TAR Roma, 05.03.2014 n. 2550
(estratto)
La normativa primaria – come recata dal Codice di Contratti – non prevede l’applicazione ai settori speciali dell’art. 75 del Codice, il quale consente la prestazione di garanzia, a scelta dell’offerente, tramite fidejussione bancaria o assicurativa, con la conseguenza che la relativa disciplina è rimessa alla lex specialis dettata dalla stazione appaltante.
Ritiene tuttavia il Collegio, anticipando le conclusioni che, alla luce delle considerazioni che si andranno ad esporre, intende trarre, che tale dato normativo, di rango primario, non affranchi la disciplina di gara, che rechi in materia di garanzie fidejussorie disposizioni più restrittive rispetto a quelle dettate dal Codice dei Contratti Pubblici per i settori classici – come avviene nella fattispecie in esame – dal vaglio di legittimità sotto il profilo della proporzionalita, ragionevolezza e logicità della previsione che incide, in senso più restrittivo, sulla possibilità di partecipazione alla gara, in esito al quale la prevista limitazione alla sola fidejussione bancaria della possibilità di prestazione della cauzione provvisoria e la preclusione alla possibilità di dimezzamento della stessa appare in contrasto con la logica complessiva del sistema in relazione all’oggetto della gara, riconducibile ai settori speciali, tenuto conto che per gli altri settori dei contratti pubblici la disciplina risulta essere meno stringente e rigorosa, essendo consentita, a scelta dell’offerente, la prestazione della fidejussione sia in forma bancaria che assicurativa, nonchè la possibilità della riduzione del 50% dell’importo della garanzia.
Riprendendo la trama delle suesposte precisazioni al fine di approfondirne i relativi passaggi, occorre preliminarmente rilevare, sotto un profilo sistematico e con riguardo al quadro normativo di riferimento, che ai settori speciali – ex esclusi – è dedicata una specifica disciplina, contenuta nella Parte III del Codice dei Contratti Pubblici, significativamente diversa rispetto alla disciplina generale degli appalti nei tre settori classici in ragione della specificità dell’oggetto dei relativi contratti e della conseguente specialità della disciplina, come individuata a livello comunitario e recepita a livello nazionale.
La disciplina dei settori speciali ha matrice comunitaria, la quale mira a fronteggiare, sia con la precedente direttiva 93/38/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993 che con la direttiva 2004/17/CE – mediante un avvicinamento alle regole contrattuali imposte alle amministrazioni aggiudicatrici nei settori ordinari soggette alla direttiva 2004/18/CE – la naturale chiusura dei mercati ed intrinseco deficit di concorrenza causati dalla particolare posizione degli enti operanti in tali settori, che rivestono importanza strategica per gli Stati membri determinando un peculiare atteggiarsi dei relativi mercati, tale da giustificare una considerazione speciale da parte del legislatore comunitario.
Le ragioni dell’esclusione di determinati settori dalla normativa dettata per i settori classici e della specialità della normativa per gli stessi dettata a livello comunitario, connesse all’influenza da parte delle Autorità nazionali sui comportamenti degli enti operanti nei settori speciali e alla tendenziale chiusura dei relativi mercati, unitamente alla loro importanza strategica – avuto riguardo agli interessi perseguiti e alla particolare configurazione dei relativi mercati – che ne consente una considerazione speciale da parte dello stesso legislatore comunitario, vanno tuttavia considerate congiuntamente con l’obiettivo, perseguito dalla Direttiva 2004/17/CE, di garantire l’effettiva liberalizzazione del mercato ed un giusto equilibrio nell’applicazione delle norme sui contratti, il che ha condotto all’individuazione di una disciplina caratterizzata da una minore rigidità rispetto a quella generale dei settori ordinari in quanto più rispondente alle esigenze di semplificazione e modernizzazione, evolvendosi nel tempo la disciplina comunitaria, attraverso l’avvicinamento della normativa dei settori speciali a quella dettata per i settori ordinari, in termini di specialità e non di eccezionalità, adottando istituti e procedure analoghi a quelli previsti per i settori ordinari, allo scopo di dettare un sistema normativo in grado di introdurre gradualmente un’effettiva e reale concorrenza coerentemente con la spinta liberalizzatrice e armonizzatrice comunitaria.
