ANAC – Procedimento sanzionatorio – Termine perentorio (art. 213 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 21.11.2022 n. 10197

8. In particolare, è fondato in via assorbente il primo motivo di doglianza con cui la società -OMISSIS- lamenta la violazione del termine di cui all’art. 10, comma 2, del Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, approvato giusta delibera dell’Autorità n. 920 nell’adunanza del 16 ottobre 2019, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, per la segnalazione della causa di esclusione all’ANAC da parte della stazione appaltante.

In particolare, l’art. 10, comma 2, del Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio di ANAC prevede che “le segnalazioni sono formulate compilando in tutte le parti gli appositi moduli pubblicati sul sito istituzionale dell’Autorità. Tali moduli dovranno essere corredati della necessaria documentazione tecnico-amministrativa ed inviati all’Autorità entro 30 giorni dal verificarsi dell’evento o dalla conoscenza del fatto oggetto di segnalazione”.

8.1. Deve innanzitutto osservarsi come dalla qualificazione della natura giuridica del termine in questione, se perentorio oppure ordinatorio (o meramente “acceleratorio” come ritenuto dalla sentenza appellata), dipende la fondatezza della censura in esame.

8.2. Rileva il Collegio che la questione appena delineata non può che essere risolta avendo riguardo ai princìpi generali di certezza, efficienza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.

Per quanto in particolare concerne i procedimenti sanzionatori, l’applicazione dei suddetti principi postula che l’amministrazione (pur in assenza di una espressa qualificazione come perentorio di un termine stabilito) agisca comunque in modo tempestivo, rispettando l’esigenza del cittadino di certezza, nella specifica accezione di prevedibilità temporale, delle conseguenze derivanti dall’esercizio dei pubblici poteri, e che, ove protragga in modo ingiustificato l’esercizio del potere, dia puntuale motivazione delle ragioni che le hanno, in ipotesi, impedito di applicare la sanzione in contiguità temporale con l’accertamento dell’illecito (negli stessi termini Cons. Stato, VII, 14 febbraio 2022, n. 1081).

8.3. Al riguardo, deve infatti rilevarsi che tutti gli atti appartenenti alla categoria dei provvedimenti sanzionatori vanno analizzati secondo un criterio di “stretta tipicità legale” (esattamente in termini si veda Cons. Stato, V, 25 gennaio 2022, n. 491) e che, per una ragione anche di interesse pubblico superiore, il potere sanzionatorio va esercitato a non eccessiva distanza dai fatti che ne costituiscono il fondamento: ciò anche per la particolare afflittività della potestà sanzionatoria, essendo i procedimenti sanzionatori “micromodelli” di processi penali laddove l’ordinamento ritiene sufficiente restare all’interno dell’ordinamento amministrativo (così Cons. Stato, VI, 19 gennaio 2021, n. 584).

Nel procedimento sanzionatorio vi è infatti una stretta correlazione tra il rispetto del termine per l’adozione del provvedimento finale e l’effettività del diritto di difesa dell’incolpato, avente protezione costituzionale (nel combinato disposto degli articoli 24 e 97 Cost.). Rilevano poi, come evidenziato, preminenti esigenze di certezza dei rapporti giuridici e delle posizioni soggettive.

Ne consegue che la particolarità del procedimento sanzionatorio assume, quanto al tema della tempistica procedimentale e alla sua scansione (sia essa stabilita da norme di legge o di regolamento), carattere decisivo rispetto al generale paradigma del procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241 del 1990 (in cui è pacifico, per contro, che lo spirare del termine per provvedere non determina conseguenze invalidanti sul provvedimento tardivamente adottato).

Il tempo dell’azione amministrativa non è, infatti, uniforme rispetto a tutti i sistemi di relazione tra amministrazione e amministrato: “la relazione che può generarsi è chiaramente poliforme e dipende dalla trama normativa di riferimento, nonché dagli interessi sostanziali in gioco” (Cons. Stato, VI, n. 584/2021). Pertanto, sia la potestà amministrativa che la posizione giuridica soggettiva dell’amministrato possono comporsi in modo differente: la esemplificazione di una pluralità di figure di interesse legittimo evidenzia la presenza di un diverso atteggiarsi della potestà pubblica, che a sua volta impone la presenza di regole sostanziali differenti nel delineare facoltà e obblighi dell’amministrazione e dell’amministrato.

