Consiglio di Stato, sez. V, 20.03.2024 n. 2696
Nel caso di specie la concessione è stata connotata dal Comune apponendo dei vincoli allo sfruttamento del bene, che hanno reso ancor più evidente il profilo pubblicistico dell’affidamento, il cui scopo è stato individuato nell’esigenza di garantire la gestione alle migliori condizioni possibili, valorizzare e riqualificare gli impianti anche attraverso alcuni interventi di messa a norma e risparmio energetico, incrementare la fruizione da parte dei cittadini e anche da parte dei non residenti (così dal bando di gara).
Tale rapporto si connota anche di profili patrimoniali, che sono regolati nell’ambito della convenzione stipulata fra i due enti (c.d. concessioni-contratto).
La circostanza che i due aspetti siano contenuti nello stesso atto, denominato “concessione”, non fa venir meno i suddetti aspetti, fra loro connessi, e predeterminati dall’Amministrazione.
Invero, anche a valorizzare la presenza di una convenzione che regolamenta il rapporto concessorio nel suo complesso, ciò non comporta la trasformazione del rapporto di diritto pubblico in rapporto paritetico. Invero, il potere che l’Amministrazione ha esercitato nell’affidare la gestione dell’impianto sportivo è comunque potere precettivo, soggetto allo statuto tipico dell’azione amministrativa in quanto non solo è sottoposto al vincolo di scopo della soddisfazione dell’interesse pubblico, ma è anche sottoposto a regole formali e sostanziali (procedimentali, di imparzialità, proporzionalità e buon andamento), che consentono di tenere conto delle plurime situazione coinvolte dall’esercizio del potere (non solo di quelle di cui è titolare il destinatario dell’atto).
Non fa venir meno la connotazione pubblicistica del rapporto concessorio la circostanza che l’instaurazione del rapporto sia stata preceduta da una procedura a evidenza pubblica.
L’evidenza pubblica, infatti, è una categoria procedimentale, che dal punto di vista sostanziale può essere applicata a contratti diversi, ordinari, speciali e a oggetto pubblico.
La qualificazione dell’accordo non dipende dal tipo di procedura svolta (anche se la tipologia di convenzione stipulanda influenza la disciplina procedurale applicabile). E’ a dire che lo svolgimento di una procedura a evidenza pubblica non qualifica di per sé l’accordo siglato in termini di “contratto a evidenza pubblica”.
Ciò è tanto più vero se si considera che l’aspetto procedimentale, e l’imposizione di regole che garantiscano concorrenza fra gli aspiranti, trova il proprio ancoraggio, nell’ambito dell’ordinamento italiano, nel principio di uguaglianza e di libertà economica e, nell’ambito del diritto UE, nei principi del mercato comune e di libera prestazione dei servizi, oltre che nelle direttive di settore (dir. 89/440/CEE, direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, attuate con il d. lgs. n. 163 del 2006, applicabili ratione temporis, e direttive n. 2014/23, 2014/24 e 2014/25/UE, attuate con il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
In tale contesto l’oggetto specifico della disciplina UE è la fase della gara, e quindi la procedura a evidenza pubblica, mentre il contratto che si va a stipulare non viene regolamentato dal diritto eurounitario se non per alcune norme di esecuzione, volte principalmente a declinare in maniera uniforme il rapporto esecutivo nell’ambito degli Stati membri, spesso declinazione di tipiche facoltà civilistiche.
Pertanto, indipendentemente dalla procedura svolta per scegliere il contraente, è la natura del contratto a determinare il regime delle cause estintive del rapporto una volta stipulato il contratto.
E nel caso in esame il rapporto che si è instaurato fra Comune di Rimini e -OMISSIS-, anche se è stato preceduto da una procedura a evidenza pubblica, è un rapporto concessorio di diritto pubblico, nel quale si confrontano una posizione di autorità e una (connessa) situazione di interesse legittimo.
Sicché resta consentita, anche in costanza di rapporto esecutivo, la revoca in quanto espressione del potere autoritativo.
Mentre infatti nel caso in cui la stipula del contratto dia luogo a un rapporto giuridico paritetico fra parte pubblica e parte privata, titolari quindi di (reciproche) situazioni giuridiche di diritti soggettivi e di obblighi giuridici, successive sopravvenienze debbono essere gestite (fatte salve le specifiche previsioni di legge, che comunque non sono idonee a mutare un rapporto che rimane privatistico) attraverso l’esercizio del potere di recesso, previsto in generale dall’art. 21 sexies della legge n. 241 del 1990, e in termini più specifici dal codice dei contratti pubblici, non avviene così nel caso in cui la stipulazione del contratto non modifica la qualificazione del rapporto, che continua, anche dopo il perfezionamento del negozio, la qualificazione di rapporto di diritto pubblico.
La concessione, dal punto di vista dell’ordinamento italiano, non esaurisce la sua funzione pubblica nel momento in cui, attraverso il provvedimento amministrativo, a seguito di una procedura, viene individuato il concessionario e affidato al medesimo il servizio. Essa, piuttosto, affondando le proprie radici in una riserva di amministrazione (quindi in un settore di interesse pubblico), è tesa alla regolamentazione e al controllo dell’esercizio della prerogativa concessa. La sua missione pubblicistica è proprio quella di garantire l’implementazione di quella prerogativa e, nel caso di concessione di bene pubblico, lo sfruttamento del bene nel senso delineato dalla concessione.
In tale contesto trova ragion d’essere l’impostazione che ammette la revoca della concessione e della convenzione accessiva in costanza di rapporto esecutivo, “restando consentita la revoca di atti amministrativi incidenti sui rapporti negoziali originati dagli ulteriori e diversi contratti stipulati dall’amministrazione, di appalto di servizi e forniture, relativi alle concessioni contratto (sia per le convenzioni accessive alle concessioni amministrative che per le concessioni di servizi e di lavori pubblici), nonché in riferimento ai contratti attivi” (Cons. St., ad. plen., 20 giugno 2014 n. 14).