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Offerta di personale aggiuntivo ed incidenza su costo della manodopera

Consiglio di Stato, sez. V, 18.01.2024 n. 605

8.2. In premessa, vanno richiamati i consolidati principi giurisprudenziali in materia di verifica di congruità dell’offerta in base ai quali, per un verso, la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica, riguardando l’attendibilità e la serietà dell’offerta economica nel suo complesso, e non singole voci o componenti della medesima; per altro verso, siffatta valutazione costituisce espressione ed esercizio di poteri tecnico discrezionali riservati all’amministrazione, sottratti al sindacato giurisdizionale salvo i casi di manifesta o macroscopica illogicità o di evidente irragionevolezza (ex multis: Cons. Stato, V, 12 settembre 2019, n. 6161; V, 30 ottobre 2017, n. 4978; Cons. di Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1069).
8.3. Sulla scorta di tali principi, la decisione del primo giudice non appare censurabile, considerata la genericità di alcune delle censure dedotte dall’appellante, inidonee a dare conto di quale sia la loro incidenza sulla complessiva affidabilità dell’offerta, ove accolte.
8.4. Ciò va affermato in particolare con riferimento alla questione del “personale aggiuntivo” che l’aggiudicataria avrebbe indicato quale elemento dell’offerta tecnica senza stimare i costi gravanti sull’appalto (sull’assunto che l’impiego, seppure eventuale, di ulteriore personale, anche già operante nella struttura aziendale, dovrebbe trovare copertura nel conto economico dell’appalto in cui lo stesso sarà utilizzato, in modo da non alterare la concorrenza tra gli operatori).
Secondo le allegazioni dell’appellante, per l’impiego delle figure professionali indicate dovrebbe stimarsi un costo annuo pari a € 15.955,30 che – moltiplicato per la durata dell’affidamento – corrisponderebbe a € 55.843,55, non computato dall’aggiudicataria e idoneo a erodere totalmente l’utile d’impresa dichiarato.
Tuttavia, l’argomentazione si basa su presupposti non dimostrati, mere supposizioni che non considerano la circostanza per cui l’effettiva incidenza economica dei costi di questo personale appare effettivamente scarsa in una organizzazione aziendale di medie o grandi dimensioni. Inoltre, e ciò appare dirimente, nelle giustificazioni dell’aggiudicataria (nota del 28 dicembre 2022, al punto 3.4, pag. 7) si sostiene che il costo di tale personale amministrativo è incluso nelle spese generali («Per quanto concerne il personale amministrativo si è proceduto a calcolare l’incidenza del costo del lavoro del personale che svolge compiti di amministrazione per l’Azienda [e che potrebbe] svolgere anche, sia pure in minima parte, attività di amministrazione dello specifico appalto. Non essendo possibile procedere ad un calcolo analitico delle ore che vengono a tal fine destinate dal personale impiegato presso gli uffici della Società si è proceduto calcolando la retribuzione delle persone che, sia pure in via marginale, hanno l’onere di gestire gli aspetti amministrativo-contabili del servizio»). Le deduzioni dell’aggiudicataria sul punto in esame non sono efficacemente contrastate dalle censure dell’appellante.
8.5. Né appare probante la circostanza secondo la quale l’inattendibilità dell’offerta aggiudicataria dovrebbe desumersi dal fatto che in altro contenzioso la Ditta -OMISSIS- ha sostenuto che l’importo a base d’asta fissato per la diaria in euro 3,24 non era sufficientemente capiente. È del tutto evidente che il vaglio di attendibilità e di affidabilità delle offerte va condotto in concreto, con specifico riferimento alle condizioni contrattuali previste per lo specifico servizio appaltato.
8.6. Anche per quanto riguarda la mancata indicazione di diverse voci di costo nell’ambito delle spese generali, le giustificazioni presentate dalla Ditta -OMISSIS- appaiono adeguate e complete, precisando come «nell’importo totale delle “Spese Generali” rientrano le seguenti voci: spese per pulizia, igienizzazione e sanificazione, utenze, costi per il Responsabile del servizio e per le Figure Ispettive, Costi per la connessione al ns. software applicativo per singolo Istituto. Pertanto il costo totale delle spese generali sopra descritte ammonta ad € 0,0659 [sulla diaria offerta] per presenza […]», comprensivo dei “costi polizze assicurative” e dei “costi connessione istituti al software applicativo”. Rispetto a queste indicazioni, le deduzioni dell’appellante sono del tutto generiche.
8.7. Anche il rilievo concernente il costo della figura del nutrizionista appare infondato nei presupposti (ipotizzandosi una presenza continua del professionista che non si desume dai contenuti dell’offerta tecnica della Ditta -OMISSIS-) e quindi nella determinazione del costo. Nelle giustificazioni del 28 dicembre 2022 ragionevolmente si precisa un «impiego semestrale del nutrizionista», i cui costi sono calcolati complessivamente con altri costi indiretti della commessa (al punto 3.3: «Certificazioni, HACCP e Tracciabilità generi alimentari, nutrizionista») «in ragione dell’incidenza del singolo appalto rispetto ai fatturati globali della ditta, e portano ad un costo per singola presenza di €. 0,0091».
8.8. Le medesime considerazioni potrebbero valere anche per il rilievo concernente l’inquadramento professionale dei magazzinieri, ritenuto non conforme alle norme del contratto collettivo applicato dall’impresa aggiudicataria, tenuto conto che anche in questo caso l’appellante non spiega quale sia l’incidenza sulla complessiva affidabilità dell’offerta, in termini di maggiori costi, dell’inquadramento di detto personale nel livello IV del CCNL. Si osservi, inoltre, che nel rinnovare la verifica di congruità a seguito dell’annullamento parziale disposto con la sentenza impugnata, l’amministrazione ha appurato anche l’esistenza di margini di utile economico che potrebbe essere impiegato per far fronte a eventuali spese non previste.
Peraltro, data la delicatezza della materia relativa al rispetto dei trattamenti retributivi, e quindi della correttezza degli inquadramenti del personale nei livelli contrattuali, non è superfluo osservare che – in assenza di specifiche indicazioni sulla qualificazione e sull’inquadramento del personale impiegato nel servizio, che potrebbero essere contenute nel bando di gara (inserite come criteri di valutazione dell’offerta tecnica: si veda in tale prospettiva Cons. Stato, V, 20 ottobre 2021, n. 7053) e in assenza di riflessi sulla congruità dell’offerta, come nel caso di specie – le relative questioni possono eventualmente rilevare unicamente nel contesto del rapporto tra lavoratore e datore di lavoro.

