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Importo appalto calcolato in violazione dei prezzari regionali – Responsabilità pre contrattuale della Stazione Appaltante – Valutazione (art. 23 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 05.07.2021 n. 5107

Si tratta, in sostanza, di verificare se, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, ricorrano profili di responsabilità nella condotta dell’amministrazione comunale che avrebbe elaborato i prezzi unitari dei lavori in affidamento in violazione delle regole imposte a tal fine dal codice dei contratti pubblici all’art. 23 del codice dei contratti pubblici; secondo l’appellante siffatta condotta, intervenuta nella fase precedente l’indizione della gara e concretizzatasi poi negli atti di gara, darebbe luogo ad una responsabilità di natura precontrattuale rendendo giustificato il suo rifiuto di stipulare il contratto e dovuto il risarcimento del danno subito per aver preso parte alla procedura di gara.
2.5. Preliminarmente occorre riferire degli orientamenti consolidati in materia di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica.
L’Adunanza plenaria, con la sentenza 4 maggio 2018, n. 5 ha fissato i seguenti punti:
– sussiste un dovere di correttezza e buona fede a carico dell’amministrazione anche prima e a prescindere dall’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva ed anche per comportamenti che precedano la pubblicazione di un bando;
– il privato contraente non può limitarsi a dimostrare la buona fede soggettiva, intesa quale affidamento incolpevole sull’esistenza di un presupposto che avrebbe portato a maturare la scelta di compiere un’attività economicamente onerosa;
– deve invece dimostrare che la condotta dell’amministrazione, a prescindere dalla legittimità dei singoli atti, sia oggettivamente contraria a doveri di correttezza e lealtà;
– e che la stessa sia imputabile all’amministrazione in termini di dolo o di colpa;
– è necessario, infine, che dia prova del danno – evento (lesione della situazione soggettiva della libertà di autodeterminazione negoziale) e del danno – conseguenza (l’esistenza di perdite economiche) e che vi sia un rapporto di causalità tra l’uno e l’altro.
Le sentenze successive hanno ribadito tali concetti e fatto applicazione di essi in casi concreti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2021, n. 3458; V, 22 ottobre 2019, n. 7161; in caso di project financing: Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2021, n. 368; in caso di tardivo ritiro di un bando in autotutela quando l’amministrazione era già da tempo a conoscenza dell’ineseguibilità dell’opera, cfr. Cons. giust. amm., sez. giuris., 23 novembre 2020, n. 1092; Cons. Stato, sez. II, 20 novembre 2020, n. 7237).
In un caso è stata riconosciuta la responsabilità della stazione appaltante per aver messo a gara un progetto esecutivo di ristrutturazione di un’opera pubblica, rivelatosi, al momento dell’avvio del cantiere, assolutamente ineseguibile per il pregiudizio che ne sarebbe derivato alla stabilità stessa della res, così rendendo legittimo il rifiuto a stipulare il contratto espresso dall’aggiudicatario (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 dicembre 2019, n. 8731).
2.6. -Omissis- stabile dice scorretta e contraria ai doveri di correttezza e lealtà la condotta tenuta dal Comune di -Omissis- per aver individuato i prezzi unitari dell’opera, e, in base ad essi, il prezzo a base d’asta, in maniera tale da condurre gli operatori economici a formulare un’offerta antieconomica, e, d’altra parte, d’aver fatto incolpevole affidamento sul rispetto da parte della stazione appaltante delle regole fissate dal codice dei contratti pubblici per l’elaborazione dei prezzi per poi trovarsi, divenuta aggiudicataria, nell’impossibilità di eseguire l’opera con giusta remunerazione.
2.7. Ritiene, tuttavia, il Collegio che l’argomentazione esposta sia già in prospettazione poco persuasiva.
Ammesso pure che la stazione appaltante abbia indicato negli atti di gara un prezzo a base d’asta non remunerativo dell’attività prestata, non è certo incolpevole l’operatore economico che abbia partecipato alla gara con un’offerta al ribasso di detto prezzo.
