Requisiti speciali e servizi analoghi : orientamenti consolidati

Consiglio di Stato, sez. IV, 24.04.2024 n. 3738

È dunque, rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante l’individuazione degli elementi oggetto di valutazione dei concorrenti.
I requisiti speciali sono, infatti, previsti dalla singola stazione appaltante nella lex specialis per garantire che, in considerazione dell’oggetto e del valore del contratto, siano ammessi al procedimento comparativo esclusivamente soggetti ‘affidabili’ poiché professionalmente, finanziariamente e tecnicamente qualificati per lo svolgimento della specifica prestazione (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 27.3.2019, n. 6).
In linea generale, sul tema della scelta dei requisiti di partecipazione un consolidato orientamento giurisprudenziale ha chiarito che:
“I requisiti di partecipazione ad una gara sono fissati dall’autorità amministrativa con ampia discrezionalità, sindacabile solo per manifesta arbitrarietà ed irragionevolezza.
Detto potere discrezionale, lungi dall’essere espressione di mero arbitrio dell’amministrazione aggiudicatrice, costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 Cost. e si sostanzia quindi nel potere-dovere di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione degli specifici requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare.
La scelta di fissare specifici requisiti di ammissione e/o di partecipazione ad una gara pubblica (rispetto, ad esempio, a quelli minimi stabiliti dalla legge e/o a quelli presuntivamente risultanti dalla certificazione di iscrizione in un elenco ufficiale di prestatore di servizi) ai fini della dimostrazione del possesso dell’adeguata capacità economico-finanziaria è ampiamente discrezionale, impinge nel merito dell’azione amministrativa e si sottrae, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che essa non sia ictu oculi manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria (in termini, Cons. Stato, V, 1° giugno 2001, n. 2973; V, 31 dicembre 2003, n. 9305; VI, 10 ottobre 2002, n. 5442)” [in questi esatti termini: Cons. Stato, sez. V, 12 gennaio 2023, n. 431; Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2018, n. 116].
In relazione medesima tematica (cfr. Cons. Stato, sez. III, 17 novembre 2020, n. 7138, in cui si richiama la sentenza n. 1076 del 12 febbraio 2020 della stessa Terza sezione) è stato ulteriormente affermato che: “nella dialettica fra tutela della concorrenza e perseguimento dell’interesse pubblico primario l’amministrazione gode di un’ampia discrezionalità nella selezione dell’oggetto (e delle caratteristiche tecniche) dell’appalto, in funzione degli standards organizzativi e di efficienza delle relative prestazioni (in tesi anche molto elevati, purché non irragionevoli), dovendo l’offerta adattarsi alla domanda e non viceversa”. Ed ancora che: “A partire alla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99, è acquisito il principio per cui la tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego). La positivizzazione di tale principio è scolpita nella direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4), confermando l’impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara. (….) La rilevanza della tutela della salute, sottesa alla previsione di livelli di competenza tecnica e standard qualitativi così elevati … consentono …. l’introduzione di un requisito proporzionato alla prestazione che si intende acquisire, nonché al perseguimento dell’interesse pubblico ad essa sotteso. A tale scopo, all’Amministrazione è garantita un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse pubblico perseguito. In ragione di ciò, il sindacato del giudice amministrativo deve limitarsi alla verifica del rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all’oggetto di gara (ex plurimis: Cons. Stato, sez. III, 07/07/2017, n. 3352; Cons. Stato, V, 26 luglio 2017, n. 3105; Cons. Stato, Sez. V, 4 gennaio 2017, n. 9; Cons. Stato, V, 8 settembre 2008, n. 3083; VI, 23 luglio 2008, n. 3655)”. Pertanto: “il punto di equilibrio del sistema non è dato, sulla base dell’argomentazione sopra richiamata, dal numero di concorrenti operanti sul mercato in grado di offrire il prodotto richiesto (uno, ovvero tre), ma dall’esistenza o meno di una ragionevole e proporzionata esigenza del committente pubblico che giustifica la domanda di un prodotto offerto solo da poche imprese (in tesi, anche da una soltanto: come nel caso esaminato dalla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99)”. In altri termini: “l’interesse pubblico alla tutela della concorrenza portato dalla normativa sui contratti pubblici è funzionale comunque alla tutela dell’interesse dell’amministrazione all’acquisizione di beni o servizi destinati a soddisfare le specifiche esigenze della collettività di cui essa è attributaria, come definite nella lex specialis di gara. (….) La natura del procedimento di evidenza pubblica come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo, che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l’interesse pubblico specifico portato dall’amministrazione aggiudicatrice”. Nella medesima direzione è stato ulteriormente chiarito che: “Il sindacato ammissibile si incentra dunque sulla proporzionalità e ragionevolezza della scelta della stazione appaltante”.

Tali considerazioni sono ulteriormente riscontrate dalla giurisprudenza che ha esaminato la corretta interpretazione del concetto di “servizio analogo”.
Secondo un consolidato indirizzo interpretativo, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, il concetto di ‘servizi analoghi’ va inteso ‘non come identità ma come mera similitudine’, tra le prestazioni richieste (Cons. Stato, n. 293 del 2020; id. n. 1608 del 2017; id. n. 3717 del 2015).
In questa prospettiva, le prestazioni in precedenza svolte dall’operatore non devono coincidere esattamente con il servizio oggetto di gara, essendo sufficiente l’esistenza di un’analogia o inerenza tra le attività considerate (Cons. Stato 4.1.2017, n. 9), analogamente a quanto già osservato con riguardo al criterio dell’idoneità professionale.
Laddove la lex specialis richieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di ‘servizi analoghi’ la stazione appaltante “non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell’appalto né ad assimilare impropriamente il concetto di ‘servizi analoghi’ con quello di ‘servizi identici’, dovendosi pervenire al contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche, dal momento che la locuzione ‘servizi analoghi’ non si identifica con ‘servizi identici”(Cons. Stato, n. 5040 del 2018).
La giurisprudenza ha in più occasioni precisato la ratio sottesa al concetto di ‘servizi analoghi’ chiarendo che “tale nozione – la cui ratio si rinviene comunemente nel perseguimento di un opportuno contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato e il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche – consente la spendibilità dei servizi rientranti nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui afferisce l’appalto, cosicché possa ritenersi che grazie ad esso il concorrente abbia maturato la capacità di svolgere quest’ultimo “(Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2019, n. 1736)”.
Sotto un concorrente profilo, va inoltre evidenziato che, secondo un consolidato indirizzo interpretativo, l’interpretazione della lex specialis di gara deve essere condotta secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in modo da escludere soluzioni interpretative eccessivamente restrittive e con un effetto sostanzialmente anticoncorrenziale. Ne consegue che il concetto di ‘servizio analogo’ va inteso, anche sotto quest’ultimo profilo, non come identità, ma come mera similitudine tra prestazioni richieste, tenendo conto che l’interesse pubblico sottostante non è certamente la creazione di una riserva a favore degli imprenditori già presenti sul mercato ma, al contrario, l’apertura del mercato attraverso l’ammissione alle gare di tutti i concorrenti per i quali si possa raggiungere un giudizio complessivo di ‘affidabilità’.
All’opposto, la nozione di ‘servizi identici’ individua una ‘categoria chiusa di prestazioni aventi medesima consistenza di tipo e funzione, sì da collidere con il precetto conformante le procedure di gara inteso a garantire la massima partecipazione delle imprese operanti nel medesimo segmento di mercato (così Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2023, n. 564).