Accesso civico e difensivo – Stretta indispensabilità – Onere della prova

Consiglio di Stato, sez. V, 18.09.2023 n. 8382

13.3. Orbene, con riferimento all’accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, va rammentato che l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con le sentenze 25 settembre 2020, n. 19, n. 20 e n. 21, ha precisato che l’accesso difensivo è consentito, qualora la parte dimostri: a) la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento in presenza di un ‘nesso di strumentalità’ tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’ da accertare mediante un giudizio prognostico ex ante, nel senso che il documento richiesto è stimato necessario ad acquisire elementi di prova in ordine ai fatti – principali e secondari – integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica finale controversa e delle pretese astrattamente azionabili in giudizio; in relazione a tale condizione l’Adunanza Plenaria ha ulteriormente chiarito che: b) è richiesto che la situazione soggettiva ‘finale’, direttamente riferibile al richiedente, sia ‘concretamente e obiettivamente incerta e controversa tra le parti’, per essere in corso un ‘crisi di cooperazione’, quanto meno da pretesa contestata, non essendo sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e subiettiva, anche se non sia ancora pendente un processo in sede giurisdizionale; c) al fine di verificare la corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) cui la stessa fattispecie si compone, l’interprete è tenuto a operare, ‘in termini di pratica sussunzione’, il raffronto tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale; d) il giudizio sull’interesse legittimante è ancorato inoltre ai canoni della ‘immediatezza’, ‘concretezza’ e ‘attualità’ (ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d) l. n. 241 del 1990). L’istante è tenuto a dimostrare la corrispondenza, mediante la quale è circoscritto l’interesse all’accesso agli atti solo ad una situazione giuridicamente tutelata. Va, altresì, dimostrato il collegamento, nel senso che il legislatore richiede non solo che la situazione legittimante l’accesso sia corrispondente al contenuto di un astratto paradigma legale, ma sia anche collegata al documento in modo da evidenziare in maniera diretta ed univoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento ‘e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto strumentale, fa da tramite’.
L’Adunanza Plenaria n. 4 del 18 marzo 2021 ha precisato che deve escludersi il generico riferimento, nell’istanza di accesso, a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, riferibili ad un processo già pendente, oppure instaurando, laddove l’ostensione del documento richiesto dovrà comunque passare attraverso un rigoroso e motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare.
Il Collegio condivide la soluzione di maggior rigore secondo deve esservi un giudizio di stretto collegamento (o nesso di strumentalità necessaria) tra documentazione richiesta e situazione finale controversa: la parte interessata, in tale ottica, dovrebbe allora onerarsi di dimostrare in modo intellegibile il collegamento necessario fra la documentazione richiesta e le proprie difese. Ciò anche attraverso una indicazione, anche espressa in modo sintetico, delle ‘deduzioni difensive potenzialmente esplicabili’ (Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472).
L’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe, secondo i principi generali, su colui che agisce, ossia sul ricorrente richiedente l’accesso agli atti. In assenza di tale dimostrazione, la domanda di accesso, secondo l’indirizzo condiviso di questo Consiglio, finisce per tradursi nel tentativo ‘meramente esplorativo’ di conoscere tutta la documentazione versata agli atti di gara, come tale inammissibile (Cons. Stato n. 64 del 2020).
I principi espressi sono stati recentemente ribaditi da questa Sezione con sentenza n. 787 del 2023, da cui è emerso che, nelle ipotesi come quella per cui si procede, ne risulta, in buona sostanza, un sistema motivazionale c.d. ‘a doppia mandata’, una dell’istanza e una dell’opponente, che la Stazione appaltante sarà tenuta a ponderare ogniqualvolta emerga un potenziale contrasto tra riservatezza tecnica e necessità difensive. La pronuncia, ponendosi sul solco dell’ormai indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa (ex multis Cons. Stato, n. 6463 del 2020; Cons. Stato n. 5167 del 2020; Cons. Stato n. 4220 del 2020; Cons. Stato n. 1451 del 2020; Cons. Stato n. 64 del 2020), ha ribadito che la ‘ratio’ sottesa alle previsioni di cui all’art. 53, comma 5, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016 è quella di escludere dall’accesso ‘quella parte dell’offerta strettamente afferente al ‘Know how’ del singolo concorrente, costituito dalle competenze e dalle esperienze maturate nel tempo che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento’.
13.4. Avuto riguardo alla controdedotta esigenza di tutela di riservatezza, il Collegio osserva che, secondo il suddetto indirizzo giurisprudenziale, in occasione della disamina delle ragioni che giustificano una domanda di accesso, quelle legate alle esigenze di difesa del richiedente non prevalgono sempre e comunque su qualunque altro interesse, specie se contrapposto, giacchè invocato da chi, al contrario, deduce che, consentendosi l’accesso, si permetterebbe il disvelamento di dati tecnici contenuti nella documentazione richiesta che rappresentano ‘Know how’ dell’impresa controinteressata.
