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Il termine per proporre ricorso inizia a decorrere se la Stazione Appaltante non esibisce gli atti di gara viziati?

Il termine per proporre ricorso inizia a decorrere se la Stazione Appaltante non esibisce gli atti di gara viziati? Sul punto è stato da ultimo precisato che:
a) l’art.13 del D.lgvo n. 163/2006 stabilisce: “salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni”;
b) l’art. 79 si limita a prevedere unicamente il termine accelerato di 10 gg per consentire l’accesso agli atti di gara, ma non esclude in alcun modo che entro il suddetto termine l’amministrazione destinataria della richiesta debba interessare la controinteressata all’istanza di accesso al fine di metterla in condizione di esprimere, compatibilmente al rispetto del predetto termine acceleratorio, la propria opposizione in ordine alla fondatezza dell’istanza de qua;
c) l’intervento nell’ambito della procedura delineata dal menzionato art.79 non può in alcun modo essere ritenuto incompatibile con il rispetto del termine di 10 gg, il quale, peraltro, ha una finalità meramente acceleratoria, la cui mancata osservanza non viene ad inficiare l’operato della stazione appaltante ma implica unicamente che il termine per impugnare gli atti di gara per vizi derivanti dalla documentazione non esibita nel termine di 10 gg non inizia a decorrere (cfr. CS, sez.III, n. 3308/2016 secondo la quale nelle pubbliche gare d’appalto il c.d. termine breve per l’impugnazione degli atti e/o provvedimenti che non siano stati trasmessi unitamente alla comunicazione della decisione di aggiudicazione e che costituiscono oggetto dell’accesso (id est: degli atti non immediatamente conosciuti in occasione della comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione) può essere incrementato, al massimo, di dieci giorni fermo restando che se la Pubblica amministrazione rifiuta illegittimamente di consentire l’accesso, il termine non inizia a decorrere, gli atti non visionati non si consolidano ed il potere di impugnare, dell’interessato pregiudicato da tale condotta amministrativa, non si consuma) (da ultimo,  TAR Roma, 26.08.2016 n. 9413).

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    Accesso agli atti “difensivo” o “defensionale” – Prevalenza su tutela di segreti tecnici o commerciali contenuti nell’offerta – Condizioni (Art. 13 d.lgs. n. 163/2006 – Art. 53 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. IV, 28.07.2016 n. 3431

