In tale contesto, fermo il superamento di cui dà conto la stessa appellante degli atti relativi alle valutazioni delle offerte, ormai superati dal verbale di rivalutazione del 29 novembre 2022, la richiesta ostensiva è rimasta inevasa in relazione ai residui documenti inerenti alla verifica di anomalia (fra cui, in particolare, la richiesta di giustificativi, di cui si dà conto anche nel provvedimento di aggiudicazione, circa la richiesta di “spiegazioni”), nonché ai documenti inerenti alla verifica dei requisiti e corrispondente acquisizione documentale (di cui pure si dà conto nel provvedimento di aggiudicazione) e, se distinta dagli altri, alla documentazione sulla verifica dei costi della manodopera. L’istanza va dunque accolta in relazione a tali documenti, rispetto ai quali sussiste (e non risulta confutata né adeguatamente contraddetta) la strumentalità (e, dunque, la necessità, nei termini chiariti dalla giurisprudenza in funzione della difesa: cfr., su tutte, Cons. Stato, V, 7 febbraio 2022, n. 851) dei documenti richiesti ai fini della formulazione di possibili difese e doglianze dell’appellante in relazione ai provvedimenti impugnati (cfr. in termini generali, in relazione all’accesso cd. “difensivo” e al riferimento alla necessità – non già “utilità finale” – del documento richiesto, Cons. Stato, n. 851 del 2022, cit. e richiami ivi), né l’amministrazione o la stessa controinteressata risultano aver opposto valide ragioni ostative all’accesso (cfr. peraltro, in tema, Cons. Stato, Ad. plen., 24 gennaio 2023, n. 4, in cui si pone in risalto, oltre al carattere decisorio dell’istanza d’accesso ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm. e alla sostanziale unitarietà del rimedio previsto dall’art. 116 Cod. proc. amm., la “strumentalità in senso ampio” della richiesta rispetto alle situazioni giuridiche invocate, “in quanto la valutazione che deve essere effettuata dal giudice non è soltanto volta a verificare la possibile rilevanza del documento per la definizione del giudizio, ma può servire anche per risolvere in via stragiudiziale la controversia, per proporre una nuova impugnazione ovvero ancora una diversa domanda di tutela innanzi ad altra autorità giudiziaria”).
Non vale, in diverso senso, affermare in via preventiva – come ha fatto qui il giudice di primo grado – l’irrilevanza dei documenti richiesti ai fini del decidere, stante appunto, nella specie, la loro chiara connessione con i provvedimenti impugnati, trattandosi appunti di atti afferenti alla procedura di affidamento e alle relative verifiche compiute dall’amministrazione, in parte richiamati nello stesso provvedimento di aggiudicazione, e considerata d’altra parte la nozione strumentalità in senso ampio accolta dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, nei termini suindicati, e comunque la non conoscibilità ex ante delle difese o censure che la ricorrente potrebbe articolare sulla base dei documenti acquisiti (cfr. Cons. Stato, V, 17 luglio 2023, n. 6962).
13.3. Orbene, con riferimento all’accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, va rammentato che l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con le sentenze 25 settembre 2020, n. 19, n. 20 e n. 21, ha precisato che l’accesso difensivo è consentito, qualora la parte dimostri: a) la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento in presenza di un ‘nesso di strumentalità’ tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’ da accertare mediante un giudizio prognostico ex ante, nel senso che il documento richiesto è stimato necessario ad acquisire elementi di prova in ordine ai fatti – principali e secondari – integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica finale controversa e delle pretese astrattamente azionabili in giudizio; in relazione a tale condizione l’Adunanza Plenaria ha ulteriormente chiarito che: b) è richiesto che la situazione soggettiva ‘finale’, direttamente riferibile al richiedente, sia ‘concretamente e obiettivamente incerta e controversa tra le parti’, per essere in corso un ‘crisi di cooperazione’, quanto meno da pretesa contestata, non essendo sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e subiettiva, anche se non sia ancora pendente un processo in sede giurisdizionale; c) al fine di verificare la corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) cui la stessa fattispecie si compone, l’interprete è tenuto a operare, ‘in termini di pratica sussunzione’, il raffronto tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale; d) il giudizio sull’interesse legittimante è ancorato inoltre ai canoni della ‘immediatezza’, ‘concretezza’ e ‘attualità’ (ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d) l. n. 241 del 1990). L’istante è tenuto a dimostrare la corrispondenza, mediante la quale è circoscritto l’interesse all’accesso agli atti solo ad una situazione giuridicamente tutelata. Va, altresì, dimostrato il collegamento, nel senso che il legislatore richiede non solo che la situazione legittimante l’accesso sia corrispondente al contenuto di un astratto paradigma legale, ma sia anche collegata al documento in modo da evidenziare in maniera diretta ed univoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento ‘e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto strumentale, fa da tramite’.
L’Adunanza Plenaria n. 4 del 18 marzo 2021 ha precisato che deve escludersi il generico riferimento, nell’istanza di accesso, a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, riferibili ad un processo già pendente, oppure instaurando, laddove l’ostensione del documento richiesto dovrà comunque passare attraverso un rigoroso e motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare.
Il Collegio condivide la soluzione di maggior rigore secondo deve esservi un giudizio di stretto collegamento (o nesso di strumentalità necessaria) tra documentazione richiesta e situazione finale controversa: la parte interessata, in tale ottica, dovrebbe allora onerarsi di dimostrare in modo intellegibile il collegamento necessario fra la documentazione richiesta e le proprie difese. Ciò anche attraverso una indicazione, anche espressa in modo sintetico, delle ‘deduzioni difensive potenzialmente esplicabili’ (Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472).
L’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe, secondo i principi generali, su colui che agisce, ossia sul ricorrente richiedente l’accesso agli atti. In assenza di tale dimostrazione, la domanda di accesso, secondo l’indirizzo condiviso di questo Consiglio, finisce per tradursi nel tentativo ‘meramente esplorativo’ di conoscere tutta la documentazione versata agli atti di gara, come tale inammissibile (Cons. Stato n. 64 del 2020).
I principi espressi sono stati recentemente ribaditi da questa Sezione con sentenza n. 787 del 2023, da cui è emerso che, nelle ipotesi come quella per cui si procede, ne risulta, in buona sostanza, un sistema motivazionale c.d. ‘a doppia mandata’, una dell’istanza e una dell’opponente, che la Stazione appaltante sarà tenuta a ponderare ogniqualvolta emerga un potenziale contrasto tra riservatezza tecnica e necessità difensive. La pronuncia, ponendosi sul solco dell’ormai indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa (ex multis Cons. Stato, n. 6463 del 2020; Cons. Stato n. 5167 del 2020; Cons. Stato n. 4220 del 2020; Cons. Stato n. 1451 del 2020; Cons. Stato n. 64 del 2020), ha ribadito che la ‘ratio’ sottesa alle previsioni di cui all’art. 53, comma 5, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016 è quella di escludere dall’accesso ‘quella parte dell’offerta strettamente afferente al ‘Know how’ del singolo concorrente, costituito dalle competenze e dalle esperienze maturate nel tempo che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento’.
13.4. Avuto riguardo alla controdedotta esigenza di tutela di riservatezza, il Collegio osserva che, secondo il suddetto indirizzo giurisprudenziale, in occasione della disamina delle ragioni che giustificano una domanda di accesso, quelle legate alle esigenze di difesa del richiedente non prevalgono sempre e comunque su qualunque altro interesse, specie se contrapposto, giacchè invocato da chi, al contrario, deduce che, consentendosi l’accesso, si permetterebbe il disvelamento di dati tecnici contenuti nella documentazione richiesta che rappresentano ‘Know how’ dell’impresa controinteressata.
Nella specie, va rilevato che -OMISSIS-, pur avendo ottenuto accesso a tutta la documentazione amministrativa di gara, nonché a tutti i verbali della commissione giudicatrice ed al provvedimento finale di aggiudicazione, non ha impugnato alcuno di tali atti, né ha allegato alle proprie istanze ragioni che avrebbero consentito di ritenere l’illegittimità della procedura.
Ne consegue che non è emersa in alcun modo una effettiva esigenza di difesa, né un indizio di prova riguardo al fatto che, in assenza dei documenti di cui si è negato l’accesso, non sarebbe stato possibile tutelare adeguatamente i propri diritti.
Le prospettazioni difensive dell’appellante, a tale riguardo, appaiono generiche e prive di specificità. Lo strumento attraverso il quale contemperare in concreto la contrapposizione di interessi innanzi descritta è costituito dal parametro della ‘stretta indispensabilità’ di cui all’art. 24, comma 7, secondo periodo, della l. n. 241 del 1990, posto che esso è quello che a livello legislativo viene considerato idoneo a giustificare la prevalenza dell’interesse di una parte, spinta dall’esigenza di difendere i propri interessi giuridici, rispetto all’interesse di un’altra parte, altrettanto mossa dall’esigenza di tutela della riservatezza.
L’insussistenza di tale presupposto è stata evidenziata correttamente dal Collegio di primo grado, il quale ha anche rilevato il difetto di interesse della società, giacchè ‘la parte ricorrente è stata solo invitata alla procedura alla quale ha deciso di non partecipare, e non ha neppure impugnato il bando e pertanto, rispetto alla procedura, è soggetto terzo, privo di legittimazione ad un eventuale ricorso’.