8.4. In particolare, nel procedimento sanzionatorio (ove l’interesse dell’amministrato è quello che il procedimento si concluda tempestivamente con un provvedimento a lui favorevole) la previsione di un “tempo procedimentale” garantisce che l’accertamento della violazione non sia distante dalla sua punizione: ciò in quanto il tempo dell’agire amministrativo sostiene nell’ipotesi dell’esercizio potere sanzionatorio il soddisfacimento di interessi ulteriori rispetto al mero rilievo dell’avvenuta infrazione. È evidente, infatti, che il carattere effettivo e dissuasivo della sanzione è fortemente condizionato dal rispetto della tempistica procedimentale, poiché se l’irrogazione della sanzione avvenisse a distanza di tempo sia dalla sua commissione che dal suo accertamento potrebbe fallire il suo obiettivo (in tali esatti termini, Cons. Stato, V, n. 584/2021 cit.).

8.4.1. Su queste basi, un consolidato orientamento della giurisprudenza ha ritenuto che, in materia di sanzioni amministrative, il termine fissato per l’adozione del provvedimento finale ha natura perentoria, a prescindere da una espressa qualificazione in tal senso nella legge o nel regolamento che lo preveda (così, Cons. St., Sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1199; Id., 6 agosto 2013 n. 4113; Id., 29 gennaio 2013 n. 542; Cons. St., Sez. VI, 20 maggio 2011, n. 3015; cfr. Cons. St., Sez. VI, 4 aprile 2019, n. 2289; Cons. St. Sez. V, 3 ottobre 2018, n. 5695; Id., 3 maggio 2019, n. 2874; Cons. St., Sez. VI, 21 febbraio 2019, n. 2042; Cons. St., Sez. VI, 17 novembre 2020, n. 7153).

8.4.2. Inoltre, secondo la giurisprudenza, le norme di principio, relative ad una immediatezza della contestazione o comunque a una non irragionevole dilatazione dei suoi tempi, contenute nel Capo I della l. 24 novembre 1981, n. 689, sono dotate di applicazione generale dal momento che, in base all’art. 12, le stesse devono essere osservate con riguardo a tutte le violazioni aventi natura amministrativa per le quali è applicata la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro, compresa la materia dell’Antitrust (Cons. Stato, VI, 21 gennaio 2020, n. 512; cfr. anche Cass. Civ., sez. II, 26 gennaio 2021, n. 1614): ciò in quanto l’intento del Legislatore è stato quello di assoggettare ad un statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di prerogative e garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative. È stato poi anche chiarito che l’ampia portata precettiva di una regola siffatta (che cioè induce generalmente a connotare di perentorietà i termini per la contestazione delle violazioni amministrative) è esclusa soltanto dalla presenza di una diversa regolamentazione da parte di fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre deroga alla norma generale e di principio (in tal senso v. Cons. Stato, VI, 512/2020 cit.).

8.4.3. Ai fini del legittimo esercizio del potere sanzionatorio attribuito dalla legge all’ente titolare sono, dunque, immanenti allo specifico settore ordinamentale (a ragione del carattere afflittivo della sanzione e a garanzia dell’incolpato) i principi di tempestività della contestazione, di proporzionalità e ragionevolezza; il fatto poi che il successivo processo amministrativo si svolga secondo un modello pienamente aderente ai dettami dell’art. 6 CEDU non consente di recuperare il tempo del procedimento sanzionatorio inutilmente decorso né di ritenere, di conseguenza, sanato il termine ragionevole non rispettato all’interno di quest’ultimo (si veda in analoghi termini Cons. Stato, VI, n. 584/2021 cit.).

8.4.4. Occorre ricordare che di recente la Corte costituzionale con la sentenza n. 151 del 12 luglio 2021 ha affermato i seguenti principi: “Nel procedimento sanzionatorio, riconducibile nel paradigma dell’agere della pubblica amministrazione, ma con profili di specialità rispetto al procedimento amministrativo generale, rappresentando la potestà sanzionatoria – che vede l’amministrazione direttamente contrapposta all’amministrato – la reazione autoritativa alla violazione di un precetto con finalità di prevenzione, speciale e generale, e non lo svolgimento, da parte dell’autorità amministrativa, di un servizio pubblico (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 15 luglio 2014, n. 15825), l’esigenza di certezza, nella specifica accezione di prevedibilità temporale, da parte dei consociati, delle conseguenze derivanti dall’esercizio dei pubblici poteri, assume una rilevanza del tutto peculiare, proprio perché tale esercizio si sostanzia nella inflizione al trasgressore di svantaggi non immediatamente correlati alla soddisfazione dell’interesse pubblico pregiudicato dalla infrazione”.

