Responsabilità precontrattuale nelle gare per affidamento di contratti pubblici : come riconoscerla

Consiglio di Stato, sez. V, 28.11.2023 n. 10221

In termini generali “Chi entra in una trattativa precontrattuale (specie se condotta nelle forme del procedimento di evidenza pubblica, soggetto anche ai poteri di autotutela pubblicistici preordinati alla cura dell’interesse pubblico), si assume un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto”. Infatti “ciascuna parte che intraprende una trattativa (o partecipa ad un procedimento di gara) sa che è esposta ad un margine di rischio, che, in linea di principio, deriva dall’esercizio della libertà contrattuale di entrambe le parti, e quindi anche dal legittimo esercizio alla libertà contrattuale dell’amministrazione” (Ad. plen. 4 maggio 2018 n. 5).
Il riconoscimento della responsabilità precontrattuale modifica la naturale allocazione dei rischi economici sostenuti per partecipare alla trattativa (o alla gara): l’insorgenza della responsabilità precontrattuale determina il trasferimento dei costi da un soggetto ad un altro, cui è imputabile la scorrettezza.
Perché si abbia il trasferimento del rischio bisogna che vi sia, da un lato, un comportamento scorretto e, dall’altro lato, un affidamento incolpevole: detti elementi costituiscono i presupposti che garantiscono un idoneo punto di equilibrio tra la libertà contrattuale della stazione appaltante e l’esercizio delle prerogative pubblicistiche di quest’ultima e il limite della correttezza e della buona fede.
In ambito civilistico tradizionalmente la responsabilità precontrattuale postula che l’affidamento abbia ad oggetto lo svolgimento di trattative che non siano inutili: tipicamente le trattative sono inutili laddove una delle controparti le intraprende senza avere intenzione di stipulare il contratto o sapendo, o dovendo sapere, di stipulare un contratto invalido, così violando il dovere di buona fede.
Anche in ambito pubblicistico, l’art. 1 comma 2-bis della legge n. 241 del 1990 n. 241 dispone che i “rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”, positivizzando una regola generale delle relazioni giuridiche intersoggettive, che, in ambito pubblicistico, oltre a connotarsi per specifiche declinazioni, trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 comma 2 Cost.).
A fronte del dovere di buona fede si pone l’affidamento sulla correttezza dell’operato di controparte e, nella specie, dell’amministrazione (Ad. plen. 29 novembre 2021 n. 21, 4 maggio 2018 n. 5 e 5 settembre 2005 n. 6).
“Nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti al pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio di tale potere e sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo per comportamenti contrari ai canoni di origine civilistica ora richiamati, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi” (Ad. plen. 29 novembre 2021 n. 21).
Nel settore delle procedure di affidamento dei contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione postula che l’amministrazione abbia violato il dovere di buona fede e che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento e che questo affidamento non sia a propria volta inficiato da colpa.
L’affidamento si dipana in modo diverso a seconda del tipo di procedimento di evidenza pubblica che viene in rilievo (anche tenendo conto dei diversi margini di discrezionalità di cui la stazione appaltante dispone (così l’Ad. plen 4 maggio 2018 n. 5).
Nei rapporti di diritto civile, affinché un affidamento sia legittimo occorre tuttavia che esso sia fondato su un livello di definizione delle trattative tale per cui la conclusione del contratto, di cui sono già stati fissati gli elementi essenziali, può essere considerato come uno sbocco prevedibile, e rispetto al quale il recesso dalle trattative, in linea di principio libero, risulti invece ingiustificato sul piano oggettivo e integrante una condotta contraria al dovere di buona fede ex art. 1337 cod. civ. (Cass. civ., sez. II, 15 aprile 2016 n. 7545).
Analogamente, in ambito pubblicistico, l’affidamento è legittimo quando sia stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva, cui non abbia poi fatto seguito la stipula del contratto, ed ancorché ciò sia avvenuto nel legittimo esercizio dei poteri della stazione appaltante (Cons. St., sez. II, 20 novembre 2020 n. 7237).
L’aggiudicazione è dunque considerato il punto di emersione dell’affidamento ragionevole, tutelabile pertanto con il rimedio della responsabilità precontrattuale.
Nondimeno la giurisprudenza ha negato rilievo ostativo al riconoscimento della responsabilità precontrattuale nei casi nei quali non è intervenuta l’aggiudicazione definitiva (nell’ottica del d. lgs. n. 163 del 2006 ratione temporis vigente, mentre il riferimento è all’aggiudicazione nel vigore del d. lgs. n. 50 del 2016)
La Corte di cassazione ha infatti affermato che l’affidamento del concorrente ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico è tutelabile “indipendentemente da un affidamento specifico alla conclusione del contratto”; la stazione appaltante è quindi responsabile sul piano precontrattuale “a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante” (Cass., sez. I, 3 luglio 2014 n. 15260).
Anche la giurisprudenza amministrativa ha affermato che la verifica di un affidamento ragionevole sulla conclusione positiva della procedura di gara va svolta in concreto, in ragione del fatto che “il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dell’affidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale”.
Nella medesima prospettiva di un accertamento in concreto degli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale si è del resto espressa questa Adunanza plenaria nella più volte richiamata sentenza 4 maggio 2018, n. 5, secondo cui la responsabilità precontrattuale può insorgere “anche prima dell’aggiudicazione e possa derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai più volte richiamati doveri di correttezza e buona fede”.

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