La partecipazione alla procedura di gara è ritenuta costitutiva della legittimazione ad impugnare gli atti, con la conseguenza che l’operatore che non ha partecipato non è legittimato ad impugnare gli atti della procedura, ivi compresa l’aggiudicazione (Cons. di Stato, sez. V, 12 aprile 2021 n. 2924).
13.5. Anche le critiche riferite avverso il parziale diniego di ostensione, per essere stato escluso il diritto all’accesso civico generalizzato, non possono essere condivise.
La disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei o assoluti di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara, ma deve essere verificata la compatibilità di tale forma di accesso con le eccezioni enucleate dall’art. 5 bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 33 del 2013, a tutela degli interessi – limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 3 aprile 2020, n. 10).
In particolare, l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013 consente l’accesso ai dati e documenti delle Amministrazioni, ma facendo comunque salvi i limiti ‘relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 bis’, comma 2, lett c) del d.lgs. citato, che dispone ‘l’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: (…) c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali”. 13.6. Da siffatti rilievi consegue che, nel caso in esame, l’Amministrazione ha correttamente negato il diritto di accesso, apparendo la richiesta avere la finalità di volersi giovare ‘di specifiche competenze industriali o commerciali’ detenute dalla società controinteressata, idonea a nuocere alla segretezza industriale o commerciale. Va confermato, al riguardo, il costante orientamento giurisprudenziale (ex multis Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2020, n. 6463; sez. V, 21 agosto 2020, n. 5167; sez. V, 1 luglio 2020, n. 4220; sez. V, 28 febbraio 2020, n. 1451), secondo cui la ratio dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 consiste nell’escludere dall’accesso quella parte dell’offerta strettamente afferente al ‘Know how’ del singolo concorrente, vale a dire l’insieme di conoscenze professionali, che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento.
Occorre evitare, mediante un uso distorto del diritto di accesso, che la partecipazione ai pubblici appalti si tramuti in una ingiusta forma di penalizzazione per il soggetto che, risolvendosi in tal senso, correrebbe altrimenti il rischio di assistere alla indiscriminata divulgazione dei propri segreti di carattere industriale e commerciale.
14. -OMISSIS-, pur essendo processualmente onerata, non ha né allegato, né dimostrato la sussistenza dei presupposti per l’accesso civico generalizzato, né ha provato che l’ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi’ (cosiddetto accesso difensivo), sicchè le emergenze processuali non hanno consentito al Giudice di prima istanza di valutare la sussistenza della ‘stretta indispensabilità’ della ridetta documentazione per apprestare determinate difese all’interno di uno specifico giudizio (che l’appellante non risulta avere in alcun modo proposto).
La sentenza impugnata, pertanto, non merita censura, in quanto il Collegio di primo grado ha condivisibilmente escluso ragioni di ‘stretta indispensabilità’ nel rapporto tra accesso difensivo e tutela della segretezza industriale e commerciale, alla luce del diniego motivato dalla società controinteressata, la quale ha dichiarato che la documentazione di cui si è chiesta l’ostensione costituisce ‘Know how’ aziendale, con tale precisazione enucleando valide ragioni di opposizione, sicchè, a fronte di una richiesta non adeguatamente motivata dalla concorrente ‘operante nel medesimo segmento di mercato che potrebbe oggettivamente giovarsi nella propria attività della conoscenza di dati riservati’, ha concluso per la legittimità del diniego.
In particolare, la giurisprudenza ha statuito che l’esistenza di un’indagine penale non implica, di per sé, la sottrazione al dovere di ostensione di tutti gli atti o provvedimenti che in qualsiasi modo possano risultare connessi coi fatti oggetto d’indagine, atteso che solo gli atti per i quali è stato disposto il sequestro e quelli coperti da segreto sono sottratti al diritto di accesso. Una volta che i documenti sono stati trasmessi alla competente Procura della Repubblica, non sono perciò stesso coperti da segreto istruttorio, ex art. 329 c.p.c. (salvo specifico provvedimento di secretazione), atteso che gli atti posti in essere da una Pubblica Amministrazione nell’ambito della sua attività istituzionale sono atti amministrativi, anche se riguardanti lo svolgimento di attività di vigilanza, controllo e di accertamento di illeciti, e rimangono tali pur dopo l’inoltro di una denunzia all’autorità giudiziaria (cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 gennaio 2021, n. 770).
5.- Nel caso di specie, anche a fronte di una chiara determinazione già assunta sulla vicenda in esame da questo TAR con la sentenza n. 385/2023, non si rinviene una specifica motivazione da parte della Procura circa la sussistenza di specifiche ipotesi di esclusione, ovvero in relazione alla pendenza di indagini penali in corso, essendosi la stessa limitata ad invocare la natura riservata degli atti oggetto della richiesta, relativi alla sussistenza di cointeressenze con soggetti per i quali sussisterebbero le controindicazioni che hanno motivato l’esclusione disposta con decreto del Procuratore della Repubblica del 20 giugno 2022, n. 213.
Né d’altronde emergono fatti o elementi sopravvenuti tali da comportare una rimeditazione dell’indirizzo espresso con la menzionata sentenza 385/2023 di questa Sezione.
Dall’esame dei provvedimenti di esclusione e di diniego di accesso emerge, invero, che le notizie in questione siano state acquisite dalla Procura nell’ambito delle verifiche sull’affidabilità degli operatori economici invitati alla procedura negoziata in corso e, quindi, non nella veste di Ufficio Giudiziario inquirente.
Ne consegue che la posizione dell’Amministrazione può essere assimilata a quella di una qualsiasi stazione appaltante che ha raccolto notizie di illeciti (anche penalmente rilevanti) poi trasmesse all’autorità giudiziaria, per le quali può riconoscersi il diritto di accesso dell’interessato, non ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 24 della legge n. 241 del 1990 e all’art. 329 c.p.p., finalizzata alla tutela delle indagini penali.
In base all’elaborazione giurisprudenziale, nonché ai sensi dell’art. 120, comma 5, c.p.a., la decorrenza del termine di trenta giorni di impugnazione degli atti di una procedura selettiva per l’affidamento di un contratto di appalto è da individuarsi nel giorno della pubblicazione generalizzata degli atti di gara ovvero, avuto riguardo alla dilazione temporale di ulteriori quindici giorni in conseguenza della presentazione di un’istanza di accesso, in un complessivo termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell’aggiudicazione (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 15 marzo 2023, n. 2728);
– nella vicenda in esame, a seguito dell’istanza di accesso presentata dalla ricorrente il 10.01.2023, la p.a. resistente in data 01.02.2023 ha comunicato alla stessa “che gli atti richiesti sono disponibili presso gli uffici… e possono essere ritirati nei giorni feriali dalle ore 9:00 alle ore 11:30 previo pagamento dei diritti di ricerca e rilascio copie per un importo pari ad € 199,25”;
– la deducente ha quindi eseguito il pagamento delle spese di rilascio delle copie il 3.02.2023, effettuato l’accesso il 9.02.2023 e notificato il ricorso l’8.03.2023, entro trenta giorni dall’ostensione degli atti avvenuta il 9.02.2023, considerando pertanto tale ultima data come dies a quo per il decorso del termine di impugnazione;
Considerato altresì che:
– diversamente dagli assunti della ricorrente, il dies a quo per il decorso del termine per la proposizione del gravame dev’essere individuato non nel 9.02.2023 ma in data 1.02.2023, giorno in cui gli atti erano già suscettibili di immediata ostensione e non sussisteva alcun impedimento alla relativa estrazione di copia ad opera del Comune;
– la circostanza che l’esponente abbia eseguito l’accesso il 9.02.2023 non può, di contro, comportare un ulteriore differimento della decorrenza del perentorio termine di proposizione del gravame, ponendosi ciò in contrasto con i richiamati principi ermeneutici e determinando, inoltre, una non ammissibile dilatazione temporale del medesimo termine di impugnazione rimessa all’autonoma iniziativa dell’operatore economico il quale, in linea teorica, ben avrebbe potuto nel caso di specie acquisire la documentazione richiesta anche in data successiva, con una inevitabile riceduta negativa sulla certezza dell’azione amministrativa e dei rapporti giuridici;
Ritenuto che;
– il gravame è stato notificato l’8.03.2023, oltre quindi il perentorio termine di trenta giorni ex art. 120, comma 5, c.p.a. individuabile, per come chiarito, nell’1.02.2023;
– l’eccezione di tardività è pertanto fondata e a ciò consegue la declaratoria di irricevibilità del ricorso ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. a) c.p.a.;
5.1. – I rilievi di parte ricorrente incentrati sul carattere difensivo dell’accesso e riferiti all’ostensione della documentazione concernente le gare relative agli appalti di cui ai Lotti n. 1 e 2, a cui non ha preso parte, si espongono, infatti, all’obiezione di fondo della non unitarietà della gara d’appalto, posto che a ciascun lotto corrisponde una autonoma gara finalizzata all’aggiudicazione di un distinto contratto.
5.2. – Se, infatti, “a ciascun lotto può essere aggiudicato a concorrenti diversi, non ci si trova di fronte ad un appalto unitario e se non vi è appalto unitario non vi può essere unicità della gara” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 gennaio 2017, n. 52).
5.2.1. – La suddivisione in più lotti comporta, allora, che le singole procedure di aggiudicazione sono dirette a tanti contratti di appalto quanti sono i lotti; il bando di gara si configura quale atto ad oggetto plurimo, nel senso che contiene le disposizioni per lo svolgimento non di un’unica gara finalizzata all’affidamento di un unico contratto, bensì determina l’indizione di tante gare, per ognuna delle quali vi è formalmente un’autonoma procedura.
