Archivi tag: socio unico

Obbligo dichiarativi : non estensibili al socio unico persona giuridica della società concorrente

Consiglio di Stato, sez. V, 07.09.2022 n. 7795

È orientamento consolidato, dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, quello per cui la disposizione dell’art. 80, comma 3, d. lgs. n. 50/2016 non è riferita o riferibile al socio unico persona giuridica (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2020, n. 5782).
Sebbene, infatti, parte della giurisprudenza, nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, avesse ritenuto di estendere l’obbligo dichiarativo al socio di maggioranza persona giuridica della società offerente (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 975; Id., sez. V, 23 giugno 2016, n. 2813), invece per il socio unico (tranne che nell’isolato precedente di Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2017, n. 3178) era prevalente l’orientamento che limitava l’obbligo dichiarativo al socio unico persona fisica (sin da Cons. Stato, sez. V, 27 agosto 2014, n. 4372, cui adde Cons. Stato, sez. III, 21 luglio 2017, n. 3619).
Tale limitazione è stata ribadita anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 80, comma 3, dell’attuale Codice dei contratti pubblici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 novembre 2019, n. 7922) ed è, invero, da preferire, in ragione della lettera della disposizione, da intendersi di stretta interpretazione.
In coerenza con il principio di tassatività delle cause di esclusione e con l’inequivoca portata della disposizione dell’art. 80, va, per tal via, ribadito che, qualora il socio non rientri nell’ambito soggettivo individuato dal terzo comma dell’art. 80, non è obbligato a rendere alcuna dichiarazione neppure ai fini di cui al comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, “dovendosi ritenere che la presenza di eventuali “gravi illeciti professionali” possa assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara solamente quando gli stessi siano riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del medesimo decreto” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2019, n. 2279).

Esclusione per gravi illeciti professionali del socio sovrano – Contagio della società concorrente (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 27.11.2020 n. 7471