La Corte ha statuito che, in materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità non solo impone la predeterminazione ex lege di rigorosi criteri di esercizio del potere, della configurazione della norma di condotta la cui inosservanza è soggetta a sanzione, della tipologia e della misura della sanzione stessa e della struttura di eventuali cause esimenti (Corte cost. n. 5/2021), ma deve necessariamente modellare anche la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico riguardo alla scansione cronologica dell’esercizio del potere: ciò in quanto la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell’esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell’interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale.

Infatti, secondo la Corte Costituzionale “Alla peculiare finalità del termine per la formazione del provvedimento nel modello procedimentale sanzionatorio corrisponde una particolare connotazione funzionale del termine stesso. Mentre nel procedimento amministrativo il superamento del limite cronologico prefissato dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990 per l’esercizio da parte della pubblica amministrazione delle proprie attribuzioni non incide ex se, in difetto di espressa previsione, sul potere (sentenze n. 176 del 2004, n. 262 del 1997), in quanto il fine della cura degli interessi pubblici perdura nonostante il decorso del termine, la predefinizione legislativa di un limite temporale per la emissione della ordinanza-ingiunzione il cui inutile decorso produca la consumazione del potere stesso risulta coessenziale ad un sistema sanzionatorio coerente con i parametri costituzionali sopra richiamati”.

8.5. Tanto evidenziato osserva il Collegio che il potere esercitato dall’ANAC ai sensi dell’art. 80, comma 12, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ha natura sanzionatoria ed afflittiva (come di recente ritenuto con riferimento al potere esercitato dalla stessa Autorità ai sensi dell’analogo art. 38, comma 1 ter, del d.lgs. n. 163 del 2006 dalla decisione di questa Sezione 25 gennaio 2022, n. 491).

8.5.1. In particolare, il menzionato art. 80 comma 12, ratione temporis applicabile alla fattispecie, dispone che: “In caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all’Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto del falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione delle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1 fino a 2 anni, decorso il quale l’iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia”.

8.5.2. Così richiamata le norma a fondamento del potere esercitato dall’Autorità, non può dubitarsi che l’annotazione nel casellario informatico ha certamente natura sanzionatoria, a prescindere (come già ritenuto anche da Cass., SS.UU., 4 dicembre 2020, n. 27770) dalla ravvisabilità degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per l’affermazione di un quid pluris e cioè della natura sostanzialmente penale (cui devono correlarsi determinate garanzie) della sanzione ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ed in particolare di quelli della qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, della intrinseca natura dell’illecito e del grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (c.d. “Engel criteria”, affermati per la prima volta dalla Corte EDU, 8 giugno 1976, Engel c. Paesi Bassi, e poi ribaditi dalla sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia), tematica cui è applicabile la recente giurisprudenza costituzionale evocata dall’appellante e sopra richiamata (si veda anche Corte cost., 16 aprile 2021, n. 68 concernente l’estensione dello “statuto costituzionale” delle sanzioni penali a quelle amministrative a carattere punitivo).

8.5.3. Infatti, come affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato “occorre considerare che, seppure l’annotazione sia generalmente ricondotta nell’ambito della funzione di vigilanza e controllo dell’ANAC (argomentando anche dall’art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016), con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto da parte dell’ANAC a seguito della segnalazione, imponendo altresì un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), e producendo delle conseguenze inequivocabilmente afflittive, in particolare l’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale, così da assumere -lo si ripete- natura sanzionatoria (in termini Cons. Stato, V, 13 dicembre 2019, n. 8480)” (in tal senso Cons. Stato, V, n. 491/2022 cit.).

8.5.4. In definitiva, le previsioni del Regolamento in questione disciplinano l’esercizio di un potere sanzionatorio da parte di Anac che si manifesta nell’adozione di provvedimenti dotati di un tasso di discrezionalità coessenziale alla loro natura, sia in ordine all’accertamento dei fatti e alla loro qualificazione giuridica (per i quali sussiste una accentuata discrezionalità tecnica), sia in ordine alla quantificazione della sanzione.

