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Costi della manodopera : ribasso diretto e limite inderogabilità minimi salariali (art. 41 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. V, 18.04.2025 n. 3418

11.17. Merita conferma la statuizione impugnata nella parte in cui il Tar ha ritenuto non sovrapponibili i costi della manodopera esposti nelle tabelle ministeriali e i trattamenti salariali minimi inderogabili, non potendo desumersi dal mancato adeguamento ai primi la violazione dei secondi.
L’attuale disciplina in materia di costi dalla manodopera si ricava infatti dall’art. 11 del d.lgs. n. 36 del 2023, dall’art. 41 commi 13, oltre che dal già richiamato comma 14, nonché dagli artt. 108 comma 9 e 110 commi 1 e 4 del d.lgs. n. 36 del 2023.
In particolare:
– l’art. 11 detta la regola di applicazione del “contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”;
– ai sensi dell’art. 41 comma 13 “il costo medio del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali”, alle condizioni ivi indicate;
– l’art. 41 comma 14 precisa che “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”;
– ai sensi dell’art. 108 comma 9 “Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”;
– l’art. 110 comma 1 a sua volta dispone che “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”;
– l’art. 110 comma 4 stabilisce che non sono ammesse giustificazioni “in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”.
11.18. Se ne desume, per quanto di interesse in questa sede, che:
– è ammesso il ribasso sui costi dalla manodopera indicati dalla stazione appaltante nella lex specialis di gara (Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2024 n. 9255 e 9 giungo 2023 n. 5665);
– “per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia” (Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2024 n. 9255);
– rimane ferma la regola dell’inderogabilità dei minimi salariali, che si distingue dalla disciplina relativa alla determinazione del costo della manodopera sulla base delle tabelle del Ministero del lavoro (“viene mantenuta la disciplina vigente di cui all’art. 23, comma 16 del d.lgs. n. 50/2016”, così la relazione al d. lgs. n. 36 del 2023).
11.19. Pertanto, rispetto ai costi della manodopera previsti nella lex specialis, e determinati considerando le tabelle ministeriali, in base al combinato disposto dei commi 13 e 14 dell’art. 41, oltre che gli altri fattori afferenti allo specifico appalto, il concorrente può dimostrare “che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale” (art. 41 comma 14).
I minimi salariali sono invece inderogabili, e non trovano fonte nelle tabelle ministeriali (sono queste ultime a dover tenere conto degli stessi, oltre che di altre circostanze).
Infatti “le tabelle ministeriali individuano il costo medio orario del lavoro, mentre la previsione di inderogabilità di cui all’art. 97, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 si riferisce solo al trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva” (Cons. St., sez. V, 22 gennaio 2025 n. 488).
Altrimenti le due regole (possibilità di determinare il costo della manodopera in misura inferiore da quanto previsto nelle tabelle ministeriali e inderogabilità dei minimi salariali) sarebbero fra loro incompatibili.
Pertanto non può desumersi dal mancato adeguamento del costo del personale esposto nell’offerta alle quantificazioni contenute nelle tabelle ministeriali la violazione dei trattamenti salariali minimi inderogabili.

Costi della manodopera tra le spese generali (art. 41 , art. 108 d.lgs. 36/2023)

TAR Firenze, 16.04.2025 n. 705

È noto che il D.lgs. n. 36 del 2023 ha previsto una tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, richiedendo ai partecipanti alla gara di indicare, in via separata, nella propria offerta economica, i costi della manodopera e i costi per gli oneri di sicurezza, sanzionando con l’esclusione la violazione di detto obbligo (come evincibile dagli artt. 41, comma 13, e 108, comma 9, del D.lgs. n. 36 del 2023).
L’art. 108 comma 9, infatti, prevede espressamente che “nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”.
Detta disposizione, innovativa rispetto al codice previgente nella parte in cui prevede la sanzione dell’esclusione, è evidentemente diretta a consentire alla stazione appaltante un controllo più incisivo sui costi della manodopera e sul rispetto sul rispetto del CCNL.
In conformità a detta ratio alla base della disposizione sopra citata precedenti pronunce hanno avuto modo di precisare che non è possibile allocare tra le “spese generali”, nemmeno parzialmente, il costo della manodopera non esplicitamente e distintamente dichiarato con l’offerta presentata in sede di gara (Cons. Stato, Sez. V, 19/11/2024, n. 9254 e Cons. Stato, sez. V, sent. n. 6786 del 3 novembre 2020).
È noto, inoltre, che la modifica dei costi della manodopera, nel caso di specie e di fatto introdotta nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia, comporta un’inammissibile rettifica di un elemento costitutivo ed essenziale dell’offerta economica, che ha l’effetto di incidere sulle esigenze di tutela delle condizioni di lavoro e di parità di trattamento dei concorrenti (in questo senso si veda Cons. Stato, Sez. V, 12/03/2018, n. 1541 T.A.R. Veneto Venezia, Sez. I, 09/02/2024, n. 230).
Nemmeno sono applicabili quelle pronunce che hanno ritenuto che, in determinate ed evidentemente residuali ipotesi, il costo della manodopera possa inserito tra le spese generali, individuate queste ultime ad esempio per quanto concerne i costi del personale con mansioni direttive, di coordinamento o di raccordo, prestate a beneficio di più contratti in corso di esecuzione nei confronti di differenti stazioni appaltanti (Cons. Stato, sez. V, sent. n. 7135 del 21 ottobre 2019), fattispecie inesistenti nel caso di specie e che riguardano comunque costi accessori che non incidono sulla sostenibilità dell’offerta.