5.2.2. – Di qui l’autonomia di ogni procedura evidenziale riferita a un singolo lotto rispetto agli altri lotti.
6. – Da quanto precede deriva che la società ricorrente non ha alcun interesse diretto, concreto ed attuale a prendere visione delle offerte tecniche presentate dalla -OMISSIS- s.r.l. per i lotti 1 e 2, trattandosi di atti relativi a procedure alle quali l’RTI ricorrente non ha partecipato, con la conseguenza che non potrebbe neanche censurare gli atti di gara in funzione di un generico interesse alla rinnovazione della stessa, rispetto al quale l’interesse azionato deve equipararsi ad un interesse di mero fatto (Cons. Stato, Sez. III, 17 marzo 2023 n. 2766).
9.5. Valgono pertanto i principi più volte affermati da questo Consiglio relativamente ai requisiti che devono sussistere perché possa ammettersi l’accesso agli atti.
9.5.1. Segnatamente, il Consiglio di Stato:
a) ha individuato, in negativo, i connotati dell’istanza di accesso, affermando che essa non legittima ad avere accesso agli atti quando “si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020 n. 10, §. 38).
b) ha evidenziato, in positivo, che spetta alla parte che domanda l’accesso un “onere aggravato sul piano probatorio, nel senso che grava sulla parte interessata l’onere di dimostrare che il documento al quale intende accedere è necessario (o, addirittura, strettamente indispensabile se concerne dati sensibili o giudiziari) per la cura o la difesa dei propri interessi” (§ 9.1.), puntualizzando che la volontà del legislatore è quella di “esigere che le finalità dell’accesso siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione” (Cons. Stato, Ad. plen., 25 settembre 2020 n. 19);
c) per focalizzarne ulteriormente i limiti di ammissibilità, ha puntualizzato le implicazioni teleologiche collegate alla specificità richiesta per il contenuto dell’istanza, che sono quelli di “permettere all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione ‘finale’ controversa. In questa prospettiva, pertanto, va escluso che possa ritenersi sufficiente un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando” (§ 9.2.) (Cons. Stato, Ad. plen., 25 settembre 2020 n. 19);
d) ha ribadito che l’istanza debba connotarsi per “puntualità e specificità”, l’insufficienza di un “generico richiamo” alle esigenze probatorie e difensive, la necessità che l’istanza consenta “un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare” (Cons. Stato, Ad. plen., 18 marzo 2021, n. 4, 18.1. e 18.2.);
e) ha indagato il rapporto tra procedimento e processo, negando che “…ad opera o a favore del privato può realizzarsi, insomma, quell’inversione tra procedimento e processo che si verifica quando nel processo vengono introdotte pretese o ragioni mai prima esposte, come era doveroso, in sede procedimentale” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020 n. 10, §. 11.6.);
f) ha enunciato altresì un’importante principio di diritto sul “c.d. giudizio sul rapporto”, categoria nella quale viene “iscritto” il giudizio di accesso (§. 11.8.), affermando che “il c.d. giudizio sul rapporto, pur in sede di giurisdizione esclusiva, non può essere la ragione né la sede per esaminare la prima volta avanti al giudice questo rapporto perché è il procedimento la sede prima, elettiva, immancabile, nella quale la composizione degli interessi, secondo la tecnica del bilanciamento, deve essere compiuta da parte del soggetto pubblico competente, senza alcuna inversione tra procedimento e processo” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020 n. 10, §. 11.9.).
9.6. Nell’ambito dei procedimenti di evidenza pubblica, le questioni relative all’accesso sono state sovente esaminate per le criticità correlate al conflittuale rapporto che si instaura fra trasparenza dei procedimenti decisionali ed esigenze di riservatezza delle informazioni fornite dall’aggiudicatario, specie di quelle che costituiscono “segreti tecnici o commerciali”.
9.6.1. In recenti controversie, questo Consiglio ha rimarcato la necessità che sussista uno “stretto collegamento o nesso di strumentalità tra documentazione richiesta e la situazione finale controversa”, declinandola in termini di “stretta indispensabilità” (Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2022, n. 369), e ha ribadito che “l’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe – secondo il consueto criterio di riparto – su colui che agisce, ossia sul ricorrente (in sede procedimentale, il richiedente l’accesso agli atti)” (Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2023 ord. n. 787, §. 2.11.) e che “la portata di tale onere probatorio dipende dal caso concreto” (Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2020 n. 4016).
9.7. La problematica è stata oggetto anche di pronunce delle Corti sovra nazionali.
9.7.1. La Corte di Giustizia (Corte di giustizia Comunità Europee, Sez. III, 14 febbraio 2008, n. 450/06) ha evidenziato che “…il principio del contraddittorio non implica che le parti abbiano un diritto di accesso illimitato e assoluto al complesso delle informazioni relative alla procedura di aggiudicazione dei mercati di cui trattasi che sono state presentate all’organo responsabile del ricorso. Al contrario, tale diritto di accesso dev’essere ponderato con il diritto di altri operatori economici alla tutela delle informazioni riservate e dei loro segreti commerciali” (§. 51).
9.7.2. Di recente, la Corte di Giustizia (Corte di giustizia Unione Europea, Grande Sezione, 7 settembre 2021, C‑927/19), in una controversia riguardante un appalto pubblico per la raccolta e il trasporto di rifiuti urbani affidato ad un raggruppamento di operatori economici, ha affermato che:
a) “l’obbligo di motivare una decisione di rigetto dell’offerta di un offerente nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico non implica che quest’ultimo debba disporre di informazioni complete quanto alle caratteristiche dell’offerta selezionata dall’amministrazione aggiudicatrice” (§. 115);
b) “il giudice nazionale competente deve procedere a un esame completo di tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Esso deve inoltre necessariamente poter disporre delle informazioni necessarie, ivi comprese le informazioni riservate e i segreti commerciali, per essere in grado di decidere con piena cognizione di causa (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2008, V., C-450/06, EU:C:2008:91, punto 53)” (§. 130);
c) “Il giudice nazionale competente deve altresì controllare l’adeguatezza della motivazione della decisione con la quale l’amministrazione aggiudicatrice ha rifiutato di divulgare le informazioni riservate…” e che “…spetta al giudice nazionale competente conciliare il diritto del richiedente a un ricorso effettivo, ai sensi dell’articolo 47 della Carta, con il diritto alla tutela delle informazioni di natura riservata di tale operatore” (§. 135); […]
9.9. In particolare, il Collegio evidenzia come rimangano ben distinti nell’ambito del procedimento (e, poi, del processo): la valutazione che l’amministrazione è chiamata a compiere sull’istanza di accesso e sulla sussistenza dei presupposti per il suo accoglimento ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge n. 241/1990; la valutazione sulla sussistenza dei segreti tecnici o commerciali; la valutazione della sussistenza delle esigenze della difesa in giudizio in capo a chi ha formulato la richiesta di accedere a documenti contenenti le informazioni predette.
Ciascuno dei momenti enucleati in base alla normativa di riferimento dovrà essere positivamente valutato prima che si proceda al passaggio logico successivo, sicché se l’istanza di accesso non presenta i requisiti richiesti per il suo accoglimento ciò precluderà in radice che si faccia questione dell’esistenza di segreti tecnici e commerciali; se invece l’istanza sarà favorevolmente valutata e non dovessero sussistere segreti tecnici o commerciali, non sarà necessario valutare la sussistenza di esigenze di difesa in capo all’istante; se invece, dovessero essere valutate favorevolmente l’istanza di accesso e la “motivata e comprovata dichiarazione” del controinteressato fondata sulla sussistenza di segreti tecnici o commerciali (sulla quale si richiama, Cons. Stato, Sez. V 31 marzo 2021, n. 2714), l’amministrazione sarà chiamata ad operare un bilanciamento fra le contrapposte esigenze, dovendo giudicare l’effettiva sussistenza del nesso di strumentalità (Cons. Stato, n. 369 del 2022) o del “collegamento necessario fra la documentazione richiesta e le proprie difese” (Cons. Stato, ord. n. 787 del 2023). 9.9.1. La ricerca del “punto di equilibrio” (Cons. Stato, III, 26 ottobre 2018, n. 6083; 17 marzo 2017, n.1213) fra interesse (o “diritto”) all’accesso, da un lato, e esigenze di riservatezza nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, dall’altro, implica, dunque, che l’istanza di accesso sia in sé meritevole di accoglimento, perché adeguatamente “giustificata” sul piano del procedimento (arg. da 25, comma 2, legge n. 241 del 1990, che richiede una “richiesta…motivata” e da Cons. Stato, Ad. plen., n. 10 del 2020, §. 11.9.), così da consentire all’amministrazione di apprezzare, nel procedimento, “le finalità dell’accesso… dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 19 del 2020, §. 9.2.).
Seguendo l’ordine delle censure proposte con l’appello, con il primo mezzo si denuncia la presenza dell’aggiudicatario ai sopralluoghi richiesti dal disciplinare di gara a pena di esclusione presso il complesso sportivo oggetto di gara, il quale, per tale ragione, sarebbe stato posto in grado di conoscere in anticipo i nominativi degli eventuali partecipanti e parametrare di conseguenza la loro offerta.