E’ ritenuto “socio sovrano” il socio persona fisica o società che detiene la larga maggioranza del capitale di una società; dunque il socio che in una società in cui vige il principio maggioritario, avendo il dominio dell’assemblea ordinaria e straordinaria, ha il potere di nomina esclusiva degli amministratori e dei sindaci e può decidere le modifiche dell’atto costitutivo e determinare le decisioni più rilevanti. Svolge, quindi, per effetto della propria partecipazione di maggioranza, un ruolo dominante all’interno della compagine societaria, determinando e condizionando, con scelte personali, l’attività della società.
“Il socio di società di capitali che partecipi al capitale sociale in una misura capace di assicurargli la maggioranza richiesta per la validità delle deliberazioni assembleari (in sede ordinaria e straordinaria), sicchè, in concreto, dalla sua volontà finiscono per dipendere la nomina e la revoca degli amministratori, l’irrogazione delle sanzioni disciplinari, l’assunzione di lavoratori e il loro licenziamento, l’esercizio del potere direttivo e di controllo sul personale, si presenta come l’effettivo e solo titolare del potere gestionale, si da risultare vero e proprio “sovrano” della società stessa” (Cass. civ., sez. lavoro, 5 maggio 1998, n. 4532).
Il socio sovrano non si limita ad esercitare i diritti amministrativi e patrimoniali che derivano dalla sua partecipazione sociale, ma utilizza il potere in godimento per impartire direttive agli amministratori della società e, dunque, per esercitare il potere di governo della stessa.
Qualora dall’esercizio delle sue prerogative consegua una violazione dei principi del diritto societario o derivino danni alla società, la giurisprudenza ammette la possibilità di utilizzare l’art. 2497 cc., potendosi configurare la fattispecie di responsabilità da abuso della personalità giuridica che deriva dalla direzione unitaria della società, nonché l’art. 2476 c.c., fattispecie di responsabilità in cui incorre il soggetto che, con la sua azione dolosa o colposa, provoca danni nell’amministrazione della società.
Sono entrambe azioni di responsabilità risarcitoria per danni provocati alla società, non potendo al socio sovrano di una società di capitali essere imputata alcuna forma di responsabilità patrimoniale.
“La circostanza che un socio disponga, direttamente e/o indirettamente – nella specie attraverso un’Anstalt dal medesimo fondata – dell’intero capitale sociale di una società di capitale, non comporta la confusione del patrimonio personale del primo con quello della seconda, e perciò i creditori dell’uno, pur se socio sovrano o tiranno, non possono aggredire i beni dell’altra, sottraendoli alla loro primaria funzione di garanzia dell’adempimento delle obbligazioni sociali. Invece, proprio per rafforzare questa funzione, a norma dell’art. 2497 secondo comma, cod. civ., nella formulazione previgente a quella introdotta dall’art. 7 del DLG 3 marzo 1993 n. 88, nel caso di insolvenza di una società a responsabilità limitata, per le obbligazioni sorte nel periodo in cui le quote sociali siano appartenute ad un solo socio, questi ne rispondeva illimitatamente con il suo patrimonio” (Cass. Civ., sez. II, 16 novembre 2000, n. 14870).
“È configurabile una holding di tipo personale allorquando una persona fisica, che sia a capo di più società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l’indirizzo, il controllo ed il coordinamento delle società medesime, non limitandosi, così, al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio … non sussiste incompatibilità tra la contemporanea sussistenza di un holder persona fisica e una società capogruppo delle società dirette dal primo: si tratta di una possibile coesistenza sia fenomenica (attenendo a due assetti organizzativi che possono emergere in fatto accanto alla regolazione formale dell’assetto giuridico-societario), sia giuridico-valoriale (ciascuna entità essendo esposta a regole di responsabilità proprie di comparti non di per sé sovrapponibili)” (Cass. Civ., sez. I, 27 gennaio 2017, n. 5520).
Il socio sovrano può, dunque, esercitare, di fatto, l’amministrazione delle società del gruppo.
Da tanto consegue che è sicuramente riconosciuta la facoltà della stazione appaltante di desumere il compimento di “gravi illeciti” da ogni vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico (qui da intendersi complessivamente inteso, dunque anche in conseguenza degli illeciti del socio sovrano) di cui sia accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 ottobre 2020, n. 5967; 14 aprile 2020, n. 2389). E per giurisprudenza costante, spetta alla stazione appaltante, nell’esercizio di ampia discrezionalità, apprezzare autonomamente le pregresse vicende professionali dell’operatore economico, persino se non abbiano dato luogo ad un provvedimento di condanna in sede penale o civile, perché essa sola può fissare il “punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente” (Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2020, n. 4100; 6 aprile 2020, n. 2260; 17 settembre 2018, n. 5424; Cass. civ., Sez. Unite, 17 febbraio 2012, n. 2312).
L’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 rimette alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un “grave illecito professionale”, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo, le quali, dunque, hanno carattere meramente esemplificativo.
Né può esservi differenziazione tra condotta riprovevole del socio persona fisica e quella della società. Ed invero, ai fini della ricorrenza del grave illecito professionale, occorre avere riguardo a tutti coloro che sono in grado di orientare le scelte del concorrente e non rileva di per sé il principio di immedesimazione organica, destinato ad operare propriamente nell’ambito negoziale come modalità di imputazione all’ente della volontà manifestata dalla persona fisica cui ne è affidata la rappresentanza, quanto, piuttosto, l’altro principio già definito del “contagio” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 2018, n. 6866). “Secondo siffatta impostazione se la persona fisica che nella compagine sociale riveste un ruolo influente per le scelte della società, anche al di là di un’investitura formale e, dunque, anche se in via di fatto, è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni” (Cons. Stato, sez. V, 4 giugno 2020, n. 3507).
“È configurabile una holding di tipo personale allorquando una persona fisica, che sia a capo di più società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l’indirizzo, il controllo ed il coordinamento delle società medesime, non limitandosi, così, al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio. A tal fine è necessario che la suddetta attività, di sola gestione del gruppo (cosiddetta holding pura), ovvero anche di natura ausiliaria o finanziaria (cosiddetta holding operativa), si esplichi in atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio, fonte, quindi, di responsabilità diretta del loro autore, e presenti altresì obiettiva attitudine a perseguire utili risultati economici, per il gruppo e le sue componenti, causalmente ricollegabili all’attività medesima” (Cass. civ., Sez. Unite, 29 novembre 2006, n. 25275).
Le precedenti considerazioni ricevono conferma dall’interpretazione dell’art. 57 della direttiva 2014/24/UE, che, nella sostanza, riproduce il testo del previgente art. 45 della direttiva 2004/18, secondo cui le cause di esclusione dell’operatore economico rilevano anche nel caso in cui coinvolgano un membro del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza di tale soggetto o una persona avente poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo dello stesso.