Costi della manodopera non soggetti a ribasso se previsto dalla lex specialis di gara

TAR Salerno, 11.01.2024 n. 147

Ciò premesso, con l’avviso di indagine di mercato allegato al bando l’amministrazione ha determinato l’importo del servizio, distinguendo i costi suscettibili di ribasso pari a € 18.242,21 da quelli non soggetti a ribasso, cioè la somma del costo totale personale e del costo della sicurezza, pari a € 40.941,00 (la lettera di invito, a p. 3, specifica che solo i costi della manodopera e della sicurezza non sono soggetti a ribasso), e inoltre ha fissato il prezzo a base di gara in € 18.241,21 (composto dalle voci relative a: materiali ed attrezzature e altre spese 15% € 5.844,15; spese generali 15% € 7.017,77; utile di impresa € 5.380,29). Ed è evidentemente quest’ultima cifra di € 18.241,21 il prezzo a base di gara in relazione al quale i singoli concorrenti avrebbero dovuto operare il ribasso. Viceversa, con congrua motivazione l’amministrazione ha evidenziato che dalle giustificazioni rese dalla ricorrente è emerso che i costi oggetto di consistente ribasso sarebbero anche i costi del lavoro, in violazione della lex specialis di gara. Inoltre, in modo convincente l’amministrazione ha evidenziato che in sede di giustificazioni la ricorrente ha affermato che «l’importo offerto è pari a € 42.259,92; il totale iniziale della gara era di € 59.183,21, con una differenza di € 16.923,29, equivalente ad un ribasso percentuale sull’intero importo del 28,59%»: da tali affermazioni si ricava la conferma che la ricorrente (in contrasto con le citate previsioni della lex specialis) ha calcolato la percentuale di ribasso sull’intera cifra di € 59.183,21, così incidendo sia sul costo della manodopera che su quello della sicurezza. Insomma, violando le citate previsioni della legge di gara, la ricorrente ha applicato il ribasso anche ai costi del personale e della sicurezza, mentre l’amministrazione in sede di verifica dell’anomalia, riferendo correttamente il ribasso solo sui costi per i quali il ribasso era consentito, ha accertato ribasso anomalo nella misura del 92,77%, derivandone quasi l’azzeramento dei costi relativi all’acquisto del materiale, all’utile di impresa, alle spese generali, ai costi annui, ecc. Ne consegue che la descritta valutazione dell’amministrazione della valutazione della anomalia dell’offerta si sottrae al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, in quanto non è manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti.