Questi, infatti, è tenuto ad un dovere di correttezza e serietà non meno di quanto sia tenuta l’amministrazione e, dunque, a formulare la sua offerta in maniera consapevole e meditata; e quindi, prima di dichiarare il ribasso offerto, ad esaminare se le condizioni imposte dall’amministrazione consentano la effettiva remunerazione dell’attività svolta.
Non è un caso, infatti, che da tempo la giurisprudenza amministrativa – confermata dalla sentenza dell’Adunanza plenaria 26 aprile 2018, n. 4 – abbia specificato che, in deroga ai principi generali per i quali l’interesse ad impugnare il bando di gara sorge solo all’esito dell’altrui aggiudicazione poiché solo in quel momento l’operatore economico concorrente risulta aver definitivamente perduto il bene della vita cui aspirava (l’aggiudicazione del contratto), sia consentito, anche a chi non abbia presentato domanda di partecipazione, proporre impugnazione immediata del bando di gara qualora la stazione appaltante abbia ivi previsto condizioni tali da rendere impossibile proporre un’offerta remunerativa, data la natura immediatamente escludente di siffatte clausole (cfr. per ampie considerazioni sul tema Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2020, n. 2004).
L’alternativa per l’operatore economico è quella di non partecipare affatto alla procedura di gara proprio perché consapevole di non essere in grado di proporre un’offerta realmente remunerativa.
Se, pertanto, l’operatore economico non impugna immediatamente il bando di gara (e gli ulteriori atti), ed anzi presenta la sua offerta con ribasso rispetto al prezzo posto a base di gara, non può poi lamentarsi, divenuto aggiudicatario, di non essere in grado di eseguire l’opera perché il corrispettivo che egli stesso ha domandato non lo remunera a sufficienza della attività svolta, senza incorrere in palese contraddizione che toglie credito alla serietà della sua condotta sin dal tempo della presentazione dell’offerta.
In ogni caso, poi, l’esistenza di un rimedio – l’immediata impugnazione del bando – il quale, se tempestivamente azionato consente di imporre all’amministrazione che mal abbia operato in sede di elaborazione degli atti di rivederne il contenuto, fa sì che l’operatore economico, che di esso non si sia servito, possa dirsi corresponsabile del danno che poi abbia a lamentare; circostanza rilevante ai fini del risarcimento ai sensi dell’art. 30, comma 3, cod. proc. amm..
E’ chiara, inoltre, la differenza tra l’odierna vicenda e quella precedentemente richiamata del progetto posto a base di gara che, alla cantierizzazione, risulti ineseguibile, e per il quale si è effettivamente riconosciuta la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante, poiché in questo caso l’operatore economico realmente si affida in maniera incolpevole sulla attività di progettazione che abbia preceduto la messa a bando dell’opera e, quando s’avvede, in fase esecutiva, dell’impossibilità di realizzazione dell’opera per carenze progettuali, altro non può fare che rifiutare la stipulazione del contratto.
2.8. Sarebbero sufficienti le considerazioni svolte ad escludere la fondatezza del motivo di appello; va, però, aggiunto che nel caso concreto neppure è provato che il prezzo a base d’asta fosse inidoneo a remunerare l’attività richiesta all’operatore concorrente.
Da questo punto di vista, la circostanza eclatante in senso contrario a quanto sostenuto dall’appellante, è proprio quella evidenziata dal giudice di primo grado: sono state presentate offerte da parte di moltissimi operatori ciascuno dei quali ha variamente articolato il ribasso offerto: la risposta del mercato, come ben si dice in sentenza richiamando precedenti anche di questa Sezione (la sentenza 14 settembre 2012, n. 4891 e la sentenza 14 febbraio 2011, n. 953 in cui è chiaramente spiegato che: “non è né inconferente né trascurabile, in un contenzioso che tenda a dimostrare l’illegittimità per assoluta incongruenza del prezzo base, la circostanza che abbiano partecipato altre quattro imprese, proponendo ribassi e che l’offerta dell’aggiudicataria abbia superato la verifica dell’anomalia…”), è la miglior prova della remuneratività delle condizioni economiche a base di gara.