1) Socio persona giuridica – Obbligo dichiarazioni – Non sussiste; 2) Fattispecie tipiche di esclusione – Gravi illeciti professionali – Differenze (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 02.10.2020 n. 5782

5.1. Nel caso di specie, mancano, in primo luogo, i presupposti di legge per la sussistenza di un obbligo dichiarativo dal punto di vista soggettivo.
L’art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede infatti l’obbligo dichiarativo per precedenti penali nei confronti “del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi institori e procuratori generali, dei membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con numero di soci pari o inferiore a 4, se si tratta di altro tipo di società o consorzio”, precisando che “in ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara […]”.
L’obbligo dichiarativo in contestazione nel presente giudizio è riferito a soggetto che:
– attualmente (alla data del bando e della scadenza del termine di presentazione delle offerte) è legale rappresentante del socio unico persona giuridica di -Omissis-;
– all’epoca dei fatti contestati in sede penale era legale rappresentante di -Omissis-, poi divenuta -Omissis-, ma è cessato dalla carica ben prima dell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara.
Non erano dunque sussistenti i presupposti per assoggettare anche il socio unico di -Omissis- all’obbligo dichiarativo.
La disposizione dell’art. 80, comma 3, non è riferita o riferibile al socio unico persona giuridica.
Sebbene infatti parte della giurisprudenza nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006 abbia ritenuto di estendere l’obbligo dichiarativo al socio di maggioranza persona giuridica della società offerente (cfr. Cons. Stato, III, 2 marzo 2017, n. 975; id., V, 23 giugno 2016, n. 2813), invece per il socio unico (tranne che nell’isolato precedente di Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2017, n. 3178) era prevalente l’orientamento che limitava l’obbligo dichiarativo al socio unico persona fisica (sin da Cons. Stato, V, 27 agosto 2014, n. 4372, cui adde Cons. Stato, III, 21 luglio 2017, n. 3619). Tale limitazione è stata ribadita anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 80, comma 3, dell’attuale Codice dei contratti pubblici (cfr. Cons. Stato, V, 20 novembre 2019, n. 7922) ed è qui preferita in ragione della lettera della disposizione, da intendersi di stretta interpretazione.
In coerenza con il principio di tassatività delle cause di esclusione e con l’inequivoca portata della disposizione dell’art. 80, questa Sezione ha già affermato che qualora il socio non rientri nell’ambito soggettivo individuato dal terzo comma dell’art. 80, non è obbligato a rendere alcuna dichiarazione neppure ai fini di cui al comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, “dovendosi ritenere che la presenza di eventuali “gravi illeciti professionali” possa assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara solamente quando gli stessi siano riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del medesimo decreto” (così testualmente Cons. Stato, V, 8 aprile 2019, n. 2279, che ha escluso l’obbligo dichiarativo in un caso analogo al presente).
Va precisato che prova troppo l’argomento su cui si fonda la decisione di primo grado, sostenuto dall’appellata -Omissis-, secondo cui il grave illecito professionale (consistente nel rinvio a giudizio di un legale rappresentante) assumerebbe rilevanza, nel caso di specie, per il principio di immedesimazione organica. Dal momento che l’obbligo dichiarativo dei precedenti penali va riferito, ai sensi del citato art. 80, comma 3, alla condizione del soggetto nel momento in cui (deve) rende(re) la dichiarazione (quindi nel momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara), a questo momento soltanto può essere riferito il principio di immedesimazione organica, che è poi quello che sta a fondamento della norma del Codice dei contratti pubblici. Estendere l’obbligo