8.6. Ciò posto, acclarato che l’Autorità esercita un potere sanzionatorio di natura discrezionale, non si intravede qui ragione per discostarsi dai principi, pienamente mutuabili alla presente fattispecie e al thema decidendi oggetto dell’odierno giudizio, affermati dalla costante giurisprudenza sopra richiamata in materia di procedimenti sanzionatori, secondo cui: “Il tempo dell’agire amministrativo nel suo valore intrinseco va declinato non in termini assoluti ma in termini relativi, mentre deve essere declinato in termini assoluti solo quando si rifletta sul suo valore estrinseco, ossia sulla sua rilevanza effettuale. Il tempo dell’azione amministrativa, infatti, rappresenta una parentesi all’interno della quale la potestà amministrativa spiega efficacia attrattiva sulla sfera giuridica dell’amministrato. Il processo sanzionatorio (quasi penale) è di per sé una pena, e per cittadini e imprese i tempi moderni esigono certezze dei rapporti giuridici, per ulteriori plurime ragioni: a) la possibilità dell’amministrazione di provare la sussistenza della violazione si deteriora con il decorso del tempo; b) la possibilità per l’amministrato di offrire la prova contraria soffre la stessa sorte; c) l’effetto dissuasivo di prevenzione speciale è assicurato dall’esistenza di un lasso temporale ristretto tra contestazione della violazione e adozione del provvedimento sanzionatorio; d) lo stesso dicasi per l’effetto dissuasivo di prevenzione generale; e) in generale, il tempo ha la sua rilevanza come fatto giuridico e, in materia sanzionatoria, alla lunga, esso cancella ogni cosa. Risulta ragionevole, pertanto, affermare che in questo caso l’inutile decorso tempo dell’agire amministrativo ridonda in illegittimità del provvedimento sanzionatorio” (Cons. Stato, VI, 19 gennaio 2021, n. 584 e giurisprudenza ivi richiamata).

8.7. Pertanto, se con riferimento all’esercizio della potestà sanzionatoria, i ricordati principi di tempestività della contestazione o comunque di non irragionevole dilatazione dei suoi tempi (Cons. Stato, VI, 21 gennaio 2020, n. 512) sono volti a garantire un effettivo esercizio del diritto di difesa dell’interessato, di sicura ascendenza costituzionale, deve rilevarsi come tali primarie finalità sono senz’altro soddisfatte anche dalla previsione espressa del termine di segnalazione delle falsità (dichiarative o documentali) accertate, implicanti l’esercizio del potere sanzionatorio di ANAC, da parte della stazione appaltante.

8.7.1. Vi è dunque un primo argomento di carattere teleologico, fondato sulla ratio della previsione regolamentare, che non consente al Collegio di condividere l’impostazione accolta dal primo giudice secondo cui, non avendo il Regolamento qualificato espressamente come perentorio il termine per la segnalazione, debba per ciò solo escludersi tale natura: infatti, il potere sanzionatorio (e tale è certamente quello qui in concreto esercitato da parte di ANAC ai sensi dell’art. 80, comma 12, d.lgs. n. 50/2016) deve esercitarsi nel rispetto delle esigenze di certezza giuridica della posizione dell’incolpato e dell’effettività del suo diritto di difesa; ne consegue che la previsione di termini perentori nel procedimento sanzionatorio è coerente con i principi di efficacia, di imparzialità e buon andamento e, prima ancora, con il canone della ragionevolezza, immanente all’ordinamento e trasversalmente applicabile a tutti i suoi settori, anche nella sua specifica declinazione di “ragionevole” durata del procedimento (cfr. Cons. Stato, VII, n. 1081/22 cit.; nonché Cons. Stato, Sez. III, 13 marzo 2015, n. 1330 in tema di durata del procedimento preistruttorio dell’AGCom).

8.7.2. Già alla luce dei riportati principi generali non può essere allora condivisa l’interpretazione prospettata dai provvedimenti impugnati prima e dalla sentenza appellata poi sulla natura ordinatoria o meramente “acceleratoria” del termine in questione: essa esporrebbe l’incolpato a un potere sanzionatorio di fronte al cui tardivo esercizio potrebbe essergli difficoltoso approntare in concreto adeguati strumenti di difesa.

8.7.3. Pertanto, il fatto che il Regolamento Anac sulla potestà sanzionatoria non contenga un’esplicita previsione di perentorietà del termine in questione non ha efficacia decisiva ai fini della soluzione della presente controversia: ma se anche ANAC avesse operato un’autoqualificazione del termine di segnalazione come ordinatorio (il che non è), ciò non sottrarrebbe la detta operazione al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, trattandosi dell’esercizio del potere di autoorganizzazione che deve necessariamente svolgersi nel rispetto dei ricordati parametri legislativi e costituzionali.