Costi della manodopera e ribasso indiretto (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Pescara, 10.04.2025 n. 146

Nonostante parte della giurisprudenza abbia ritenuto che “la non “ribassabilità” dei costi della manodopera, normativamente prevista, non impone implicitamente anche lo scorporo di questi ultimi dalla base d’asta” (Tar Sicilia 3787 del 2023), il Collegio osserva viceversa che tale obbligatorietà emerge non solo dalla chiarissima lettera dell’articolo 41 cit. (“. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso”), ma anche dalla ratio della disciplina, tesa a tutelare una separata considerazione dei medesimi, non solo per responsabilizzare gli operatori economici, come rilevato dal Consiglio di Stato nella pronuncia richiamata, ma anche per consentire che tali interessi da contemperare – quelli dei lavoratori e la iniziativa economica – abbiamo un margine autonomo di oscillazione rispetto alla rigidità del ribasso percentuale della base di gara;
– del resto la diversa soluzione giungerebbe addirittura a imporre a tutti i concorrenti un ribasso anche sulla manodopera, qualora si volesse offrire un ribasso sulla base d’asta, il tutto in contrasto con la eccezionalità di tale evenienza, non solo per la ratio indicata ma anche per il conseguente obbligo di controllo di anomalia;
– proprio perché il ribasso offerto anche sul costo della manodopera da luogo al controllo di anomalia della offerta, l’operatore è stato messo correttamente dalla legge nelle condizioni di calibrare detto ribasso indipendentemente da quello afferente all’offerta a base d’asta, atteso che appare del tutto pretestuoso e improbabile ritenere che la capacità di ottenere una maggiore organizzazione sul piano del costo della manodopera coincida perfettamente, in termini percentuali, con la capacità di contenere gli altri costi e dunque con la percentuale di ribasso offerta per la base d’asta;
– in altri termini, ritenere, con la citata giurisprudenza, che la unica base d’asta possa contenere in sé anche i costi della manodopera (pur se indicati nel loro importo al suo interno), vanifica la ratio del loro imposto “scorporo”, che mira appunto a un trattamento, anche del ribasso, del tutto separato; e ciò per le ragioni esposte;
[…] per quanto sinora esposto, tuttavia, questa è una interpretazione contra legem oltre che in contrasto con la disciplina della lex specialis, la quale, appunto in conformità ai principi illustrati, non consentiva un ribasso percentuale se non sulla base d’asta, pur ammettendo, con i limiti riferiti, un ribasso autonomo del costo della manodopera, da giustificare poi in sede di controllo di anomalia (se si ammettesse una interpretazione opposta, del resto, si giungerebbe al risultato assurdo di una gara in cui il controllo di anomalia è la norma e non l’eccezione: se si considera a base d’asta anche il costo della manodopera, tutti le offerte a ribasso sarebbero destinate a controllo di anomalia);

Costi della manodopera : non esiste divieto assoluto di ribasso (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Parma, 20.03.2025 n. 111

Con il primo motivo di ricorso, la deducente assume l’illegittimità dell’offerta dell’aggiudicataria in quanto fondata su un ribasso anche dei costi della manodopera a suo avviso ontologicamente inammissibile.
Il motivo è infondato.
Non esiste nel nostro sistema un divieto assoluto di ribasso dei costi della manodopera, sussistendo invece tale possibilità a favore dell’operatore economico che sarà poi sottoposto a verifica dell’anomalia dell’offerta.
L’art. 41, comma 14, del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, prevede che «nei contratti di lavoro e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale».
Tale disposizione deve essere interpretata in maniera coerente con l’art. 108, comma 9, del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali e con l’art. 110, comma 1, del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, ai sensi del quale «Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione» (cfr. T.A.R. Toscana, sez. IV, 29 gennaio 2024, n.120).
Se ne deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14, dell’art. 41 citato, secondo cui: «Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale»; se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta (cfr. T.A.R. Toscana, sez. IV, 29 gennaio 2024, n.120).
È appena il caso di precisare, poi, che l’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico potrebbe dimostrare ad esempio che il ribasso è correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, alla sua appartenenza ad un comparto per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla Stazione appaltante (cfr. T.A.R. Toscana, sez. IV, 29 gennaio 2024, n.120).
A conferma di tale indirizzo interpretativo sovviene la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665, che con riferimento al previgente Codice dei contratti ha osservato che «la clausola della lex specialis che imponga il divieto di ribasso sui costi di manodopera, sarebbe in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche», e che richiamando, quale supporto interpretativo, l’art. 41, comma 14, del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, ha rilevato che «persino nel “nuovo Codice”, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione».

