Idoneità professionale dell’operatore economico – Verifica – Oggetto sociale indicato nel certificato camerale – Attività effettivamente esercitata – Differenza (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 18.01.2021 n. 508

La giurisprudenza ha chiarito, con orientamento pressoché costante (sin da Cons. di Stato, V, 19 febbraio 2003, n. 925), che oggetto sociale e attività effettivamente esercitata non possono essere considerati come concetti coincidenti.
E’ noto che la funzione della prescrizione della lex specialis della gara, con la quale si richiede ai concorrenti, ai fini della partecipazione, l’iscrizione alla Camera di Commercio (sia nel regime previgente ove era prevista dall’art. 39, comma 1, del codice dei contratti pubblici tra i requisiti idonei a dimostrare la capacità tecnica e professionale dell’impresa, sia, e ancor più, nell’impianto del nuovo Codice dei contratti pubblici, ove è assurta, con la previsione di cui all’art. 83 comma 1, lett. a del D.lgs. n. 50 del 2016, a requisito di idoneità professionale, anteposto ai più specifici requisiti attestanti la capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria dei partecipanti alla gara, di cui alle successive lettere b) e c) del medesimo comma) è finalizzata a selezionare ditte che abbiano una esperienza specifica nel settore interessato dall’appalto.
Quando tale prescrizione si specifica nel senso che occorre dimostrare l’iscrizione per una definita attività (oggetto dell’affidamento), ciò significa che, attraverso la certificazione camerale, deve accertarsi il concreto ed effettivo svolgimento, da parte della concorrente, di una determinata attività, adeguata e direttamente riferibile al servizio da svolgere; il che esclude la possibilità di prendere in considerazione, ai fini che rilevano nella fattispecie, il contenuto dell’oggetto sociale, il quale – ancorché segni il campo delle attività che un’impresa può astrattamente svolgere, sul piano della capacità di agire dei suoi legali rappresentanti – non equivale, però, ad attestare il concreto esercizio di una determinata attività (in tal senso T.a.r. Sardegna 9 marzo 2015, n. 415).
Considerato che l’utilità sostanziale della certificazione camerale è quella di filtrare l’ingresso in gara dei soli concorrenti forniti di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell’affidamento pubblico (cfr. Cons. di Stato, III, 8 novembre 2017, n. 5170), da tale ratio – nell’ottica di una lettura del bando fedele ai principi vigenti in materia di contrattualistica pubblica, che tenga cioè conto dell’oggetto e della funzione dell’affidamento (1363 1367 1369 c.c.) – si desume la necessità di una congruenza contenutistica, tendenzialmente completa, tra le risultanze descrittive della professionalità dell’impresa, come riportate nell’iscrizione alla Camera di Commercio, e l’oggetto del contratto d’appalto, evincibile dal complesso di prestazioni in esso previste.
Detta corrispondenza contenutistica (tra risultanze descrittive del certificato camerale e oggetto del contratto di appalto), sebbene non debba intendersi quale perfetta e assoluta sovrapponibilità tra le componenti dei due termini di riferimento, va appurata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, e quindi in virtù di una considerazione globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto (si veda, in termini, Cons. di Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5257; Cons. di Stato, V, 25 settembre 2019, n. 6431; Cons. di Stato, V, 15 novembre 2019, n. 7846).
Ne consegue che l’accertamento della concreta coerenza della descrizione delle attività riportate nel certificato camerale con i requisiti di ammissione richiesti dalla lex specialis e con l’oggetto del contratto di appalto complessivamente considerato non può che passare attraverso l’esame e il confronto tra tutte le risultanze descrittive del certificato camerale e l’oggetto del contratto di appalto.
Più nello specifico, un costante indirizzo giurisprudenziale ritiene che l’attività per la quale l’impresa risulta iscritta al registro, deve essere identificata con quella qualificante dell’impresa nei confronti dei terzi, il che non può che riferirsi all’attività principale effettivamente svolta, ossia a quella che denota l’esperienza specifica dell’impresa nel relativo settore di attività (ex multis, Cons. Stato, V, 18 gennaio 2016 n. 120; IV, 2 dicembre 2013 n. 5729). Ed infatti, ai sensi dell’art. 2193 c.c. (“Efficacia dell’iscrizione”) “I fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione, se non sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l’iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza”.