    Ciò in quanto, se è vero che il diritto di accesso deve essere più propriamente definito quale “potere di natura procedimentale volto in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante (diritto o interessi)” (Cons. Stato, ad. Plen., 20 aprile 2006 n. 7; sez. IV, 28 febbraio 2012 n.1162), esso deve tuttavia avere i caratteri (che deriva dalla posizione cui afferisce) della personalità, concretezza e attualità, e postula un accertamento concreto dell’esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti (Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 555).
    Ciò comporta che, se esso è certamente attribuito (anche) per la tutela non necessariamente giurisdizionale di posizioni giuridicamente rilevanti, esso può tuttavia sussistere a prescindere dall’attualità dell’interesse ad agire per la difesa in via giudiziale di una posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo, né è ostacolato dalla pendenza di un giudizio civile o amministrativo, nel corso del quale gli stessi documenti potrebbero essere richiesti (Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2006 n. 573).
    Ciò che compete all’amministrazione (e successivamente al giudice, in sede di sindacato sull’operato di questa), sulla base della motivazione della richiesta di accesso (art. 25, co. 2, l. n. 241/1990), è dunque la verifica dell’astratta inerenza del documento richiesto con la posizione soggettiva dell’istante e gli scopi che questi intende perseguire per il tramite dell’accesso. Ma, al contrario, l’amministrazione non può subordinare l’accoglimento della domanda alla (propria) verifica della proponibilità e/o ammissibilità di azioni in sede giudiziaria.
    D’altra parte, il diritto di accesso quale “principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la trasparenza” (art. 22, co. 2, l. n. 241/1990), può subire limitazioni nei soli casi indicati dalla legge – costituenti eccezione in attuazione di un bilanciamento di valori tutti costituzionalmente tutelati al detto principio generale – e non già sulla base di unilaterali valutazioni dell’amministrazione in ordine alla maggiore o minore utilità dell’accesso ai fini di una proficua tutela giurisdizionale delle posizioni soggettive dell’istante.
    (…)
    Come è noto, l’art. 13 d. lgs. n. 163/2006, richiamata l’applicabilità della legge n. 241/1990 in ordine al diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici (co. 1), prevede che – in disparte i casi degli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza – sono sottratti all’accesso e ad ogni forma di divulgazione, tra gli altri documenti, le “informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali” (co. 5, lett. a).
    Tuttavia, è comunque consentito l’accesso, al “concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso” (co. 6).
    In definitiva, secondo il citato art. 13 d. lgs. n. 163/2006:
    – fatti salvi i casi di appalti segretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, vige un generale principio di accessibilità agli atti di gara, accesso che, nelle ipotesi di cui al co. 4, può essere differito ma non escluso;
    – nei casi di cui al co. 5, in via di eccezione, l’accesso può essere escluso;
    – in particolare, nel caso di informazioni fornite dagli offerenti che costituiscono “segreti tecnici e commerciali”, l’accesso può essere escluso sempre che il concorrente, in sede di offerta, dichiari preventivamente che talune informazioni costituiscano i detti segreti tecnici e commerciali, e sempre che l’amministrazione, cui pervenga una istanza di accesso, ritenga fondatamente motivata e comprovata tale dichiarazione in precedenza resa;
    – infine, la tutela del segreto tecnico o commerciale è tuttavia esclusa in presenza del diritto alla tutela giurisdizionale cui l’istanza di accesso inerisce, ma – giova precisare – solo per il diritto alla tutela giurisdizionale “in relazione alla procedura di affidamento del contratto”.
    Occorre, dunque, osservare, in primo luogo, che l’accesso cd. difensivo prevale (ai sensi del citato art. 13, co. 5, d. lgs. n. 163/2006) sulle contrapposte esigenze di tutela del segreto tecnico e commerciale (Cons. Stato, sez. VI, 19 ottobre 2009 n. 6993), ma ciò solo laddove l’accesso sia azionato “in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso”.
    Occorre quindi ritenere che – alla luce della formulazione letterale della norma e della interpretazione sistematica del bilanciamento di valori attuata dall’art. 13 – la prevalenza dell’accesso deve essere individuata nei soli casi in cui si impugnino atti della procedura di affidamento, ai fini di ottenerne l’annullamento e, comunque, il risarcimento del danno, anche in via autonoma (artt. 29, 30 e 120 Cpa).
    Da ciò consegue che l’accesso cd. defensionale non può prevalere “ex se” sulla tutela del segreto tecnico o commerciale (cosa che potrà comunque avvenire nei casi in cui allo stesso non corrisponda una “motivata e comprovata dichiarazione”), nelle ipotesi in cui:
    – esso inerisce ad interessi diversi, quali il diritto di azione in sede civile nei confronti di soggetti privati per risarcimento danno da concorrenza sleale o per illecito extracontrattuale ovvero anche per sollecitare meramente l’intervento del giudice penale (essendo ciò escluso dal riferimento normativo ai casi relativi “alla procedura di affidamento del contratto”);
    – ovvero per sollecitare poteri di autotutela dell’amministrazione (essendo ciò escluso dal riferimento alla “difesa in giudizio”).
    In secondo luogo, la tutela del segreto tecnico o commerciale non può essere a sua volta opposta, per la prima volta, in sede di opposizione all’istanza di accesso, dovendo essere tale indicazione oggetto di esplicita dichiarazione resa in sede di offerta, come si desume:
    – sul piano letterale, dai riferimenti effettuati alle “informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte”, e dalla dichiarazione, anch’essa resa dall’ “offerente”, in ordine al dato che le stesse costituiscono segreto tecnico o commerciale;
    – sul piano della ragionevolezza interpretativa, dal fatto che tale indicazione non può costituire un impedimento frapposto ex post dall’aggiudicatario, a tutela della posizione conseguita, nei confronti dell’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale da parte degli altri concorrenti.
    Compete all’amministrazione aggiudicataria, in sede di valutazione dell’istanza di accesso eventualmente pervenuta, valutare, sulla base della dichiarazione in precedenza resa dalla offerente poi risultata aggiudicataria, se l’inerenza del documento al segreto tecnico o commerciale si fondi su una “motivata e comprovata dichiarazione”.

    Impugnazione dell’aggiudicazione: qual è il termine in caso di mancata conoscenza del contenuto degli atti?

    Impugnazione dell’aggiudicazione: qual è il termine in caso di mancata conoscenza del contenuto degli atti? Al riguardo, si deve ricordare che l’art. 120, comma 5, del c.p.a., al fine di dare certezza alle situazioni giuridiche ed accelerare la soluzione dei possibili contenziosi riguardanti la materia degli appalti pubblici, e quindi per dare rilievo al preminente interesse pubblico alla celerità delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, ha stabilito che le impugnative avverso gli atti delle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture devono essere proposte nel termine abbreviato di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 79 del d. lgs. n. 163 del 2006, recante il codice dei contratti pubblici.

