Dirimente ogni questione, è la considerazione di fondo per cui la corretta applicazione dei principi di imparzialità, di trasparenza e di par condicio per gli operatori economici, partecipanti ad una gara, comporta che l’apprezzamento qualitativo delle offerte formulate – che viene effettuato non a caso in apposita seduta riservata, proprio per consentire il libero confronto dialogico tra i componenti della commissione, franco da condizionamenti esterni – una volta cristallizzato in un verbale fide-facente e datane pubblicità all’esterno e, quindi, fuoriuscito dall’ambito riservato, assume carattere di stabilità e definitività.
Un simile giudizio tecnico-discrezionale non può esser contestato in via procedimentale, ad opera degli stessi operatori economici, che non accettino il giudizio formulato e che quindi sovrappongano proprie valutazioni di parte opinabili.
Né per espresso disposto normativo (art. 83, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50) è predicabile alcuna forma di soccorso istruttorio o procedimentale sull’offerta tecnica, nel caso di specie più che altro una sorta di auto-soccorso.
Né peraltro, nel caso in esame, viene neppure in evidenza una fattispecie di rettifica di mero errore evidente e riconoscibile (Cons. St., sez. V, 27 marzo 2020 n. 2146; Corte giust. U.E., sez. VIII, 10 maggio 2017, causa C-131/2016).
Né ad ogni modo è possibile attivare alcuna forma di dialogo infra-procedimentale su ritenuti necessari chiarimenti, dopo che la Commissione si sia espressa, potendo i chiarimenti delle parti esser formulati da questi o richiesti dalla Commissione solo prima dell’esperimento della valutazione delle offerte e non già dopo, onde evitare di elidere ab imis qualsivoglia attentato al cruciale principio della par condicio.
Ma nel caso di specie – in concreto – non v’è alcun soccorso istruttorio, alcuna mera rettifica, alcun chiarimento fornito o richiesto, bensì una pura rideterminazione dei giudizi già espressi e resi pubblici nelle forme previste, su mera rimostranza del concorrente graduato in seconda posizione.
Non è infine neanche possibile pensare all’attivazione ex officio di una qualche forma di autotutela (invero alquanto atipica), non sussistendone affatto, nel caso concreto, i presupposti della necessità di rimozione di alcun’illegittimità (o dell’esercizio dello jus poenitendi), né alcun specifico interesse qualificato, né alcuna ragione, neppure sinteticamente motivata, per provvedervi.
A ben vedere, il giudizio che formula una Commissione giudicatrice, una volta esternato, è nella sua intrinseca essenza intangibile. Può esser contestato, se ve ne siano i presupposti, con i consueti rimedi previsti dall’ordinamento, ossia per lo più a mezzo della proposizione di un ricorso giurisdizionale. Ma, non può ritenersi che esso sia nella disponibilità della Commissione, tal da consentirle ad libitum la possibilità, in ogni tempo, di poterla cambiare, frustrando in tal modo la stessa attendibilità del giudizio dato.
Non può esser un tale giudizio finale modificato ogni qual volta alcuno degli offerenti si dolga della valutazione ricevuta, perché qualora si ammettesse che il giudizio una volta formalizzato all’esterno sia poi liberamente contestabile da ciascun partecipante alla gara, questo potrebbe in ipotesi mutare ogni volta, ad ogni altra diversa contestazione, non riuscendo mai a trovare una sua stabilità.
Né può ritenersi che il giudizio finale debba trovare condivisione o accettazione da parte dei soggetti, le cui offerte tecniche od economiche siano state valutate. Nel caso di specie, v’è una procedura di gara competitiva, i cui stadi fondamentali sono scolpiti dalla legge, dal bando, dal disciplinare e dal capitolato tecnico e l’unico organo deputato ad esprimere la valutazione (riservata) e poi a palesare il giudizio (pubblico) è la Commissione esaminatrice.
La “regolamentazione” di qualsiasi procedimento di evidenza pubblica prevede, ad un certo punto, che la Commissione giudicatrice renda noto il giudizio sulle offerte presentate e questo giudizio, magari ampiamente discusso in seduta riservata, una volta esternato, è quello definitivo, quello che cioè imprime un certo assetto al pregio delle offerte valutate nella data gara e, in considerazione delle formalità procedurali, previste a garanzia sostanziale della par condicio degli operatori economici partecipanti, non può esser mutato ad libitum.
Un intervento sarebbe ammissibile in linea teorica sotto forma di autotutela, ma richiede i presupposti e comporta il ricorso alle regole proprie di tale istituto, in primis un’ampia motivazione, qui certamente mancante, come già in precedenza evidenziato, non potendosi ammettere un’integrazione postuma della motivazione, peraltro ad opera solo di uno dei componenti dell’organo collegiale.
Riferimenti normativi:
RISORSE CORRELATE
- Identità di punteggi in sede di valutazione delle offerte tecniche da parte della Commissione giudicatrice
- Commissione giudicatrice - Veridicità delle offerte - Controllo in fase di gara - Possibilità (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)
- Chiarimenti integrativi o restrittivi: la Commissione giudicatrice può ignorarli
- Commissione giudicatrice: può disporre la modifica, l’integrazione o la specificazione dei criteri di valutazione ?
- Commissione giudicatrice - Valutazione delle offerte - Mancata corrispondenza tra verbale ed attività effettivamente svolta (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)
- Verifica di anomalia - Commissione - Rinnovazione dell'istruttoria su punti controversi e riesame del giudizio di congruità successivamente all'aggiudicazione - Legittimità (art. 97 d.lgs. n. 50/2016)
- Offerta tecnica - Rettifica da parte della Commissione - Limiti (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
- Art. 77, (Commissione giudicatrice)