La direttiva 2004/17/CE, di cui il D.Lgs. n. 163 del 2006 costituisce attuazione, come già la direttiva sui settori speciali che la ha preceduta (e recepita in Italia con il D.Lgs. n. 158 del 1995), è difatti stata adottata allo scopo di garantire la tutela della concorrenza in relazione a procedure di affidamento di appalti da parte di enti operanti in settori sottratti, per il passato, alla concorrenza e al diritto comunitario dei pubblici appalti, i c.d. settori esclusi, che, dopo l’intervento comunitario, sono divenuti i settori speciali (ex esclusi),
La ricordata esigenza di tutela della concorrenza che dichiaratamente presiede alla direttiva 2004/17/CE sugli appalti nei settori speciali per la frequente condizione di monopolio in cui versano quei servizi pubblici, è volta quindi ad attrarre alla disciplina di evidenza pubblica settori in precedenza ritenuti regolati dal diritto privato, mantenendo comunque i connotati di specialità di detti settori, rispetto a quelli ordinari, mediante una disciplina più flessibile, che lascia maggiore libertà alle stazioni appaltanti, e soprattutto restrittiva quanto all’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione.
Avuto riguardo alla disciplina nazionale dettata con riferimento ai settori speciali, cui è dedicata la Parte III del Codice dei Contratti, l’art. 206, quale prima disposizione contenuta in tale Parte, indica espressamente quali tra le norme contenute nella Parte II del Codice, oltre a quelle recate Parte III, siano applicabili a tali settori.
Analoga disposizione è prevista dal Regolamento di esecuzione del Codice, a conferma della tecnica del recepimento e del rinvio ad altre norme dettate per i settori ordinari al fine di delineare la disciplina applicabile ai settori speciali.
Attraverso tale tecnica redazionale devono quindi essere ritenute compatibili, sulla base di un giudizio del normatore, con i settori speciali solo le norme contenute nella Parte II del Codice espressamente individuate nel citato art. 206, le quali sono prevalentemente individuate sulla base dell’identità di contenuto tra le corrispondenti disposizioni di cui alla Direttiva 2004/17/CE e la Direttiva 2004/18/CE, quest’ultima recepita nella Parte II del Codice, unitamente ad altre norme che seppur non di diretta derivazione comunitaria sono state comunque ritenute estensibili ai settori speciali.
Intervenendo l’art. 206 solo sulla Parte II del Codice, deve ritenersi che tutte le altre parti siano applicabili ai settori speciali, tra cui la Parte I, che si occupa dei principi che presiedono all’attività contrattuale delle Amministrazioni Pubbliche, nonché la Parte IV dedicata al contenzioso e la Parte V, recante la disciplina transitoria.
A fronte dell’indicazione, tassativa ed esaustiva, delle disposizioni applicabili ai settori speciali, il comma 3 dell’art. 206 in esame dispone inoltre che gli enti aggiudicatori, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono applicare altre disposizioni della Parte II alla cui osservanza non sono obbligati.
L’art. 206 in esame va coordinato con l’art. 31 del Codice, il quale esclude in via di principio l’applicazione delle disposizioni contenute nella Parte II ai contratti di cui alla Parte III, ovvero ai settori speciali.
Tanto premesso in ordine alla ricognizione della disciplina generale dettata per i settori esclusi, deve rilevarsi, con più specifico riferimento al thema decidendum introdotto con la controversia in esame, che l’art. 206 del D.Lgs. n. 163 del 2006, nell’indicare le norme del Codice applicabili ai settori esclusi, non ricomprende l’art. 75 del medesimo Codice – né, peraltro, l’art. 113, relativo alla cauzione definitiva, da prestarsi con le stesse modalità di cui all’art. 75 – restando quindi tale settore escluso dall’ambito di obbligatoria applicazione delle relative previsioni.
Alla luce del correlativo e consequenziale espandersi della potestà discrezionale delle stazioni appaltanti nell’individuazione della lex specialis in materia di garanzie fideiussorie, stante l’assenza di una disciplina normativa primaria espressa sulle garanzie di offerta e di esecuzione, deve dunque riconoscersi, in astratto, la possibilità che ogni singola gara sia autonomamente regolamentata anche in difformità dalle previsioni recate dall’art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006, essendo rimessa a ciascuna Amministrazione procedente la discrezionalità in ordine all’applicazione o meno della normativa sulle garanzie prevista per gli altri settori.