    L’art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006, a sua volta, prevede che le stazioni appaltanti:
    – comunichino ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta selezionabile, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato il contratto o delle parti dell’accordo quadro (comma 2, lettera c);
    – comunichino d’ufficio l’aggiudicazione definitiva, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione, o sono in termini per presentare dette impugnazioni, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se dette impugnazioni non siano state ancora respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva (comma 5, lettera a).
    Il successivo comma 5-bis prevede poi che le comunicazioni di cui al comma 5 sono fatte per iscritto, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante notificazione o mediante posta elettronica certificata ovvero mediante fax, se l’utilizzo di quest’ultimo mezzo è espressamente autorizzato dal concorrente, al domicilio eletto o all’indirizzo di posta elettronica o al numero di fax indicato dal destinatario in sede di candidatura o di offerta. Lo stesso comma aggiunge che «la comunicazione è accompagnata dal provvedimento e dalla relativa motivazione contenente almeno gli elementi di cui al comma 2, lettera c), e fatta salva l’applicazione del comma 4».
    Il comma 5-quater dell’articolo 79 del codice dei contratti pubblici prevede, inoltre, che «fermi i divieti e differimenti dell’accesso previsti dall’articolo 13, l’accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall’invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia…».

    Facendo applicazione di tali disposizioni, si è affermato il principio secondo cui la comunicazione della decisione di aggiudicazione, prevista dall’articolo 79, commi 2 e 5 del d. lgs. n. 163 del 2006, rappresenta la condizione sufficiente per realizzare la piena conoscenza del provvedimento (di aggiudicazione) lesivo ed è quindi idonea a far decorrere il termine decadenziale per l’eventuale impugnazione. Tale comunicazione determina, infatti, a carico dell’impresa interessata un onere di immediata impugnazione dell’esito della gara, entro il termine di 30 giorni, fatta salva la possibilità di proporre motivi aggiunti in relazione ad eventuali vizi di legittimità divenuti conoscibili successivamente.

    Parte della giurisprudenza ha, peraltro, rilevato che la sola comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione (e della relativa documentazione), ai sensi dell’art. 79 del codice dei contratti, può non essere sufficiente per l’individuazione di possibili profili di illegittimità della stessa aggiudicazione.
    Si è, infatti, sostenuto che non è condivisibile far decorrere il termine per l’impugnativa dal momento della semplice conoscenza degli elementi essenziali dell’offerta risultata vincitrice nelle ipotesi in cui da tale comunicazione non siano in alcun modo evincibili gli ulteriori e diversi aspetti sui quali si sono in seguito innestate le censure di illegittimità, di cui l’interessato è potuto venire a conoscenza solo a seguito dell’accesso ai documenti di gara e, quindi, se con la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione la parte non è stata anche messa in grado di conoscere gli atti e la documentazione di gara dai quali tali aspetti potevano essere desunti.

    Il Consiglio di Stato ha ritenuto, con ordinanza n. 790 dell’11 febbraio 2013, di rimettere la questione all’esame dell’Adunanza Plenaria.

    L’Adunanza Plenaria, con decisione n. 14 del 20 maggio 2013, ha ritenuto peraltro di non doversi pronunciare sulla questione anche in vista della decisione che doveva essere presa dalla Corte di Giustizia CE su analoga questione sollevata dal T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, con ordinanza n. 427 del 2013.

    La Corte di Giustizia CE si è poi pronunciata sulla questione con la decisione della V Sezione, 8 maggio 2014, in causa C-161/13 nella quale, in particolare, ha affermato che «ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni» (punto 37) e che «una possibilità, come quella prevista dall’articolo 43 del decreto legislativo n. 104/2010, di sollevare “motivi aggiunti” nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso» (punto 40).
    La Corte di Giustizia CE ha poi anche affermato che, «in applicazione del principio della certezza del diritto, in caso di irregolarità asseritamente commesse prima della decisione di aggiudicazione dell’appalto, un offerente è legittimato a proporre un ricorso di annullamento contro la decisione di aggiudicazione soltanto entro il termine specifico previsto a tal fine dal diritto nazionale, salvo espressa disposizione del diritto nazionale a garanzia di tale diritto di ricorso, conformemente al diritto dell’Unione».

    Avendo la Corte di Giustizia affermato, nella suddetta decisione, che ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza, o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni, e che, per le irregolarità asseritamente commesse prima della decisione di aggiudicazione dell’appalto, un offerente è legittimato a proporre un ricorso di annullamento contro la decisione di aggiudicazione soltanto entro il termine specifico previsto a tal fine dal diritto nazionale, si è ritenuto di dover fornire una interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale (che si sono prima richiamate), riguardanti il termine di impugnazione di una aggiudicazione di un appalto pubblico, coerente con tali principi.

