Consiglio di Stato, sez. III, 05.12.2019 n. 8340
La scelta della stazione appaltante di assumere, quale parametro di verifica della congruità dell’offerta, un dato economico (i ricavi realizzati nella gestione pregressa) rientrante nell’esclusiva sfera conoscitiva del gestore uscente e, comunque, difforme dal valore presunto dei ricavi indicato dal bando in modo uniforme per tutti i concorrenti (…) ha ingenerato un evidente vantaggio competitivo per il concessionario uscente – unico depositario di dati in suo esclusivo possesso ed ignoti agli altri concorrenti; ed un effetto spiazzante in danno di questi ultimi, indotti a formulare offerte sul valore indicato dalla stazione appaltante, in assenza di altre fonti dalle quali potere attingere elementi utili alla ponderazione di una proposta economica alternativa, sostenibile e aderente alle effettive potenzialità redditizie del servizio oggetto di gara. In termini ancora più nitidi (…) detto effetto di alterazione della par condicio si sarebbe comunque determinato sia che il bando “.. avesse previsto ex ante la possibilità di giustificare l’offerta in deroga al valore presunto dei ricavi, sulla base di un altro valore assunto ad nutum dai concorrenti”; sia che “..avesse consentito di giustificare l’offerta sulla base dei ricavi storici del servizio – non esplicitati nel bando e dunque conosciuti dal solo concessionario uscente”.
In entrambi i casi, infatti, la lex specialis si sarebbe posta in evidente violazione, nel primo caso, dell’art. 167 del decreto legislativo 50/2016 “che demanda alla stazione appaltante di calcolare detto valore secondo un metodo oggettivo”; e, nel secondo caso, dei “principi di libera concorrenza e non discriminazione posti dall’art. 30 del decreto legislativo n. 50/2016 che vietano di attribuire vantaggi competitivi o informativi solo ad alcuni concorrenti. Del pari, l’aver reso possibili entrambi gli effetti sopra descritti in fase di verifica dell’anomalia, accreditando il diverso valore della concessione allegato dall’aggiudicataria, perché non dimostrato e, comunque, solo ad essa noto, viola tutti i richiamati principi”. (…)Quanto al primo profilo, è opinione ampiamente condivisa in giurisprudenza che l’amministrazione aggiudicatrice debba indicare, in ottemperanza alla prescrizione dell’art. 167 d.lgs. 50/2016, il valore presunto dell’affidamento e che, laddove impossibilitata per motivi oggettivi a farlo (perché, per esempio, il servizio viene affidato per la prima volta, oppure perché il concessionario uscente non ha voluto fornire il relativo dato), sia quantomeno tenuta a fornire gli elementi analitici a sua conoscenza che possano consentire ai concorrenti di formulare un’offerta seria (e cioè, per esempio, le indicazioni circa il potenziale bacino di utenza del servizio da affidare, i costi ed i benefici correlati al servizio stesso, la base d’asta riferibile ai corrispettivi pagati dai precedenti gestori, etc.).
La stessa giurisprudenza in qualche caso radicalizza l’obbligo dell’amministrazione ed esclude, in relazione a “particolari tipologie di servizio”, che l’elaborazione del valore economico della concessione, per la complessità e varietà dei fattori in essa implicati, possa essere demandata ai concorrenti, anziché riservata alla stazione concedente (cfr. Cons. Stato, sez. III, nn. 434/2016; 2926/2017 e 127/2018). Logico corollario di tale impostazione è che la mera difficoltà operativa dell’amministrazione in ordine ai rapporti con il precedente gestore, in difetto di una impossibilità assoluta, non giustifica l’omessa indicazione del valore della concessione negli atti di gara (Cons. Stato, sez. V, 748/2017).
Risulta comunque chiaro che, in alternativa all’indicazione del valore direttamente stimato dalla stazione appaltante, sussiste (laddove possibile e giustificata) l’unica, ma residuale, variante dell’indicazione negli atti di gara di elementi conoscitivi analitici, approfonditi e, come tali, utili ad una ponderazione autonoma, da parte dei concorrenti in gara, dei profitti potenzialmente ricavabili dalla gestione del servizio. Tertium non datur. (…)Peraltro (…) rileva il fatto che l’articolo 30 del d.lgs. 50/2016, pur sottraendo le concessioni alle disposizioni riferite ai contratti pubblici, le assoggetta comunque al rispetto dei principi generali di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione e correttezza.
Come precisato anche dall’AVCP (ora ANAC), “l’esatto computo del valore del contratto assume rilevanza anche per garantire condizioni di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione (…) che si traducono nell’informare correttamente il mercato di riferimento sulle complessive e reali condizioni di gara” (cfr. deliberazione AVCP del 19 dicembre 2013, n. 40; Id., deliberazione del 25 febbraio 2010, n. 9). (…)Non è un caso, d’altra parte, che l’art. 167 d.lgs. 50/2016 disponga che il valore stimato è calcolato al momento di avvio della procedura di affidamento della concessione (comma 2) e che i margini di scostamento da tale importo sono quelli consentiti dal comma 3: nel combinato disposto delle due previsioni trova conferma il carattere cogente e vincolante del valore riportato dagli atti di gara.
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