Costo manodopera – Verifica – CCNL incompatibile – Inadeguatezza del trattamento complessivo e della retribuzione – Esclusione

TAR Milano, 28.11.2023 n. 2830

2.1 Come chiarito dalla giurisprudenza (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 24.05.2022 n. 6688) sotto il vigore del precedente codice dei contratti pubblici, occorre “sintetizzare i principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa sulla delicata dialettica tra il potere della stazione appaltante di sindacare l’offerta tecnica ed economica del concorrente e, dall’altro lato, la libertà di auto-organizzazione imprenditoriale dell’impresa in gara.
Più in particolare, si tratta di individuare i confini generali (così come tracciati dalla giurisprudenza) fino ai quali può spingersi il potere della stazione appaltante di sindacare l’offerta del concorrente ogniqualvolta venga in rilievo un profilo attinente all’organizzazione del fattore produttivo “lavoro”. Il che sottintende un’operazione di complesso bilanciamento tra due polarità costituzionali potenzialmente contrapposte, da un lato i principi di buon andamento della pubblica amministrazione e tutela del lavoro (artt. 97, 4, 35 e 36 Cost.) e dall’altro lato la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore (art. 41 Cost.).
In tale contesto devono essere inquadrati i consolidati orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi sul potere della stazione appaltante di sindacare:
(a) l’applicazione della clausola sociale inserita nel bando di gara (cfr. ex multis Consiglio di Stato 10.06.2019 n. 3885);
(b) la scelta imprenditoriale di adottare uno specifico contratto collettivo piuttosto che un altro (cfr. ex multis Consiglio di Stato 13.10.2015 n. 4699);
(c) la scelta imprenditoriale di adottare contratti di lavoro a causa mista lavoro/formazione (cfr. ex multis Consiglio di Stato 18.01.2016 n. 143);
(d) la correttezza dell’inquadramento professionale della forza lavoro assunta con contratti di lavoro dipendente (cfr. ex multis Consiglio di Stato 15.11.2021 n. 7596);
(e) gli scostamenti del costo del lavoro rispetto ai parametri medi delle tabelle ministeriali;
(f) la correttezza della qualificazione autonoma o libero-professionale dei rapporti di lavoro dichiarati dal singolo concorrente (cfr. Consiglio di Stato 25.03.2019 n. 1979, TAR Puglia-Lecce 02.11.2021 n. 1584, TAR Sardegna 05.02.2019 n. 94, TAR Lazio, Sezione Terza, 25.02.2015 n. 3294).
Il fil rouge che unisce questi orientamenti può essere sinteticamente compendiato nell’assoluta centralità della libertà di iniziativa economica dell’imprenditore (intesa soprattutto nella sua accezione euro-unitaria di libertà di concorrenza), nel senso cioè che la stazione appaltante non può mai imporre al concorrente un particolare modello di organizzazione del lavoro, quale che sia il modo con cui tale imposizione viene esercitata (ad esempio attraverso la prescrizione di un particolare tipo di contratto di lavoro o di CCNL o del livello di inquadramento).
Come ogni diritto di rango costituzionale, tuttavia, anche quello sin qui tratteggiato incontra un limite estremo ed invalicabile, e cioè l’esigenza di evitare che esso sconfini abusivamente nella lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e nel pregiudizio dei diritti sociali costituzionalmente tutelati (artt. 4, 35 e 36 Cost.).
Tali opposti principi costituzionali prevalgono infatti sulla libertà di auto-organizzazione imprenditoriale (legittimando quindi un sindacato della stazione appaltante sull’organizzazione del lavoro del concorrente) ogniqualvolta le concrete modalità di svolgimento del servizio oggetto di affidamento pubblico, così come analiticamente declinate nella lex specialis di gara, appaiono ictu oculi inconciliabili con la specifica matrice organizzativa impressa dal singolo concorrente alla propria forza lavoro.
Ciò senza dimenticare che la scelta imprenditoriale di adottare un particolare tipo di contratto di lavoro (oggettivamente inconciliabile con la lex specialis) può talvolta consentire al singolo concorrente di eludere i maggiori costi retributivi, contributivi e fiscali che sono invece sottesi al diverso modello contrattuale reso necessario dalle specifiche tecniche di gara, così realizzando non soltanto un pregiudizio all’interesse pubblico della stazione appaltante, ma anche una forma di “dumping” ad un tempo lesiva del leale gioco concorrenziale e dei diritti sociali”.
2.2 Nel caso di specie l’amministrazione ha escluso la ricorrente per due motivi specifici e sufficientemente autonomi: l’incompatibilità dell’applicazione del CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari al contratto in questione per il mansionario previsto e l’inadeguatezza del trattamento complessivo e della retribuzione per il livello contrattuale D, proposto dalla ricorrente come livello base per il contratto in questione, con riferimento alla parte più qualificata del personale museale.
2.3 In conformità al criterio della “ragione più liquida”, espressione dei principi di economia processuale che governano il processo amministrativo (C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 5; Sez. VII, 15 luglio 2022, n. 6054; Sez. III, 6 maggio 2021, n. 3534), il Collegio ritiene che le motivazioni del provvedimento di esclusione che resistono più agevolmente alle censure della ricorrente siano quelle relative all’inadeguatezza del trattamento complessivo e della retribuzione per il livello contrattuale D contestate con il terzo motivo di ricorso ed aventi carattere assorbente.
2.4 In merito occorre rammentare che in forza del combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016, prima dell’aggiudicazione le stazioni appaltanti devono verificare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi.
Tale accertamento (che non dà luogo a un sub-procedimento di verifica di anomalia dell’intera offerta, ma mira esclusivamente a controllare il rispetto del salario minimo), è sempre obbligatorio, anche nei casi di gara al massimo ribasso. Diversamente, infatti, potrebbe essere compromesso il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 Cost. (ex multis, TAR Campania, Salerno, sez. II, 21.12.2020, n. 1994; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 01.06.2020, n. 978; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 16.03.2020, n. 329; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 26.03.2018, n. 608).