Consiglio di Stato, Sez. III, 05.10.2016 n. 4121
6.1. Nel riesaminare funditus la questione controversa, la Sezione ritiene decisiva la portata letterale dell’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, che si inserisce in un quadro sistematico organico e coerente.
6.1.1. Quale disposizione che regola una «fattispecie procedimentalmente complessa», infatti, l’art. 86, comma 2:
– non riguarda di per sé l’efficacia temporale della misura interdittiva che constata il pericolo della infiltrazione e, dunque, neppure riguarda l’ambito dei doveri della Prefettura dopo il decorso dell’anno dalla sua emanazione;
– del tutto diversamente l’art. 86, comma 2, disciplina invece l’ambito dei doveri delle pubbliche amministrazioni e degli enti di cui all’art. 83, i quali – in base al comma 2, quando sia comunque decorso un anno dalla acquisizione dell’informativa – devono nuovamente acquisire la documentazione antimafia, prima di emanare uno degli atti elencati dai commi 1 e 2 dell’art. 67 (come richiamati dal medesimo art. 83, comma 1), e quindi richiedere al Prefetto una nuova informativa che, come si dirà, è pienamente legittima, anche se richiami i soli elementi di quella precedentemente emessa, confermando il pericolo di infiltrazione mafiosa, laddove non sopravvengano elementi nuovi.
6.2. Va infatti rimarcato, sotto il profilo letterale, che l’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011 ha riferito la rilevanza del termine di dodici mesi non alla data di «emanazione» della interdittiva che rileva il pericolo della infiltrazione (e, cioè, ad un’unica data, di cui dovrebbero tenere conto i soggetti indicati nell’art. 83, commi 1 e 2), ma alla data di «acquisizione» della interdittiva, da parte dei medesimi soggetti, data che ben può variare e comunque non può essere unica in presenza di diverse amministrazioni che la richiedano, e ricevano, non contestualmente (si pensi, ad esempio, a diverse gare, svolte e concluse in diversi periodi, o all’erogazione di contributi a sostegno di numerose aziende agricole).
6.2.1. Occorre tener presente, per altro verso, che a seguito dell’emanazione della misura interdittiva i conseguenti atti applicativi possono essere emanati dalle singole amministrazioni, specialmente in procedure particolarmente complesse, anche a distanza di molto tempo dall’acquisizione della informazione antimafia, sicché anche sotto tale profilo appare chiara e, invero, ragionevole la previsione secondo cui la stessa efficacia nel tempo dell’informativa ricevuta dalla singola amministrazione richiedente dipende, in riferimento ad essa e solo in riferimento ad essa, dalla data in cui essa l’ha acquisita.
6.3. In altri termini, sotto il profilo letterale, l’art. 86, comma 2:
a) non si riferisce ai doveri della Prefettura ed alla durata delle sue misure ad effetto interdittivo che, dunque, hanno efficacia tendenzialmente indeterminata nel tempo, salvo quanto si dirà appresso circa gli elementi sopravvenuti;
b) impone, invece, ai medesimi soggetti di applicare l’art. 83, cioè di acquisire la documentazione antimafia, anche dopo il decorso dell’anno dalla sua emanazione;
c) va inteso nel senso che il termine di dodici mesi, ivi previsto, per ciascuno degli soggetti destinatari comincia a decorrere dalla formale «acquisizione», singulatim, dell’informazione antimafia, con la conseguenza giuridica che – decorsi dodici mesi da essa – gli stessi soggetti devono nuovamente attivarsi ai sensi dell’art. 83;
d) il Prefetto, laddove richiesto dai soggetti di cui all’art. 83 di rilasciare una nuova informazione antimafia trascorso l’anno, potrà (e dovrà) legittimamente limitarsi ad emetterla richiamando quella precedentemente emessa, recependone i contenuti, laddove non sopraggiungano elementi nuovi capaci di modificare o superare, nell’attualità, i fatti posti a base della precedente.
7. Proprio riconnettendosi all’ultima delle considerazioni sopra svolte, già di per sé decisive per respingere le censure dell’appellante, ritiene la Sezione che comunque si possa richiamare la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, che – sia pure sulla base di una diversa ratio decidendi – ha già evidenziato che col decorso dell’anno non perde efficacia la misura interdittiva che rileva il pericolo di condizionamento mafioso.