dichiarativo, ed il correlato principio di immedesimazione organica, oltre i limiti soggettivi e temporali della disposizione comporta la violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e, così come interpretato al primo giudice, determina, come osserva l’appellante, l’ulteriore effetto paradossale -che esplicitamente la disposizione intende escludere- di sottoporre l’impresa concorrente agli effetti escludenti correlati alle condotte di un soggetto che da anni non fa più parte della governance e di ampliare l’area dell’imputabilità del fatto di reato all’ente oltre i limiti segnati dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, conseguendo i medesimi effetti che si avrebbero ove operasse la causa di esclusione automatica dell’art. 80, comma 5, lett. f), senza che l’operatore economico sia stato assoggettato alla sanzione interdittiva di cui all’art. 9, comma 2, lett. c) del detto d.lgs. n. 231 del 2001.
5.1.1. Accertata l’insussistenza dell’obbligo dichiarativo di precedenti penali alla data di presentazione della domanda da parte di – Omissis -, socio unico di – Omissis -, a nulla rileva che questa abbia allegato alla propria domanda di partecipazione una dichiarazione (in data 16 novembre 2018) riferita anche agli amministratori del socio unico persona giuridica, atteso altresì che nemmeno la legge di gara richiedeva un siffatto adempimento.
Il disciplinare di gara non contiene alcuna specifica disposizione al riguardo e, come rilevato dall’appellante, lo stesso disciplinare (par. 15) rinvia ad un modello di domanda di partecipazione allegato (al n. 1) che individua, quali soggetti tenuti alla dichiarazione ai sensi dell’art. 80, comma 3, il socio unico persona fisica e i soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando.
In un caso analogo, sia pure nel vigore dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, questa Sezione ha ritenuto che “la omessa dichiarazione di cui all’art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 da parte del socio unico persona giuridica cui è riconducibile la seconda classificata non poteva comportare la sua esclusione dalla gara in ragione, per un verso, della inequivoca previsione della legge di gara (non contestata in parte qua con il ricorso di primo grado) che ricollegava quell’obbligo esclusivamente alla persona fisica (in ossequio alla lettera della norma) e, per altro verso, del ragionevole affidamento fatto dalla concorrente su tale inequivoco contenuto della lex specialis […]” (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3599).
La rilevanza dell’affidamento ingenerato in capo ai concorrenti dal contenuto della legge di gara sull’insussistenza di un determinato obbligo è sottolineata d’altronde sia dalla giurisprudenza nazionale (cfr., oltre al precedente su citato, anche Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2875, secondo cui “In base ai principi enunciati dalla Corte di giustizia U.E. e recepiti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, deve ritenersi che, qualora l’Amministrazione abbia ingenerato in capo ai concorrenti un significativo affidamento circa la non sussistenza di un determinato obbligo … perché non richiamato nei documenti di gara, né nella predisposizione dei moduli, né sancito da una norma della legge interna, deve escludersi l’automatica esclusione dell’offerta, senza il previo esercizio del soccorso istruttorio”) che da quella della Corte di giustizia UE (cfr. Corte di Giustizia UE, 2 giugno 2016, in C-27/15, secondo cui “Il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”), richiamata dall’appellante.
5.1.2. Solo per completezza si evidenzia che il rinvio a giudizio non rientra tra le fattispecie di esclusione contemplate dall’art. 80, comma 1, cui è riferito il comma 3, essendo previsti quali causa di esclusione automatica i precedenti penali per i reati ivi elencati, accertati “con sentenza definitiva o decreto penale divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale”.

