Impresa pubblica – Applicazione disciplina dei settori speciali – Criteri (art. 3 , art. 4 , art. 117 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Salerno, 01.12.2017 n. 1690

Secondo le definizioni di cui all’art. 3, co. 1 lett. t), d.lgs. n. 50/2016, sono «imprese pubbliche, le imprese sulle quali le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano dette imprese. L’influenza dominante è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o indirettamente, riguardo all’impresa, alternativamente o cumulativamente:
1) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto;
2) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa;
3) possono designare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa».
Dagli atti del presente giudizio è emerso in maniera incontestata la ricorrenza dei requisiti sopra menzionati.
Acclarato, quindi, che si tratta di un’impresa pubblica, rileva, al fine della questione di giurisdizione, l’art. 3, comma 1, lett. e), secondo cui sono enti aggiudicatori le imprese pubbliche che svolgono una delle attività tra quelle indicate dagli articoli 115 a 121.
Tale norma succede a quella già contemplata dal d.lgs. 163/2006 (art. 3, comma 29), che aveva attuato la direttiva 2004/17/CE, varata al dichiarato fine di garantire la tutela della concorrenza in relazione a procedure di affidamento di appalti da parte di enti operanti in settori sottratti, per il passato, alla concorrenza e al diritto comunitario dei pubblici appalti, i c.d. settori esclusi, che, dopo l’intervento comunitario, sono divenuti i settori speciali (ex esclusi).
Come sottolineato dall’Adunanza Plenaria 16/2011, l’intervento del diritto comunitario, finalizzato ad attrarre alla disciplina di evidenza pubblica settori in precedenza ritenuti regolati dal diritto privato, ha però comportato la necessità di mantenere i connotati di specialità di detti settori, rispetto a quelli ordinari, mediante una disciplina più flessibile, che lascia maggiore libertà alle stazioni appaltanti, e soprattutto restrittiva quanto all’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione; conseguentemente, il diritto comunitario ha delimitato in modo rigoroso non solo l’ambito soggettivo dei settori speciali, ma anche quello oggettivo, descrivendo in dettaglio l’ambito di ciascun settore speciale.
L’assoggettabilità dell’affidamento di un servizio alla disciplina dettata per i settori speciali non può essere, quindi, desunta sulla base di un criterio solo soggettivo, relativo cioè al fatto che ad affidare l’appalto sia un ente operante nei settori speciali, ma anche in applicazione di un parametro di tipo oggettivo, attento alla riferibilità del servizio all’attività speciale (Cons. St., sez. VI, 13 maggio 2011 n. 2919 e Ad. Pl. cit.).

Le norme del Titolo IV del d.lgs. 50/2016 si applicano, ai sensi dell’art. 117, alla messa a disposizione e alla gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile. Le imprese pubbliche, quindi, quando affidano un appalto in tali settori devono osservare le specifiche regole concorrenziali delineati nel titolo IV sopra citato. Non si possono applicare tali norme in relazione a servizi che sono solo collegati al settore speciale di riferimento; va, infatti, evidenziato che il legislatore limita l’autonomia negoziale delle imprese pubbliche, imponendo loro determinate regole, solo perché in determinati settori, caratterizzati da un sostanziale monopolio, è necessario favorire la concorrenza. Tali esigenze, tuttavia, non sussistono qualora il servizio affidato non rientri nei settori speciali né è strettamente strumentale all’attività propria del concessionario di pubblico servizio

Né può sostenersi che la A. s.p.a. sia un organismo di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d), non essendo emerso che la relativa attività abbia carattere non industriale e commerciale.
Ciò trova conferma nella previsione di cui all’art. 8, d.lgs. n. 50/2016: «1. Gli appalti destinati a permettere lo svolgimento di un’attività di cui agli articoli da 115 a 121 [compresa, dunque, la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile e l’alimentazione di tali reti con acqua potabile, di cui all’art. 117], i concorsi di progettazione organizzati per il perseguimento di tale attività, nonché le concessioni aggiudicate da enti aggiudicatori, non sono soggetti al presente codice se l’attività è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili […]». A tal fine, sono mercati liberamente accessibili quelli indicati nell’allegato VI del codice, per i quali sono stati adottati i provvedimenti attuativi, ovvero quelli rispetto ai quali l’accesso è libero di fatto e di diritto; sicché, con l’adozione dei previsti provvedimenti attuativi, l’esclusione riguarderà anche il servizio idrico integrato (compreso nel citato all. VI come «C. Produzione, trasporto o distribuzione di acqua potabile»).
Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha fatto applicazione di tale principio, anche se nel vigore del vecchio codice degli appalti, evidenziando che dinanzi ad un appalto estraneo ai settori speciali, di cui all’art. 217, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, che sia stato posto in essere da un’impresa pubblica, va affermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, per converso, la giurisdizione del giudice ordinario (Consiglio di Stato, sez. V, 03/02/2015, n. 497).