Consiglio di Stato, sez. V, 07.01.2020 n. 64
Le norme che regolano l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici sono definite dall’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, che richiama la disciplina generale di cui agli artt. 22 ss. l. 7 agosto 1990, n. 241, ma vi aggiunge speciali e specifiche disposizioni derogatorie in punto di differimento, di limitazione e di esclusione della pretesa ostensiva in considerazione delle peculiari esigenze di riservatezza che sogliono manifestarsi e assumere rilievo nel contesto delle procedure evidenziali.
Per questo profilo, la norma recepisce le indicazioni dell’art. 21 della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 39 della direttiva 2014/25/UE e dell’art. 28 della direttiva 2014/23/UE, a tenore dei quali – fatti salvi gli obblighi in materia di pubblicità sugli appalti aggiudicati e gli obblighi di informazione dei candidati e degli offerenti – le stazioni appaltanti:
a) sono tenute, salvo diversa ed espressa previsione nazionale od eurounitaria, a non rivelare “informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte”;
b) sono autorizzate a “imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere la natura confidenziale delle informazioni [rese] disponibili durante tutta la procedura”.
Segnatamente, in attuazione dei richiamati criteri direttivi, l’art. 53, comma 5, lett. a) d.lgs. n. 50 del 2016 sancisce: «sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione […] alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali».
La particolare voluntas legis, consona al particolare contesto concorrenziale, è, dunque, di escludere dall’ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell’offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza. Si tratta, del resto, di beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa e cui l’ordinamento, ai fini della corretta esplicazione della concorrenza, offre tutela di loro in quanto segreti commerciali: cfr. artt. 98 e 99 d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale).
La ratio legis è di far sì che, proprio con riguardo ad una gara pubblica, che non deroga ma assicura la corretta competizione tra imprese, del diritto di accesso – per quanto garantito dal principio di pubblicità e trasparenza della condotta delle pubbliche amministrazioni o dei soggetti funzionalmente equiparati (cfr. art. 1 l. n. 241 del 1990) – non si possa fare un uso emulativo, ad esempio da parte di contendenti che potrebbero formalizzare l’istanza allo scopo precipuo di giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri (cfr. Cons. Stato, VI, 19 ottobre 1990, n. 6393). La leale dimensione competitiva di una gara, invero, ne risulta la caratteristica dominante e pertanto nel conflitto quanto attiene alla correttezza della concorrenza domina sulla circostanza che ad essa fa esito un potere pubblico.
Ne viene che la scelta, di suo meritevole, di prendere parte ad una procedura competitiva non implica un’impropria accettazione del rischio di divulgazione di segreti industriali o commerciali, i quali – almeno in principio – restano sottratti, a tutela del loro specifico valore concorrenziale, ad ogni forma di divulgazione.
Il sancito limite alla ostensibilità è comunque subordinato all’espressa «manifestazione di interesse» da parte dell’impresa interessata, cui incombe l’onere dell’allegazione di «motivata e comprovata dichiarazione», mediante la quale dimostri l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia.
A tal fine, la presentazione di una istanza di accesso impone alla stazione appaltante di coinvolgere, in rispetto del contraddittorio, il concorrente controinteressato, nelle forme di cui alla disciplina generale del procedimento amministrativo, e richiede una motivata valutazione delle argomentazioni offerte, ai fini dell’apprezzamento della ‘effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza.
Nondimeno – posto che trasparenza e riservatezza sono valori primari per l’azione amministrativa – va rilevato che la legge non pone una regola di esclusione basata su una presunzione assoluta valevole ex ante, ma impone un valutazione in concreto dei motivi addotti a difesa del segreto, per modo che possa non essere preclusivamente vulnerato «l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto» (cfr. art. 53, ult. cpv. cit.).
Del resto, l’accesso è, nella materia in esame, strettamente legato alla sola esigenza di «difesa in giudizio»: previsione più restrittiva di quella dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l’accesso, ove necessario, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale (cfr. Cons. Stato, V, 9 dicembre 2008, n. 6121).
Ne consegue che, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio.
In particolare, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza appellata, la mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto ed obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia.
RISORSE CORRELATE
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- Accesso agli atti esplorativo - Società esclusa definitivamente da precedente procedura aperta e non invitata alla successiva procedura negoziata - Diniego - Legittimità (art. 53 d.lgs. n. 50/2016)
- Accesso difensivo alle offerte - Segreti tecnici o commerciali - Stretta indispensabilità e strumentalità - Onere della prova (art. 53 d.lgs. n. 50/2016)
- Diritto d'accesso del secondo classificato in gara - Prevalenza su segreti tecnici o commerciali (art. 53 d.lgs. n. 50/2016)
- Accesso agli atti - Segreti tecnici o commerciali - Esclusione relativa - Limiti - Concetto di difesa in giudizio (art. 53 d.lgs. n. 50/2016)
- Accesso agli atti collegato alla difesa in giudizio – Tutela di segreti tecnici e commerciali – Bilanciamento – Effettiva conoscenza dei vizi dell’aggiudicazione – Decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso – Disciplina nazionale – Principi comunitari – Applicazione (art. 13 d.lgs. n. 163/2006 – art. 53 d.lgs. n. 50/2016)
- Accesso agli atti "difensivo" o "defensionale" - Prevalenza su tutela di segreti tecnici o commerciali contenuti nell'offerta - Condizioni (Art. 13 d.lgs. n. 163/2006 - Art. 53 d.lgs. n. 50/2016)
- Art. 53, (Accesso agli atti e riservatezza)