Anomalia offerta in caso di ribasso dei costi della manodopera (art. 110 d.lgs. 36/2023)

TAR Catania, 28.02.2025 n. 786

Il motivo è fondato solo in parte, nei sensi e nei limiti di seguito precisati.
Ai fini della disamina delle predette doglianze, è opportuno richiamare i principi affermati dalla giurisprudenza in tema di:
a) natura discrezionale dell’attivazione del procedimento di anomalia in generale;
b) rilevanza sintomatica del ribasso dei costi della manodopera;
c) natura delle tabelle ministeriali.
Con riferimento al punto a) per pacifica giurisprudenza la valutazione della (non) anomalia dell’offerta è finalizzata all’esame dell’attendibilità e della serietà dell’offerta, oltre che all’accertamento dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte. La relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato all’Amministrazione che, come tale, è insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato, renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta” (cfr. tra le tante: Cons. Stato, sez. III, 25 ottobre 2024, n. 8562;, 16 settembre 2024, n.7582; T.A.R. Sardegna, I, 27 novembre 2024, n. 859;).
Quanto al punto b), laddove il ribasso offerto dall’operatore economico implichi la riduzione dei costi della manodopera stimati dalla stazione appaltante, l’offerta si presume anomala, fatta salva la possibilità del concorrente di dimostrarne ex art. 41, comma14° del D.lgs. n. 36/2023, la complessiva sostenibilità (v. tra le tante: Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2025, n. 126; 19 novembre 2024, n. 9254; TAR Piemonte, sez. II, 12 febbraio 2025, n. 340; T.A.R. Sicilia – Catania, sez. III, 11 novembre 2024, n. 3739; sez. I, 22 luglio 2024, n. 2642). In particolare, sulla base del combinato disposto degli artt. 41, comma 14, 108, comma 9, e 110, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi che, per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali; tale interpretazione consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera e la libertà di iniziativa economica e d’impresa, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante negli atti di gara (Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2024, n. 9255 e n. 9254/2024 cit.; Sez. III, 12 novembre 2024, n. 9084 T.A.R. Toscana, sez. IV, 29 gennaio 2024, n. 120).
Sul punto c) la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che il costo medio del lavoro ricavabile dalle tabelle ministeriali non costituisce parametro vincolante per cui l’eventuale scostamento non comporta di per sé un automatico giudizio di inattendibilità dell’offerta giacché i valori indicati nelle citate tabelle svolgono una funzione solamente indicativa, da cui l’impresa può legittimamente discostarsi ove le peculiarità dell’organizzazione produttiva consenta di sostenere costi inferiori (v. tra le tante: Cons. di Stato, sez. V, 22 novembre 2022, n. 10272; 6 febbraio 2017, n. 501; sez. III, 13 marzo 2018, n. 1609; T.A.R. Lazio – Roma, sez. IV, 5 febbraio 2025, n. 2667).
Alla stregua delle suesposte coordinate ermeneutiche risultano, quindi, infondati i profili di censura incentrati sullo scostamento dei costi rilevati dalle tabelle ministeriali, così come l’assunto di parte ricorrente secondo il quali l’anomalia dell’offerta avrebbe dovuto essere eseguita sulla base delle suddette tabelle ministeriali.
Il motivo è, invece, fondato nella parte in cui lamenta l’omessa attivazione della verifica di congruità a fronte dell’indicazione di un costo della manodopera inferiore a quello stimato dalla stazione appaltante, in quanto:

Sulla non ribassabilità dei costi della manodopera (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Catania, 27.02.2025 n. 738

In somma sintesi, quindi, anche se i costi della manodopera determinano la base d’asta, gli stessi vanno scorporati dall’importo assoggettato al ribasso poiché sono non ribassabili, a meno che, con indicazione a parte, che, quindi, prescinde dal ribasso gli stessi, non vengano espressamente indicati con importo diverso (in tesi anche in aumento come nel caso della decisione del CdS 9254/24) e se inferiori a quanto stabilito dal seggio di gara, vanno giustificati con la procedura dell’anomalia dell’offerta.
Ciò posto è indubbio che l’art. 13 del bando abbia espressamente previsto che “l’importo a base di gara comprende i costi della manodopera” stimati in € 627.002,42 e che abbia espressamente richiamato «la Delibera n. 528 del 15.11.2023, dell’ANAC, scioglie(ndo) un dubbio interpretativo sulla possibilità di assoggettare a ribasso anche i costi della manodopera, affermando che “La lettura sistematica della prima parte dell’articolo 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, secondo il quale i costi della manodopera sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, e della seconda parte della norma, che riconosce al concorrente la possibilità di dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, induce a ritenere che il costo della manodopera, seppur quantificato e indicato separatamente negli atti di gara, rientri nell’importo complessivo a base di gara, su cui applicare il ribasso offerto dal concorrente per definire l’importo”.
La disposizione, per quanto detto, seppure con tutti i dubbi interpretativi, non appare coerente con il comma 14 dell’art. 41 del codice e, come tale, va sostituita con quanto da quest’ultimo prescritto.
In ogni caso, anche se non dovesse accedersi a detta soluzione, proprio per effetto dei principi sopra rappresentanti, volti a rendere necessaria l’indagine sulla effettiva voluntas dell’operatore, non può non rilevarsi che l’offerta delle ricorrenti depone in maniera inequivoca circa il mancato ribasso del costo della manodopera, poiché espressamente indicato nella esatta misura stabilita negli atti di gara e in quanto solo in riferimento ai costi relativi alla sicurezza ivi si legge che gli stessi sono inclusi nel prezzo offerto, dimostrando di aver voluto ritenere al difuori della percentuale di ribasso gli altri (costi di manodopera) appena sopra rappresentati.