Costi della manodopera “scorporati”: legittimo il ribasso complessivo (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Palermo, 19.12.2023 n. 3787

Con il primo motivo di censura la ricorrente deduce innanzitutto la violazione, da parte dei documenti di gara, dell’art. 41, comma 14, del Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36/2023, secondo cui “I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso”, in quanto il Bando e il Disciplinare di gara avrebbero omesso di scorporare dall’importo soggetto al ribasso i costi della manodopera, imponendo all’operatore economico di presentare un ribasso sull’intero prezzo posto a base d’asta. […]
Le riferite censure, a parere del Collegio, non colgono nel segno.
In verità, sia il bando che il disciplinare, e analogamente il capitolato, come si evince dalla rassegna delle disposizioni trascritte nella parte in fatto della presente decisione, enucleano e distinguono chiaramente all’interno dell’importo complessivo dell’appalto le componenti di costo ribassabili (riferite al servizio di mensa scolastica per € 37.112,60) da quelle non ribassabili (gli oneri per la sicurezza nella misura di € 1.000,00 e i costi della manodopera per l’importo stimato di € 223.566,85), pur prevedendo che il ribasso sia espresso in termini percentuali sull’importo posto a base d’appalto comprensivo dei costi della manodopera.
Tale soluzione, solo in apparenza distonica rispetto alla natura non ribassabile dei costi della manodopera, è in realtà conforme all’impianto generale della norma di rango primario, posto che l’art. 41, comma 14, del nuovo Codice dei contratti pubblici, se da un lato afferma che i “costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso” (cosa che è stata puntualmente fatta nella formulazione dei documenti della gara per cui è controversia), dall’altro consente comunque all’operatore economico “di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Pertanto, contrariamente a quanto assunto dalla ricorrente con i primi due motivi, la non “ribassabilità” dei costi della manodopera, normativamente prevista, non impone implicitamente anche lo scorporo di questi ultimi dalla base d’asta né tale opzione è stata concretamente assunta dalla lex specialis, visto che l’importo a base d’asta è fissato espressamente tanto dal punto 10 del bando quanto dal punto 12 del disciplinare in € 260.679,45, con la precisazione che “L’importo a base di gara comprende i costi della manodopera che la stazione appaltante ha stimato pari ad € 223.566,85”.