Ciò posto, come evidenziato, una giurisprudenza altrettanto uniforme avverte, altresì, che ai fini in discussione non può giovare il fatto della mera contemplazione di un’attività nell’oggetto sociale, il quale esprime solo la misura della capacità di agire della società interessata, indicando i settori -per vero, potenzialmente illimitati- nei quali la stessa potrebbe in astratto operare, e che, così facendo, indica degli ambiti operativi che devono reputarsi non rilevanti ove non effettivamente attivati (in questo senso si veda, in particolare, Cons. di Stato, V, 10 aprile 2018, n. 2176; Cons. di Giust. Amm., 26 marzo 2020, n. 213).
La giurisprudenza ha, dunque, affermato che l’individuazione ontologica della tipologia di azienda può avvenire solo attraverso l’attività principale o prevalente, in concreto espletata e documentata dall’iscrizione alla Camera di Commercio, non rilevando quanto riportato nell’oggetto sociale indicato nell’atto costitutivo e nello statuto, che esprime soltanto ulteriori potenziali indirizzi operativi dell’azienda, non rilevanti ove non attivati (Cons. Stato, VI, 15 maggio 2015 n. 2486; III, 28 dicembre 2011 n. 6968; V, 19 febbraio 2003, n. 925; VI, 20 aprile 2009, n. 2380).
Tali principi si desumono dal quadro normativo applicabile in materia di iscrizione nel registro delle imprese (cfr. in particolare, art. 2188 c.c.; art. 8 della legge 28 dicembre 1993, n. 580; d.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, recante il regolamento di attuazione del detto art. 8; D.M. del Ministero Sviluppo Economico, pubblicato in G.U.R.I. n. 260/13 S.O. n. 76, laddove dispone che ogni impresa che eserciti un’attività sul territorio nazionale deve sempre dichiarare la propria attività prevalente d’impresa, indicando, per ogni descrizione di attività la data di riferimento, ovvero di effettivo inizio, modifica, cessazione, nonché la descrizione dell’attività primaria e dell’eventuale attività secondaria “effettivamente esercitata”).
7.7. Tanto premesso e al lume dei riportati principi giurisprudenziali sull’interpretazione della disciplina normativa applicabile, risulta decisivo esaminare la natura e la qualità delle prestazioni dedotte nell’appalto de quo e la relazione nella quale queste si pongono rispetto ai richiesti requisiti di idoneità professionale, per poi raffrontarle con le risultanze del certificato camerale dell’appellata.
La lex specialis della gara, nel prescrivere “l’iscrizione al registro delle imprese… per attività oggetto dell’appalto”, richiedeva, infatti, che, attraverso la certificazione camerale o equipollente, fosse attestato il concreto ed effettivo svolgimento, da parte della concorrente, di un’attività non differente da quella oggetto della gara stessa, ai fini della dimostrazione del possesso della capacità adeguata a tal fine; laddove, come evidenziato, l’oggetto sociale risultante dall’iscrizione camerale, sebbene abiliti l’impresa ad operare nel settore proprio dell’oggetto sociale, non attesta alcun effettivo svolgimento dell’attività stessa.
Non poteva, dunque, ritenersi sufficiente, ai fini dell’accertamento del possesso del requisito richiesto, l’inclusione nell’oggetto sociale dell’attività dell’appalto, come ritenuto dalla sentenza di prime cure, in quanto la lex specialis richiedeva ai concorrenti di provare e documentare, mediante l’iscrizione camerale, l’espletamento in concreto dell’attività oggetto di gara (dimostrativa della volontà della stessa impresa di esercitare quell’attività, per la quale ha richiesto l’iscrizione: cfr. Cons. di Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 262) e, in tal modo, il possesso di una specifica esperienza professionale nel settore.