Tanto premesso sotto il profilo ricostruttivo di ordine generale, osserva il Collegio come tale scelta discrezionale nell’elaborazione della disciplina di gara debba comunque essere effettuata ed orientata coerentemente con i canoni di ragionevolezza, di proporzionalità e di congruità rispetto allo scopo, in modo da consentire la più ampia partecipazione alla gara e così garantire la concorrenza – nelle sue ricadute in termini di economicità ed efficacia dell’azione, il cui perseguimento è comunque di carattere precettivo anche nei settori esclusi ai sensi dell’art. 27 del Codice dei Contratti – dovendo previsioni più limitative rispetto alla facoltà di scelta in ordine alle modalità di prestazione della fidejussione, come riconosciuta dall’art. 75 del Codice dei Contratti Pubblici per i settori ordinari, trovare adeguata giustificazione ed essere sorretta da una ragionevole ratio in relazione all’oggetto della gara, non potendo tale giustificazione risiedere unicamente nell’appartenenza della gara ai settori speciali per i quali l’applicazione dell’art. 75 non è espressamente prevista dalla fonte primaria.
Se, dunque, non può ritenersi esclusa, per i settori speciali, l’applicazione delle norme della Parte II del Codice non espressamente richiamate dall’art. 206, potendo l’ente procedente, per come previsto dal comma 3 di tale articolo, discrezionalmente predisporre il contenuto della lex specialis di gara anche attraverso il loro richiamo – nel rispetto del principio di proporzionalità e nei limiti della compatibilità delle relative previsioni con la specificità della gara e del relativo oggetto al fine di non rendere irrazionale il quadro normativo applicabile – ritiene il Collegio che in virtù del principio di proporzionalità e del perseguimento della concorrenza tra gli operatori, la scelta dell’Amministrazione procedente di non consentire la prestazione della cauzione nella forma della fidejussione assicurativa, con ciò rendendo più selettiva la partecipazione alla gara, non sia coerente con la natura specifica e con l’oggetto della gara, riferita alla fornitura di dispositivi di protezione individuale necessari a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori operanti nelle zone classificate dei siti nucleari, per un importo di € 1.767.000,00, rispetto alla quale non sono rinvenibili quelle ragioni che giustificano, per i settori speciali, la previsione di una specifica disciplina dettata dalla Parte III del D.Lgs. n. 163 del 2006, ivi compresa la possibilità di escludere la prestazione di fidejussione assicurativa stante la prevista non applicabilità a tali settori dell’art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006.
Ed invero, il fondamento della deroga, per i settori speciali, all’applicazione delle norme dettate per i settori ordinari, tale da giustificare la sottrazione alle regole operanti per gli altri settori, va rinvenuto nell’esigenza di consentire procedure snelle ed elastiche in ragione della specificità dell’oggetto e degli interessi perseguiti, essendo la disciplina dei settori speciali caratterizzata da una minore rigidità rispetto a quella generale dei settori ordinari in quanto rispondente ad esigenze di semplificazione e modernizzazione, fermo restando l’obbligo del rispetto delle esigenze della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato cui la normativa comunitaria è orientata.
Pur nella ricorrenza, nella fattispecie in esame, dell’elemento oggettivo per l’applicazione della disciplina dettata per i settori speciali, costituito dalla riferibilità dell’oggetto dell’appalto al settore speciale di attività, e spettando alle stazioni appaltanti operanti in tali settori la scelta e la verifica in ordine all’applicabilità di ulteriori disposizioni, ritiene il Collegio che laddove non vi siano ragioni per restringere la concorrenza e la partecipazione alla gara – attraverso l’aggravamento, rispetto a quanto previsto per i settori ordinari, delle modalità di prestazione della cauzione – strettamente connesse alla specialità del settore, l’Amministrazione, nell’esercizio della facoltà di determinare il contenuto della lex specialis di gara alla stessa riconosciuta, è tenuta a valutare la necessità di introduzione di disposizioni riguardanti i settori ordinari, anche richiamando norme non espressamente indicate dall’art. 206 come applicabili ai settori speciali, laddove le stesse siano funzionali ad estendere la platea dei concorrenti, non essendo alla stessa preclusa la possibilità di applicare in modo più completo la disciplina del Codice al fine di garantire gli obiettivi di concorrenza e non discriminazione perseguiti dalla normativa comunitaria complessivamente intesa.