5.2. Quest’ultima constatazione consente di passare a trattare delle questioni giuridiche -affrontate nel terzo motivo di appello- del rapporto, per un verso, tra le fattispecie tipiche di esclusione dalle gare di appalto (in particolare, quelle dei citati primi tre comma dell’art.80) e la fattispecie dei “gravi illeciti professionali” di cui all’art. 80, comma 5, lett. c (nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche apportate con l’inserimento delle lettere c-bis, c-ter e c-quater); per altro verso, tra quest’ultima fattispecie e gli obblighi informativi/dichiarativi gravanti sugli operatori economici concorrenti.
5.2.1. La causa di esclusione dell’art. 80, comma 5, lett. c), ha contenuto atipico. La disposizione non predetermina -salvo che per le fattispecie attualmente enucleate sotto le lettere c-bis), c-ter) e c-quater), le prime due già contenute nell’originario testo della lettera c): cfr. Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171 sulla sostanziale irrilevanza della modifica normativa- le vicende dell’operatore economico concorrente rilevanti ai fini del giudizio di “integrità o affidabilità” e rimette all’apprezzamento della stazione appaltante la valutazione della rilevanza di quelle in concreto considerate. Indiscussa essendo oramai, anche in relazione alla precedente versione dell’art. 80, comma 5, lett. c), la portata esemplificativa dell’elencazione ivi contenuta (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V, 2 marzo 2018, n. 1299 e id., V, 24 gennaio 2019, n. 586), il dibattito giurisprudenziale ha riguardato “i mezzi adeguati” che consentono alla stazione appaltante di esercitare il proprio potere discrezionale in ordine alla verifica di tale requisito di partecipazione dei concorrenti.
In proposito si conviene con l’appellante che l’avere ancorato il parametro normativo di riferimento funzionale all’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione, se non ad un elenco tassativo di fattispecie, quanto meno al presupposto dell’adeguatezza del mezzo di prova dell’illecito costituisce presidio del principio di legalità.
Alla stessa logica risponde la previsione dell’art. 80, comma 13, che rinvia alle linee guida da adottarsi dall’ANAC la precisazione, per quanto qui rileva, dei mezzi di prova da “considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lett. c) […]”. Il rinvio a giudizio non è considerato nelle Linee guida n. 6 ANAC, come approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, aggiornate con deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017, che, quanto ai precedenti penali, hanno individuato le sentenze di condanna, anche non definitive, essendo solo questa la deroga alla previsione dell’art. 80, comma 1, prima parte.
Ancora, gli eventi relativi al rinvio a giudizio non figurano nel casellario informatico dell’ANAC.
Infine, la lex specialis non richiedeva, per la gara in contestazione, la dichiarazione dei carichi pendenti e/o dei rinvii a giudizio, nemmeno per i soggetti ricompresi nel perimetro applicativo dell’art. 80, comma 3.
5.2.2. Ciò chiarito, non si intende affatto significare -contrariamente a quanto assume la parte appellante, supportata dalla Provincia – che i provvedimenti di rinvio a giudizio siano sempre e comunque esclusi dal novero dei mezzi adeguati di cui l’amministrazione si possa avvalere per dimostrare la sussistenza di un illecito professionale, perché non contengono l’accertamento della responsabilità penale, quindi della “colpevolezza” dell’operatore economico. All’opposto va ribadito che la stazione appaltante ben può attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che per la sua gravità, sia in grado di minare l’integrità morale e professionale del concorrente: il concetto di “grave illecito professionale” ricomprende, infatti, ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa (cfr. già Cons. Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192 e la giurisprudenza successiva). Esso perciò può, in concreto, essere desunto anche da un rinvio a giudizio, ove sussistano dati di fatto o elementi a disposizione della stazione appaltante, che consentano a quest’ultima di adeguatamente motivare sulla carenza dei presupposti di affidabilità o integrità del concorrente, nei cui confronti ritenga di applicare la sanzione espulsiva.
Piuttosto, si intende sostenere che la portata dell’obbligo dichiarativo, che grava sulla singola impresa partecipante alla gara, non sempre e necessariamente va parametrato all’ampio potere discrezionale normativamente riconosciuto alla stazione appaltante in ordine alla verifica del requisito di partecipazione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c).
Poiché la gara pubblica è informata ai principi della parità di trattamento e della trasparenza, col corollario della necessaria tutela dell’affidamento che viene ingenerato nell’operatore economico concorrente, l’oggetto dell’obbligo informativo/dichiarativo va delineato, in via prioritaria, in conformità alla legge ed agli atti di soft law da questa richiamati, quali le Linee guida dell’Autorità di settore.
Né l’una né le altre impongono, come detto, l’obbligo di dichiarare la sussistenza di carichi pendenti.
5.2.3. Siffatte considerazioni trovano riscontro nell’interpretazione data da una parte della giurisprudenza amministrativa alla disposizione dell’art. 80, comma 5, lett. c (oggi c-bis), laddove prevede quale causa di esclusione l’avere “fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” ovvero l’avere “omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
Si è, in particolare, ritenuto che per integrare la causa di esclusione, le informazioni omesse avrebbero dovuto essere tra quelle iscritte nel casellario informatico dell’ANAC (cfr. Cons. Stato, III, 3 aprile 2018, n. 2063 e 12 luglio 2018, n. 4266; id. V, 4 luglio 2017 n. 3258; CGARS, 29 gennaio 2019, n. 71) ovvero si è interpretato in senso meno rigoroso il disposto dell’art. 80, comma 5, lett. c) quando le dichiarazioni omesse avevano ad oggetto fattispecie non tipizzate (cfr. Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040; id., V, 3 aprile 2018, n. 2063).
