 1230 e seguenti del codice civile. Il risultato è la nascita di una nuova obbligazione tributaria, caratterizzata da un preciso piano di ammortamento e soggetta a una specifica disciplina per il caso di mancato pagamento delle rate”.
La rateizzazione, rimodulando la scadenza dei debiti tributari e differendone l’esigibilità, cancella l’originario inadempimento dei destinatari degli atti impositivi e consente a questi ultimi di presentarsi alle procedure di evidenza pubblica gravati di un nuovo debito tributario non ancora scaduto ed esigibile, sfuggendo alla causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016.
11.2. Nella fattispecie, come precisato nell’ordinanza cautelare n. 6060 del 2022, il debito di cui all’avviso di accertamento si è estinto, atteso che la rateizzazione (come si è detto) si traduce in un beneficio che, una volta accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso, secondo un meccanismo di stampo estintivo – costitutivo che ha dato la stura a una novazione dell’obbligazione originaria. Stante l’estinzione del debito, non può predicarsi la definitività dell’avviso di accertamento che lo rappresenti, in ragione dell’omessa impugnazione.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha, in più occasioni, chiarito che: “Nelle gare pubbliche il requisito di regolarità fiscale può dirsi sussistente qualora, prima del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto, l’istanza di rateizzazione sia stata accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo, proprio in ragione del fatto che la rateizzazione del debito tributario del partecipante alla procedura selettiva si traduce in un beneficio che, una volta accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso, con novazione dell’obbligazione originaria e nascita di una nuova obbligazione tributaria” (Cons. Stato, n. 4382 del 2014; Cons. Stato, n. 6001 del 2018).

Decreto MEF : esclusione dalla gara per gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi di pagamento di imposte e tasse (art. 80 , comma 4 , d.lgs. n. 50/2016 – Codice contratti pubblici aggiornato alla Legge Europea 2019/2020)

Decreto Ministero dell’ Economia e delle Finanze , 28 settembre 2022: “Disposizioni in materia di possibile esclusione dell’operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto per gravi violazioni in materia fiscale non definitivamente accertate” – Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 239 del 12 ottobre 2022

Riferimenti normativi: art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50/2016

                       IL MINISTRO DELL'ECONOMIA 
                           E DELLE FINANZE 
 
                           di concerto con 
 
                  IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE 
                    E DELLA MOBILITA' SOSTENIBILI 
 
  Visto il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante «Codice
dei contratti pubblici» e, in particolare, l'art. 80, comma 4, quinto
periodo, come sostituito dall'art. 10, comma 1,  lettera  c), n.  2,
della legge 23 dicembre 2021, n. 238, il  quale  stabilisce  che un 
operatore economico puo' essere escluso dalla  partecipazione a una
procedura d'appalto se la stazione appaltante e' a conoscenza e  puo'
adeguatamente dimostrare che lo stesso ha commesso  gravi  violazioni
non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento  di
imposte e tasse o contributi previdenziali; 
  Visto il medesimo  decreto  legislativo  18  aprile  2016,  n.  50,
recante «Codice dei contratti pubblici» e, in particolare, l'art. 80,
comma 4, settimo periodo, come  sostituito  dall'art.  10,  comma  1,
lettera c), n. 2, della legge 23 dicembre 2021, n.  238  che  prevede
che costituiscono gravi violazioni non definitivamente  accertate  in
materia fiscale quelle stabilite da un apposito decreto del  Ministro
dell'economia e delle finanze, di  concerto  con  il  Ministro  delle
infrastrutture e della mobilita'  sostenibili  e  previo  parere  del
Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del  Consiglio
dei ministri, da emanare entro sessanta giorni dalla data di  entrata
in vigore delle disposizioni di  cui  al  presente  periodo,  recante
limiti e condizioni per  l'operativita'  della  causa  di  esclusione
relativa a violazioni non  definitivamente  accertate  che,  in  ogni
caso, devono essere correlate al valore dell'appalto  e  comunque  di
importo non inferiore a 35.000 euro; 
  Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 concernente  il
«Codice  in  materia  di  protezione  dei  dati  personali,   recante
disposizioni  per   l'adeguamento   dell'ordinamento   nazionale   al
regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del  Consiglio,
del 27 aprile 2016, relativo alla protezione  delle  persone  fisiche
con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche'  alla  libera
circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE»; 
  Visto il regolamento (UE) 2016/679 del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione  delle  persone
fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche'  alla
libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE; 
  Acquisito il parere del Dipartimento per le politiche europee della
Presidenza del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2022; 
 