Né l’esigenza di chiarezza e di semplificazione, che ispira lo stesso legislatore comunitario che ha optato per due corpi normativi separati – laddove il legislatore nazionale, discostandosi dalla scelta sistematica del primo, vi ha dedicato una specifica parte del Codice dei contratti pubblici – verrebbe compromessa dalla integrazione della disciplina di gara con norme del Codice non indicate espressamente come applicabili, trovando le opposte esigenze di chiarezza e semplificazione da un lato e quelle di garanzia della concorrenza dall’altro il proprio punto di mediazione nel principio di proporzionalità in relazione alla scelta della disciplina applicabile, anche attraverso il richiamo a norme dettate per i settori ordinari non espressamente indicate dall’art. 206.
Ed invero, la facoltà di deroga alla disciplina dettata per i settori speciali, nei limiti e per le finalità dianzi illustrate, non si traduce nella vanificazione della specialità della disciplina, essendo la stessa subordinata alla verifica di compatibilità e del miglior perseguimento dei principi generali cogenti in materia di appalti.
Ritiene al riguardo il Collegio che la maggiore libertà accordata agli enti operanti nei settori speciali attraverso l’espressa delimitazione delle norme codicistiche comuni applicabili, deve trovare puntuale corrispondenza nella specialità della gara, che sola può giustificare la diversa e derogatoria – rispetto a quella dei settori classici – disciplina, non trovando invece giustificazione allorquando l’oggetto della gara e le caratteristiche della stessa non siano strettamente riconducibili alle ragioni sottese alla sottrazione dei settori speciali dall’applicazione della disciplina comune degli appalti, come avviene, a giudizio del Collegio, nella gara in esame, volta alla fornitura di dispositivi che, seppur connessi e strumentali all’attività riconducibile ai settori speciali, sono oggetto di produzione da parte di ditte operanti sul mercato da selezionare sulla base degli ordinari criteri della qualità e dell’offerta economica, non rispondendo la limitazione in ordine alle modalità di prestazione della cauzione provvisoria alle ragioni della specialità del settore, ma risolvendosi piuttosto in una limitazione alla partecipazione alla gara con pregiudizio anche in termini di scelta del contraente e del canone di economicità.
I settori esclusi possono essere affrancati dal rispetto delle ordinarie regole vigenti in materia di contratti pubblici nei limiti in cui tale deroga sia necessaria all’adempimento dei relativi scopi – che devono quindi trovare puntuale giustificazione in relazione all’oggetto della gara – altrimenti non essendovi ragioni per la non assimilazione delle relative discipline.
Anche in tale prospettiva può essere intesa la portata del comma 3 dell’art. 206 del D.Lgs. n. 163 del 2006, laddove prevede la possibilità per gli enti aggiudicatori operanti nei settori speciali di applicazione delle disposizioni della Parte II del Codice alla cui osservanza non sono obbligati, facendone richiamo nella lex specialis.
Invero, se tale facoltà di deroga alla disciplina speciale, nei limiti del principio di proporzionalità, è orientata allo scopo di non consentire il dissolvimento della stessa ratio sottesa ad una regolamentazione autonoma e separata (per come affermato dal Consiglio di Stato in sede consultiva con il parere n. 355 del 2006), la stessa può essere intesa quale direttrice nella predisposizione della lex specialis al fine di verificare se sussistano, di volta in volta, le ragioni, connesse alla specialità del settore, per derogare alla disciplina ordinaria, dovendo quindi gli enti aggiudicatori optare per l’estensione della disciplina dettata per i settori classici allorquando non vi siano ragioni, connesse all’oggetto della gara, che sorreggano l’applicazione della disciplina speciale, imponendo esigenze di logica e di coerenza sistematica che il regime derogatorio degli appalti sia circoscritto a quelle sole attività nelle quali emergano le ragioni della sottrazione al regime ordinario, altrimenti dovendo quest’ultimo riespandersi al fine di garantire il conseguimento dei principi ispiratori dell’intera disciplina, anche comunitaria, sugli appalti, apparendo altrimenti irrazionale l’attrazione al regime derogatorio di gare che, per le caratteristiche e per oggetto, possono essere ricondotte al regime ordinario, in quanto estranee – in disparte una generica riconducibilità – alle esigenze per le quali è accordata la disciplina speciale.