E’ noto peraltro come tale orientamento giurisprudenziale –supportato dal testo delle Linee Guida ANAC nella versione precedente l’aggiornamento del 2017- sia rimasto minoritario, essendo prevalso quello che ha ritenuto incondizionatamente doverosa la dichiarazione di episodi risolutivi di precedenti rapporti contrattuali, ancorché sub iudice, nonché la dichiarazione di condotte a rilevanza penale, che, pur non sfociate nell’adozione di provvedimenti di condanna definitivi, siano riferite ad ipotesi di reato rilevanti ai fini dell’esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 1, ovvero in considerazione dell’oggetto dell’appalto. In sintesi, si è attribuita alla disposizione in esame il significato di norma di chiusura che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787).
Sulla questione è intervenuta, da ultimo, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, la quale ha prospettato una soluzione che, pur non confutando l’orientamento giurisprudenziale prevalente, ne delimita la portata.
Infatti, con la recente sentenza 28 agosto 2020, n. 16, l’Adunanza plenaria ha chiarito che l’ipotesi dell’art. 80, comma 5, lett. c) [ora c-bis] dell’«omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione», presuppone “un obbligo il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente e il cui inadempimento giustifica invece l’esclusione. Rispetto alle esigenze di trasparenza che si pongono tra i preminenti valori giuridici che presiedono alle procedure di affidamento di contratti pubblici (art. 30, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016), l’obbligo dovrebbe essere previsto a livello normativo o dall’amministrazione, attraverso le norme speciali regolatrici della gara. Nondimeno, come ricordato dalla Sezione rimettente, deve darsi atto che è consolidato presso la giurisprudenza il convincimento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c) [ora lett. c-bis)], è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, donde il carattere esemplificativo delle ipotesi previste nelle linee-guida emanate in materia dall’ANAC, ai sensi del comma 13 del medesimo art. 80 (linee-guida n. 6 del 2016; al riguardo si rinvia al parere reso dalla commissione speciale di questo Consiglio di Stato appositamente costituita sull’ultimo aggiornamento alle più volte richiamate linee-guida: parere del 13 novembre 2018, n. 2616; § 7.1; cfr. inoltre: Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850, 12 marzo 2020, n. 1774, 12 aprile 2019, n. 2407, 12 febbraio 2020, n. 1071; VI, 4 giugno 2019, n. 3755).”. E’ però significativo che, pur dando atto della giurisprudenza maggioritaria, tra cui quella più recente espressamente richiamata, l’Adunanza plenaria abbia inteso precisare che “in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso”.
5.2.4. Orbene, applicando tali ultime coordinate ermeneutiche al caso di specie, le considerazioni svolte nel trattare del secondo e del terzo motivo di appello consentono di concludere che l’obbligo dichiarativo che si assume essere stato violato da parte di -Omissis- non avesse affatto ad oggetto una fattispecie rientrante tra quelle “evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole”, tale non potendo definirsi oggettivamente i rinvii a giudizio disposti nei confronti di soggetto diverso da quelli contemplati dall’art. 80, comma 3, per il quale la legge di gara non prevedeva alcun obbligo dichiarativo (come riconosciuto, in caso analogo, da Cons. Stato, III, 2 aprile 2020, n. 2245, che, pur confermando l’orientamento più rigoroso in tema di obblighi dichiarativi “di pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, è stata contestata una condotta contraria a norma o, comunque si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti”, ha escluso che la mancata comunicazione della pendenza di un’indagine penale sia “direttamente rilevante sulla valutazione della “grave violazione professionale””).
Quanto, poi, al profilo della consapevolezza della rilevanza dei provvedimenti di rinvio a giudizio ai fini del giudizio di affidabilità della società, non va trascurato di considerare che -Omissis- ha reso nella gara in esame una dichiarazione ex art. 80 che ricomprende numerosi fatti e vicende astrattamente rilevanti ai fini del comma 5 della disposizione, sicché è agevole ritenere che abbia confidato in buona fede sull’irrilevanza dei rinvii a giudizio di soggetto oramai cessato da ogni carica interna oltre tre anni prima dalla pubblicazione del bando (cfr. Cons. Stato, III, 18 settembre 2019, n. 6234, citata dall’appellante a dimostrazione del rilievo attribuito alla buona fede dell’operatore economico nel rendere o non rendere le “informazioni dovute”).
5.2.5. Ad ulteriore riscontro dell’insussistenza dell’obbligo dichiarativo sotto il profilo oggettivo, nel caso di specie, va dato conto del periodo di riferimento dei fatti contestati in sede penale, risalenti nel tempo, di modo che, nella prospettiva della consapevolezza (o buona fede) dell’operatore economico dichiarante (dalla quale si deve muovere per valutare la sussistenza dell’obbligo dichiarativo, piuttosto che da quella dei poteri discrezionali esercitabili dalla stazione appaltante per la valutare la sussistenza del “grave illecito professionale”), il decorso di un termine temporale ultra-triennale dall’evento che si assume costituire illecito professionale non è affatto indifferente (cfr. Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; Id., V, 3 settembre 2018, n. 5142, nonché, da ultimo, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605).

