Omessa dichiarazione relativa a “tutte” le condanne pregresse – Esclusione automatica – Rilevanza – Limiti (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. IV, 05.08.2020 n. 4937

11.1 Nel caso in esame, la sentenza appellata ha avallato il ragionamento della stazione appaltante circa l’automatica rilevanza escludente di qualsivoglia omissione dichiarativa, laddove ha statuito che l’omessa menzione della condanna patteggiata “giustifica […] l’estromissione dalla gara, posto che la condotta reticente della partecipante non ha fornito un quadro completo della situazione dell’impresa in relazione agli accertamenti di cui all’art. 80 del D. Lgs. n. 50/2016 ed ha impedito che il processo decisionale della Stazione Appaltante si svolgesse in maniera esauriente, non consentendo di esprimere ogni necessaria considerazione sulla sussistenza di eventuali gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la integrità ed affidabilità dell’impresa […]”.
11.2 Al riguardo, questo Consiglio di Stato, con la recente ordinanza n. 2332 del 2020 della Sezione V, di rimessione all’Adunanza plenaria, ha sottoposto a critica l’orientamento secondo cui l’omissione informativa sia sempre qualificabile, di per sé, come “grave illecito professionale”.
In particolare ha messo in luce (par. 18 e ss.) che, in siffatta prospettiva, “gli obblighi informativi decampano dalla logica della mera strumentalità, diventando obblighi finali, dotati di autonoma rilevanza: di dal che l’omissione, la reticenza, l’incompletezza divengono – insieme alle più gravi decettività e falsità – forme in certo senso sintomatiche di grave illecito professionale in sé e per sé.
In questo quadro, ancorché non univocamente (in senso parzialmente contrario, e.g. Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040; V, 3 aprile 2018, n. 2063; III, 12 luglio 2018, n. 4266), si è interpretato l’ultimo inciso l’art. 80, comma 5, lett. c), attribuendogli il rigoroso significato di una norma di chiusura, che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787).
In senso parzialmente diverso, si è, tuttavia, osservato che siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un generale limite di operatività, “potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; Id., V, 3 settembre 2018, n. 5142).
La necessità di un siffatto limite generale di operatività deriva, del resto, dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, che ha, per giunta, fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, in ciò seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo.
Per tal via, la più recente giurisprudenza si è orientata alla individuazione anzitutto di un limite temporale all’obbligo dichiarativo, ancorato alla postulata irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi (cfr., tra le varie, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605)”.
11.3 Un’ampia elaborazione giurisprudenziale si è infatti incentrata sull’esistenza di un limite triennale di rilevanza temporale del fatto astrattamente configurabile quale “grave illecito professionale” ex art. 80 comma 5 lettera c) d. lgs. n. 50/16 decorrente dalla data di accertamento definitivo del fatto stesso ed identificabile, allorché venga in rilievo una sentenza non automaticamente escludente ex art. 80 comma 1 d. lgs. n. 50/16, nella data di pubblicazione della stessa (in questo senso cfr. da ultimo, TAR Lazio, sez. II – ter n. 4917 del 2020; cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, n. 1605 del 2020, n. 5171 del 2019, n. 2895 del 2019).
Tale limite risulta oggi recepito anche dal diritto positivo nazionale atteso che il surriportato comma 10 bis dell’art. 80 del Codice dei Contratti, stabilisce espressamente che “nei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza”, con formulazione applicabile, in via di interpretazione estensiva, “a tutte le ipotesi di grave illecito professionale (e, quindi, pure a quelle correlate all’emissione di una sentenza di condanna non automaticamente ostativa ex art. 80 comma 1 d. lgs. n. 50/16”, trattandosi di applicazione “coerente con il richiamo della disposizione ai “casi di cui al comma 5” da intendersi in senso generale e, quindi, comprensivo anche di tutte le ipotesi di “grave illecito professionale” qualunque ne sia la causa” (TAR Lazio, sentenza n. 4917 del 2020, cit.).
Peraltro, come già accennato, la giurisprudenza amministrativa, alla stregua dell’esegesi fornita dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte di Giustizia Sezione IV, 24 ottobre 2018, C-124/17), ha ritenuto, anche nella vigenza del testo dell’art. 80 comma 10 d. lgs. n. 50/16 antecedente alle modifiche introdotte dal d. l. n. 135/18 (che non prevedeva alcun limite temporale di rilevanza delle fattispecie costituenti possibili gravi illeciti professionali), che la direttiva 24/2014/UE fosse, in parte qua, direttamente applicabile nel nostro ordinamento (cfr., da ultimo Cons. Stato n. 1605/2020, cit., e, prima ancora, il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016 espresso in relazione alle linee guida Anac n. 6/2016).
11.4. Nel caso di specie, deve pertanto concludersi che – essendo la condanna patteggiata valorizzata dall’amministrazione risalente al 1990 – non sussistesse alcuna omissione dichiarativa rilevante ai sensi dell’art. 80 comma 5, lett. c-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016.