Clausola sociale , costo della manodopera e CCNL applicabile

Consiglio di Stato, sez. V, 20.10.2023 n. 9119

Va premesso che la valutazione di anomalia dell’offerta costituisce tipica espressione della discrezionalità tecnica di cui l’amministrazione è titolare per il conseguimento e la cura dell’interesse pubblico ad essa affidato dalla legge; detta valutazione è di norma sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che sia manifestamente inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, illogicità, arbitrarietà o travisamento dei fatti; in altri termini, il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni operate dalla stazione appaltante in ordine al giudizio di anomalia dell’offerta non può estendersi oltre l’apprezzamento della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, nonché della congruità della relativa istruttoria, essendo preclusa all’organo giurisdizionale la possibilità di svolgere (autonomamente o a mezzo di consulenti tecnici) una verifica circa la sussistenza, o meno, dell’anomalia, trattandosi di questione riservata alla esclusiva valutazione tecnica dell’amministrazione; laddove pertanto le valutazioni dell’amministrazione in ordine alla congruità dell’offerta, pur in ipotesi opinabili, siano tuttavia motivate sotto il profilo tecnico e fondate su dati, anche statistici, non manifestamente errati né travisati, non può che concludersi per il rigetto della relativa impugnazione (in termini, da ultimo, Cons. Stato, V, 1 marzo 2023, n. 2170).
In tale contesto, l’appellante critica la mancata valorizzazione della statistica aziendale nella valutazione del costo del lavoro (con riguardo ai minori oneri sostenuti per malattie, infortuni e maternità, nonché per permessi sindacali e diritto allo studio), ma l’argomento non tiene conto dell’impegno del raggruppamento stesso ad assumere il personale uscente (tutti i 102 lavoratori), con la conseguenza che non può attribuirsi rilevanza al calcolo del costo del lavoro riferito a maestranze che non potranno essere impiegate nell’appalto. Ne deriva che il costo delle sostituzioni deve essere necessariamente basato sul dato storico dell’impresa uscente. Né l’appellante ha spiegato in modo convincente come intenderebbe armonizzare l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente con l’organizzazione di impresa prescelta, cui si attribuiscono minori impatti di costo e maggiore efficienza organizzativa.
Pertanto, seppure è vero che i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta (di talché l’eventuale scostamento delle voci di costo non legittima un giudizio di anomalia), può tuttavia dubitarsi della congruità dell’offerta allorché la discordanza con le predette tabelle sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla stregua di una valutazione globale e sintetica (Cons. Stato, III, 11 ottobre 2021, n. 6818; IV, 16 novembre 2022, n. 10071).
Nella fattispecie controversa le discordanze dalle tabelle non risultano giustificate sulla base di una puntuale e rigorosa dimostrazione, con la conseguenza che il costo della manodopera esposto appare obiettivamente sottostimato.
Quanto ai buoni pasto, il profilo di maggiore rilievo consiste nel fatto che gli stessi non sono stati espressamente indicati nell’offerta economica, benché il capitolato d’oneri ne prevedesse la corresponsione ai lavoratori alla stregua di costo del lavoro.
Per quanto concerne la (in)coerenza dell’offerta economica con il nuovo CCNL, l’appellante non ne contesta la conoscenza/conoscibilità anche prima della data di entrata in vigore e non può trascurarsi il rilievo delle sopravvenienze, atteso che è il nuovo contratto collettivo a trovare applicazione nella fase di esecuzione del contratto (Cons. Stato, V, 24 marzo 2020, n. 2056).

Costi della manodopera e DURC di congruità : a cosa serve

Consiglio di Stato, sez. V, 01.09.2023 n. 8128

Con un terzo mezzo, l’appellante ripropone “le ulteriori doglianze articolate in primo grado avverso gli illogici e irragionevoli rilievi critici svolti nel provvedimento espulsivo impugnato, al fine di dimostrare ulteriormente la piena congruità del “costo della manodopera” indicato ai sensi della relativa disciplina”, precisando che “a fronte del predetto obiettivo accertamento del rispetto dei valori indicati nelle tabelle ministeriali di riferimento, si rivelano inconferenti e pretestuosi gli ulteriori rilievi mossi nel verbale n. 5 da parte del RUP/Seggio di gara”.

Ribadisce, in particolare – arricchendo ed integrando, in sostanza, le critiche già formulate con il primo motivo –che i costi indicati nella propria offerta sarebbero stati “coerenti (oltre che con le citate tabelle ministeriali) pure con la percentuale di incidenza minima della manodopera sul valore dell’opera, definita dalle Associazioni nazionali del settore edile (c.d. DURC di congruità dell’incidenza della manodopera introdotto dall’art. 8, co. 10-bis, d.l. n. 76 del 16.7.2020 e s.m.i.) […]

4.1.- Il motivo è infondato.

Come è noto, il DURC di congruità individua la percentuale di incidenza minima del costo della manodopera, ovvero quella soglia al di sotto della quale scatta la presunzione di non congruità dei costi del personale. Non vale, peraltro, la reciproca: sicché, al di sopra della soglia così individuata, il costo della manodopera debba ritenersi automaticamente e per ciò solo congruo.

Resta, per tal via fermo, dovendosi sul punto ribadire le conclusioni rese in ordine al primo motivo di appello, che – di là dal prospettato rispetto formale delle percentuali di incidenza indicate nel c.d. DURC di congruità – l’appellante non è stata in grado di fornire puntuale, adeguata e circostanziata dimostrazione delle modalità (e delle condizioni) per poter conseguire una effettiva riduzione delle ore lavorate, tale da incidere, in guisa rilevante, sui costi da sostenere per il personale da utilizzare nella esecuzione della commessa.