Omesso scorporo dei costi della manodopera nel Disciplinare di gara : conseguenze (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Firenze, 24.02.2025 n. 292

Nella presente fattispecie, l’omessa indicazione del costo della manodopera nella legge di gara non ha in alcun modo inciso sull’espletamento della procedura selettiva, atteso che entrambe le ditte concorrenti hanno potuto formulare la propria offerta, e hanno individuato separatamente i costi da sostenere per i propri dipendenti e per la sicurezza.
Peraltro, qui la doglianza veniva dedotta quale causa d’inammissibilità dell’offerta presentata dalla OMISSIS, con conseguente palese infondatezza della stessa, atteso che dall’eventuale illegittimità della lex specialis potrebbe conseguire l’annullamento dell’intera gara, non certo l’esclusione di un’offerta.
Del resto, la censura è comunque infondata, in quanto, come sostenuto da recente e condivisibile indirizzo giurisprudenziale, l’omissione del costo della manodopera di cui all’art. 41 comma 14 cit. non può costituire di per sé una causa di annullamento della legge di gara. In proposito, si è invero precisato che: «La ricorrente contesta che la lex specialis di gara, violando l’art. 41, commi 13 e 14, del D.Lgs n. 36/2023 del Codice dei contratti pubblici non ha indicato il costo della manodopera da scorporare dall’importo assoggettato a ribasso. Il motivo è posto “in via gradata per il travolgimento dell’intera procedura”. Secondo la ricorrente la mancata indicazione del costo della manodopera nella legge di gara avrebbe l’effetto di assoggettare a ribasso anche il costo della manodopera in contrasto con quanto previsto dalla legge. Per stabilire se l’effetto di un vizio che si riverbera sull’offerta sia tale da travolgere l’intera procedura – come richiesto dalla ricorrente – o solo l’offerta, occorre accertare se esso abbia reso sostanzialmente impossibile od estremamente difficile la presentazione di un’offerta rispettosa dei vincoli imposti alla riduzione dei costi del personale. In merito occorre rammentare che ai sensi dell’art. 41 del D.Lgs n. 36/2023, comma 14, Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale. Il divieto di ribasso del costo del personale indicato nel bando non è quindi assoluto ma relativo. Tale norma va poi coordinata con l’art. 110 comma 5 del Codice dei contratti, secondo il quale “La stazione appaltante esclude l’offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l’offerta è anormalmente bassa in quanto: d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 41, comma 13”. Nella lettura offerta dalla ricorrente l’indicazione della somma nel bando costituisce il punto di riferimento per la formulazione dell’offerta in quanto il ribasso da giustificare è quello che ha per oggetto la somma indicata nel bando come costo della manodopera. Ne deriverebbe che l’art. 41 attribuirebbe all’amministrazione il compito di definire il costo ordinario della manodopera, con la conseguenza che la sua mancanza sia tale da rendere impossibile la presentazione dell’offerta. Tuttavia, se questa lettura fosse vera, ne dovrebbe derivare anche che l’indicazione di un costo pari o superiore a quello indicato dalla stazione appaltante non sia anomalo. In realtà l’art. 110 c. 5 del Codice dei contratti evidenzia che il giudizio di anomalia del costo del personale è interno all’offerta in quanto comporta il confronto tra il costo del personale offerto e quello indicato dai CCNL e dalle tabelle ministeriali. Ne consegue che deve escludersi che l’indicazione di un costo del personale pari o superiore a quello indicato nel bando legittimi un giudizio di non anomalia dell’offerta sul personale, in quanto mancano gli elementi basilari per esprimere tale giudizio, cioè l’indicazione del personale necessario, delle ore di lavoro e del relativo costo totale, che appartengono all’offerta e rientrano nella discrezionalità dell’imprenditore. Ne consegue che l’indicazione dei costi della manodopera nel bando ad opera della stazione appaltante ha valore meramente indicativo e la sua omissione non comporta l’impossibilità di presentare un’offerta, avendo carattere inderogabile solo il mancato rispetto dei CCNL applicabili e delle tabelle ministeriali negli altri casi. Ne deriva che l’omissione dell’indicazione del costo della manodopera nella legge di gara non comporta l’impossibilità di presentare l’offerta, né la possibilità di assoggettare il costo del personale a ribasso ad nutum, in quanto non impedisce di verificare il rispetto dei diritti economici dei lavoratori con i criteri indicati dall’art. 110 c. 5 del Codice dei contratti. Anzi si può dire che la mancata indicazione del costo teorico del personale calcolato dalla stazione appaltante comporta l’effetto opposto della necessaria verifica di anomalia dell’offerta delle spese del personale a maggior tutela dei lavoratori. In definitiva deve ritenersi che l’omissione dell’indicazione dei costi della manodopera nel bando non permette di sottoporre a riduzione senza limiti la spesa di personale e quindi non costituisce vizio idoneo a travolgere l’intera gara ma può costituire solo vizio dell’offerta che abbia indicato le spese del personale non rispettose dei livelli salariali applicabili al caso di specie» (TAR Lombardia, Milano, I, 5 luglio 2024 n. 2077).