2.9. Il Comune di -Omissis-, per sua stessa ammissione – circostanza che esime da ogni approfondimento istruttorio in relazione ai singoli prezzi unitari – ha elaborato i prezzi contenuti nell’elenco dei prezzi senza seguire la regola dell’art. 23, comma 16, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che impone di far riferimento ai prezziari regionali aggiornati annualmente, avendo deciso, infatti, di sviluppare i prezzi unitari per l’affidamento dei lavori relativi al primo stralcio alla luce dei ribassi offerti dagli operatori economici: tale condotta non è, di per sè sola, scorretta o contraria a lealtà e buona fede, ma anzi è ragionevole se è vero che il precedente appalto per lavori della stessa tipologia aveva consentito all’amministrazione di aver chiare le attese del mercato circa la remunerazione di quelle attività a fronte di prezziari regionali non sempre aggiornati a tale, accertata in pratica, situazione del mercato.
In ogni caso la scelta dell’amministrazione non è fonte di responsabilità precontrattuale non potendosi, per quanto detto, ipotizzare un affidamento incolpevole dell’operatore che abbia presentato offerta economica al ribasso.

Offerta al rialzo sui singoli prezzi unitari – Esclusione – Anche se rispettosa dell’importo totale a base d’asta (art. 59 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 23.12.2020 n. 8298

Si osserva che la tesi di -Omissis- postula in linea generale l’indifferenza per la stazione appaltante delle singole voci di costo, a favore della esclusiva rilevanza del quantum dell’offerta economica complessiva.
Ma per costante giurisprudenza tale indifferenza sussiste solo per le offerte economiche “a corpo” (…), nelle quali l’elemento essenziale della proposta economica è esclusivamente l’importo finale, e non le voci di costo che hanno concorso a formarlo, che restano, pertanto, fuori dal contenuto essenziale dell’offerta e quindi del contratto da stipulare, il quale copre l’esecuzione di tutte le prestazioni contrattuali (Cons. Stato, V, 26 ottobre 2018, n. 6119; 3 settembre 2018, n. 5161; 3 aprile 2018, n. 2057; VI, 4 gennaio 2016, n. 15; 4 agosto 2009, n. 4903; IV, 26 febbraio 2015, n. 963). Di contro, già sotto la vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2016, n. 163, l’Anac ha riconosciuto la non conformità alla normativa di settore della possibilità per gli operatori economici partecipanti a un appalto pubblico fondato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di formulare offerte in aumento sul costo di esecuzione dell’opera o “su elementi il cui valore massimo è stato previsto nel bando” (parere di precontenzioso n. 116 del 22 novembre 2007).
Oggi, la possibilità della stazione appaltante di dare rilevanza alle singole voci di costo offerte e di disporre conseguentemente l’esclusione delle offerte in aumento anche per dette singole voci, naturalmente previa predisposizione di una adeguata clausola nella lex specialis, non può ritenersi contrastante con l’art. 59, comma 4, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 (“Sono considerate inammissibili le offerte: […] c) il cui prezzo supera l’importo posto dall’amministrazione aggiudicatrice a base di gara, stabilito e documentato prima dell’avvio della procedura di appalto”), sia perché la norma non la vieta, sia in quanto la stessa norma, come anche rilevato dal primo giudice, declina l’espressione “offerte” al plurale, in tal modo potendosi agevolmente riferire alle offerte riferite alle singole voci di cui si compone un appalto che la stazione appaltante, nell’esercizio della propria autonomia negoziale, abbia strutturato anche valorizzando i prezzi unitari. L’osservazione dell’appellante che il predetto plurale sia da riferire alla esclusiva circostanza che il comma 4 di cui sopra regola le tre diverse ipotesi di cui alle lettere a), b) e c), è frutto da un lato di una interpretazione riduttiva e dall’altro non scalfisce la coerenza della lettura proposta dalla sentenza appellata.