8.7.4. Inoltre, al riguardo non è superfluo osservare che risulta assente a livello sostanziale una norma di carattere generale quale quella contenuta nel comma 2 dell’art. 152 c.p.c., secondo il quale: “I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”. Quest’ultimo precetto non può, infatti, che trovare applicazione in ambito processuale (in tal senso Cons. Stato, VI, 584/2021 cit.).

8.7.5. Per converso, a prescindere da un’espressa qualificazione contenuta nel Regolamento, deve ritenersi che vi è un’implicita previsione di perentorietà, desumibile dal sistema ordinamentale, anche del termine stabilito per l’invio della segnalazione ad ANAC da parte della stazione appaltante ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 80, comma 12, d.lgs. 50 del 2016; sicché il suo superamento, in assenza di giustificati impedimenti, non può che connotare in termini di illegittimità l’operato dell’amministrazione e, di conseguenza, il provvedimento sanzionatorio impugnato.

8.8. Molteplici argomenti depongono in tal senso.

8.8.1. In primo luogo, il fatto che siano generalmente ritenuti perentori i termini di avvio e conclusione del procedimento sanzionatorio nonché ragioni di coerenza con i ricordati principi generali sottesi alla previsione di termini in tale materia portano a ritenere che tutto il procedimento sanzionatorio innanzi all’ANAC sia caratterizzato da una logica acceleratoria per il corretto funzionamento del sistema.

8.8.2. Se è vero che un regolamento può stabilire la perentorietà dei termini del procedimento qualora vi sia una base normativa, deve allora rilevarsi come nel caso in esame il precedente Regolamento per l’esercizio sanzionatorio di ANAC, che ha base normativa (è infatti la legge che ha delegato ANAC a disciplinare il procedimento sanzionatorio e a stabilire i termini ai fini del legittimo esercizio del potere), statuiva espressamente la perentorietà dei termini del procedimento sanzionatorio.

Pertanto, sebbene non vi sia un’espressa previsione in tal senso, anche il termine di segnalazione all’Autorità deve considerarsi perentorio, avuto riguardo alle norme regolamentari che, stabilendo una precisa scansione temporale per ogni fase procedimentale, introducono l’obbligo di osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio che in quella di definizione del procedimento sanzionatorio.

Infatti, se il dies a quo del termine per l’avvio del procedimento sanzionatorio e per procedere alla contestazione dell’addebito decorre, ai sensi dell’art. 11 del Regolamento (Fase pre-istruttoria), dalla ricezione della documentazione completa all’Autorità, mentre dalla data della ricezione della contestazione decorre, ai sensi dell’art. 13, comma 1, lett. b) del medesimo Regolamento, il termine di 180 giorni per la conclusione del procedimento, il mancato rispetto del termine per effettuare tale segnalazione non può allora che influire sull’avvio e, in definitiva, sulla stessa conclusione del procedimento sanzionatorio, riverberandosi in senso negativo sui relativi termini.

8.8.3. Nel caso di specie, a fondamento della previsione dei termini procedimentali vi è un’esigenza di certezza giuridica e tutela dell’impresa, che non può essere esposta sine die al potere sanzionatorio di ANAC per gli effetti che esso determina sulla partecipazione alle gare (e quindi sulle esigenze organizzative delle risorse imprenditoriali).

8.8.4. Vi sono poi ulteriori ragioni oltre a quelle esposte che depongono nel senso della perentorietà del termine de quo: anzitutto, un argomento di carattere testuale laddove sono la stessa norma di legge (art. 80 comma 12 cit.: “la stazione appaltante ne dà segnalazione all’Autorità”) e la previsione regolamentare (art. 10, comma 2: i moduli contenenti le segnalazioni “dovranno” essere inviate all’Autorità “entro 30 giorni dal verificarsi dell’evento o dalla conoscenza del fatto oggetto di segnalazione”) a connotare l’adempimento in questione in termini di obbligatorietà e tempestività, e non di mera facoltà rimessa ad libitum alla stazione appaltante.

8.8.5. Sovvengono poi non meno rilevanti esigenze di interpretazione sistematica, per rendere la norma coerente con altre previsioni contenute nello stesso Regolamento per l’esercizio del potere sanzionatorio e con la stessa impostazione generale che, per superiori ragioni di interesse generale finalizzate al corretto e regolare funzionamento del sistema delle commesse pubbliche, ne è alla base.