Ribasso costi manodopera : conseguenza non è esclusione ma verifica di anomalia (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Napoli, 18.02.2025 n. 1393

La disciplina in materia di costi dalla manodopera nel nuovo codice dei contratti pubblici si ricava, oltre che dall’art. 11 del D.Lgs. n. 36 del 2023, in materia di contratto collettivo di settore, dall’art. 41, comma 13 (relativo alla determinazione del costo del lavoro sulla base delle tabelle ministeriali) e comma 14, nonché dagli artt.108, comma 9 e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36 del 2023.
In particolare, per quello che in questa sede interessa, l’art. 41, comma 14, prevede che “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.”.
Ai sensi dell’art. 108, comma 9, “Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”.
A sua volta, l’art. 110, comma 1, dispone che “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.
Pertanto anche nel vigore del nuovo codice dei contratti pubblici è ammesso il ribasso sui costi dalla manodopera indicati dalla stazione appaltante nella lex specialis di gara, come già ritenuto, sia pure incidenter tantum dal medesimo Giudice d’Appello in riferimento ad una fattispecie soggetta alla disciplina del codice previgente (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giungo 2023 n. 5665 secondo la quale “P. nel nuovo codice, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1, secondo comma, lett. t) della L. n. 78 del 2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”, è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale, così armonizzando il criterio di delega, con l’art. 41 Cost.”).
Sulla base del combinato disposto degli artt. 41, comma 14, 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36 del 2023, deve pertanto ritenersi che, per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre comunque al rispetto dei minimi salariali (T.A.R. Basilicata, Potenza, Sez. I, 21 maggio 2024, n. 273; T.A.R. Toscana, Sez. IV, 29 gennaio 2024, n. 120 che ha ritenuto che tale interpretazione del dettato normativo consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, evincibile dal criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, primo comma, della legge delega (L. n. 78 del 2022) – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante negli atti di gara).
Solo seguendo tale impostazione si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9 del D.Lgs. n. 36 del 2023), previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili; nonché la portata del successivo art. 110, primo comma, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici, in presenza dei quali la stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia.
In tale ottica è stato affermato che “la non “ribassabilità” dei costi della manodopera, normativamente prevista, non impone implicitamente anche lo scorporo di questi ultimi dalla base d’asta.” (T.A.R. per la Sicilia, Sez. III, 19 dicembre 2023, n. n. 3787).
Da questo punto di vista il D.Lgs. n. 36 del 2023 segue la via tracciata dal D.Lgs. n. 50 del 2016 nell’assicurare una tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, richiedendo ai partecipanti alla gara di indicare, in via separata, nella propria offerta economica, i costi della manodopera e i costi per gli oneri di sicurezza, sanzionando con l’esclusione la violazione di detto obbligo (come evincibile dagli artt. 41, comma 13, e 108, comma 9, del D.Lgs. n. 36 del 2023). Dalla lettura combinata delle disposizioni citate, emerge, infatti, la volontà del legislatore di responsabilizzare gli operatori economici, allo scopo di assicurare che questi ultimi, prima di formulare il proprio “ribasso complessivo”, svolgano una seria valutazione preventiva dei predetti costi. L’art. 108, comma 9, innovando rispetto al codice previgente, sanziona espressamente l’omessa indicazione nell’offerta economica dei costi della manodopera e degli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, con l’esclusione dalla gara, come riconosciuto nella relazione al nuovo codice.
Da ciò si desume la piena continuità del codice del 2023 rispetto a quello del 2016 nella tutela degli interessi dei lavoratori, che nel nuovo codice assume una valenza rafforzata, come desumibile dall’art. 11, comma 3, che, agli operatori economici che applicano un contratto collettivo diverso rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, richiede dichiarazioni di garanzia di equivalenza delle tutele offerte ai propri dipendenti rispetto a quelli indicati, non applicati.

Costi della manodopera e oneri di sicurezza : non è necessario un obbligo di dichiarazione espresso negli atti di gara (art. 108 d.lgs. 36/2023)

TAR Catania, 21.01.2025 n. 236

Con il secondo motivo, parte ricorrente lamenta che la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per avere presentato un’offerta al rialzo; in alternativa, avrebbe dovuto essere esclusa per aver presentato un’offerta indeterminata e incerta, oltre che per non avere indicato i costi della manodopera e della sicurezza, in violazione della norma di cui all’art. 108, comma 9, del d.lgs. 36/2023.
Il motivo è fondato.
L’art. 108, comma 9, del codice dei contratti pubblici (secondo cui “Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”) fissa un obbligo dichiarativo, a pena di esclusione, che riguarda il singolo operatore ed ha ad oggetto i propri costi della manodopera e della sicurezza aziendale, ossia i costi da sostenersi effettivamente per garantire l’esecuzione dell’appalto.
Tale disposizione è funzionale alla salvaguardia di interessi di rilevanza superindividuale, tra cui la tutela dell’occupazione e delle condizioni di lavoro, e, con riferimento specifico allo svolgimento della gara, mira, da una parte, a consentire al partecipante la possibilità di formulare un’offerta consapevole con riferimento a tali significative voci di costo, e, dall’altra, a permettere alla stazione appaltante di procedere alla verifica della congruità del costo del lavoro (cfr. Cons. St., Ad. Pl., n. 1 del 24.01.2019; Tar Lazio, Roma, Sezione II-bis, sentenza. n. 3422 del 28.2.2023).
La disposizione in esame riveste natura imperativa per cui si impone, mediante il principio dell’eterointegrazione prefigurato dall’articolo 1339 c.c., nei confronti degli atti di gara che risultino lacunosi ovvero che contengano previsioni contrarie (Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza 18 ottobre 2023, n. 9078/2023), sicché l’obbligo dichiarativo sussiste anche a prescindere da una espressa previsione in tal senso della lex specialis (Tar Lazio — Roma, Sezione III, sentenza 20 maggio 2022, n. 6531/2022).
Le uniche deroghe a tale obbligo sono quelle previste dalla stessa disposizione (forniture senza posa in opera, servizi di natura intellettuale), non rilevando pertanto la circostanza che i costi della manodopera non siano soggetti a ribasso (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 11 novembre 2024, n. 3739; cfr. anche Cons. St. sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665; delibera ANAC n. 396 del 30 luglio 2024), sempre che non si configuri l’ipotesi della materiale impossibilità di assolvere gli obblighi dichiarativi, nel qual caso la sanzione espulsiva non opera, con conseguente possibilità di regolarizzare l’offerta con il soccorso istruttorio (Corte di giustizia UE sez. IX 2 maggio 2019, n. 309; Cons. St., sez. III, 2 aprile 2024, n. 3000).
Va altresì rimarcato che, con riferimento al concetto di “impossibilità materiale”, s’impone un’interpretazione restrittiva delle ipotesi derogatorie, limitate solamente ai casi in cui nessun operatore abbia avuto la possibilità di inserire, nell’offerta, tali costi (Cons. Stato, sez. III, 19 marzo 2020, n. 1974 T.A.R. Catania sez. I n. 1071/2024).

