Accesso agli atti : semplici cognizioni e competenze dell’ impresa non sono segreti tecnici o commerciali

Va premesso che, secondo quanto stabilito dal codice degli appalti, “il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241” (art. 53, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i.) ovvero anche dall’art. 22, comma 2, che stabilisce, a chiare lettere, che “l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”, assumono, nel caso specifico, dirimente rilievo gli stringenti limiti cui, in via generale, soggiace l’esclusione del diritto di accesso e di ogni forma di divulgazione delle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima.
L’art. 53, comma 5, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, che qui specificamente rileva, stabilisce, infatti, a chiare lettere che tali atti possono essere sottratti all’ostensione solo laddove “costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.
Come chiarito in giurisprudenza, la voluntas legis, consona al particolare contesto concorrenziale, è, invero, quella “di escludere dall’ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell’offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza. Si tratta, del resto, di beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa e cui l’ordinamento, ai fini della corretta esplicazione della concorrenza, offre tutela di loro in quanto segreti commerciali: cfr. artt. 98 e 99 d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale)” (Cons. Stato, V, 7 gennaio 2020, n. 64; – il limite alla ostensibilità è subordinato all’allegazione di «motivata e comprovata dichiarazione», mediante la quale si dimostri l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia (cfr. Cons. Stato, III, 11 ottobre 2017, n. 4724), fermo restando peraltro l’onere della stazione appaltante di valutare motivatamente le argomentazioni offerte ai fini dell’apprezzamento dell’effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza (cfr. Cons. Stato, V, n. 64/20 cit.)” (Cons. Stato, Sez. V 31 marzo 2021, n. 2714).
“Segreti” che – come evidenziato dal Tar Lazio, Roma, sez. II-bis, nella sentenza 21 dicembre 2021, n. 13253 e, poi, ribadito dal Consiglio di Stato, sez. V, nella pronuncia 29 novembre 2022, n. 10498 che l’ha confermata – “sono cosa diversa dalle più generiche cognizioni e/o competenze (cd. “abilità lavorative”) possedute da un operatore economico per svolgere in modo ottimale un’attività o una professione”. (sul punto anche TAR Trieste, 02.02.2023 n. 37)

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