TAR Napoli, 28.06.2017 n. 3507
Il modulo associativo del “consorzio stabile”, già delineato dall’art. 36 del D.Lgs. n. 163/2006 e attualmente disciplinato dall’art. 45, comma 2, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 dà vita ad un soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base ad uno stabile rapporto organico con le imprese associate.
In forza di tale rapporto, nel previgente quadro normativo, era previsto che detto Consorzio potesse giovarsi, senza dover ricorrere all’avvalimento, degli stessi requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del “cumulo alla rinfusa” (art. 36, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006) cosicché il medesimo poteva scegliere di provare il possesso dei requisiti medesimi con attribuzioni proprie e dirette oppure con quelle dei consorziati.
In tal senso deponevano inequivocabilmente sia l’art. 36, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006, per cui “il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”, sia l’art. 94 del D.P.R. 207/2010 in base al quale “1. I consorzi stabili di cui agli articoli 34, comma 1, lettera c), e 36 del codice, eseguono i lavori o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. 2. I consorzi stabili conseguono la qualificazione a seguito di verifica dell’effettiva sussistenza in capo alle singole consorziate dei corrispondenti requisiti. 3. Il conseguimento della qualificazione da parte del consorzio stabile non pregiudica la contemporanea qualificazione dei singoli consorziati, ma il documento di qualificazione di questi ultimi deve riportare la segnalazione di partecipazione ad un consorzio stabile…”.
Ebbene, l’operatività del “cumulo alla rinfusa” per i consorzi stabili non può ritenersi, allo stato, venuto meno nel nuovo quadro ordinamentale conseguente alla entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50/2016. Sotto tale profilo, va condiviso il ragionamento di parte ricorrente che, a sostegno di tale ermeneutica, trae argomenti dall’art. 83, comma 2, e dall’art. 216, comma 14, del citato decreto che sanciscono la vigenza del descritto principio – nelle more dell’adozione di specifiche disposizioni ministeriali su proposta dell’Anac – scolpito dall’art. 36, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006, richiamato a sua volta dall’art. 81 del D.P.R. n. 207/2010 (T.A.R. Lazio, Roma, n. 1324/2017).
Non ha pregio la tesi difensiva dell’amministrazione appaltante che limita l’applicazione del beneficio esclusivamente ai Consorzi stabili costituiti da non più di 5 anni – situazione nella quale non versa il Consorzio ricorrente – in virtù dell’art. 47, comma 2, del nuovo codice appalti vigente ratione temporis, antecedente alla novella attuata con il decreto correttivo D.Lgs. n. 56/2017.
Ed invero, il ragionamento seppur corretto in teoria, non esclude che vi sia contrasto tra disposizioni che ammettono il “cumulo alla rinfusa” incondizionatamente e a prescindere dalla data di costituzione del consorzio stabile (i citati art. 83, comma 2, art. 216, comma 14, del D.Lgs. n. 50/2016 ed il previgente art. 36, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006) e quella che, viceversa, ne ammette l’applicazione solo ai consorzi neocostituiti (art. 47, comma 2, prima della novella del 2017). In presenza di tale contrasto, va preferita l’interpretazione che salvaguardia la massima partecipazione delle imprese alle gare ad evidenza pubblica coerentemente, tra l’altro, con la previsione contenuta nell’art. 83, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016 che, nel prescrivere che i requisiti e le capacità per le qualificazioni devono essere attinenti e proporzionali all’oggetto dell’appalto, richiama l’interesse pubblico “ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione”.
Va infine rammentato che la limitazione temporale di cui al citato art. 47 comma 2 è stata poi eliminata dal legislatore con il decreto correttivo di cui al D.Lgs. n. 56/2017 mostrando così di recepire il principio favorevole all’applicazione generalizzata del cumulo dei requisiti in capo ai consorzi stabili.
Infine, l’interpretazione sostenuta dalla parte ricorrente è corroborata dai chiarimenti forniti dall’Anac nel proprio comunicato dell’8 giugno 2016 “sulle questioni interpretative relative all’applicazione delle disposizioni del d.lgs. 50/2016 nel periodo transitorio”.
In tal sede, in relazione al quesito su quali siano le norme applicabili alla qualificazione dei consorzi sino all’adozione delle linee guida previste dall’art. 82, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016, l’Anac ha rilevato che i requisiti sono individuati in linea generale dall’art. 47 del nuovo codice, aggiungendo che “l’art. 216, comma 14, prevede che fino all’adozione delle linee-guida previste dall’art. 83, comma 2, del codice (che attengono anche ai requisiti e alle capacità che devono essere posseduti dai consorzi) si applica la parte II, titolo III, del D.P.R. 207/2010. Tra queste disposizioni sono ricomprese anche quelle che disciplinano la qualificazione dei consorzi e, in particolare, l’art. 81, che, attraverso un rinvio recettizio, dispone che la qualificazione dei consorzi stabili avviene secondo le disposizioni dell’art. 36, comma 7, del codice”.
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