Costi della manodopera come “spese generali” : ammissibilità

TAR Roma, 15.01.2025 n. 666

Il Collegio, innanzitutto, ritiene di dover porre in rilievo come in seno alla giurisprudenza amministrativa si siano formati differenti orientamenti in relazione alla possibilità di allocare, almeno in parte, il costo della manodopera all’interno della voce di costo destinata alle c.d. “Spese generali”.
Secondo un orientamento più restrittivo – richiamato anche da OMISSIS in ricorso – non sarebbe possibile allocare tra le “Spese generali”, ancorché parzialmente, il costo della manodopera non esplicitamente e distintamente dichiarato con l’offerta presentata in sede di gara.
In particolare, il giudice amministrativo ha in proposito stabilito che “Le ‘spese generali’ costituiscono una voce di costo che comprende i costi di tutte le risorse – escluse quelle riconducibili alla manodopera e ad altre voci separatamente indicate – che l’operatore economico dichiara di impiegare per l’esecuzione della commessa; non è richiesto – salvo diversa indicazione del bando o della stazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia – che esse siano dettagliatamente esposte” (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 6786 del 3 novembre 2020).
In altre pronunce, che poggiano sull’assunto logico per cui il giudizio di anomalia ha per oggetto l’accertamento della tenuta globale dell’offerta presentata dagli operatori economici in sede di gara (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 8303 del 4 dicembre 2019), la voce di costo relativa alle “Spese generali” è stata ritenuta suscettibile di essere considerata anche ai fini della copertura di una parte dei costi della manodopera non distintamente indicati nella offerta economica, quali, ad esempio, i costi del personale con mansioni direttive, di coordinamento o di raccordo, prestate a beneficio di più contratti in corso di esecuzione nei confronti di differenti stazioni appaltanti (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 7135 del 21 ottobre 2019) e i costi della manodopera relativi ad “urgenze non prevedibili” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 788 del 30 gennaio 2020).
In ogni caso, l’allocazione di una porzione dei costi della manodopera all’interno della voce di costo relativa alle “Spese generali” non costituisce un’operazione sempre di per sé legittima, essendo per converso necessario verificare in concreto che nella stessa vi sia capienza sufficiente per garantire la copertura anche di tali specifici costi (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 7135/2019, cit., punto 3.1.1).
Ad una più attenta analisi di tali arresti giurisprudenziali, peraltro, emerge come l’allocazione dei suddetti specifici costi della manodopera nella voce “Spese generali” è stata reputata non irragionevole dal giudice amministrativo anche in considerazione del fatto che si trattava di “costi generali” dell’operatore economico (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 7135/2019, cit., punto 3.1.1; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 788/2020, cit., punto 7), in un caso addirittura non suscettibili di essere quantificati con esattezza ex ante, in quanto correlati ad urgenze non prevedibili e, in parte, connessi al costo di reperibilità dei lavoratori.
Una siffatta ipotesi, per converso, non ricorre nel caso di specie, nel quale non vengono in rilievo costi generali di -OMISSIS-, atteso che i costi della manodopera necessari per eseguire le prestazioni relative alle migliorie offerte costituiscono costi specifici del servizio di pulizia delle sedi di -OMISSIS- oggetto dell’affidamento pubblico per cui è causa, la cui unica peculiarità è data dal fatto che si tratta di prestazioni aggiuntive volontariamente offerte dalla società aggiudicataria per conseguire il punteggio premiale previsto dal sub-criterio B3 del disciplinare di gara.
Il Collegio, in assenza di un pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale in ordine alla possibilità di allocare, almeno parzialmente, i costi della manodopera tra le “Spese generali”, ritiene che sia più equo fare applicazione dell’indirizzo pretorio meno restrittivo. Ciò implica, come visto, che venga effettuata una verifica in concreto della capienza della voce di costo denominata “Spese generali” rispetto alla copertura dei costi della manodopera non distintamente indicati in offerta, che nel caso di specie corrispondono a quelli necessari per eseguire le prestazioni offerte da OMISSIS a titolo di migliorie e per i quali è stato indicato l’importo di euro 15.342,95.