Il principio cardine che deve orientare siffatta operazione di individuazione della disciplina di gara, al fine di bilanciare i principi generali della concorrenza e della massima partecipazione, nonchè quelli di efficacia e di economicità, con quelli sottesi alla disciplina dei settori speciali, è il principio di proporzionalità, richiamato dal comma 3 dell’art. 206 del D.Lgs. n. 163 del 2006 nonchè dall’art. 27 del medesimo testo normativo, recante i principi generali relativi ai contratti esclusi, ivi compresi, in quanto sottratti in parte dall’applicazione del Codice, quelli relativi ai settori speciali.
L’esercizio della facoltà, riconosciuta dal comma 3 dell’art. 206 del D.Lgs. n. 163 del 2006, di applicare ai settori speciali anche le ulteriori norme della Parte II del Codice, come volta al perseguimento dell’obiettivo di applicazione più uniforme del principio di concorrenza, è infatti subordinato al rispetto del principio di proporzionalità nella verifica della sussistenza delle ragioni di specialità, così da contemperare le esigenze di semplificazione e modernizzazione sottese alla disciplina dei settori speciali, caratterizzata dall’esclusione dell’applicazione delle disposizioni contenute nella Parte II del Codice, con la natura, la complessità e l’importanza dell’appalto, nella sua rispondenza alla ratio della specialità.
Il principio di proporzionalità costituisce regola generale dell’esercizio dei pubblici poteri, e si declina nell’esigenza che ogni atto sia effettivamente idoneo a perseguire lo scopo cui è preordinato adottando la soluzione che, seppur adeguata allo scopo da perseguire, comporti il minor sacrificio possibile per gli interessi coinvolti, non incidendo sugli stessi oltre i limiti strettamente necessari per il perseguimento dello scopo da realizzare, dovendo quindi l’atto essere al tempo stesso idoneo, e quindi adeguato all’obiettivo da perseguire, e necessario, nel senso che nessun altro strumento egualmente efficace, ma che comporti minor sacrificio, sia disponibile.
Nel declinare siffatto principio di proporzionalità alla fattispecie in esame, richiamato il contenuto della gara, non ravvisa il Collegio valide ragioni, riconducibili alla specialità del settore, che giustifichino la non estensione alla stessa della possibilità, riconosciuta dall’art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006 per tutti i settori classici, di prestare la cauzione provvisoria sia mediante fidejussione assicurativa che bancaria e di consentirne il dimezzamento.
Ed invero, le giustificazioni addotte dalla difesa della resistente Società a sostegno di tale scelta limitativa in ordine alle modalità ed all’importo della cauzione provvisoria – come riconducibili all’esigenza di salvaguardare il buon andamento dell’attività amministrativa attraverso una rafforzata garanzia della serietà ed affidabilità dell’offerta, assicurata dalla fidejussione bancaria, in un contesto di crisi finanziaria e di instabilità economica degli operatori potenziali fornitori – appaiono comuni a tutti i settori degli appalti, non potendo ritenersi espressamente e funzionalmente riferibili ai settori esclusi, ed alla gara in esame in particolare, così da giustificarne una diversa e più restrittiva – nei suoi riflessi sulla platea dei partecipanti e della possibilità di scelta – disciplina rispetto ai settori classici.
Il richiamato principio di proporzionalità, che il Collegio ritiene nella specie violato attraverso la previsione di prescrizioni limitative in ordine alla prestazione della cauzione provvisoria, va inoltre coordinato con il principio di ragionevolezza, costituente principio generale e fondamentale dell’azione amministrativa, integrante misura qualitativa dell’esercizio delle pubbliche funzioni, che impone la valutazione comparativa degli interessi coinvolti in modo plausibile e giustificabile.