                              Decreta: 
 
                               Art. 1 
 
                               Oggetto 
 
  1. Il presente  decreto,  adottato  ai  sensi  e  per  gli  effetti
dell'art. 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50,
individua i limiti e le condizioni per l'operativita' della causa  di
esclusione dalla  partecipazione  a  una  procedura  d'appalto  degli
operatori  economici  che  hanno  commesso   gravi   violazioni   non
definitivamente accertate in materia fiscale. 
                               Art. 2 
 
                       Ambito di applicazione 
 
  1.  Ai  fini  del  presente  decreto,   si   considera   violazione
l'inottemperanza agli obblighi, relativi al pagamento  di  imposte  e
tasse derivanti dalla: 
    a) notifica di  atti  impositivi,  conseguenti  ad  attivita'  di
controllo degli uffici; 
    b) notifica di  atti  impositivi,  conseguenti  ad  attivita'  di
liquidazione degli uffici; 
    c)  notifica  di  cartelle  di  pagamento   concernenti   pretese
tributarie,  oggetto  di  comunicazioni  di  irregolarita'  emesse  a
seguito di controllo automatizzato o formale della dichiarazione,  ai
sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dell'art. 54-bis  del  decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. 
                               Art. 3 
 
                         Soglia di gravita' 
 
  1. Ai fini del presente decreto, la violazione di cui all'art. 2 si
considera grave quando comporta l'inottemperanza  ad  un  obbligo  di
pagamento di imposte o tasse per un importo che,  con  esclusione  di
sanzioni  e  interessi,  e'  pari  o  superiore  al  10%  del  valore
dell'appalto. Per gli  appalti  suddivisi  in  lotti,  la  soglia  di
gravita' e' rapportata al valore del lotto o dei lotti  per  i  quali
l'operatore  economico  concorre.  In  caso  di   subappalto   o   di
partecipazione in raggruppamenti temporanei o in consorzi, la  soglia
di  gravita'  riferita  al  subappaltatore  o  al   partecipante   al
raggruppamento  o  al  consorzio  e'  rapportata  al   valore   della
prestazione assunta dal singolo operatore economico.  In  ogni  caso,
l'importo della violazione non deve essere inferiore a 35.000 euro. 
                               Art. 4 
 
              Violazioni non definitivamente accertate 
 
  1. Ai fini  del  presente  decreto,  la  violazione  grave  di  cui
all'art. 3 si considera non  definitivamente  accertata,  e  pertanto
valutabile  dalla  stazione   appaltante   per   l'esclusione   dalla
partecipazione alle procedure di affidamento di  contratti  pubblici,
quando siano decorsi inutilmente i termini per adempiere  all'obbligo
di pagamento e l'atto impositivo o la  cartella  di  pagamento  siano
stati tempestivamente impugnati. 
  2.  Le  violazioni  di  cui  al  comma  1  non  rilevano  ai   fini
dell'esclusione dell'operatore economico  dalla  partecipazione  alla
procedura d'appalto se in relazione alle stesse  e'  intervenuta  una
pronuncia  giurisdizionale  favorevole  all'operatore  economico  non
passata in giudicato, sino all'eventuale riforma della stessa o  sino
a che la violazione risulti definitivamente accertata, ovvero se sono
stati  adottati  provvedimenti  di  sospensione   giurisdizionale   o
amministrativa. 
                               Art. 5 
 