Trattamento salariale minimo inderogabile, oneri della sicurezza, costo medio orario e costo della manodopera : differenze (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Catanzaro, 13.01.2025 n. 39

Dal tenore letterale delle disposizioni appena richiamate si ricava che i costi della manodopera individuati dalla stazione appaltante non costituiscono un limite assoluto e inderogabile nel valutare l’eventuale anomalia dell’offerta, giacché “[r]esta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale” (art. 41, comma 14).
In realtà, ciò che non è davvero consentito all’offerente, ai sensi del comma 4 del sopra citato art. 110, è di operare un ribasso sulle seguenti voci: i “trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge” (comma 4, lett. a); “oneri di sicurezza di cui alla normativa vigente (comma 4, lett. b).
Invero, come più volte segnalato dalla giurisprudenza, trattamento salariale minimo inderogabile, oneri della sicurezza, costo medio orario indicato nelle apposite tabelle di cui all’articolo 41, comma 13 e costo della manodopera sono concetti diversi nella sistematica del codice degli appalti, che non devono tra loro essere confusi (cfr. TAR Roma, sez. II, 29 aprile 2024, n. 8473; TAR Piemonte, sez. I, 23 novembre 2023, n. 754 e l’ampia giurisprudenza richiamata).
In particolare, la retribuzione minima è soltanto uno dei fattori che concorre a determinare il costo complessivo della manodopera; quest’ultimo, infatti, è il riflesso anche di scelte aziendali (quanti lavoratori e con quale inquadramento destinare a determinate mansioni, per quanto tempo e con quale organizzazione; eventuale accesso ad agevolazioni pubbliche; ecc.), che eccedono la questione del rispetto del minimo salariale.
Un conto poi è il minimo salariale inderogabile stabilito dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge, altro è il costo medio orario individuato nelle apposite tabelle ministeriali (non espressamente qualificato come inderogabile dal legislatore).
Infatti, mentre il comma 4 dell’art. 110 del d.lgs. n. 36 del 2023 prevede in maniera assoluta che non sono ammesse giustificazioni “in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”, il comma 5 dell’art. 110 stabilisce che “[l]a stazione appaltante esclude l’offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l’offerta è anormalmente bassa in quanto: [non rispetta i] “minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 41, comma 13”.
Conseguentemente, solo lo scostamento del costo del lavoro dai trattamenti salariali minimi stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale non tollera alcun tipo di giustificazione da parte del singolo operatore economico, radicando, quindi, non già un potere discrezionale della stazione appaltante di valutare (in contraddittorio con l’impresa) l’eventuale giustificazione dell’anomalia dell’offerta, bensì un potere vincolato di esclusione automatica dalla gara.
Infatti, secondo la giurisprudenza, richiamata da parte ricorrente e che il Collegio condivide “la ratio essendi di tale esclusione automatica risiede, infatti, nella circostanza che il mancato rispetto del minimo retributivo stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale vigente non può mai essere giustificato (a prescindere, quindi, dal suo concreto impatto sulla sostenibilità economica dell’offerta), stante il ruolo centrale che detta contrattazione svolge nella definizione dei parametri costituzionali di “sufficienza” e “proporzionalità” della retribuzione del lavoratore subordinato (cfr. art. 36 Cost.)” (cfr. TAR Roma, sez. II, 29 aprile 2024).
Orbene, nel caso di specie, a venire in rilievo è, innanzitutto, la violazione dei trattamenti minimi salariali inderogabili previsti dalla contrattazione collettiva nazionale applicabile all’impresa controinteressata.
Tale violazione riveste natura dirimente ai fini dell’esclusione dell’operatore economico e fa, quindi, passare in secondo piano il mero scostamento del costo del lavoro dalle tabelle del Ministero del Lavoro (tabelle aventi, a differenza del CCNL, un valore soltanto orientativo) o dal costo della manodopera indicato nell’Avviso di gara.

Costi della manodopera : divieto ribasso se non consentito dalla lex specialis (art. 41 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. III, 12.11.2024 n. 9084

6.2. La sentenza gravata conferma, in punto di fatto, il ribasso del costo della manodopera previsto dall’offerta -OMISSIS- nei termini dedotti dalla ricorrente: “per quanto riguarda i costi della manodopera, va in primo luogo rilevato che essi non sono in assoluto insuscettibili di ribasso e che pertanto non doveva essere esclusa la controinteressata per aver indicato, nella propria offerta economica, un costo della manodopera di appena 330.000,00, inferiore di oltre 200.000 Euro rispetto al costo indicato dalla Stazione appaltante e non ribassabile” (profilo del resto incontestato nel presente giudizio).
Il T.A.R. ha tuttavia respinto il motivo argomentando la legittimità dell’offerta, come detto, sulla base del combinato disposto degli artt. 108, comma 9, e 41, comma 14, del d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36: tuttavia la ricorrente aveva dedotto – come sopra ricordato, e come la stessa sentenza del T.A.R. correttamente riporta nella parte espositiva – anzitutto la violazione del citato art. 3 del Disciplinare.
È pertanto evidente che quand’anche il ribasso dei costi relativi alla manodopera fosse consentito dalle norme primarie, l’esplicita ed inequivoca previsione di segno contrario portata dalla – non impugnata – lex specialis non consentiva la presentazione di un’offerta riportante un simile ribasso.
Il parametro normativo invocato – per dedurre l’illegittimità e la non ammissibilità dell’offerta -OMISSIS- – dalla ricorrente in primo grado, pienamente valido ed efficace, era dunque costituito anzitutto dal citato art. 3 del Disciplinare: rispetto al quale la sentenza gravata non risulta essersi pronunciata.
Tale parametro è espressivo della volontà della stazione appaltante di connotare la specifica disciplina della gara nel senso di escludere dalla dinamica dei ribassi la componente relativa al costo della manodopera.

