Consiglio di Stato, sez. V, 29.10.2018 n. 6141
L’art. 183, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 afferma che le offerte devono contenere, tra l’altro, “un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell’art. 106 del d.lgs. 01.09.1993 n. 385 o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966”.
Nella specie, il piano economico-finanziario presentato dalla G. è stato asseverato dalla C., intermediario finanziario autorizzato dalla Banca d’Italia ed iscritto al momento della data dell’asseverazione all’elenco di cui all’art. 106 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385.
Questo elemento è stato ritenuto sufficiente dalla sentenza per legittimare in capo alla C. s.p.a. la titolarità ad asseverare il piano economico-finanziario dell’appellata.Il Collegio ritiene erronea l’interpretazione data dalla sentenza impugnata sulla sufficienza dell’iscrizione all’albo degli intermediari finanziari istituito dal Testo unico bancario.
L’art. 183, comma 9 del Codice dei contratti pubblici stabilisce che le asseverazioni dei piani economico-finanziari siano rilasciate da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell’articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385. Il che significa che si versa nella palese coesistenza di due condizioni entrambe necessarie: l’essere un istituto di credito oppure una società di servizi costituita dall’istituto di credito stesso – o da uno o più istituti di credito e comunque con tale matrice – e l’essere in possesso dell’iscrizione nell’elenco generale degli intermediari finanziari previsto dal Testo unico delle leggi bancarie. Ne consegue che la mera iscrizione assolve uno delle due condizioni, ma non esaurisce il complesso dei titoli richiesti.
Si deve a questo punto ricostruire la natura di C. s.p.a., la quale non svolge attività di raccolta di risparmio, il che elimina in radice la possibilità di sua individuazione come istituto di credito. (…)
Perciò, sulla scorta dell’interpretazione fornita dell’art. 106 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 e al di là delle asserzioni delle parti intimate, la C. s.p.a. non poteva essere soggetto asseveratore del piano economico-finanziario della G. e l’offerta di quest’ultima si dimostra carente di uno degli elementi fondamentali prescritti dal codice dei contratti pubblici.
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