             Disposizioni transitorie e di coordinamento 
 
  1. Nelle more dell'adozione del provvedimento di cui  all'art.  81,
comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50  e,  comunque,
dell'operativita' della Banca dati nazionale dei contratti  pubblici,
si applicano le indicazioni operative contenute  nella  deliberazione
n. 157 del 17 febbraio 2016 dell'Autorita' nazionale anticorruzione e
successivi aggiornamenti. L'Agenzia delle entrate, su richiesta della
stazione appaltante, rilascia, relativamente ai tributi dalla  stessa
gestiti, la certificazione di  cui  al  provvedimento  del  direttore
dell'Agenzia delle entrate del 25 giugno 2001, le cui risultanze sono
valutabili ai fini  dell'esclusione  dell'operatore  economico  dalla
partecipazione alla procedura d'appalto nel rispetto dei  criteri  di
cui al presente decreto. 
  Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. 
    Roma, 28 settembre 2022 
 

Avviso bonario : rilevante come motivo di esclusione per irregolarità fiscale (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 10.05.2021 n. 3613

Volendosi tuttavia provare a seguire l’assunto dell’appellante basato sulla non definitività della violazione grave rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte o tasse, connessa alla cartella di pagamento (in ipotesi) non ritualmente notificata, osserva il Collegio che si tratta di un percorso argomentativo non meritevole di condivisione.
Può ammettersi, sotto il profilo strettamente tributario, anche tenendo conto di quanto dedotto con il terzo motivo di appello (di cui si anticipa in questa sede la trattazione), che l’avviso bonario non comporti, ove non contestato, la cristallizzazione del credito in esso indicato, consentendo dunque il successivo gravame della cartella di pagamento; la prevalente giurisprudenza ritiene però che, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, pur dovendosi ritenere tassativa, vada interpretata in senso estensivo, essendo dunque possibile anche l’impugnazione degli avvisi bonari con cui l’amministrazione chiede il pagamento di un tributo, in quanto gli stessi esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche della pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l’interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili.
A prescindere peraltro dal differente piano della tutela giurisdizionale tributaria, l’aspetto che emerge con chiarezza nella giurisprudenza (sia amministrativa, che tributaria) è che l’avviso bonario (al pari di tutti gli atti adottati dall’ente impositore che esplicitino le ragioni che li sorreggono) comporta la conoscenza, da parte del contribuente, di una bene individuata pretesa tributaria, tanto che, come già detto, può essere subito (ed autonomamente) impugnato, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, assuma la veste autoritativa di uno degli atti tipici previsti dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass., sez. trib., 25 febbraio 2009, n. 4513).
E’ proprio questa valenza di manifestazione compiuta della pretesa tributaria propria dell’avviso bonario che rileva in sede amministrativa, come “motivo di esclusione” dalla procedura di gara; infatti detto avviso enuclea una pretesa definita che viene portata nella sfera di conoscenza, e dunque di consapevolezza del contribuente (consapevolezza che, nel caso in esame, è all’evidenza dimostrata dalla richiesta di rateizzazione, solo in misura minimale adempiuta, tale da rendere ancora più significativa la mancata dichiarazione della pendenza debitoria).
Allorchè detto contribuente partecipi, quale operatore economico, ad una procedura di gara per l’affidamento di una commessa pubblica, non può ritenersi irrilevante la conoscenza qualificata della assenza del requisito della regolarità della posizione fiscale.
Nell’ordinamento infatti è configurabile una accezione di “definitività” differenziata ai fini della tutela giurisdizionale tributaria, che consente di differire la contestazione al momento dell’emanazione della cartella di pagamento, ponendo con essa in discussione anche la debenza dei tributi ivi riportati successivamente alla loro iscrizione a ruolo, ed ai fini della partecipazione ad un procedimento di evidenza pubblica, ove rileva, trattandosi di valutare la sussistenza di un requisito di ordine generale o morale, e dunque, in definitiva, l’affidabilità e la correttezza, la conoscenza, da parte dell’operatore economico, dell’assenza della sua regolarità fiscale.
Nella specie, del resto, l’avviso bonario non è stato impugnato, ed anzi è intervenuta un’istanza di rateizzazione poi non onorata, così da potersi ritenere configurata, in via di argomentazione subordinata, anche la previsione del quarto periodo dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Irrilevante è la postuma (…) regolarizzazione, per compensazione, del debito tributario, da parte dell’appellante, con il maggiore credito IVA successivamente alla partecipazione alla gara, in quanto non elide la circostanza per cui, al momento della presentazione dell’offerta e durante l’intero procedimento, l’appellante era privo del requisito di partecipazione della regolarità fiscale, laddove quest’ultimo deve sussistere al momento di presentazione dell’offerta e deve permanere per tutta la durata della procedura di aggiudicazione (così Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5, con riguardo al D.U.R.C.).