Il Collegio rileva che non possono essere condivise le suddette critiche atteso che, come in più occasioni precisato dalla giurisprudenza, la decisione di espletare il sopralluogo non determina come conseguenza che l’operatore economico presenterà l’offerta per partecipare alla gara (Cons. Stato n. 6097 del 2019). Nella specie, inoltre, non risulta dai fatti di causa che, successivamente al sopralluogo, vi sia stata una qualche condotta che abbia potuto ingenerare almeno il dubbio di una violazione del principio della segretezza delle offerte. La giurisprudenza, in fattispecie analoghe, ha precisato che la mera conoscenza dei soggetti che hanno chiesto di effettuare sopralluogo non integra la violazione dell’art. 53, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, nelle procedure aperte, in relazione all’ “elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime” (art. 53, comma 2, lett. a), “poiché la richiesta di sopralluogo o la proposizione di quesiti circa le sua modalità alla Stazione appaltante non costituisce elemento infallibilmente sintomatico, anche per altri soggetti eventualmente interessati a partecipare, di certa futura partecipazione alla gara né, ancor meno, immediata manifestazione di volontà partecipativa o forma equipollenti di offerta” (Cons. Stato, sez. III, 4 settembre 2019, n. 6097).
Il giudice di prima istanza ha fatto buon governo di tali principi, escludendo che la presenza del gestore uscente ai sopralluoghi degli altri concorrenti possa avere rappresentato una violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016.
5.1. Osserva anzitutto il Collegio che l’art. 22 della L. n. 241 del 1990, ai commi 2 e 3, precisa che “l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, e che “tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6”.
5.2. Con la richiesta di accesso relativa agli atti del lotto n. 3, E.P. ha specificato di avere interesse ad impugnare gli atti di gara e l’aggiudicazione per poter far valere i suoi diritti presso le sedi giudiziarie competenti, disposta dal D.lgs. n. 50/2016 e s.m.i.
5.3. In proposito la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 10 del 2020 riguardo al diritto di accesso civico – che, nella specie, non può essere del tutto escluso, spettando al giudice di interpretare nel suo complesso la domanda formulata dal richiedente – ha avuto modo di chiarire che l’istituto de quo “debba trovare applicazione […] anche alla materia dei contratti pubblici, in tal caso valendo come “diritto di ‘chiunque’, non sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza”, che “viene riconosciuto e tutelato «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33 del 2013)” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10, spec. par. 22.1 ; per l’applicazione del principio, cfr. Cons. Stato, III, 25 gennaio 2021, n. 697).
5.4. Trattasi, dunque, di un diritto il cui esercizio non abbisogna di specifica motivazione e che presenta carattere autonomo, essendo slegato dalla titolarità di altre situazioni giuridiche da tutelare.
Il suddetto accesso “è applicabile anche agli atti delle procedure di gara002C incontrando quale unica eccezione – oltre ai limiti cd. “assoluti” all’accesso di cui all’art. 5-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013 e suoi richiami (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 10 del 2020, cit., spec. par. 24 ss.) – quella dei limiti cd. “relativi” correlati agli interessi-limite, pubblici e privati, previsti dall’art. 5-bis, comma 1 e 2, d.lgs. n. 33 del 2013, nella prospettiva del bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.
5.5. Analogamente, come ha avuto modo di chiarire la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 9 marzo 2020, n. 1664), “la richiesta di accesso agli atti è indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata e, dunque, la legittimazione per l’accesso non può essere valutata neppure facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, essendo tale valutazione ultronea 5.6. Ne consegue l’infondatezza delle censure sollevate dall’appellante, dovendosi ritenere che l’impresa esclusa da una procedura concorsuale per l’aggiudicazione di un appalto pubblico ben possa accedere nella forma più ampia agli atti del procedimento di gara, perché una volta conclusasi la procedura concorsuale i documenti prodotti dalle ditte partecipanti assumono rilevanza esterna, sia in quanto la documentazione prodotta ai fini della partecipazione ad una gara di appalto indetta dalla pubblica amministrazione esce dalla sfera esclusiva delle imprese per formare oggetto di valutazione comparativa essendo versata in un procedimento caratterizzato dai principi di concorsualità e trasparenza. (Cons. Stato, sez. VI, 7 giugno 2006, n. 3418) 5.7. È vero che solo l’art. 13 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, espressamente prevedeva la legittimazione del concorrente escluso ad accedere agli atti di gara, mentre analoga previsione non è stata poi riprodotta nel d.lgs. n. 50 del 2016, ma appare ragionevole non escludere la legittimazione del concorrente escluso oltre che per le ragioni sopra esposte circa la possibilità di esaminare l’istanza anche in chiave di accesso ex d.lgs. n. 33/2016 e ss.mm. ii., anche sotto il profilo diacronico. 5.8. Sotto quest’ultimo aspetto va rilevato che, come autorevolmente è stato sostenuto, il principio di trasparenza nella sua accezione più piena comporta che, «dove un superiore pubblico interesse non imponga un momentaneo segreto, la casa dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro».
L’appellante ha presentato al Ministero della salute una istanza di accesso c.d. difensivo, ai sensi dell’art. 24, comma 7, legge n. 241/90, come emerge dalla documentazione in atti e in tale prospettiva è stato proposto il ricorso di primo grado.
Pertanto, le doglianze formulate vanno esaminate coerentemente con la causa petendi fatta valere, nella prospettiva dell’accesso documentale di cui agli articoli 22 e ss l. n. 241 del 1990, applicabile anche alle procedure ad evidenza pubblica, pur con i profili di specialità del relativo regime e, in particolare, l’interesse fatto valere dall’appellante è riferito alla “necessità” del documento – o alla “stretta indispensabilità” in caso di documento idoneo a rivelare dati sensibili o giudiziari – “per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.
2. Con le sentenze 25 settembre 2020, n. 19, 20 e 21 l’Adunanza plenaria ha precisato che l’accesso difensivo è consentito, qualora la parte dimostri:
a) la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento in presenza di un “nesso di strumentalità” tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica “finale”, da accertare mediante un giudizio prognostico ex ante, nel senso che il documento richiesto è stimato necessario ad acquisire elementi di prova in ordine ai fatti – principali e secondari – integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica “finale” controversa e delle pretese astrattamente azionabili in giudizio; in relazione a tale condizione l’Adunanza plenaria ha ulteriormente aggiunto che:
a1) è richiesto che la situazione soggettiva “finale”, direttamente riferibile al richiedente, sia “concretamente e obiettivamente incerta e controversa tra le parti”, per essere in corso una “crisi di cooperazione”, quanto meno da pretesa contestata, non essendo sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e subiettiva, anche se non sia ancora pendente un processo in sede giurisdizionale;
a2) al fine di verificare la corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) cui la stessa fattispecie si compone, l’interprete è tenuto a operare, “in termini di pratica sussunzione”, il raffronto tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale;
a3) il giudizio sull’interesse legittimante è ancorato inoltre ai canoni della “immediatezza”, “concretezza” e “attualità” (ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d) l. n. 241 del 1990);
che, inoltre, l’istante dimostri:
b) la corrispondenza, mediante la quale è circoscritto l’interesse all’accesso agli atti solo ad una situazione giuridicamente tutelata;
c) il collegamento, nel senso che il legislatore richiede non solo che la situazione legittimante l’accesso sia corrispondente al contenuto di un astratto paradigma legale, ma sia anche collegata al documento in modo da evidenziare in maniera diretta ed univoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento, “e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite”.
3. Come chiarito dall’Adunanza plenaria con le sentenze nn. 19, 20 e 21 del 2020, sono due le logiche all’interno delle quali opera l’istituto dell’accesso: la logica partecipativa e della trasparenza (propria dell’accesso procedimentale in senso stretto, limitato alle parti – effettive e potenziali – del procedimento amministrativo) e quella difensiva, la quale ultima è costruita intorno al principio dell’accessibilità dei documenti amministrativi per esigenze di tutela, anche da parte di soggetti estranei al procedimento, e si traduce in un onere aggravato sul piano probatorio, nel senso che incombe alla parte interessata l’onere di dimostrare che il documento, al quale intende accedere, è necessario (o, addirittura, strettamente indispensabile se concerne dati sensibili o giudiziari) per la cura o la difesa dei propri interessi.
In altri termini, l’accesso difensivo trascende la dimensione partecipativa procedimentale e la stessa logica della trasparenza della funzione amministrativa, essendo per contro funzionale alla necessità dell’istante di «curare» (anche in sede pre- o stragiudiziale) o di «difendere» (in sede giudiziale) un bene-interesse giuridicamente rilevante oggetto della situazione giuridica soggettiva ‘finale’ asseritamente lesa, ossia di soddisfare l’esigenza di acquisire, tramite il documento esibendo, già in sede stragiudiziale e nella fase preprocessuale, la conoscenza dei fatti rilevanti ai fini della composizione di una res controversa, e, nel caso di mancata composizione del conflitto, ai fini della produzione in giudizio ad opera della parte.
L’accesso difensivo non attiene soltanto al rapporto procedimentale tra il privato e la pubblica amministrazione, ovvero tra privati in cui si fa questione dell’esercizio del potere da parte di un’autorità amministrativa, ma ricomprende gli elementi utili a dimostrare i fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi delle situazioni giuridiche in generale, indipendentemente dall’esercizio del potere nel singolo caso concreto e dal contesto entro il quale l’interesse può essere ‘curato’ o ‘difeso’, e quindi anche fuori dal processo ed anche in una lite tra privati.