7.1. Come si è più volte evidenziato (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 30 dicembre 2011, n. 7002; Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2012, n. 292; Cons. St., sez. V, 1° ottobre 2015, n. 4602), e tralasciando per ora i dubbi adombrati nel citato obiter dictum, la limitazione temporale di efficacia dell’interdittiva antimafia, prevista dall’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, deve intendersi riferita ai casi nei quali sia attestata «l’assenza di pericolo di infiltrazione mafiosa, e non già ai riscontri indicativi del pericolo, i quali ultimi conservano la loro valenza anche oltre il termine indicato nella norma».
7.1.1. L’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 252 del 1998 (la cui disposizione è stata poi riportata nell’art. 86, commi 1 e 2 del d. lgs. n. 159 del 2011) deve intendersi riferito, infatti, ai casi di documentazioni che attestino l’assenza di pericolo di infiltrazione mafiosa – cc.dd. informative negative – e non già ai riscontri indicativi del pericolo, i quali ultimi conservano la loro valenza anche oltre il termine indicato nella disposizione (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2014, n. 292).
7.2. La sopravvenienza di fatti favorevoli all’imprenditore, come meglio si dirà, impone all’Amministrazione di verificare nuovamente se persistano ragioni di sicurezza e di ordine pubblico tali da prevalere sull’iniziativa e sulla libertà di impresa del soggetto inciso.
7.3. L’attualità degli elementi indizianti, da cui trarre la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa, permane tuttavia inalterata fino al sopraggiungere di fatti nuovi ed ulteriori rispetto ad una precedente valutazione di presenza di tentativi siffatti, che evidenzino il venir meno della situazione di pericolo.
7.4. Il superamento del rischio di inquinamento mafioso è da ricondursi non tanto al trascorrere del tempo dall’ultima verifica effettuata senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, bensì «al sopraggiungere di fatti positivi che persuasivamente e fattivamente introducano elementi di inattendibilità della situazione rilevata in precedenza» (così la citata sentenza di questo Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2014, n. 292).
7.5. Tale ratio decidendi, come ha ulteriormente chiarito la sentenza della sez. V, 1° ottobre 2015, n. 4602, trova conforto anche in argomenti di tipo letterale e teleologico:
– in primo luogo (e come si è osservato sopra, amplius, nei precedenti §§ 6.1., 6.2. e 6.3.), sul piano letterale, nella decorrenza del termine di efficacia prevista dall’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, individuata dal legislatore nell’«acquisizione» dell’informativa da parte delle Amministrazioni e, dunque, ad un evento non riferibile all’epoca degli accertamenti sulla base dei quali è stata emessa l’informativa, ma alla conoscenza che di essi hanno avuto successivamente le Amministrazioni tenute ad applicare il divieto di contrarre sancito dall’art. 94 del d. lgs. n. 159 del 2011;
– in secondo luogo, ancora sul piano letterale, dalla clausola rebus sic stantibus prevista sempre dall’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, in relazione ai casi di modificazioni degli assetti societari e gestionali dell’impresa, in ipotesi capaci di modificare la valutazione alla base dell’informativa emessa dalla Prefettura;
– in terzo luogo, sul piano teleologico, nella piena coerenza dell’efficacia temporale illimitata, salve successive modifiche, dell’interdittiva con la finalità preventiva delle informative antimafia, finalità che, con il conseguente obiettivo di contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel settore degli appalti pubblici, non tollera evidentemente limitazioni e interruzioni temporali.
7.6. A tale riguardo deve infatti precisarsi che la valutazione del rischio infiltrativo già effettuata dalla Prefettura sulla base di elementi sintomatici, pur dovendo tenere conto, nel fluire del tempo, degli elementi sopravvenuti, non può conoscere soluzione di continuità che non dipenda da fatti nuovi, di segno contrario, oggettivamente capaci di rendere irrilevanti e di rendere, essi sì, inefficace il significato indiziario degli elementi sintomatici valorizzati dall’originaria informativa anche dopo la scadenza del termine annuale.
7.7. In questa prospettiva, come pure la costante giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito (Cons. St., sez. III, 24 luglio 2015, n. 3563), l’informativa antimafia può legittimamente fondarsi, oltre che sui fatti recenti, anche su fatti più risalenti nel tempo, quando gli elementi raccolti dalla Prefettura in passato, e ribaditi anche in altri elementi probatori acquisiti, siano sintomatici di un condizionamento attuale nell’attività di impresa.