Regolarità fiscale – Debiti tributari emersi in corso di gara – Soluzione di continuità nel possesso dei requisiti – Comporta esclusione – Regolarizzazione o rateizzazione immediata – Irrilevanza (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Ancona, 25.11.2019 n. 726

La violazione tributaria “definitivamente accertata”, ai sensi della norma [art. 80 d.lgs. n. 50/2016] consegue alla sentenza passata in giudicato, con la quale sia respinto il ricorso del contribuente, ovvero alla definitività dell’accertamento in sede amministrativa, per la mancata impugnazione dell’atto impositivo nel termine di sessanta giorni dalla sua conoscenza (o legale conoscibilità) da parte del contribuente, senza che, nello stesso termine, questi abbia provveduto a regolarizzare la propria posizione, soddisfacendo la pretesa dell’Amministrazione finanziaria, anche mediante definizione agevolata. Tale ultima precisazione, oltre a risultare dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34/E del 25 maggio 2007…..è consequenziale alla necessità che la violazione tributaria, che sia stata resa nota al contribuente, sia tuttora sussistente e non (più) contestabile (cfr. Cons. Stato, V, 17 gennaio 2013, n. 261 e, di recente, id., 23 febbraio 2017, n. 849….)…” [Consiglio di Stato nella sentenza n. 5139/2018]. La sentenza prosegue evidenziando che “….8.3. L’ammissione al beneficio della rateizzazione prima della scadenza del termine per l’impugnazione della cartella di pagamento ha comportato che la ….. non abbia affatto perso il possesso del requisito della regolarità fiscale in corso di procedura, perché la pendenza debitoria in contestazione non ha acquisito il carattere della definitività prima di detta ammissione; (…). Le conclusioni a cui è pervenuta la Sez. V sono applicabili anche al caso di specie, poiché vi è stata in corso di gara soluzione di continuità nel possesso, in capo alla mandante A., del requisito della regolarità fiscale, il che, per giurisprudenza consolidata, costituisce motivo di esclusione obbligatoria del concorrente. (…)

D’altra parte, laddove l’operatore intenda comunque partecipare alla gara egli ha sempre la possibilità di eliminare in radice il problema provvedendo al pagamento integrale delle somme accertate dall’Agenzia delle Entrate, senza cioè attendere l’esito dell’istanza di rateizzazione. A tal riguardo va aggiunto che il favor che l’ordinamento esprime per la massima partecipazione delle imprese alle gare ad evidenza pubblica va comparato con la necessità di evitare il dumping fra gli operatori del settore. Infatti l’operatore a carico del quale è stato definitivamente accertato un debito fiscale di una certa rilevanza già solo per questo si è avvantaggiato nei riguardi dei concorrenti, per cui è corretto concludere nel senso che la situazione di irregolarità va risolta tempestivamente, in modo da ripristinare una situazione di concorrenza leale;
– tutto ciò va ovviamente traguardato alla luce della ratio che è alla base del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui i requisiti di partecipazione debbono sussistere ab initio e per tutta la durata della gara. Tale ratio, come è noto, consiste nella necessità di assicurare al committente pubblico la possibilità di stipulare il contratto e dare avvio alla sua esecuzione in qualsiasi momento della procedura, senza dover attendere che l’aggiudicatario risolva eventuali pendenze nei confronti dell’amministrazione finanziaria o degli enti previdenziali, etc.;
– e né può obiettarsi che la situazione del concorrente a carico del quale il debito fiscale viene accertato in corso di gara è oggettivamente diversa da quella dell’operatore il cui debito è stato accertato prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte.