4. Avuto riguardo alla controdedotta esigenza di tutela della riservatezza, il Collegio osserva che nella scala gerarchica dei valori da considerare, in occasione della disamina delle ragioni che giustificano una domanda di accesso, quelle legate alle esigenze di difesa del richiedente non prevalgono sempre e comunque su qualunque altro interesse, specie se contrapposto, giacché invocato da chi, di contro, deduce che, consentendosi l’accesso, si permetterebbe il disvelamento di propri dati, ritenuti sensibili, contenuti nella documentazione amministrativa da altri chiesta. E’ anche vero che, entro determinati limiti, un’effettiva esigenza di difesa, non altrimenti suscettibile di appagamento (ossia che non è possibile soddisfare se non acquisendo conoscenza proprio di quella particolare documentazione che reca altresì, in seno, il dato sensibile che riguarda un soggetto terzo e, perciò, controinteressato), può prevalere sui contrapposti interessi alla riservatezza. Lo strumento attraverso il quale contemperare in concreto la contrapposizione di interessi innanzi detta è costituito – ad avviso del Collegio – dal parametro della “stretta indispensabilità” di cui all’art. 24, comma 7, secondo periodo, della l. n. 241/1990, giacché esso è quello che, proprio a livello legislativo, viene considerato idoneo a giustificare la prevalenza dell’interesse di una parte – mossa dall’esigenza di “curare o difendere propri interessi giuridici” – rispetto all’interesse di un’altra parte, altrettanto mossa dall’esigenza di “curare o difendere propri interessi giuridici” legati ai dati sensibili che la riguardano e che possono essere contenuti nella documentazione chiesta in sede di accesso.
5. Come ha rilevato la giurisprudenza di questo Consiglio, sussiste una differenza tra l’accesso ordinario e quello civico, ove si consideri che l’art. 22 della legge n. 241 del 1990 consente l’accesso ai documenti a chiunque vi abbia un interesse finalizzato alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (Cons. Stato, Sez. V, 19 maggio 2020, n. 3176), mentre l’accesso civico generalizzato è riconosciuto e tutelato al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico può essere esercitato da chiunque (quanto alla legittimazione soggettiva) e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 2 aprile 2020, n. 10).
L’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013 ha, dunque, inteso superare il limite del divieto del controllo generalizzato sull’attività delle pubbliche amministrazioni (e dei soggetti ad essa equiparati) previsto dallo strumento dell’accesso documentale come disciplinato dalla legge n. 241 del 1990. Nell’accesso civico generalizzato, nel quale la trasparenza si declina come “accessibilità totale”, si ha un accesso dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa (Cons. Stato, Sez. VI, 5 ottobre 2020, n. 5861).
Tale ontologica differenza impone di ritenere che le due istanze di accesso contenute nella richiesta notificata l’8 marzo 2021, per quanto contenutisticamente analoghe, non siano sovrapponibili sotto il profilo soggettivo (della legittimazione) e dei presupposti, dovendosi riconoscere una oggettiva modifica della fonte della domanda ostensiva e delle ragioni poste a suo fondamento.
6. Per la consolidata giurisprudenza, pur se la mancata impugnazione del diniego nel termine di decadenza non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego o nel caso in cui a questo debba riconoscersi carattere meramente confermativo del primo (Cons. Stato, Ad. plen., 20 aprile 2006, n. 7), il diniego non ha natura meramente confermativa allorché la successiva istanza di accesso sia basata su fatti nuovi e su di una diversa prospettazione della legittimazione all’accesso (Cons. Stato, Sez. V, 6 novembre 2017, n. 5996).
A maggior ragione, tale principio rileva quando una ulteriore istanza d’accesso è basata su un quadro normativo diverso da quello posto a base della precedente istanza, sicché sussiste l’obbligo di esaminarla (Cons. Stato, Sez V, n. 3162/2021).
7. La disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei o assoluti di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara, ed in particolare all’esecuzione dei contratti pubblici (nel cui contesto si colloca la fase del collaudo, alla quale pertiene la documentazione di cui l’appellante ha chiesto l’ostensione), ma deve essere verificata la compatibilità di tale forma di accesso con le eccezioni enucleate dall’art. 5-bis, commi 1 e 2, dello stesso d.lgs. n. 33 del 2013, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza (Cons. Stato, Ad. Plen., 2 aprile 2020, n. 10). 8. Nel caso di specie l’interessato ha motivato la richiesta di accesso civico generalizzato, dichiarando di voler conoscere, per verificare le modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, “con quali mezzi e con quali soluzioni logistiche la -OMISSIS- S.p.A. intende assicurare la capillarità del servizio di distribuzione dei presidi di ossigenoterapia”. 9. Per quanto precede, l’appello è fondato e va accolto, sicché – in riforma della sentenza impugnata e tenuto conto che per ragioni processuali la questione esaminata dalla Sezione ha riguardata la sussistenza o meno dell’obbligo di provvedere – il ricorso di primo grado va accolto, con la declaratoria dell’obbligo della società appellata di esaminare l’istanza di accesso civico, dovendo essa verificare la sussistenza in concreto dei presupposti per il suo accoglimento.
Sommario: 1. Premessa: cenni alla normativa – 2. L’accesso agli atti “difensivo”: bilanciamento tra diritto alla riservatezza e diritto di difesa con particolare riferimento al concorrente secondo classificato – 3. L’accesso agli atti: modalità – 4. L’applicabilità dell’accesso civico generalizzato in materia di appalti pubblici
In un panorama legislativo caratterizzato da una pluralità di discipline in materia di accesso agli atti, il contributo intende fornire alcune indicazioni sulla normativa applicabile e sulle peculiarità principali dell’accesso agli atti nell’ambito dei contratti pubblici.
a cura di
Redazione
Premessa: cenni alla normativa
L’accesso agli atti rappresenta l’istituto mediante il quale si garantisce ai soggetti interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti nell’ambito di un procedimento.
La primigenia disciplina è contenuta all’interno degli articoli 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241 la quale si occupa del diritto di accesso cosiddetto “documentale” ossia quello che rileva nell’ambito del processo amministrativo e che presuppone che l’istante sia titolare di una posizione differenziata e qualificata all’ostensione del documento. In particolare, in forza di detta disciplina, è legittimato a richiedere l’accesso ai documenti amministrativi unicamente il soggetto portatore di una situazione di interesse “diretto, concreto ed attuale” corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti ai quali è chiesto l’accesso. La normativa postula dunque una necessaria e motivata “strumentalità” del documento richiesto alla tutela di una posizione giuridica soggettiva dell’istante ed ovviamente la sua inerenza con il procedimento amministrativo.
Diversa è invece la disciplina contenuta all’art. 5 del d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33 relativamente al cosiddetto accesso “civico”, che esula da quella strumentalità necessitata dall’accesso documentale per estendere l’accessibilità a tutti gli atti amministrativi che sottendano un interesse pubblico alla loro ostensione. Si tratta di uno strumento che ha il chiaro fine di tutelare, massimizzare e valorizzare il principio della trasparenza dell’agere amministrativo, sull’assunto che la possibilità di visionare gli atti amministrativi garantisce un controllo diffuso dei consociati sull’attività amministrativa stessa, con ciò favorendo ed incentivando la correttezza e la legittimità dell’operato della Pubblica Amministrazione. Nell’alveo dell’accesso civico, si differenziano l’accesso civico “semplice” e quello “generalizzato” o “universale”. In termini meramente definitori, e senza pretesa di esaustività sul tema, la prima categoria d’accesso ha ad oggetto i documenti che l’Amministrazione ha l’obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale, mentre la seconda prescinde da tale obbligo.
Esistono poi diverse discipline di settore in tema di accesso agli atti, modulate in relazione agli ambiti di operatività, tra le quali è possibile annoverare, per quanto rileva ai fini del presente contributo, quella di cui all’art. 53 deld.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 che introduce un regime derogatorio e speciale caratterizzante l’accesso agli atti nell’ambito delle procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici.
L’accesso agli atti “difensivo”: bilanciamento tra diritto alla riservatezza e diritto di difesa con particolare riferimento al concorrente secondo classificato
Nell’ambito delle procedure di gara il diritto di accesso agli atti viene esercitato principalmente del concorrente che non ha conseguito l’aggiudicazione (istante) al fine di vagliare eventuali profili di illegittimità nell’operato della Stazione Appaltante rispetto alla valutazione dell’offerta del concorrente aggiudicatario (controinteressato) da fare valere, se del caso, dinnanzi all’Autorità Giudiziaria.
È evidente che la richiesta di accesso del concorrente istante implica l’ostensione non solo di tutti gli atti amministrativi adottati nello svolgimento della procedura (verbali di sedute, provvedimenti di esclusione ed altri) ma anche dell’offerta dell’aggiudicatario, la quale rappresenta il fulcro stesso dell’istanza.
Orbene, generalmente l’offerta dei concorrenti in una gara ai sensi del d.lgs. n. 50/2016 è composta dalla documentazione amministrativa, dall’offerta tecnica (in caso di affidamento con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) e dall’offerta economica, in grado di disvelare potenzialmente taluni segreti tecnici o commerciali connessi all’impiego di particolari tecnologie e conoscenze specifiche del singolo operatore economico.
In considerazione della specificità del settore di riferimento, la normativa speciale introduce quale causa di esclusione dell’accesso proprio le suddette informazioni a contenuto tecnico o commerciale. Infatti, l’art. 53 comma 5 del d.lgs. n. 50/2016 stabilisce: «Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione: a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali».
