Interdittiva antimafia – Rapporti di parentela – Rilevanza – Presupposti (Art. 38 d.lgs. n. 163/2006 – art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 10.08.2016 n. 3566

In coerenza con i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Sezione (v. per tutte le sentenze Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743; 26 giugno 2016, n. 2683; 20 luglio 2016, n. 3299), il Collegio rileva che nella specie si è in presenza di specifici circostanze giustificative della contestata interdittiva, poiché:
– l’interdittiva antimafia è una misura volta – ad un tempo – alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione e comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore – pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione – meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti «affidabile») e possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge;
l’Amministrazione ben può dare rilievo anche ad un rapporto di parentela, «laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere … che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto» (in tal senso, v. la sentenza n. 2683 del 2016, secondo cui «nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una ‘influenza reciproca’ di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza» (come può ritenersi ragionevolmente nella specie, tra l’amministratrice della società ed il suo genitore, nel quadro circostanziale sopra descritto).
Contrariamente a quanto si desume dalla sentenza impugnata, «l’impresa che intenda intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione – fondati sulla affidabilità necessaria ex lege – deve essere vigile e responsabile nella selezione dei dipendenti di cui si avvale» (in tal senso, Cons, Stato, Sez. III, 20 luglio 2016, n. 3299, § 7.2.).

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