12. Ad ogni buon conto, il Collegio osserva che, quand’anche volesse aderirsi all’orientamento più rigoroso – secondo cui l’esistenza di un potere discrezionale della stazione appaltante in ordine alla sussistenza di gravi illeciti professionali, consenta a quest’ultima di valorizzare anche condotte risalenti nel tempo – anche in questo caso il provvedimento impugnato rimarrebbe illegittimo.
12.1 La fattispecie di esclusione regolata dall’art. 80, comma 5, lett. c-bis del d.lgs. n. 50 del 2016 presuppone un obbligo dichiarativo il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente e il cui inadempimento giustifica invece l’esclusione.
In essa rileva pertanto l’omissione in sé rispetto ad un presupposto obbligo dichiarativo e in ciò si esprime il disvalore di tale causa di esclusione (in termini, Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 4316 del 6 luglio 2020).
Tuttavia, in tanto può parlarsi di “omissione” in quanto l’obbligo dichiarativo sia stato previsto o a livello normativo o dalla stazione appaltante nella legge di gara.
In tal senso, la cit. ordinanza di rimessione della Sez. V. n. 2332 del 2020, ha sottolineato l’esigenza “di conferire determinatezza e concretezza” all’elemento normativo della fattispecie, ovvero al carattere “dovuto” dell’informazione, al fine di “individuare con precisione le condizioni per considerare giuridicamente dovuta l’informazione” (par. 17).
Al riguardo, l’ordinanza (par. 20) ha ritenuto di poter valorizzare una prospettiva diversa da quella fondata sull’individuazione di un limite di rilevanza temporale delle condotte potenzialmente rilevanti come illecito professionale “che muove dalla distinzione tipologica, risultante dalla previsione normativa, di due fattispecie distinte:
a) l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (cfr. Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142);
b) la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui conseguirebbe, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (laddove, per l’appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporterebbe l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso) (cfr. Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407)”.
12.2 A prescindere dalla soluzione che l’Adunanza plenaria darà alle questioni sottoposte dalla V^ Sezione di questo Consiglio, e pur prendendo atto dell’orientamento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016 è una norma di “chiusura” in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, il Collegio condivide l’orientamento secondo cui “in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono predicabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso” (Cons. Stato, sentenza n. 4316 del 2020, cit.).
E’ quanto appunto si verifica nel caso di specie in cui, come messo in luce dall’appellante, una condanna del -OMISSIS- della società, risalente a trenta anni fa e relativa ad un reato da tempo depenalizzato, non poteva essere agevolmente percepita dall’operatore economico come palesemente incidente sulla propria integrità professionale.
Inoltre, come argomentato con ferrea logica dall’ordinanza n. 2332 del 2010, nell’omissione dichiarativa accertata in sede giurisdizionale non può essere insito alcun automatismo escludente.
Essa “a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità” postula infatti sempre un “apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente” (par. 23).
In definitiva, dall’esame dei rapporti tra le diverse fattispecie dell’art. 80, comma 5, del Codice dei contratti pubblici si ricava che omissione e falsità dichiarativa rispettivamente previste dalle lettere c-bis) e f-bis) non sono equiparabili e che diverse sono le conseguenze da esse derivanti, posto che solo da quest’ultima, e non anche dalla prima, deriva l’automatica esclusione dalla gara.
12.3 Nel caso di specie, si appalesa pertanto illegittimo anche l’automatismo espulsivo operato dalla stazione appaltante, per di più in una situazione in cui è incontestato che la legge di gara non prescrivesse esplicitamente l’obbligo dei concorrenti di dichiarare “tutte” le condanne riportate dagli esponenti aziendali, diverse da quelle indicate dall’art. 80, comma 1, del Codice.

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