TAR Torino, 22.01.2015 n. 144
(sentenza integrale)
(estratto)
Ritiene il collegio che le ragioni addotte dall’Amministrazione per giustificare l’esclusione dalla gara della società ricorrente non possano essere condivise.
10.1. Secondo l’orientamento ormai costante della Cassazione (a partire dalla decisione delle Sezioni Unite 26 marzo 1997, n.2665) il comma 1 dell’art. 2070 c.c., secondo cui l’appartenenza alla categoria professionale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo, si determina secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore, non opera nei riguardi della contrattazione collettiva di diritto comune, che ha efficacia vincolante limitatamente agli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti e a coloro che, esplicitamente o implicitamente, al contratto abbiano prestato adesione.
10.2. Pertanto, persino nell’ipotesi in cui il contratto di lavoro individuale sia stato regolato con riferimento ad un contratto collettivo di diritto comune proprio di un settore non corrispondente a quello dell’attività svolta dell’imprenditore, il lavoratore non può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, ma può solo eventualmente richiamare tale disciplina come termine di riferimento per la determinazione della retribuzione ex art. 36 cost., deducendo la non conformità al precetto costituzionale del trattamento economico previsto nel contratto applicato (Cass. Civ. sez. lav. 23 giugno 2003, n. 9964).
10.3. In sostanza, nell’ordinamento vigente l’applicazione di un determinato contratto collettivo può discendere soltanto dall’adesione del datore di lavoro ad una sigla sindacale (circostanza non ricorrente nella specie in esame, avendo la parte ricorrente dedotto di non aderire ad alcuna sigla sindacale, e non avendo l’Amministrazione provato il contrario). In tutti gli altri casi, l’imprenditore è libero di scegliere il contratto collettivo da applicare al proprio personale, persino qualora esso non sia propriamente pertinente alla tipologia delle mansioni espletate da quest’ultimo, in tal caso essendo onere del lavoratore provare l’inadeguatezza della retribuzione in relazione alla qualità e alla quantità del lavoro prestato, ai sensi dell’art. 36 Cost..
10.4. Il che comporta che, una volta ammessa l’applicazione di un contratto differente, non si può pretendere che vi sia il medesimo trattamento economico, ma la stazione appaltante può solo richiedere che il trattamento economico previsto nel C.C.N.L. proposto sia conforme al precetto dell’art. 36 della Costituzione (tenuto anche conto di quanto previsto attualmente, in tema di verifica delle offerte anormalmente basse, dall’art. 87 comma 3 del Codice dei contratti pubblici, secondo cui “Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”, con la conseguenza che l’offerta economica deve essere, in questi casi, automaticamente esclusa dalla gara).
10.5. Nel caso di specie, la società ricorrente non solo ha dedotto – senza essere smentita – di non aderire ad alcuna sigla sindacale, ma per di più ha dichiarato in gara che avrebbe applicato al personale impiegato nel servizio due diversi contratti collettivi entrambi pacificamente pertinenti alla tipologia di mansioni da espletare, e cioè il CCNL Multiservizi al personale riassorbito dal gestore uscente (come previsto dalla legge di gara) e il CCNL Cisal al proprio personale già impiegato in altri servizi e da utilizzare solo per le eventuali, fisiologiche, sostituzioni temporanee del personale riassorbito.
10.6. La circostanza che i due contratti collettivi applicati prevedano trattamenti retribuitivi differenziati (più elevati quelli del Multiservizi rispetto al Cisal) non integra di per sé alcuna violazione del principio di adeguatezza della retribuzione di cui all’art. 36 Cost.; anzi, il solo fatto che la retribuzione sia determinata con riferimento a due contratti collettivi entrambi pertinenti al servizio da espletare di per sé attesta il rispetto della norma costituzionale, ovvero la corresponsione, in entrambi i casi, di un trattamento retributivo congruo (benché differenziato).
10.7. Né sussiste nel nostro ordinamento un principio di parità di trattamento retributivo a parità di mansioni e qualifiche, essendo le differenze retributive legittime fintantoché non siano poste in essere in attuazione di discriminazioni vietate dalla legge, come quelle fondate su ragioni di sesso, età, razza, religione, opinioni politiche e simili (Cons. Stato, sez. VI, 3 ottobre 2007 n. 5096), o non implichino l’attribuzioni di livelli retributivi inadeguati alla qualità e quantità della prestazione erogata, in violazione dell’art. 36 Cost.
10.8. Inoltre, nel caso di specie, neppure la legge di gara prevedeva l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di applicare un medesimo trattamento retributivo a tutto il personale comunque impiegato nel servizio: la disciplina di gara richiedeva unicamente l’impegno dei concorrenti a riassorbire, in caso di aggiudicazione, il personale dipendente già impiegato nel servizio dal gestore uscente con l’applicazione del medesimo CCNL già applicato, ma non prevedeva – né avrebbe potuto – l’obbligo del gestore subentrante di estendere il medesimo trattamento retributivo al proprio personale da utilizzare per eventuali sostituzioni del personale riassorbito.
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