TAR Napoli, 06.05.2024 n. 2959
Infine, il Collegio non può esimersi dal richiamare, in tale contesto, il particolare ruolo che il nuovo Codice dei contratti pubblici attribuisce ai due principi che guidano l’interprete nella lettura e nell’applicazione del nuovo impianto normativo di settore e della disciplina di gara, ovverosia il principio del risultato e il correlato principio della fiducia.
Il primo, previsto dall’art. 1 del predetto D.lgs. n. 36 del 2023, costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale” ed è legato da un nesso inscindibile con la “concorrenza”, la quale opera in funzione del primo rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.
Il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall’art. 2 del D.lgs. n. 36 del 2023, porta invece a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Tale “fiducia”, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. La disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e, dunque, investe anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell’azione amministrativa.
L’art. 1 del nuovo Codice degli appalti pubblici, in particolare, tratta il principio del risultato, rivolto essenzialmente agli enti committenti (stazioni appaltanti e enti concedenti) e riguarda l’iter complessivo del contratto, cioè sia la fase di affidamento che quella di esecuzione. Nello specifico il principio del risultato è inteso come l’interesse pubblico primario del Codice stesso, affinché l’affidamento del contratto e la sua esecuzione avvengano con la massima tempestività ed il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
La massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo costituiscono, dunque, le due declinazioni principali del principio in parola, cui sono funzionali gli altri elementi indicati nei successivi commi: la concorrenza tra gli operatori economici, funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti, e la trasparenza, funzionale alla massima semplicità e celerità nell’applicazione delle disposizioni del Codice.
A ben vedere, sin qui il principio in parola non sembra aver introdotto novità particolarmente dirompenti: l’esigenza che la gara e la successiva esecuzione del contratto avvengano nel più breve tempo possibile, che la concorrenza abbia come finalità la scelta del miglior contraente e che vada premiata la migliore offerta sia sotto il profilo economico che qualitativo, sono regole e principi già tradizionalmente acquisiti.
Decisamente più innovativo è il comma 4.
Quest’ultimo, da un lato prevede, prevede che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto.”, traducendosi nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare; dall’altro valorizza il raggiungimento del risultato come elemento di valutazione del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, sia ai fini della valutazione delle loro responsabilità – di cui al successivo principio della fiducia – sia ai fini dell’attribuzione degli incentivi previsti dalla contrattazione collettiva. La declinazione del principio del risultato contenuta nel comma 4 appare quindi destinata ad avere un maggiore impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale, di cui assume un profilo dirimente la sua destinazione teleologica.
Orbene, il chiarimento reso dalla stazione appaltante si è posto pienamente in linea con le innovative coordinate normative cui deve ispirarsi l’azione amministrativa in quanto, nel delucidare la “regola del caso concreto”, come richiesto dal richiamato principio, ha optato per un’interpretazione delle regole di gara ispirata all’implicito principio dell’equivalenza funzionale fra i prodotti, in tal modo assicurandosi il conseguimento del “miglior risultato” possibile all’esito di un realizzato contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità nel segmento di mercato interessato, altrimenti preclusa dall’interpretazione formalistica ed escludente delle prescrizioni tecniche invocata dalla ricorrente.
Conclusivamente, la stazione appaltante, seguendo la regola del “risultato” nei termini sopra declinati, ha optato per un’interpretazione delle disposizioni di gara teleologicamente orientata ad attuare la ratio sottesa alla programmata operazione amministrativa/negoziale complessivamente intesa, vale a dire assicurarsi il prodotto farmaceutico, munito delle capacità terapeutiche ritenute imprescindibili, al miglior costo di mercato, obliterando così la portata impeditiva di tale primario scopo (costituente, secondo una terminologia privatistica, la “causa in concreto” perseguita dallo stipulando contratto) delle prescrizioni meramente formali inerenti al dosaggio ed al confezionamento del farmaco, così riconoscendo, al tempo stesso, l’estraneità di queste ultime rispetto al conseguimento del risultato perseguito.
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