8.8.6. Sul punto giova richiamare il precedente della Sezione (13 dicembre 2019, n. 8480) che- seppure con riguardo a fattispecie regolata dal precedente Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Anac (già Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) approvato giusta delibera dell’Autorità del 24 febbraio 2014 e successive modifiche e integrazioni, ratione temporis lì applicabile- ha posto in risalto ragioni analoghe a quelle sopra esposte a fondamento della generale perentorietà dei termini del procedimento sanzionatorio innanzi all’Anac, rilevando come “la natura afflittiva delle sanzioni applicate all’esito dei procedimenti in esame assegna natura perentoria (…) al termine di inizio del procedimento al fine di evitare che l’impresa possa essere esposta a tempo indefinito all’applicazione della sanzione stessa” (Cons. Stato, VI, 11 giugno 2019, n. 3919; nello stesso senso, implicitamente, VI, 8 aprile 2019, n. 2289)”): ragioni che sono pienamente mutuabili anche alla presente fattispecie disciplinata dal vigente Regolamento per la disciplina dei procedimenti sanzionatori di competenza dell’Autorità di cui si lamenta la violazione nei sensi sopra indicati.

8.8.7. In quest’ottica se l’art. 28, comma 6, del previgente Regolamento stabilisce che l’unità organizzativa responsabile “comunica alle parti l’avvio del procedimento sanzionatorio, entro il termine massimo di 90 giorni dalla ricezione della segnalazione completa”, il successivo art. 48, comma 2, chiarisce inequivocabilmente che “i termini di avvio del procedimento (…) sono perentori”.

8.8.8. Il che trova ragione, come già evidenziato, nei profili di specialità del procedimento sanzionatorio rispetto al paradigma generale del procedimento amministrativo, e in particolare nella natura afflittivo-sanzionatoria del provvedimento che ne deriva, e dunque nel principio secondo cui “l’esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti” (così Cons. Stato, 8480/2019 cit.; cfr. anche Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2874; 3 ottobre 2018, n. 5695, nelle quali si chiarisce peraltro come, nel termine relativo alla conclusione del procedimento, vada computato anche il tempo occorso alla comunicazione del provvedimento all’interessato; v. anche V, 30 luglio 2018, n. 4657; VI, 30 aprile 2019, n. 2815).

8.8.9. La norma di riferimento di rango primario idonea a giustificare la qualificazione di perentorietà dei termini procedimentali è stata poi rinvenuta dalla richiamata giurisprudenza nell’art. 8, comma 4, d. lgs. n. 163 del 2006 – norma che si pone a fondamento del Regolamento sanzionatorio – secondo cui «il regolamento dell’Autorità disciplina l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità nel rispetto dei principi» anzitutto «della tempestiva comunicazione dell’apertura dell’istruttoria», nonché «della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti» (così Cons. Stato, V, n. 8480/2019 e giurisprudenza ivi richiamata).

8.9. In conclusione, deve ritenersi che il termine di 30 giorni, previsto dal Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, entro cui la stazione appaltante deve portare a conoscenza dell’Autorità la fattispecie oggetto di possibile sanzione ha natura perentoria: tanto a ragione della portata afflittiva del provvedimento sanzionatorio e in ossequio ai canoni di certezza del diritto e di ragionevolezza.

Diversamente opinando, si rischierebbe l’aggiramento degli stessi termini del procedimento sanzionatorio dinanzi all’ANAC stabiliti dal Regolamento secondo una precisa scansione cronologica dell’esercizio del potere, nel contemperamento degli opposti interessi, quelli connessi all’applicazione delle sanzioni in gioco e la tutela del diritto di difesa.

Del resto non sussiste qui neppure una diversa regolamentazione da parte di una fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre una deroga alla generale perentorietà dei termini del procedimento sanzionatorio innanzi all’ANAC: perentorietà che era anzi affermata dal previgente Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio con riferimento ai termini di avvio e conclusione, secondo una ratio logica da estendere ragionevolmente anche al termine per la segnalazione dell’evento o dei fatti da porre a fondamento della futura contestazione, attività amministrativa per la quale il Regolamento qui applicabile pure stabilisce una precisa “scansione procedimentale” che non può essere tenuta in non cale da parte dell’ente segnalante.

Al riguardo, è opportuno anche precisare che il decorso dei trenta giorni è collegato dalla stessa norma regolamentare alla conoscenza dei fatti oggetto di segnalazione da parte della Stazione appaltante e, perciò, inevitabilmente al tempo di accertamento dell’infrazione, da intendersi come riferita all’acquisizione della piena conoscenza della condotta nella sua esistenza ed entità (id est: nel caso di specie, la falsità della dichiarazione resa o della documentazione presentata dall’operatore economico) e dei suoi effetti.