Sennonché tale precisazione sconta la necessità di essere compendiata con il diritto, costituzionalmente garantito, alla tutela giurisdizionale ed al diritto alla difesa da parte degli altri concorrenti e, in questo senso, il comma 6 del medesimo articolo 53 citato stabilisce: «In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto.» Trattasi di un precipitato di quanto già affermato all’interno dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, ai sensi del quale «Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.».
Occorre, dunque, rilevare che, con riferimento al bilanciamento tra i contrapposti interessi in gioco, è lo stesso Legislatore che prevede «l’esclusione e il divieto di ogni forma di divulgazione delle “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”. Ciò, nel caso generale in cui l’accesso sia richiesto, come è ben possibile ai sensi della disciplina generale dettata in materia, per interessi non “difensivi”.Viceversa, qualora il richiedente vanti un interesse “difensivo”, il successivo comma 6 del medesimo art. 53 – il quale trova, evidentemente, il suo fondamento nel diritto di difesa, costituzionalmente tutelato dall’art. 24 Cost. – precisa che “In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”» (TAR Roma, 11.08.2021 n. 9363).
Sul punto, va tuttavia evidenziato che qualora sia l’operatore economico secondo classificato a proporre istanza di accesso, la specificazione dell’interesse a sostegno della richiesta risulterebbe del tutto pleonastica «poiché non v’è Stazione Appaltante che non sappia che essa è fatta per verificare la legittimità degli atti della procedura a tutela dell’interesse ad ottenere l’affidamento dell’appalto mediante annullamento, eventualmente anche in sede giurisdizionale, del provvedimento di aggiudicazione, e, dunque, in questa ottica, per finalità difensive. Avvertita di ciò, la stazione appaltante è nondimeno consapevole che l’interesse del richiedente può essere soddisfatto solo mettendogli a disposizione tutti gli atti di gara, e tra questi, specialmente, gli atti che più condizionano l’aggiudicazione, vale a dire le offerte e, per venire all’oggetto del presente giudizio, le giustificazioni rese in sede di anomalia (unici atti, del resto, espressamente nominati dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 12 del 2020 nella trattazione dedicata all’istanza di accesso di gara).» (Consiglio di Stato, sez. V, 25.10.2021 n. 7141).
Ulteriormente, è stato osservato che «la collocazione al secondo posto in graduatoria di un operatore attribuisce allo stesso una posizione particolarmente qualificata nell’ambito della procedura di gara” (arg. ex T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 20 giugno 2017, n. 679)» (TAR Venezia, 04.07.2019 n. 803). Rispetto all’intenzione palesata dal ricorrente di introdurre azioni giudiziarie a tutela delle proprie ragioni, non può ritenersi superflua la conoscenza di documenti da cui possono emergere fatti che potenzialmente costituiscono cause ostative all’aggiudicazione. Pertanto, «l’accesso documentale funzionale alla difesa in giudizio non può fare a meno dell’integrale contenuto dei moduli DGUE, dei relativi allegati e delle dichiarazioni rese ex art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, in quanto solo la completa acquisizione di essi consente di verificare se gli operatori controinteressati abbiano correttamente notiziato la stazione appaltante di tutti gli eventuali precedenti e/o pendenze penali ovvero di tutte le pregresse risoluzioni contrattuali o di qualsiasi altro fatto idoneo ad essere giudicato quale grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, o quale causa espulsiva in base alle altre ipotesi previste dal medesimo art. 80; analogamente, solo la conoscenza delle risultanze del casellario giudiziale e dei carichi pendenti consente di verificare se gli operatori hanno dichiarato tutti i precedenti e/o le pendenze penali oppure se li hanno taciuti in tutto o in parte” (…) Tale rilievo, del resto, rappresenta unicamente un’applicazione del più generale principio, affermato dalla costante giurisprudenza amministrativa che ha interpretato la normativa in materia, secondo cui “l’accesso ai documenti amministrativi prevale in ogni caso, anche sui dati cd. sensibili, qualora sia strumentale alla cura o alla difesa degli interessi giuridici del richiedente” (C.d.S., Sez. V, n. 6318/2009” (T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. IV, 22/08/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 22/08/2020), n.1582). Le medesime considerazioni valgono anche per la documentazione relativa allo svolgimento delle verifiche relative al possesso dei requisiti espletate nella fase successiva all’aggiudicazione, in vista della stipula del contratto, trattandosi di documentazione facente parte del procedimento di affidamento, da cui possono emergere eventuali cause ostative all’aggiudicazione il cui interesse conoscitivo per la ditta seconda classificata non è revocabile in dubbio» (TAR Venezia, 21.06.2022 n. 1065).
Diversamente, ovvero in caso di istanza di accesso agli atti da parte di operatori economici classificati in posizioni successive alla seconda, potrebbe non essere ritenuta meritevole di accoglimento, da parte della Stazione Appaltante, un’istanza di accesso tesa meramente a sondare l’astratta proponibilità di un ricorso giurisdizionale, anche se recentemente è stato affermato che «la situazione legittimante l’accesso documentale ex art. 53 comma 1 e 22 l. 241/90 è ravvisabile nella circostanza che l’istante ha richiesto l’accesso agli atti di gara inerenti la procedura ad evidenza pubblica cui ha preso parte e la cui legittimità intende scrutinare, anche valutando la corretta valutazione delle ammissione degli altri concorrenti – da intendersi riferita a quelli che lo precedono in graduatoria – e la corretta valutazione delle loro offerte, per cui sussiste senza dubbio un interesse attuale e concreto alla conoscenza degli atti di gara; a tali fini non è rilevante la circostanza che lo stesso si sia collocato all’ottavo posto in graduatoria, in quanto questa circostanza non potrebbe rilevare neppure ove venga in rilievo l’accesso a documenti riservati ex art. 24 comma 7 l. 241/90, atteso che, – fermo restando il più grave onere di allegazione gravante sull’istante e che comunque deve intendersi soddisfatto, nell’ipotesi di specie, con il richiamo alla necessità di delibare la corretta ammissione e la corretta valutazione delle offerte degli altri concorrenti (da intendersi quelli che precedono l’istante in graduatoria), non potendo esigersi una specificazione più puntuale in assenza del rifiuto dell’ostensione degli atti della procedura di gara – come precisato nella citata decisione dell’Adunanza Plenaria n. 4 del 2021 “la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990”.» (Consiglio di Stato, sez. V, 29.04.2022 n. 3392).
Il concorrente controinteressato, dal suo canto, non può opporsi ad un’istanza di accesso agli atti limitandosi ad asserire che i documenti richiesti contengono segreti «commerciali e industriali»; tale opposizione, per ritenersi fondata e prevalente, deve essere adeguatamente circostanziata con riferimento alle informazioni che lo stesso intende mantenere segrete e con la precisazione delle ragioni per le quali esse non possono essere diffuse. Peraltro la Stazione Appaltante potrebbe comunque consentire un accesso parziale agli atti, eventualmente oscurati nelle specifiche parti contenenti segreti tecnici o commerciali.
L’accesso agli atti: modalità
La legge sul procedimento amministrativo, comunque applicabile in materia di contratti pubblici, è compendiata dalle indicazioni operative e applicative fornite all’interno del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 «Regolamento recante la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi» il quale al secondo comma dell’art. 5 dispone che: «Il richiedente deve indicare gli estremi del documento oggetto della richiesta ovvero gli elementi che ne consentano l’individuazione, specificare e, ove occorra, comprovare l’interesse connesso all’oggetto della richiesta, dimostrare la propria identità e, ove occorra, i propri poteri di rappresentanza del soggetto interessato».
Si tratta di una modalità di accesso ai documenti amministrativi massimamente semplificata considerato non solo che può essere presentata anche verbalmente, ma altresì che il richiedente può limitarsi anche solo ad indicare gli elementi essenziali dell’atto cui vuol accedere, spettando poi all’Amministrazione la sua esatta identificazione al fine di darvi riscontro, nello spirito di massima apertura dell’Amministrazione alle istanze dei privati a garanzia della totale trasparenza della sua azione. Orbene, l’accesso agli atti dell’operatore economico partecipante ad una procedura di gara si realizza proprio per il tramite della richiamata modalità semplificata, comunemente definita «accesso informale».
In quest’ottica il concorrente che intende accedere a tutti gli atti della procedura potrà impiegare anche una generica locuzione, quale a titolo esemplificativo agli «atti del procedimento in oggetto», essendo ciò sufficiente ad onerare la Stazione Appaltante a mettere a disposizione del richiedente tutti gli atti di gara, ivi compresi quelli provenienti dagli altri operatori laddove necessari ad esaminare la correttezza dell’operato relativamente alla procedura per il quale è chiesto. Di conseguenza, non potrà la Stazione Appaltante legittimamente sottrarre alcun documento dall’accesso motivando soltanto sulla base di una eventuale mancata specificazione nella relativa istanza. Va peraltro segnalato che, se la Stazione Appaltante tiene un comportamento dilatorio, ostacolando senza ragione la piena conoscenza degli atti di gara, il termine di impugnazione decorrerà dalla piena conoscenza dei documenti da parte dell’operatore economico interessato.
L’applicabilità dell’accesso civico generalizzato in materia di appalti pubblici
La giurisprudenza è stata per molto tempo divisa sull’applicabilità dell’accesso civico generalizzato in materia di appalti pubblici, seguendo orientamenti diametralmente opposti.