    Anche in considerazione delle particolari esigenze di tutela connesse alla derivazione comunitaria delle disposizioni sostanziali e processuali richiamate, e nel bilanciamento fra i vari interessi coinvolti, si è pertanto sostenuto che debba essere condiviso il principio interpretativo, secondo cui il termine di trenta giorni per l’impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione, di cui ai commi 2 e 5 dell’articolo 79, ma può essere «incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità (laddove questi non fossero oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione e – comunque – entro il limite dei dieci giorni che il richiamato comma 5-quater fissa per esperire la particolare forma di accesso – semplificato ed accelerato – ivi disciplinata» (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5830 del 25 novembre 2014, Sez. III n. 4432 del 28 agosto 2014, Sezione V, n. 864 del 10 febbraio 2015).
    Tale interpretazione, infatti, consente il sostanziale rispetto delle esigenze acceleratorie, di cui è portatore il citato art. 120 del c.p.a., e, nello stesso tempo, consente il rispetto del consolidato principio secondo il quale solo dalla piena conoscenza dell’atto censurato (o comunque dalla sua piena conoscibilità) inizia a decorrere il termine per la sua impugnazione.

    Da ultimo: Consiglio di Stato, sez. VI, 01.04.2016 n. 1298

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      L’impresa esclusa dalla gara può avere accesso all’offerta tecnica degli altri concorrenti? (Art. 13)

      L’impresa esclusa dalla gara può avere accesso all’offerta tecnica degli altri concorrenti? La disciplina dettata dall’art. 13, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 in tema di accesso agli atti di gara pubblica è più restrittiva di quella generale imposta dall’art. 24, l.7 agosto 1990 n. 241.
      Invero, la disciplina contenuta nell’art. 13 del codice dei contratti pubblici – con la previsione di particolari limiti oggettivi e soggettivi all’accessibilità degli atti concernenti le procedure di affidamento dei contratti pubblici e l’introduzione di veri e propri doveri di non divulgare il contenuto di determinati atti, assistiti da apposite sanzioni di carattere penale, destinata a regolare in modo completo tutti gli aspetti relativi alla conoscibilità degli atti e dei documenti rilevanti nelle diverse fasi di formazione ed esecuzione dei contratti pubblici – costituisce una sorta di microsistema normativo, collegato alla peculiarità del settore considerato, pur all’interno delle coordinate generali dell’accesso tracciate dalla l. n. 241 del 1990 (cfr. Cons. Stato, V, n. 1446 del 2014; 1927 del 2011).
      La norma, che sembra ripetere, specificandoli, i principi dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990 sul bilanciamento degli interessi contrapposti alla trasparenza ed alla riservatezza, è più puntuale e restrittiva, definendo esattamente l’ambito di applicazione della esclusione dall’accesso, ancorandola, sul versante della legittimazione soggettiva attiva, al solo concorrente che abbia partecipato alla selezione (la preclusione all’accesso è invece totale qualora la richiesta sia formulata da un soggetto terzo, che pure dimostri di avere un interesse differenziato, alla stregua della legge generale sul procedimento) e sul piano oggettivo, alla sola esigenza di una difesa in giudizio (in questa prospettiva, quindi, la previsione è molto più restrittiva di quella contenuta nell’art. 24, l. n. 241 cit., la quale contempla un ventaglio più ampio di possibilità consentendo l’accesso ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale).
      Ne consegue la necessità di un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta.
      Tale giudizio prognostico, anche quando è effettuato dal giudice secondo il rito speciale divisato dall’art. 25, l. n. 241 cit., non può prescindere dalle eventuali preclusioni processuali in cui sia incorso il richiedente, quale nel caso in esame, l’esclusione della istante dalla gara con provvedimento divenuto definitivo, essendo scaduti i termini per proporre ricorso.
      Tale rigorosa interpretazione si impone alla luce dei principi affermati dalla Corte di giustizia delle comunità europee (sez. III, 14 febbraio 2008, C-450/06, Varec), in tema di bilanciamento, nelle controversie in materia di appalti, fra esigenze di difesa delle parti e tutela della riservatezza delle imprese e dei loro segreti commerciali (quali espressione dei superiori valori della concorrenza e del mercato); la Corte ha infatti elaborato in maniera innovativa le disposizioni, ratione temporis applicabili, sancite dagli artt. 1, n. 1 direttiva 89/665/Cee, 15, n. 2, direttiva 93/36/Cee (ora art. 6 della direttiva 2004/18/Ce), che disciplinano la relazione fra tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza delle imprese, affermando che non solo le stazioni appaltanti ma anche gli organi giurisdizionali nazionali investiti di un ricorso concernente le determinazioni inerenti l’aggiudicazione di un appalto pubblico, oltre a garantire la sicurezza delle informazioni acquisite giudizialmente, devono poter decidere di non trasmettere alle parti tali informazioni se ciò risulti necessario a garantire la tutela della leale concorrenza o degli interessi legittimi degli operatori economici.
      La ricorrente, esclusa dalla gara, pertanto, non ha legittimazione all’accesso alla documentazione tecnica degli altri concorrenti (TAR Cagliari, 02.02.2016 n. 88 e Consiglio di Stato, sez. V, 17/06/2014, n. 3079).

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