Il primo giudice ha articolatamente illustrato come il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa si risolva nella scelta dell’offerta che si presenta come la migliore sotto il profilo tecnico e che si contraddistingue, al contempo, per offrire il prezzo più basso, con un meccanismo in cui è preponderante la componente tecnica (stante il tetto massimo del 30 per cento del punteggio complessivo attribuibile all’offerta economica: art. 95, comma 10-bis, d.lgs. n. 50 del 2016), pervenendo alla condivisibile conclusione che, poichè il valore tecnico del “prodotto” o del “servizio” offerto è strettamente parametrato al prezzo offerto per lo stesso, la eventuale fissazione di soglie massime di prezzi unitari meglio soddisfa l’esigenza di un confronto concorrenziale effettivo e imparziale.
Detto rilievo non recede a fronte dell’osservazione di -Omissis- che, nell’ambito di una offerta complessiva rispettosa (perché pari o inferiore) dell’importo totale a base d’asta, il prezzo unitario che ha travalicato una di tali soglie massime presuppone evidentemente la riduzione proporzionale di altre voci di costo, e quindi non attribuisce all’offerente alcun vantaggio nell’attribuzione del punteggio tecnico.
Non si tratta infatti di scongiurare la possibilità che il collaudato meccanismo dell’offerta economicamente più vantaggiosa possa subire una alterazione, ma piuttosto di considerare che la lex specialis, a mezzo della specificazione delle regole della procedura, identifica puntualmente, anche mediante l’individuazione dei contenuti necessari delle offerte e la previsione dell’esclusione per il caso della loro carenza, le esatte caratteristiche della prestazione contrattuale che la stazione appaltante intende assicurarsi in rapporto al costo stimato del servizio.
In siffatta prospettiva, fermo restando il limite “esterno” di cui al citato art. 59, comma 4, lett. c), la eventuale fissazione di un tetto massimo di voci di prezzo unitarie, quale criterio ex ante e astratto, si rivela un limite “interno” che non può che essere proporzionale al primo e concorrere con esso, in quanto tale, al bilanciamento dei fattori prodotto o servizio e costo, in vista dell’identificazione della miglior offerta e indi dell’apprensione da parte dell’amministrazione della miglior utilità scaturente dal confronto concorrenziale, obiettivo che, nella logica del Codice dei contratti pubblici, non è meno significativo della tutela della spesa pubblica, di cui, anzi, costituisce un fondamentale aspetto.

Appalti a corpo ed elenco dei prezzi unitari: definizione, rapporti e rilevanza

In una gara di appalto da aggiudicare a “corpo” il corrispettivo è determinato in una somma fissa ed invariabile derivante dal ribasso offerto sull’importo a base d’asta. Elemento essenziale della proposta economica è il solo importo finale offerto, mentre i prezzi unitari indicati nell’elenco prezzi, tratti dai listini ufficiali, hanno un valore meramente indicativo delle voci di costo che hanno concorso a formare l’importo finale. Ne consegue che le indicazioni contenute nell’elenco prezzi sono destinate a restare fuori dal contenuto essenziale dell’offerta e quindi del contratto da stipulare, non assumendo rilevanza neppure ai fini della valutazione di anomalia.
Ciò, peraltro, trova conferma nell’art. 59, comma 5, d.lgs. n. 50/2016, il quale (riproducendo l’analoga norma contenuta nell’art. 53, comma 4, d.lgs. n. 163/2006) stabilisce che “per le prestazioni a corpo il prezzo convenuto non può variare in aumento o in diminuzione, secondo la qualità e la quantità effettiva dei lavori eseguiti”.
In definitiva, pertanto, negli appalti a corpo in cui la somma complessiva dell’offerta copre l’esecuzione di tutte le prestazioni contrattuali, l’elenco prezzi risulta irrilevante (in tal senso, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 03.09.2018 n. 5161; id. sez. V, 03.04.2018 n. 2057, TAR Salerno, 25.10.2019, n. 1839 e, in relazione al previgente Codice, Consiglio di Stato, sez. VI, 04.01.2016 n. 15).

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