Costi della manodopera riferibili ai soli costi diretti dell’ appalto

TAR Cagliari, 11.11.2024 n. 794

Trova applicazione, il consolidato orientamento giurisprudenziale, formatosi nella vigenza del precedente codice ma tuttora attuale, secondo cui “È preferibile riferire il costo della manodopera ai soli costi diretti della commessa, esclusi, dunque, i costi per le figure professionali coinvolti nella commessa in ausilio e solo in maniera occasionale secondo esigenze non prevenibili. L’obbligatoria indicazione dei costi della manodopera in offerta -e la correlativa verifica della loro congruità imposta alla stazione appaltante- risponde all’esigenza di tutela del lavoro sotto il profilo della giusta retribuzione (art. 36 Cost., cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 ottobre 2020, n. 6306; V, 22 giugno 2020, n. 3972; V, 10 febbraio 2020, n. 1008); serve ad evitare, infatti, manovre speculative sulla retribuzione dei dipendenti finalizzate a rendere l’offerta in gara maggiormente competitiva rispetto alle altre. Tale essendo la ratio della citata prescrizione, è gioco forza riconoscere che l’esigenza di tutela è avvertita solo e proprio per quei dipendenti impiegati stabilmente nella commessa, in quanto voce di costo che può essere variamente articolata nella formulazione dell’offerta per la specifica commessa; non è così, invece, per le figure professionali impiegate in via indiretta, che operano solo occasionalmente (nella vicenda de qua il dietista), ovvero lo fanno in maniera trasversale a vari contratti (il direttore del servizio), il cui costo non si presta ad essere rimodulato in relazione all’offerta da presentare per il singolo appalto” (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 novembre 2020, n. 6786).

Costi della manodopera e ribasso : “inversione di rotta” del nuovo Codice (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Milano, 11.11.2024 n. 3127

L’art. 41, comma 14, d.lgs. n. 36/2023 – in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1, comma, 2 lett. t), legge n. 78/2022 – prevede che “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’ importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Come ha evidenziato la giurisprudenza, l’art. 41 comma 14, d.lgs. 36/2023, ha significativamente operato una netta “inversione di rotta” rispetto al d.lgs. n. 50/2016 il cui art. 97, comma 6, non imponeva il divieto di ribasso sui costi di manodopera (Consiglio di Stato, Sez. V, 9.6.2023, n. 5665).
Ne consegue che la disciplina che stabilisce l’obbligatorietà dello scorporo dei costi di manodopera dall’importo assoggettato al ribasso ha natura innovativa. Ciò comporta che, contrariamente a quanto asserito dalla difesa comunale, non hanno valenza dirimente le diverse considerazioni contenute nel parere MIT del 19.7.2023, n. 2154, nel parere precontenzioso ANAC n. 528 del 15.11.2023, nel parere MIT del 17.4.2024, n. 2505, in quanto tali amministrazioni non solo non hanno posto in risalto la natura innovativa della disposizione, ma richiamano sostanzialmente la disciplina contenuto nel bando tipo ANAC n. 1/2023 che è stato redatto sulla base della previgente disciplina (d.lgs. n. 50/2016).
Ciò non significa che è esclusa la possibilità per l’operatore di proporre un ribasso che coinvolga anche il costo della manodopera. L’operatore non solo potrà formulare un ribasso che coinvolge anche il costo della manodopera, ma potrà anche dimostrare che tale ribasso è derivante “da una più efficiente organizzazione aziendale” o “da sgravi contributivi che non comportano penalizzazioni per la manodopera”, secondo il tradizionale orientamento della giurisprudenza in linea l’art. 41 della Costituzione.

Costi della manodopera : ribasso diretto ammissibile ma comporta verifica di anomalia (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Catania, 11.11.2024 n. 3739

Ai sensi dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. 36 del 2023 “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Tale norma, ad avviso del Collegio, deve essere interpretata in maniera coerente con:
(i) l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali;
(ii) l’art. 110, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.
Se ne deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14 dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta (T.A.R. Toscana, sez. IV, 29.01.2024, n. 124).
Una diversa lettura del quadro normativo di riferimento, visto nel suo insieme, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico, operando un ribasso, potrebbe dimostrare che quest’ultimo sia correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello per cui è causa, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante.
Tale eventualità, da ammettersi anche in quanto coerente con il principio di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., può concretizzarsi a condizione che questo “indiretto” ribasso dei costi della manodopera risulti coerente con una “più efficiente organizzazione aziendale” che l’operatore dovrà dimostrare in sede di verifica dell’anomalia, doverosamente promossa dalla stazione appaltante (Consiglio di Stato sez. V, 09/06/2023, n. 5665; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 8/02/2024, n. 119; T.A.R. Sicilia, Palermo sez. II, 19/12/2023, n. 3779; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 07/11/2023, n. 6128).
Ove si ritenesse, invero, che sussista un divieto indiscriminato di ribasso dei costi relativi alla manodopera, il risultato ultimo sarebbe quello di attribuire alla stazione appaltante il potere di standardizzare tali costi verso l’alto, mediante la sostanziale imposizione del CCNL dalla stessa individuato.
[…] Da ciò discende che, alla luce di quanto previsto dal comma 14 dell’art. 41 del d.lgs. n. 36 del 2023, l’offerta dell’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera non è esclusa dalla gara, ma è assoggetta alla verifica dell’anomalia, nella cui sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale oltre il rispetto dei minimi salariali.