Socio di maggioranza persona giuridica: su chi ricade l’obbligo di rendere le dichiarazioni in ordine ai requisiti?

In caso di partecipazione alla gara di una società, il cui socio di maggioranza sia costituito da una persona giuridica, le dichiarazioni in ordine al possesso dei requisiti ed ai motivi di esclusione di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50/2016, dovranno essere rese anche dai soggetti muniti di poteri di rappresentanza e direzione tecnica del socio persona giuridica, oltre a quelli della società medesima.
La garanzia di moralità del concorrente che partecipa a un appalto pubblico non può limitarsi al socio persona fisica, ma deve interessare anche il socio persona giuridica per il quale il controllo ha più ragione di essere, trattandosi di società collegate in cui potrebbero annidarsi fenomeni di irregolarità elusive degli obiettivi di trasparenza perseguiti. Se lo spirito del Codice dei contratti pubblici è improntato ad assicurare legalità e trasparenza nei procedimenti degli appalti pubblici, occorre garantire l’integrità morale del concorrente sia se persona fisica che persona giuridica.
Il dato testuale della norma indica che, con riferimento al “socio di maggioranza”, il legislatore non ha incluso alcuna specificazione in relazione alla natura giuridica del socio, con la conseguenza che si avvalora l’opzione ermeneutica per la quale l’espressione testuale vale tanto per la persona fisica, quanto per la persona giuridica, in conformità ad un approccio sostanzialistico alla normativa che attribuisce rilievo ai requisiti di moralità di tutti i soggetti che condizionano la volontà degli operatori che stipulano contratti con la pubblica amministrazione, a prescindere dalla circostanza che siano persone fisiche o giuridiche, in ossequio ai principi di lealtà, correttezza, trasparenza e buona amministrazione.
Sotto questo profilo, ad orientare l’interprete, non deve esser sottovalutato l’argomento antielusivo, atteso che la locuzione “socio di maggioranza” è riferibile anche al socio di maggioranza persona giuridica e non solo persona fisica, per evitare la facile elusione della disciplina legislativa, facile elusione a maggior ragione prospettabile nella specie  in cui il socio di maggioranza ha pressoché la totalità delle quote dell’offerente.
Peraltro, a sostegno della tesi sopraindicata milita il contenuto dell’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE. Tale norma, infatti, nell’imporre l’esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici del candidato o dell’offerente che abbia riportato condanne per talune ipotesi di reato, dispone: “in funzione del diritto nazionale dello Stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente”.
Pertanto, non solo il diritto dell’Unione non osta alla verifica della sussistenza dei requisiti morali rispetto alle persone giuridiche e non solo alle persone fisiche, ma impone di effettuare il controllo ne confronti di ogni soggetto che, nella sostanza, “eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente”.
In caso contrario, verrebbe violato il principio della par condicio dei concorrenti in quanto una società concorrente con socio unico o socio di maggioranza che sia persona fisica sarebbe soggetto alla dichiarazione e non invece un concorrente che sia persona giuridica (sul punto, Consiglio di Stato, sez. V, 23.06.2016 n. 2813).
La mancata dichiarazione da parte di tali soggetti, inoltre, è passibile di essere sanzionata con l’esclusione dalla gara, non essendo sanabile mediante soccorso istruttorio 