Irregolarità fiscale non ancora oggetto un atto dell’Amministrazione finanziaria – Omessa dichiarazione – Non comporta esclusione (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

CGA Regione Sicilia, 16.08.2019 n. 758

Non è motivo di esclusione dalla gara la mancata dichiarazione di un debito con il fisco ancora non oggetto di (o contenuto in) un atto dell’amministrazione finanziaria in pendenza del termine per presentare la domanda di partecipazione alla procedura, che nel suo complesso il contribuente ha poi chiesto di rateizzare e la cui istanza è stata accolta.
La disciplina nazionale in tema di esclusione dalla gare per irregolarità fiscale, anche in ragione del recepimento incompleto della direttiva è molto garantista nei confronti del privato e non del tutto coordinata con il diritto tributario. Rilevano infatti, in senso escludente, solamente i debiti fiscali definitivamente accertati, per tali intendendosi quelli non contestati in giudizio nei termini di legge ovvero se contestati confermati dal giudice tributario sulla base di una sentenza non più soggetta ad impugnazione; con la conseguenza che la proposizione di un ricorso dinanzi alla competente commissione tributaria (o di un appello o di un ricorso per cassazione), quand’anche manifestamente infondato, è comunque sufficiente a determinare (a perpetuare) la non definitività del debito e, in ultima analisi, a permettere nelle more la partecipazione alle gare, oltre tutto, a scapito degli altri concorrenti che siano invece (del tutto) in regola con il fisco (e magari, proprio per tale ragione, impossibilitati ad offrire ribassi oltre una certa misura).
Si intende, quindi, secondo la legislazione in materia di contratti pubblici, che qualunque debito, per quanto rilevante in termini economici, purché (e finché) ancora oggetto di un giudizio tributario (proponibile o) pendente, non potrà essere motivo di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti del 2016.
La previsione della direttiva 24/2014, che permette alle stazioni appaltanti di valutare anche l’esistenza di debiti non ancora definitivi, sulla base di un prudente apprezzamento e attraverso una causa di esclusione di tipo facoltativo, non è stata recepita nel nostro sistema, neppure in occasione dell’ultimo intervento dedicato alla modifica di talune parti del codice dei contratti del 2016 (con il d.l. n. 32 del 2019 e la legge di conversione n. 55 del 2019).
L’art. 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici non si coordina alla perfezione con la disciplina fiscale propriamente intesa.
Nel fare riferimento a “sentenze e atti non più soggetti ad impugnazione” sembra scritto, infatti, pensando essenzialmente alle pretese fiscali (che sono) oggetto di avvisi di accertamento, la cui inoppugnabilità o la cui conferma in giudizio rende “definitivamente accertate” le violazioni (ossia gli omessi pagamenti, nella soglia minima ritenuta rilevante) del contribuente. Molto meno chiaro è invece se, a fronte di un avviso di accertamento divenuto già definitivo ovvero inoppugnabile, possa bastare l’impugnazione della cartella di pagamento, quale atto di riscossione esecutivo di detto avviso, per permettere al contribuente di invocare – magari a distanza di anni dal verificarsi del presupposto – la non definitività della sua irregolarità.

fonte: sito Giustizia Amministrativa

Regolarità fiscale – Istanza di rateizzazione – Definizione agevolata – Differenza – Operatività (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Perugia, 31.07.2019 n. 455

