Consiglio di Stato, sez. V, 10.08.2016 n. 3573
L’art. 140, d.lgs. 163/2006 consente lo scorrimento della graduatoria anche nel caso di risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo. Quest’ultima norma prevede che si giunga alla risoluzione in ragione di un procedimento articolato in più fasi: a) contestazione degli addebiti all’appaltatore, con assegnazione di un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento; b) acquisizione e valutate delle predette controdeduzioni; c) risoluzione del contratto. Si tratta all’evidenza dell’esercizio di un potere dell’amministrazione strettamente vincolato alle dette scansioni procedimentali e che deve poggiare sui citati motivi. Al riguardo, va rammentato come la Suprema Corte abbia chiarito la differenza tra il suddetto rimedio ed il recesso espressione di un diritto potestativo. Così Cass. civ., Sez. I, 13 ottobre 2014, n. 21595: “La previsione del previgente art. 340, all. E, L. n. 2248/ 1865 (oggi art. 136 del D.Lgs. n. 163/2006) che consente alla p.a. di risolvere il contratto qualora l’appaltatore sia colpevole di frode o grave negligenza, si configura come rimedio d’inadempimento disposto in via autoritativa dalla p.a. e si differenzia dal recesso contemplato dall’art. 354 della medesima legge n. 2248 (oggi, art. 134 del D.Lgs. n. 163/2006) che, pur comportando anch’esso lo scioglimento del rapporto per volontà unilaterale dell’Amministrazione, costituisce espressione di un diritto potestativo il cui esercizio non postula la sussistenza di particolari condizioni ma può aver luogo in qualsiasi momento, senza che assumano rilievo i motivi che lo hanno determinato, richiedendosi soltanto, a tal fine, la corresponsione di un indennizzo in favore dell’appaltatore”.
Una volta conclusosi il procedimento in questione ai sensi del citato art. 140, l’amministrazione può procedere all’interpello a partire dal soggetto che ha formulato la prima migliore offerta. L’affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede in offerta. (…)
Quanto, infine, al mantenimento delle condizioni di esecuzione del contratto esistenti nel momento in cui si verifica una delle situazioni tassativamente previste dall’art. 140 del d.l.vo 2006 n. 163, l’appello punta a sottolineare la marginalità delle stesse ed a giustificarle in ragione del ridotto periodo di esecuzione delle prestazioni. La possibilità dell’amministrazione di esercitare uno jus variandi rispetto alle condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede di offerta risulta inammissibile alla luce del testo dell’art. 140, d.lgs. 163/2006 (cfr. Cons. St., Sez. III, 13 gennaio 2016, n. 76). Come ha già avuto modo di chiarire questa Sezione, infatti, la norma sancita dall’art. 140 D.Lgs. n. 163/2006 (Codice degli appalti), alla stregua di una esegesi orientata al rispetto delle regole europee: disvela la sua natura eccezionale; è soggetta a regole di stretta interpretazione; può trovare applicazione solo quando sia possibile stipulare con l’imprenditore che ha presentato la seconda migliore offerta un contratto avente lo stesso contenuto di quello concluso con l’aggiudicatario originale e poi risolto (cfr. Cons. St., Sez. V, 30 novembre 2015, n. 5404). Pertanto, il principio della immodificabilità delle originarie condizioni contrattuali innanzi espresso non lascia spazio alcuno al riconoscimento degli oneri di frammentazione, miranti a compensare l’impresa subentrante per i maggiori costi che derivano dall’eseguire una prestazione già in parte eseguita rispetto all’originaria offerta. Non deve dimenticarsi del resto che l’utilizzo dell’interpello disciplinato dalla norme in esame è espressione di facoltà discrezionale rimessa all’amministrazione, rispetto alla possibilità di bandire una nuova gara per la parte residua del servizio rimasta ineseguita e che questa facoltà non può essere utilizzata a detrimento del principio di par condicio e di elusione dell’obbligo di gara pubblica, che si realizzerebbe nel caso in cui si rimettesse all’amministrazione la libertà di rinegoziare senza vincolo di gara le migliori condizioni contrattuali cristallizzate all’esito della procedura di evidenza pubblica—
Consiglio di Stato, sez. V, 10.08.2016 n. 3578
Non è revocabile in dubbio che la procedura d’interpello, promossa sua sponte dalla stazione appaltante nei casi previsti dall’art. 140 d.lgs. n. 163/2006, rientri nel genus delle procedure d’affidamento.
La specificità della procedura riposa sul fatto che vengono interpellati esclusivamente i soggetti utilmente collocati nella originaria graduatoria di gara e l’aggiudicatario, all’esito dell’interpello, deve completare i lavori alle medesime condizioni offerte dall’originario aggiudicatario poi dichiarato fallito o destinatario di una procedura liquidatoria ostativa al completamento dei lavori.
Conseguentemente l’affidamento obbedisce alle medesime norme che governano le procedure di gara che, per inemendabili ragioni di ordine pubblico generale (ed economico), definiscono le cause soggettive ostative alla partecipazione alle procedure d’affidamento, fra le quali, per l’appunto, l’art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 163/2006, correttamente applicato dalla stazione appaltante.
RISORSE CORRELATE
- Scorrimento della graduatoria in alternativa all' indizione di una nuova gara
- Interpello - Sub procedimento privo di valenza autonoma - Si inserisce nell'originaria procedura di gara - Conseguenze (art. 110 d.lgs. n. 50/2016)
- Fallimento dell’esecutore o risoluzione del contratto - Interpello - Concorrenti che seguono in graduatoria - Verifica sul possesso dei requisiti - Continuità - Deve sussistere dalla data di presentazione dell'offerta fino a tutto il periodo dell'esecuzione - Vale anche per la fase precedente all'interpello (Art. 140)
- Art. 140. Procedure di affidamento in caso di fallimento dell'esecutore o risoluzione del contratto