Consiglio di Stato, sez. V, 16.01.2019 n. 403
Giova principiare dal parere dell’A.N.A.C., su cui si basa il provvedimento di esclusione, alla cui stregua “i consorzi stabili nell’ambito degli appalti nel settore dei beni culturali possono indicare quali esecutori delle opere i soli consorziati che siano in possesso (in proprio) delle qualificazioni richieste dalla lex specialis per l’esecuzione dei lavori oggetto di affidamento, anche in ragione di quanto stabilito dall’art. 146, comma 2, del Codice; inammissibile l’eventuale sostituzione delle consorziate esecutrici dal Consorzio … in sede di offerta poiché ciò costituirebbe una illegittima sanatoria ex post del difetto di un requisito di partecipazione, rappresentato nel caso di specie dalla qualificazione OG2 direttamente in capo agli operatori economici che eseguono le opere oggetto dell’appalto”.
Non è in discussione la generale operatività del “cumulo alla rinfusa” per i consorzi stabili di cui all’art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, che, quindi, ferma restando la possibilità di qualificarsi con i requisiti posseduti in proprio e direttamente, possono ricorrere anche alla sommatoria dei requisiti posseduti dalle singole imprese partecipanti, come chiarito ormai dall’art. 47, comma 2, dello stesso codice dei contratti pubblici (così Consiglio di Stato, sez. V, 27.08.2018 n. 5057), ma la sua ammissibilità nella materia dei contratti nel settore di beni culturali, caratterizzati da una particolare delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi, in quanto beni testimonianza avente valore di civiltà, espressione di un interesse altior nella gerarchia dei valori in giuoco (art. 9 Cost.).
L’esegesi sia letterale, che funzionale, dell’art. 146, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 induce la Sezione ad escludere che nei contratti in materia di beni culturali i consorzi stabili possano qualificarsi con il cumulo alla rinfusa, essendo richiesto dalla norma il possesso di requisiti di qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento.
Ne deriva che legittimamente è stato escluso dalla procedura negoziata il Consorzio, in quanto le imprese consorziate designate per l’esecuzione erano pacificamente prive della qualificazione in OG2, a nulla rilevando il possesso dei medesimi da parte del Consorzio.
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Rileva non tanto, ad avviso della Sezione, il comma 2 dell’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016, che effettivamente sembra, in prospettiva, guardare all’utilizzazione, ai fini della qualificazione, dei lavori eseguiti, prevedendo che possa avvalersene solo il soggetto che li abbia in concreto realizzati, quanto piuttosto il primo comma che evidenzia il carattere strettamente inerente all’esecutore dei lavori del possesso dei requisiti di qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela dei beni oggetto di intervento, come dimostra anche il rinvio, seppure di portata parziale, prevalentemente esemplificativa, all’art. 29 del d.lgs. n. 42 del 2004, che, in tema di conservazione, momento della funzione di tutela dei beni culturali, enuclea il carattere professionale dei restauratori e degli altri operatori che svolgono attività complementari al restauro. Rileva, come già in precedenza ricordato, anche il comma 3, che, nella misura in cui esclude, nella materia in esame, il ricorso ad un istituto di portata generale e di matrice eurounitaria, quale è l’avvalimento, e quindi al prestito dei requisiti, inevitabilmente va inteso come attribuzione di rilievo, ai fini della qualificazione, al profilo soggettivo dell’esecutore dei lavori. Al contrario, non assume valore la mancata prescrizione nella lex specialis, in quanto le cause di esclusione dalle gare previste dalla legge non devono essere riprodotte anche nella legge di gara; è vero piuttosto che il principio di tassatività delle cause di esclusione, attualmente sancito dall’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, dispone che i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal codice e da altre disposizioni di legge vigenti, incorrendo altrimenti nella sanzione della nullità.
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Il Consorzio invoca l’applicazione dell’art. 47, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, ma non tiene conto della specialità della disciplina riguardante i lavori nella materia dei beni culturali, in cui si richiede il possesso dei requisiti in capo all’impresa consorziata designata per eseguire i lavori. Ciò in quanto la finalità di tale disciplina è quella di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati, a prescindere dall’esistenza di un soggetto che se ne assuma la responsabilità nei confronti dell’Amministrazione. Si tratta di un profilo che attiene alla funzione di tutela dei beni culturali, che giustifica, sul piano della comparazione dei valori, anche una limitazione della regola della concorrenzialità, con il suo portato del favor partecipationis.
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