Un primo orientamento è teso a riconoscere l’applicazione dell’accesso civico generalizzato anche in tale ambito, in un’ottica interpretativa dinamica e coerente con i principi costituzionali di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa, senza incorrere in limitazioni conseguenti unicamente ad un mancato coordinamento fra disposizioni normative succedutesi nel tempo. Un secondo orientamento, di contro, è risultato sfavorevole all’estensione di tale istituto agli atti di gara, sulla base dell’art. 5 bis, comma 3, del d. lgs. n. 33/2013 che ne esclude l’applicazione nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 53, comma 1, del d. lgs. n. 50/2016 nel caso delle procedure di gara.
Con intervento risolutivo, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 02.04.2020 n. 10 ha affermato l’esperibilità dell’accesso civico generalizzato anche nella materia dei contratti pubblici ed ha ricordato la finalità e l’obiettivo dell’istituto, da rinvenirsi nello «scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. 33/2013), finalità che consente il superamento dei limiti connaturati all’accesso documentale, il quale non può essere preordinato ad un controllo generalizzato sull’attività della pubblica amministrazione.
L’Adunanza Plenaria ha quindi ritenuto preferibile un approccio interpretativo che evitasse di individuare nuovi limiti all’esercizio del diritto di accesso, imponendo così una lettura tassativa e quindi restrittiva delle ipotesi in cui può essere opposto il diniego all’esercizio di tale forma di accesso. In particolare ha precisato come non possa essere escluso l’accesso generalizzato ad interi ambiti di materie per il sol fatto che esse prevedano casi di accesso limitato e condizionato, compresi quelli regolati dalla l. n. 241/1990 perché, se così fosse, il principio di specialità condurrebbe sempre all’esclusione di quella materia dall’accesso, con la conseguenza, irragionevole, che la disciplina speciale o, addirittura, anche quella generale dell’accesso documentale, in quanto e per quanto richiamata per relationem dalla singola disciplina speciale, assorbirebbe e vanificherebbe l’accesso civico generalizzato. In definitiva, l’Adunanza Plenaria ha privilegiato un’interpretazione che assicurasse l’integrazione reciproca delle discipline generali e speciali, in un’ottica che, mirando a tutelare la trasparenza dell’operato della Pubblica Amministrazione, non tollera limiti ingiustificati – specie per intere materie – alla soddisfazione dell’interesse conoscitivo (c.d. “right to know”) quale espressione di una libertà fondamentale in un ordinamento democratico. Pertanto, tutte le volte in cui non si ravvisano limiti imposti dalla normativa dell’accesso civico, non vi è motivo di inibirne l’applicabilità anche alla disciplina dei contratti pubblici, in tutte le sue fasi, anche successive all’aggiudicazione. Del resto, l’esigenza di correttezza, trasparenza nella materia dei contratti pubblici è particolarmente sentita atteso che proprio nella fase di esecuzione dei rapporti contrattuali spesso si annidano fenomeni patologici di cattiva amministrazione, corruzione e infiltrazione mafiosa, con esiti di inefficienza e malgoverno tali da pregiudicare persino il godimento di diritti fondamentali da parte dei cittadini nella loro pretesa ai diritti sociali.
Al riguardo, è stato recentemente confermato (Consiglio di Stato, sez. V, 11.04.2022 n. 2670) che l’istituto «“debba trovare applicazione […] anche alla materia dei contratti pubblici” e, in specie, “all’esecuzione dei contratti pubblici”, in tal caso valendo come “diritto di ‘chiunque’, non sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza”, che “viene riconosciuto e tutelato «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33 del 2013)” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10, spec. par. 22.1 e massime enunciate; per l’applicazione del principio, cfr. Cons. Stato, III, 25 gennaio 2021, n. 697). Trattasi dunque di un diritto il cui esercizio non abbisogna di specifica motivazione, e che presenta carattere autonomo, essendo slegato dalla titolarità di altre situazioni giuridiche da tutelare. Il suddetto accesso “è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici”, incontrando quale unica eccezione – oltre ai limiti cd. “assoluti” all’accesso di cui all’art. 5-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013 e suoi richiami (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 10 del 2020, cit., spec. par. 24 ss.) – quella dei limiti cd. “relativi” correlati agli interessi-limite, pubblici e privati, previsti dall’art. 5-bis, comma 1 e 2, d.lgs. n. 33 del 2013, nella prospettiva del bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.».
Resta tuttavia esclusa l’ostensione documentale, anche sulla base della disciplina dell’accesso civico, finalizzata unicamente all’esercizio di un controllo generalizzato dell’operato dell’Amministrazione, ossia allo scopo di «verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati, atteso che l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi deve essere comparato con altri interessi rilevanti, tra cui quello dell’amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria attività gestoria, presidiata anche a livello costituzionale (in termini Cons. Stato, V, 25 settembre 2006, n. 5636).» (Consiglio di Stato, sez. V, 02.03.2021 n. 1779).
9. – Così tratteggiati, in estrema sintesi, gli argomenti e i rilievi opposti dalla P.A. e dal controinteressato al riconoscimento, nel caso di specie, dell’operatività dell’accesso civico generalizzato, giova osservare come l’istanza ostensiva formulata da parte ricorrente riguardi “la visione e l’estrazione in copia di tutti – e proprio tutti – i documenti amministrativi/contabili relativi alla fase successiva alla risoluzione contrattuale e, pertanto, alla fase esecutiva dell’affidamento, ivi compresi a mero titolo esemplificativo: […].
9.1. – Anzitutto, diversamente da quanto affermato dal consorzio -OMISSIS-, nel caso di specie non paiono sussistere dubbi, vista anche la natura degli atti richiesti alla P.A., sulla coerenza dell’esigenza conoscitiva del ricorrente rispetto alle finalità alle quali è preordinata la previsione dello strumento dell’accesso civico generalizzato, segnatamente la sua strumentalità rispetto allo scopo di favorire “forme di controllo […] sull’utilizzo delle risorse pubbliche”. I dati e i documenti richiesti in ostensione attengono a scelte amministrative, all’esercizio di funzioni istituzionali, all’organizzazione e alla spesa pubblica, sicché ben possono essere considerati di interesse pubblico e, quindi, conoscibili, a meno di rinvenire concomitanti interessi pubblici e privati prevalenti da salvaguardare, che qui non ricorrono.
9.2. – La richiesta di ostensione non si presta, obiettivamente, d’altro canto, a essere qualificata come emulativa ovvero quale atto in cui si concreterebbe una sorta di abuso del diritto di accesso civico generalizzato e il richiesto accesso nemmeno risulta ictu oculi sproporzionato o manifestamente oneroso, né tale da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il corretto funzionamento dell’amministrazione (Cons. di Stato, Sez. V, n. 5714/2021).
9.3. – Quanto alla rilevanza che assume la tutela della riservatezza degli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, nella citata decisione n. 10 del 2020 della Adunanza plenaria si afferma che l’istituto dell’accesso civico generalizzato trova applicazione anche per le procedure di esecuzione degli appalti pubblici, ferma restando, tuttavia, la verifica di compatibilità del suddetto accesso con le eccezioni di cui all’art. 5-bis, commi 1 e 2, d.lgs. n. 33 del 2013 e, tra queste, proprio con quella, rilevante nel caso di specie, costituita dalla necessità di “evitare un pregiudizio concreto alla tutela […] [de]gli interessi economici e commerciali di una persona […] giuridica”, rispetto ai quali deve dunque essere costantemente operato, a tale ultimo riguardo, un adeguato “bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza” (punto 38), tenendo conto che trattasi di “limiti certamente più ampi e oggetto di una valutazione a più alto tasso di discrezionalità” (punto 9.4.).
9.4. – Vengono allora in evidenza, rispetto all’accesso documentale “classico”, sul piano della “intensità”, “pretese meno incisive di quelle veicolate dall’accesso documentale”, posto che – in presenza di contro-interessi rilevanti – “lo scrutinio di necessità e proporzionalità appare orientato dalla massimizzazione della tutela della riservatezza e della segretezza, in danno della trasparenza” (Cons. Stato, Sez. V, 20.3.2019, n. 1817). 10. – Ne deriva, non potendo detti interessi essere obliterati o completamente sacrificati, che la valutazione dell’Amministrazione si rivela complessivamente incongrua ed eccessiva nella misura in cui nega tout court l’ostensione richiesta dalla parte ricorrente, sull’irragionevole presupposto, sottostante al rigetto del riesame, che la divulgazione di qualsiasi documento o dato della fase esecutiva del rapporto di pubblico appalto possa, in astratto, risultare lesiva dei richiamati interessi economici e commerciali del Consorzio controinteressato.
10.1. – Il diniego di accesso opposto dal Consorzio -OMISSIS- alla ricorrente, in altre parole, estendendosi indiscriminatamente a tutti i documenti della fase esecutiva del rapporto contrattuale (e ponendosi in discontinuità con il precedente atto di assenso ad analoga richiesta ostensiva del 4.6.2021), è palesemente sproporzionato e come tale illegittimo, dovendo la P.A., all’opposto, ritenersi investita dell’obbligo di concedere l’ostensione dei documenti e delle informazioni richieste, afferenti alla fase esecutiva del pubblico appalto, fatta eccezione per quei dati o informazioni – peraltro non specificamente indicati dal Consorzio o dalla P.A. se non con un alquanto generico richiamo alle “tecniche di esecuzione dei lavori attuate” nonché agli “accordi commerciali” – che, secondo il suo prudente apprezzamento, se esibiti o rivelati, possono risultare idonei a compromettere gli interessi economici e commerciali del controinteressato. 10.2. – In conclusione, le esigenze di salvaguardia dei prospettati interessi privati di cui all’art. 5 bis, c. 2, lett. c, d.lgs. n. 33/2013 non possono certamente condurre al diniego di accesso ma al più costituire il fondamento per l’oscuramento di parte della documentazione (T.A.R. Firenze, sez. I, 24.12.2020, n. 1718), ovvero per lo stralcio di taluni specifici documenti o informazioni richieste dall’interessato.