Nella specie, va rilevato che -OMISSIS-, pur avendo ottenuto accesso a tutta la documentazione amministrativa di gara, nonché a tutti i verbali della commissione giudicatrice ed al provvedimento finale di aggiudicazione, non ha impugnato alcuno di tali atti, né ha allegato alle proprie istanze ragioni che avrebbero consentito di ritenere l’illegittimità della procedura.
Ne consegue che non è emersa in alcun modo una effettiva esigenza di difesa, né un indizio di prova riguardo al fatto che, in assenza dei documenti di cui si è negato l’accesso, non sarebbe stato possibile tutelare adeguatamente i propri diritti.
Le prospettazioni difensive dell’appellante, a tale riguardo, appaiono generiche e prive di specificità. Lo strumento attraverso il quale contemperare in concreto la contrapposizione di interessi innanzi descritta è costituito dal parametro della ‘stretta indispensabilità’ di cui all’art. 24, comma 7, secondo periodo, della l. n. 241 del 1990, posto che esso è quello che a livello legislativo viene considerato idoneo a giustificare la prevalenza dell’interesse di una parte, spinta dall’esigenza di difendere i propri interessi giuridici, rispetto all’interesse di un’altra parte, altrettanto mossa dall’esigenza di tutela della riservatezza.
L’insussistenza di tale presupposto è stata evidenziata correttamente dal Collegio di primo grado, il quale ha anche rilevato il difetto di interesse della società, giacchè ‘la parte ricorrente è stata solo invitata alla procedura alla quale ha deciso di non partecipare, e non ha neppure impugnato il bando e pertanto, rispetto alla procedura, è soggetto terzo, privo di legittimazione ad un eventuale ricorso’.
La partecipazione alla procedura di gara è ritenuta costitutiva della legittimazione ad impugnare gli atti, con la conseguenza che l’operatore che non ha partecipato non è legittimato ad impugnare gli atti della procedura, ivi compresa l’aggiudicazione (Cons. di Stato, sez. V, 12 aprile 2021 n. 2924).
13.5. Anche le critiche riferite avverso il parziale diniego di ostensione, per essere stato escluso il diritto all’accesso civico generalizzato, non possono essere condivise.
La disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei o assoluti di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara, ma deve essere verificata la compatibilità di tale forma di accesso con le eccezioni enucleate dall’art. 5 bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 33 del 2013, a tutela degli interessi – limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 3 aprile 2020, n. 10).
In particolare, l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013 consente l’accesso ai dati e documenti delle Amministrazioni, ma facendo comunque salvi i limiti ‘relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 bis’, comma 2, lett c) del d.lgs. citato, che dispone ‘l’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: (…) c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali”.
13.6. Da siffatti rilievi consegue che, nel caso in esame, l’Amministrazione ha correttamente negato il diritto di accesso, apparendo la richiesta avere la finalità di volersi giovare ‘di specifiche competenze industriali o commerciali’ detenute dalla società controinteressata, idonea a nuocere alla segretezza industriale o commerciale.
Va confermato, al riguardo, il costante orientamento giurisprudenziale (ex multis Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2020, n. 6463; sez. V, 21 agosto 2020, n. 5167; sez. V, 1 luglio 2020, n. 4220; sez. V, 28 febbraio 2020, n. 1451), secondo cui la ratio dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 consiste nell’escludere dall’accesso quella parte dell’offerta strettamente afferente al ‘Know how’ del singolo concorrente, vale a dire l’insieme di conoscenze professionali, che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento.
Occorre evitare, mediante un uso distorto del diritto di accesso, che la partecipazione ai pubblici appalti si tramuti in una ingiusta forma di penalizzazione per il soggetto che, risolvendosi in tal senso, correrebbe altrimenti il rischio di assistere alla indiscriminata divulgazione dei propri segreti di carattere industriale e commerciale.
14. -OMISSIS-, pur essendo processualmente onerata, non ha né allegato, né dimostrato la sussistenza dei presupposti per l’accesso civico generalizzato, né ha provato che l’ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi’ (cosiddetto accesso difensivo), sicchè le emergenze processuali non hanno consentito al Giudice di prima istanza di valutare la sussistenza della ‘stretta indispensabilità’ della ridetta documentazione per apprestare determinate difese all’interno di uno specifico giudizio (che l’appellante non risulta avere in alcun modo proposto).
La sentenza impugnata, pertanto, non merita censura, in quanto il Collegio di primo grado ha condivisibilmente escluso ragioni di ‘stretta indispensabilità’ nel rapporto tra accesso difensivo e tutela della segretezza industriale e commerciale, alla luce del diniego motivato dalla società controinteressata, la quale ha dichiarato che la documentazione di cui si è chiesta l’ostensione costituisce ‘Know how’ aziendale, con tale precisazione enucleando valide ragioni di opposizione, sicchè, a fronte di una richiesta non adeguatamente motivata dalla concorrente ‘operante nel medesimo segmento di mercato che potrebbe oggettivamente giovarsi nella propria attività della conoscenza di dati riservati’, ha concluso per la legittimità del diniego.