Approvazione dell’aggiudicazione provvisoria mediante silenzio assenso e revoca dell’intera procedura di gara (Artt. 11, 12)


admin-seaCons. Stato, sez. V, 21.04.2015 n. 2013
(sentenza integrale)

“Le sopravvenute difficoltà finanziarie possono legittimamente fondare provvedimenti di ritiro in autotutela di procedure di gara, benché queste siano giunte all’aggiudicazione definitiva (in questo senso, da ultimo, Sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6406, in precedenza: Sez. IV, 14 gennaio 2013, n. 156; Sez. V, 2 maggio 2013, n. 2400), e fino a che il contratto non sia stato stipulato (Ad. plen. 20 giugno 2014, n. 14).
La perdita della copertura finanziaria rappresenta infatti una circostanza che legittimamente può indurre l’amministrazione a rivalutare i motivi di interesse pubblico sottesi all’affidamento di un contratto e dunque riconducibile alla principale ipotesi di revoca di provvedimenti amministrativi, secondo l’ampia nozione recepita dal citato art. 21-quinquies della legge generale sul procedimento amministrativo.
A ciò va aggiunto nel caso di specie la decisiva circostanza che le imprese cointeressate alla realizzazione del polo tecnologico, firmatarie del protocollo di intesa insieme al consorzio appellato, non hanno dato seguito agli impegni inizialmente assunti.
6. L’indirizzo da ultimo richiamato è peraltro applicabile a fortiori a procedure aggiudicate solo in via provvisoria, ed anche se ad essa non sia seguito alcuno sviluppo procedimentale per molti mesi, lasciando l’impresa in una situazione di incertezza ed attesa per lungo tempo.
Per confutare tutte le doglianze svolte dalla D.P. sul punto, è innanzitutto pacifico che l’aggiudicazione definitiva è necessariamente emessa in forma espressa, anche se sia spirato il termine per l’approvazione dell’aggiudicazione provvisoria ex art. 12, comma 1, cod. contratti pubblici (in questo senso: Sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1766, citata dall’appellante, la quale ha infatti precisato che «il meccanismo del silenzio assenso prefigurato dall’art. 12, comma 1, riguarda solo l’approvazione dell’aggiudicazione provvisoria, mentre l’aggiudicazione definitiva richiede una manifestazione di volontà espressa dell’Amministrazione, ossia un provvedimento»; negli stessi termini anche Sez. III, 16 ottobre 2012, n. 5282, parimenti citata dall’appellante; ancora, la stessa III Sezione nella sentenza 31 gennaio 2014, n. 467, in cui si è precisato che anche dopo l’infruttuoso spirare del termine previsto dalla disposizione del codice dei contatti pubblici da ultimo richiamata l’amministrazione conserva il potere di recedere dalla gara; sulla necessità che l’aggiudicazione definitiva sia espressa si vedano anche le pronunce di questa Sezione del 23 ottobre 2014, n. 5238 e 13 marzo 2014, n. 1251).
Deve inoltre evidenziarsi che, come sopra rilevato, la revoca è stata disposta nei confronti dell’intera gara e che rispetto un provvedimento di autotutela di simile portata anche l’aggiudicazione definitiva è destinata ad essere travolta. Infatti, con il ritiro dell’intera gara l’amministrazione si determina nel non stipulare in assoluto il contratto, dopo averne riconsiderato le ragioni originarie, non limitandosi, come nel caso di revoca dell’aggiudicazione definitiva o provvisoria, ad esercitare il proprio ius poenitendi con riguardo a quella specifica concorrente destinataria di questi ultimi provvedimenti.
Di fronte ad un atto espressivo di apprezzamenti di carattere ampiamente discrezionale, riconducibile ad una diversa valutazione del medesimo interesse pubblico che aveva originariamente indotto l’amministrazione ad emettere l’atto poi ritirato, qualsiasi affidamento privato è destinato a soccombere, tanto è vero che l’art. 21-quinquies più volte citato non attribuisce ad esso alcun rilievo impeditivo all’esercizio del relativo potere, diversamente da quanto previsto per l’annullamento d’ufficio dal successivo art. 21-nonies. La prima delle norme della legge generale sul procedimento amministrativo ora citato tutela infatti il contrapposto interesse destinato unicamente sul piano patrimoniale, attraverso l’indennizzo e dunque mediante un ristoro pecuniario conseguente ad un atto lecito ma pregiudizievole per i contrapposti interessi privati (in questi termini: Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5082).”

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