8. L’orientamento di questa Sezione sulla perdurante efficacia della misura interdittiva anche dopo il decorso dell’anno dalla sua emanazione si deve dunque ritenere corroborato da quanto esposto dal Collegio nei precedenti §§ 6.1., 6.2. e 6.3. e va ribadito anche in considerazione dei seguenti ulteriori argomenti di tenore sistematico.
8.1. La persistente rilevanza degli elementi indiziari posti a base dell’informativa affermata dalla giurisprudenza, anche dopo il decorso il termine annuale previsto dall’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, non è l’effetto di una non prevista ultrattività dell’informativa positiva, a differenza di quella c.d. negativa (o liberatoria), né tantomeno il frutto di una non consentita interpretazione in malam partem, come pure si è ritenuto, ma l’oggetto di una precisa disposizione normativa e, in particolare, dell’art. 91, comma 5, dello stesso d. lgs. n. 159 del 2011, per il quale «il Prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa».
8.2. Tale disposizione ha evidentemente considerato che gli elementi posti a base dell’informativa antimafia ad effetto interdittivo non ‘scadono’ certo per il decorso del termine annuale, in quanto l’aggiornamento ‘liberatorio’ dell’informativa può esservi solo quando essi perdano la loro rilevanza indiziaria del pericolo di infiltrazione.
8.3. Sarebbe del resto irragionevole e contrario alla ratio della normativa antimafia sostenere che elementi di consistente gravità, quali ad esempio l’assidua frequentazione, nel tempo, di soggetti pregiudicati o l’altrettanto costante collaborazione economica dell’impresa con la mafia o, addirittura, la presenza di soggetti controindicati nelle cariche societarie, perdano la loro efficacia indiziante solo perché l’informativa sia ‘scaduta’ decorso l’anno dalla sua emanazione.
8.4. Il «venir meno delle circostanze rilevanti» di cui all’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011, come la Sezione ha più volte chiarito nella propria giurisprudenza, non dipende perciò dal mero trascorrere del tempo, in sé, ma dal sopraggiungere di obiettivi elementi diversi o contrari che ne facciano venir meno la portata sintomatica (o perché ne controbilanciano, smentiscono e in ogni caso superano la valenza sintomatica o perché ne rendono remoto, e certamente non più attuale, il pericolo).
8.5. Tenuto conto del testo e della ratio delle disposizioni sopra richiamate, pur dopo il decorso del termine di un anno dall’emanazione di un precedente atto ad effetto interdittivo, il Prefetto ben potrà e, anzi, dovrà emettere una ulteriore informativa positiva, ad effetto, cioè, interdittivo, ove non siano venute meno le circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento del tentativo di infiltrazione mafiosa, salvo sempre il potere/dovere di riesaminare i fatti nuovi, in sede di aggiornamento, anche su documentata richiesta dal soggetto interessato, come prevede l’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011.
8.5.1. Ad avviso del Collegio, tale lettura del dato normativo non pone alcuna iniqua discriminazione, in malam partem, rispetto all’informativa negativa, c.d. liberatoria, la cui efficacia non può che essere pari temporalmente ad un anno.
8.5.2. Proprio in base allo schema procedimentale dell’art. 86, comma 2, sopra descritto, nei §§ 6.1., 6.2. e 6.3., le amministrazioni di cui all’art. 83 devono comunque richiedere al Prefetto, trascorso l’anno dall’acquisizione, una nuova informativa che, viceversa, non potrà che essere positiva, laddove il Prefetto, nel rilasciarla, pervenga in sede di aggiornamento a conoscenza di fatti nuovi o anche precedenti, ma non noti, che giustifichino nell’attualità, secondo la logica del ‘più probabile che non’, il pericolo di infiltrazione mafiosa.
8.6. Il bilanciamento tra i valori costituzionali rilevanti in materia – l’esigenza, da un lato, di preservare i rapporti economici tra lo Stato e i privati dalle infiltrazioni mafiose in attuazione del superiore principio di legalità sostanziale e, dall’altro, la libertà di impresa – trova proprio nella previsione dell’aggiornamento, ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011, un punto di equilibrio fondamentale, sia in senso favorevole che sfavorevole all’impresa, poiché impone all’autorità prefettizia di considerare i fatti nuovi, laddove sopravvenuti, o anche precedenti – se non noti – e consente all’interessato di rappresentarli all’autorità stessa, laddove da questa non conosciuti.
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