1) Valore stimato dell’appalto – Ampia discrezionalità tecnica della Stazione Appaltante – Insindacabilità – Limiti; 2) Clausole escludenti – Individuazione (Art. 35 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Roma, 31.10.2019 n. 12540

1) Orbene, nell’esame del motivo si deve partire dal presupposto, largamente condiviso dalla giurisprudenza, secondo cui la determinazione del valore di stima è, in linea di principio, insindacabile, salvo la prova del ricorrere di illogicità evidenti stante la necessità che la (pur ampia) discrezionalità tecnica di cui la S.A appaltante dispone, ai sensi dell’art. 35, commi 6-8, d.lgs. n. 50 del 2016, nella fissazione del valore stimato di un appalto, non si trasformi in arbitrio e prescinda totalmente dagli elementi ricavabili dal contesto economico di riferimento (vedi TAR Abruzzo, Pescara, n. 27/2016). (…)

2) In merito alla asserita tardività del motivo III del ricorso introduttivo, il quale investe la quantificazione dell’importo a base di gara e, dunque, una clausola della “lex specialis”, in tesi, immediatamente lesiva e, quindi, da impugnare doverosamente nell’immediato, senza poter attendere l’esito (favorevole o meno) della gara, si osserva quanto segue:
i. le società ricorrenti contestano che la base d’asta individuata dalla S.A. sia “enormemente sovrastimata come del resto già evidenziano i ribassi che hanno potuto offrire sia l’aggiudicataria (43,1%), che le deducenti (55,7%)”, il che sarebbe sintomatico di un non corretto esercizio della pur ampia discrezionalità di cui dispone la S.A., che non può però operare arbitrariamente senza tener conto, come sarebbe avvenuto nella specie, dell’obbiettivo costo del servizio e di ogni utile elemento conoscitivo ricavabile anche da analoghe gare bandite nel passato, le quali proverebbero che il costo medio giornaliero per risorsa impiegata sarebbe notevolmente inferiore rispetto agli euro 383,21, desumibili sulla base del prezzo posto a base di gara; la sovrastima della base d’asta avrebbe comportato una “indebita svalutazione dell’elemento prezzo”, nonostante il notevole divario tra il prezzo offerto dal RTI delle ricorrenti e quello del RTI aggiudicatario (v. pag. 5 – 9 ric.);
ii. secondo la nozione estensiva di “clausola escludente”, delineata in via ricostruttiva dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 26 aprile 2018, n. 4, che sul punto richiama la giurisprudenza formatasi in argomento all’interno delle coordinate a suo tempo fissate dall’Adunanza Plenaria n. 1 del 2003, possono farsi rientrare nel genus delle “clausole immediatamente escludenti” (ovvero dei “bandi e degli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi”, di cui all’art., 120, comma 5, c.p.a.) le seguenti fattispecie:
a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (si veda Cons. Stato sez. IV, 7novembre 2012, n. 5671);
b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (così l’Adunanza Plenaria n. 3 del 2001);
c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (cfr. Cons. Stato sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980);
d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2011 n. 6135; Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2015 n. 293);
e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto: Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222);
f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” pt.);
g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2011 n. 5421);
iii. la clausola che fissa la base d’asta sul quale le imprese sono tenute ad offrire i rispettivi ribassi, a rigore, non è riconducibile a nessuna delle ipotesi di elaborazione giurisprudenziale sopra elencate; trattasi di importo che non ha impedito la formulazione di un offerta e la cui “irragionevolezza” ed “eccessività” (nei termini contestati dalla ricorrente) non ha impedito alla stessa di formulare un’offerta conveniente e ragionevole, ma ha rivelato soltanto “ex post”, alla conclusione della competizione, la sua portata lesiva per avere fortemente ridotto la distanza, in termini di punteggio, tra le offerte economiche degli operatori concorrenti, nonostante, in termini assoluti, l’importo proposto dal costituendo RTI delle odierne ricorrenti fosse di molto inferiore a quanto offerto dal RTI – OMISSIS – (…);
iv. può dunque concludersi, sulla scorta di quanto affermato dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 2018, che, al momento della pubblicazione del bando, il RTI – OMISSIS –, nonostante potesse percepire immediatamente il carattere (in tesi) eccessivo del valore stabilito da – OMISSIS –, non poteva però considerare la clausola immediatamente lesiva in quanto in quel momento era del tutto incerto ed aleatorio l’esito della gara e non poteva certamente escludersi un esito vittorioso (come dimostra in modo evidente il ridottissimo “gap” tra i punteggi finali rispettivamente conseguiti dal RTI – OMISSIS – e dal RTI – OMISSIS –);
v. diversamente opinando si imporrebbe all’offerente di denunciare la clausola del bando “…sulla scorta della preconizzazione di una futura ed ipotetica lesione, al fine di tutelare un interesse (quello strumentale alla riedizione della gara), certamente subordinato rispetto all’interesse primario (quello a rendersi aggiudicatario), del quale non sarebbe certa la non realizzabilità” (Ad. Plenaria cit. par. 19.2.2.);
vi. il Collegio non può pertanto che concludere nel senso che “debba trovare persistente applicazione l’orientamento secondo il quale le clausole non escludenti del bando vadano impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell’incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo.” (Cons. Stato, Ad. Plen. 4 del 2018).