La stazione appaltante che opera nei settori speciali, seppur non vincolata all’applicazione delle norme non espressamente indicate dall’art. 206 del D.Lgs. n. 163 del 2006, deve tuttavia conformare la disciplina di gara, nell’esercizio della facoltà discrezionale alla stessa riconosciuta, coerentemente con i principi di proporzionalità e di ragionevolezza, in modo da dettare una disciplina congrua con l’oggetto della gara e con le relative caratteristiche, non potendo la mera riconducibilità dell’oggetto ai settori esclusi giustificare l’applicazione della disciplina derogatoria a discapito degli ulteriori principi, immanenti in materia di appalti, del favor partecipationis, di non discriminazione, della concorrenza e della economicità, quest’ultimo costituente articolazione del principio generalissimo di buon andamento, non essendo la scelta del contraente finalizzata all’esclusivo interesse dell’Amministrazione, ma volta anche alla tutela degli interessi degli operatori a poter concorrere per il mercato e a potervi accedere.
L’art. 27 del D.Lgs. n. 163 del 2006 delinea infatti, attraverso l’indicazione dei principi fondamentali, la disciplina generale degli appalti pubblici, che costituisce parametro di legittimità delle relative procedure, anche con riferimento ai settori speciali, in relazione ai quali occorre comunque verificare se ricorra lo scopo di tutela sotteso alla disciplina speciale e se la riconosciuta non applicabilità di determinate disposizioni del Codice sia coerente e compatibile con l’interesse sotteso alla gara.
Deve, inoltre, rilevarsi, che l’art. 206 del D.Lgs. n. 163 del 2006 presenta, in tema di cauzioni, un ‘vuoto normativo’ nell’escludere dalle disposizioni applicabili ai settori speciali l’art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006, conseguentemente potendo le gare in tali settori anche prescindere del tutto dalla necessità della cauzione a garanzia dell’offerta.
Ne discende che essendo rimessa alla lex specialis di ogni singolo appalto (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 agosto 2009 n. 4903) la predisposizione della normativa al riguardo, tale facoltà deve essere esercitata nel rispetto del nesso di necessarietà della deroga rispetto all’oggetto dell’appalto e del principio di proporzionalità, da coniugarsi con il perseguimento della tutela della concorrenza e del principio di massima partecipazione, dovendo la stazione appaltante stabilire le modalità di prestazione della cauzione ed il relativo ammontare in modo coerente con la natura e l’oggetto dell’appalto, dovendo garantire ai partecipanti analoghe – rispetto a quelle dei settori classici – condizioni di accesso alla gara laddove la stessa non abbia quel carattere di specificità che ne giustifica la deroga alla disciplina generale.
Se, quindi, l’art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006 non trova applicazione nei settori esclusi e la stazione appaltante è libera di determinarsi in merito, potendo addirittura escludere del tutto legittimamente che venga prestata una cauzione, la stessa stazione appaltante, nella determinazione della lex specialis, deve orientare l’esercizio del proprio potere discrezionale in senso coerente con i principi che presiedono alle gare, la cui razionalità intrinseca è soggetta al sindacato di legittimità.
Alla stregua delle considerazioni sopra illustrate, la gravata disciplina di gara, nella parte in cui impone la prestazione della cauzione provvisoria nella forma della fidejussione bancaria ed esclude la possibilità di suo dimezzamento, introducendo prescrizioni più limitative rispetto alla disciplina dettata per i settori ordinari pur in assenza di caratteristiche della gara che ne consentano la riconduzione alla disciplina speciale che esclude l’applicabilità dell’art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006, risulta quindi contrastante con il principio di ragionevolezza e di proporzionalità, quest’ultimo – oltre che richiamato nelle norme di riferimento sopra illustrate – costituente principio generale del diritto europeo avente natura primaria, con efficacia diretta negli ordinamenti statuali, che assume valenza di canone di legittimità dell’azione amministrativa, da declinarsi, con riferimento alla fattispecie in esame, nel dovere di non imporre ai partecipanti sacrifici indebiti – quale quello di sopportare i più onerosi oneri di una fidejussione bancaria, incidente sulla possibilità di partecipazione alla gara – e non strettamente necessari al conseguimento dello scopo, secondo i parametri della idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it
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