La stazione appaltante ha negato al ricorrente l’accesso al D.G.U.E., alle dichiarazioni sostitutive degli atti di notorietà inerenti le cause di esclusione di cui all’art. 80 del codice dei contratti pubblici, nonché alla documentazione afferente alle verifiche dei requisiti effettuate dopo l’aggiudicazione in vista della stipula del contratto.
Il ricorrente si è classificato secondo nella graduatoria dei partecipanti alla gara ed ha motivato la propria istanza di accesso affermando di aver necessità di conoscere l’ulteriore documentazione richiesta per tutelare le proprie ragioni.
Va condivisa l’opinione già espressa da questo T.A.R. secondo cui, in termini generali, la collocazione al secondo posto in graduatoria di un operatore attribuisce allo stesso “una posizione particolarmente qualificata nell’ambito della procedura di gara” (arg. ex T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 20 giugno 2017, n. 679)” (T.A.R. Veneto sez. I – Venezia, 04/07/2019, n. 803).
Rispetto all’intenzione palesata dal ricorrente di introdurre azioni giudiziarie a tutela delle proprie ragioni, non può ritenersi superflua la conoscenza di documenti da cui possono emergere fatti che potenzialmente costituiscono cause ostative all’aggiudicazione.
Pertanto, il Collegio condivide l’opinione secondo cui “l’accesso documentale funzionale alla difesa in giudizio non può fare a meno dell’integrale contenuto dei moduli DGUE, dei relativi allegati e delle dichiarazioni rese ex art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, in quanto solo la completa acquisizione di essi consente di verificare se gli operatori controinteressati abbiano correttamente notiziato la stazione appaltante di tutti gli eventuali precedenti e/o pendenze penali ovvero di tutte le pregresse risoluzioni contrattuali o di qualsiasi altro fatto idoneo ad essere giudicato quale grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, o quale causa espulsiva in base alle altre ipotesi previste dal medesimo art. 80;
analogamente, solo la conoscenza delle risultanze del casellario giudiziale e dei carichi pendenti consente di verificare se gli operatori hanno dichiarato tutti i precedenti e/o le pendenze penali oppure se li hanno taciuti in tutto o in parte” (…) Tale rilievo, del resto, rappresenta unicamente un’applicazione del più generale principio, affermato dalla costante giurisprudenza amministrativa che ha interpretato la normativa in materia, secondo cui “l’accesso ai documenti amministrativi prevale in ogni caso, anche sui dati cd. sensibili, qualora sia strumentale alla cura o alla difesa degli interessi giuridici del richiedente” (C.d.S., Sez. V, n. 6318/2009” (T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. IV, 22/08/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 22/08/2020), n.1582). Le medesime considerazioni valgono anche per la documentazione relativa allo svolgimento delle verifiche relative al possesso dei requisiti espletate nella fase successiva all’aggiudicazione, in vista della stipula del contratto, trattandosi di documentazione facente parte del procedimento di affidamento, da cui possono emergere eventuali cause ostative all’aggiudicazione il cui interesse conoscitivo per la ditta seconda classificata non è revocabile in dubbio.
I primi due motivi di ricorso debbono essere rigettati in quanto, al di là della corretta qualificazione della intimata società pubblica (ossia se quotata o meno), i presupposti per avere accesso alla procedura di accesso civico comunque non sussistono dal momento che la presenza di segreti industriali e commerciali impedisce una simile ostensione documentale.
Come ulteriormente evidenziato nella citata decisione n. 10 del 2020 della Adunanza plenaria, infatti:
a) l’istituto dell’accesso civico generalizzato trova applicazione, sì, anche per le procedure di esecuzione degli appalti pubblici, fermo restando in ogni caso la verifica di compatibilità del suddetto accesso con le eccezioni di cui all’art. 5-bis, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013;
b) tra questi limiti rientrano proprio “gli interessi economici e commerciali di una persona … giuridica”;
c) deve dunque essere costantemente operato, a tale ultimo riguardo, un adeguato “bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza” (punto 38);
d) tali stessi limiti, tra cui proprio quello alla riservatezza commerciale e industriale, “sono certamente più ampi e oggetto di una valutazione a più alto tasso di discrezionalità” (punto 9.4.).
[…]
In sostanza le considerazioni della parte appellante si rivelano inidonee, anche sulla base degli scritti difensivi, a radicare “una seria prospettiva di risoluzione del rapporto” (punto 16.1. Adunanza plenaria n. 10 del 2020). L’interesse concreto ed attuale all’anelato accesso risulta dunque non sussistente dal momento che non è stata prospettata una situazione che oggi legittimerebbe o addirittura imporrebbe la risoluzione del contratto e dunque lo scorrimento della graduatoria. Come affermato nella citata sentenza della Adunanza plenaria n. 10 del 2020, infatti, deve essere fornita “la prova dell’inadempimento delle prestazioni contrattuali”. Ciò in quanto l’interesse concreto, attuale e diretto deve preesistere all’istanza di accesso e non deve scaturire in esito alla conoscenza dei documenti richiesti con la medesima istanza: l’istanza di accesso, in altre parole, non deve avere finalità esplorative e dunque risultare preordinata, per via di generiche motivazioni, ad un controllo generalizzato dell’attività amministrativa. La posizione sostanziale, in sintesi, “è la causa e il presupposto dell’accesso documentale e non la sua conseguenza”.
9.3.2. L ’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con il recente pronunciamento n. 4 del 2021, che attiene al rapporto fra accesso difensivo ex art. 24 comma 7 l. 241/90 e dati coperti da riservatezza (cd. finanziaria ed economica), ha inoltre sancito i seguenti principi di diritto:
a) in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare;
b) la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990.
9.4. Peraltro la tematica del rapporto tra riservatezza ed accesso difensivo, ex art. 24 comma 7 c.p.a, attiene al rapporto tra accesso necessario per la cura e difesa dei propri interessi giuridici e dati riservati normalmente esclusi dal diritto di accesso e la tematica fra accesso difensivo ex art. 53 comma 6 d.lgs. 50/2016 e segreti tecnici e commerciali attiene al diniego di ostensione di specifici profili dell’offerta tecnica o delle giustificazioni contenenti detti segreti, laddove nell’ipotesi di specie il diniego non è motivato su detti specifici rilievi e vi è stato un rifiuto generalizzato all’accesso a tutta la documentazione di gara, ivi compresi i verbali di gara, per cui tali problematiche non appaiono idonee a giustificare il diniego di accesso alla generalità della documentazione di gara.
9.4.1. Ciò in quanto per contro in materia di appalti pubblici – fatte salve le deroghe espressamente considerate dall’art. 53 d.l.gs. 50/2016, fra cui quella relativa ai segreti tecnici e commerciali – non vengono in rilievo profili di riservatezza, ma semmai profili di trasparenza evincibili dall’obbligo di pubblicazione degli atti di gara da parte della stazione appaltante (cfr al riguardo Consiglio di Stato Adunanza Plenaria n. 12/2020), nonché dalla stessa possibilità di esperire nella materia de qua l’accesso civico generalizzato (ex multis Consiglio di Stato Adunanza Plenaria n. 10/2020 secondo cui “la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza”, con l’ulteriore precisazione peraltro che “la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento”).
9.5. Ciò posto, fermo restando che nell’ipotesi di specie la parte istante ha fatto riferimento all’accesso documentale, per cui non viene in rilievo l’accesso civico generalizzato, l’appello va rigettato in considerazione del rilievo che la situazione legittimante l’accesso documentale ex art. 53 comma 1 e 22 l. 241/90 è ravvisabile nella circostanza che l’istante ha richiesto l’accesso agli atti di gara inerenti la procedura ad evidenza pubblica cui ha preso parte e la cui legittimità intende scrutinare, anche valutando la corretta valutazione delle ammissione degli altri concorrenti – da intendersi riferita a quelli che lo precedono in graduatoria – e la corretta valutazione delle loro offerte, per cui sussiste senza dubbio un interesse attuale e concreto alla conoscenza degli atti di gara; a tali fini non è rilevante la circostanza che lo stesso si sia collocato all’ottavo posto in graduatoria, in quanto questa circostanza non potrebbe rilevare neppure ove venga in rilievo l’accesso a documenti riservati ex art. 24 comma 7 l. 241/90, atteso che, – fermo restando il più grave onere di allegazione gravante sull’istante e che comunque deve intendersi soddisfatto, nell’ipotesi di specie, con il richiamo alla necessità di delibare la corretta ammissione e la corretta valutazione delle offerte degli altri concorrenti (da intendersi quelli che precedono l’istante in graduatoria), non potendo esigersi una specificazione più puntuale in assenza del rifiuto dell’ostensione degli atti della procedura di gara – come precisato nella citata decisione dell’Adunanza Plenaria n. 4 del 2021 “la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990”.
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