Per completezza va ricordata anche parte della giurisprudenza che aveva invece valorizzato il dato testuale del riferimento espresso al “socio unico persona fisica”, estendendolo anche al “socio di maggioranza” in ragione della comune ratio sottesa alle due fattispecie; secondo tale orientamento sarebbe irragionevole estendere l’obbligo delle dichiarazioni al caso del socio di maggioranza persona giuridica (recte, ai soggetti investiti dei relativi poteri gestori e rappresentativi) quando la norma, per il caso di socio unico, lo richiede per la sola persona fisica (così TAR Salerno, n. 1029/2016; v. inoltre TAR Friuli Venezia Giulia, n. 345/2016; CGA Regione Siciliana, n. 179/2016; Cons. Stato, n. 303/2015; TAR Palermo, 05.11.2015, n. 2849).

    PER QUESITI O INFORMAZIONI SUI SERVIZI DI RISPOSTA RAPIDA, CONSULENZA E SUPPORTO SPECIALISTICO E SULLA PIATTAFORMA GARE TELEMATICHE DI SENTENZEAPPALTI.IT O PER UN PREVENTIVO GRATUITO, SI INVITA A COMPILARE IL MODULO SEGUENTE

    Richiesta:*

    Nome, cognome, Ente o Società:*

    Email:*

    N.B. I servizi sono attivabili su richiesta e modulabili sulla base di specifiche esigenze. Per ulteriori informazioni si invita a visitare le pagine dedicate del sito oppure a contattare info@sentenzeappalti.it.

    PRIVACY. Letta l’informativa sulla privacy, si acconsente all’utilizzo dei dati inseriti nel presente modulo ed all’invio di eventuale materiale informativo. 
    

    Accettazione privacy*