Con specifico riferimento all’istanza di rateizzazione di cui all’art. 19 del d.P.R. n. 602/1973, è ormai pacifico che l’esclusione possa essere evitata solo nel caso in cui, entro i termini per la partecipazione alla gara, l’istanza di rateizzazione sia stata accolta – con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo – da parte dell’amministrazione finanziaria, non risultando sufficiente a tal fine la sola presentazione della domanda.
Secondo autorevole giurisprudenza, infatti, “il requisito della regolarità fiscale può dirsi sussistente solo qualora, prima del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto, l’istanza di rateizzazione sia stata accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo” (Consiglio di Stato Ad. Plen., 20 agosto 2013, n. 20).
Tale orientamento è condiviso anche dalla più recente giurisprudenza che si è pronunciata sul nuovo art. 80 del Codice, osservandosi che in sede di gara pubblica il requisito della regolarità fiscale può essere sussistente, pure in presenza di una violazione accertata, solo se l’istanza di rateizzazione sia stata presentata dal concorrente e sia stata accolta prima della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, o della presentazione dell’offerta, costituisce pacifica giurisprudenza del giudice amministrativo; non è infatti sufficiente che prima della scadenza del termine di presentazione dell’offerta il contribuente abbia semplicemente inoltrato istanza di rateizzazione, occorrendo anche che, entro la predetta data, il relativo procedimento si sia concluso con un provvedimento favorevole dell’amministrazione finanziaria (Consiglio di Stato, sez. V, 12 febbraio 2018, n. 856; cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 18 marzo 2019, n. 1753; id. [già su questo sito] sez. V, 5 marzo 2019, n. 1525 che, in relazione sempre all’art. 80, comma 4, del Codice richiama le conclusioni dell’Adunanza Plenaria, 20 agosto 2013, n. 20).
Ancora, “la mera presentazione dell’istanza di rateizzazione non rilevi ai fini della dimostrazione del requisito della regolarità fiscale…Pertanto, affinché la stazione appaltante non escluda l’operatore economico dalla gara, è necessario che, al momento della dichiarazione dei requisiti di partecipazione, l’istanza di rateizzazione sia stata non solo presentata ma anche accolta dall’Amministrazione finanziaria” (T.A.R. Piemonte, sez. I, 18 marzo 2019, n. 294; analogamente, Consiglio di Stato, sez. V, 19 febbraio 2018, n. 1028; id., 12 febbraio 2018, n. 856; id., sez. III, 12 aprile 2018, n. 2210; id. sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6027, in base alla quale, anche con riferimento all’art. 80, comma 4, del Codice, “l’eventuale ammissione del debitore a rateizzazione può impedire l’esclusione dalla gara ma solo a condizione che, entro la data ultima per la presentazione della domanda, l’istanza sia stata non solo formulata ma anche accolta dall’amministrazione finanziaria. Ciò comporta (per converso) che la conclamata esistenza di un grave insoluto fiscale in epoca antecedente alla presentazione della domanda di partecipazione (e in assenza di istanze di rateizzazione accolte dall’amministrazione finanziaria) non impedisca l’operatività della clausola legale di esclusione”).

Tanto premesso, è del tutto inconferente il richiamo operato dalla difesa della ricorrente a recente arresto del Consiglio di Stato (sez. V, 2 gennaio 2019 n. 15) asseritamente applicabile alla controversia per cui è causa, in quanto riguardante invece fattispecie differente, come ben argomentato dalla difesa della stazione appaltante.
In quel caso, infatti, l’impegno formale al pagamento delle imposte viene ad essere fatto coincidere (e ad essa viene, pertanto, coordinato) con la procedura di “definizione agevolata” delle pendenze con gli agenti della riscossione di cui all’art. 6 del d.l. n. 193/2016 e non con una semplice istanza di rateizzazione ex art. 19, del d.p.r. n. 602/1973, come invece è accaduto nel caso di cui si controverte.
La differenza, come detto, non è di poco conto perché, mentre nel caso della definizione agevolata ex art. 6. d.l. 193/2016 (istituto di natura eccezionale sotto il profilo temporale), l’ammissione alla procedura non è subordinata ad alcun atto di assenso da parte dell’Agente della riscossione (tanto è vero che è lo stesso contribuente, manifestando la volontà di avvalersene, a decidere il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento e tutti i conseguenti benefici previsti vengono accordati automaticamente), nel caso della semplice rateizzazione ex art. 19 d.p.r. n. 602/1973 il beneficio non si produce automaticamente ma viene “concesso” con apposito atto dell’Agente della riscossione che può, dunque anche denegarlo.
Nella rateizzazione “tradizionale”, pertanto, la semplice richiesta del contribuente non può integrare alcuna formalizzazione di impegno al pagamento fintanto che non sia intervenuto apposito provvedimento di ammissione al beneficio e solo se tale ammissione avviene prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, l’impegno stesso piò essere considerato tempestivo ai fini di una partecipazione alla gara senza pendenze ostative.