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CCNL sopravvenuto e principio di conservazione equilibrio contrattuale (art. 9 d.lgs. 36/2023)

TAR Napoli, 13.06.2024 n. 3735

3.2. In tale ottica, la preoccupazione manifestata dalla ricorrente in ordine all’attuale insostenibilità dell’offerta non ha ragion d’essere, essendo i nuovi livelli retributivi “sicuramente applicabili alla futura esecuzione del contratto da affidare” (Cons. Stato, n. 6652/2023, cit.).
Da ciò discende che, da un canto, occorrerà assicurare l’adeguamento dei livelli retributivi e, d’altro canto, la censurata mancanza non si riverbera in vizio dell’aggiudicazione.
Va premesso che all’adeguamento si sarebbe dovuto far fronte anche qualora il procedimento amministrativo non avesse subito la stasi prodotta dal contenzioso instaurato e, avviato il rapporto sulla base dei costi della manodopera stimati, si fosse posto l’obbligo di applicare i nuovi livelli salariali.
Questo aspetto concerne il tema del riequilibrio del contratto di appalto, che trova corrispondenza nelle previsioni del codice che consentono la modifica dei corrispettivi.
In particolare, l’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016 stabilisce che i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento, ove la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste o imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice, tra le quali “la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti” (co. 1, lett. c), n. 2).
È da ritenersi che in quest’ambito vi debbano rientrare i contratti collettivi nazionali di lavoro, in ragione della loro inderogabilità e per la natura che rivestono (dall’art. 2 del d.lgs. n. 40/2006 che, modificando l’art. 360 c.p.c., ammette al n. 3 il ricorso per cassazione per violazione di norme dei contratti accordi collettivi nazionali di lavoro, la dottrina giuslavoristica ne ha finanche desunto la riconducibilità alle fonti di diritto).
In conclusione, la questione prospettata dalla ricorrente rientra tra i rimedi manutentivi del contratto, di tal che non può essere predicata l’illegittimità dell’aggiudicazione.
La giurisprudenza ha evidenziato che, anche prima della stipula del contratto, possa addivenirsi alle modifiche necessitate da particolari circostanze (cfr. TAR Piemonte – sez. II, 20/2/2023 n. 180: “la legislazione in materia di appalti pubblici è sì ispirata al rispetto del principio di tutela della concorrenza e parità di trattamento, ma è anche informata ai criteri di efficacia ed economicità che, in presenza di particolari circostanze, possono condurre alla rinegoziazione delle condizioni contrattuali sia in corso d’esecuzione che prima della stipula del contratto (Cons. Stato, sez. V, 11.04.2022, sent. n. 2709). Costituisce oramai consolidato principio quello secondo il quale l’immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto e le variazioni contrattuali non violano sempre e comunque i principi fondamentali in materia di evidenza pubblica (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14)”).
Per inciso, va osservato che il riequilibrio contrattuale costituisce oggi principio espressamente affermato nel nuovo codice dei contratti pubblici (art. 9 del d.lgs. n. 36/2023).

Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale nel nuovo Codice contratti pubblici – Interpretazione – Limiti (art. 9 d.lgs. n. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. IV, 19.06.2023 n. 5989

L’accoglimento di siffatta proposta, a ben vedere, implementando lo smaltimento dei rifiuti nelle discariche della regione Calabria avrebbe alterato considerevolmente la struttura del contratto e soprattutto l’operazione economica ad esso sottesa, finendo per contraddirne la sua stessa finalità di fondo consistente nello smaltimento all’estero dei rifiuti.
Né appare da condividere l’assunto dell’appellante, secondo cui nel caso di specie non si sarebbe verificata alcuna violazione della par condicio in considerazione del fatto che l’unica partecipante alla gara sarebbe stata proprio l’A.T.I. -OMISSIS-.
L’argomento in esame incontra, infatti, l’obiezione per cui, l’accettazione della variante in esame, alterando la sostanza economica del contratto, avrebbe introdotto condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero consentito di ammettere candidati diversi e conseguentemente accettare offerte diverse da quella realmente accettata.
Di qui l’alterazione della parità di trattamento delle imprese potenzialmente interessate.
Costituisce ancora il principale riferimento in questa materia il parere espresso dalla commissione speciale del Consiglio di Stato n. 1084/00 del 12 ottobre 2001.
Nell’occasione, la commissione del Consiglio di Stato ebbe in particolare modo di affermare che anche la rinegoziazione successiva all’aggiudicazione potrebbe alterare la par condicio dei concorrenti, e ciò in quanto “il divieto di rinegoziare le offerte deve razionalmente intendersi in linea di principio (…) anche successivamente all’aggiudicazione, in quanto la possibilità di rinegoziazione tra la stazione appaltante e l’aggiudicatario, modificando la base d’asta, finirebbe (seppure indirettamente) coll’introdurre oggettivi elementi di distorsione della concorrenza, violando in tal modo i principi comunitari in materia”.
L’assunto mantiene inalterata tutta la sua attualità.
A tal riguardo si osserva che, non a caso, anche il nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. del 31 marzo 2023 n. 36, che pure all’art. 9 introduce innovativamente il principio di conservazione dell’equilibrio negoziale e il dovere ex fide bona di rinegoziazione del contratto, fissa al comma due il relativo limite costituito dalla mancata alterazione della sostanza economica del contratto, nonché, ai commi 5 e 6 dell’art. 120, la necessità che le modifiche al contratto non siano “sostanziali” ovvero non incidano, come nel caso della variante proposta dall’A.T.I. -OMISSIS-, sulla struttura dell’operazione economica sottesa al contratto di affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti.
Senza contare, inoltre, che, sempre nella prospettiva della tutela della parità dei potenziali concorrenti, occorrerebbe ritenere praticabili esclusivamente quelle modifiche che siano state in qualche modo “preventivate” nel bando, circostanza quest’ultima non verificatasi nel caso all’esame del Collegio.
Alla luce di quanto sin qui rilevato non può essere condivisa l’affermazione dell’appellante secondo la quale il comportamento della Regione Calabria avrebbe violato il principio di buona fede nel corso delle trattative negoziali.
In senso contrario si evidenzia che il principio di buona fede, se impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte (cfr.ex pluribus, Cass. Civ., Sez. III, 7.6.2006, n. 13345), non può arrivare fino al punto di imporre alla Regione committente di accondiscendere ad una modifica sostanziale del servizio posto a base della gara e contrastante con l’esigenza di evitare la saturazione delle discariche nel territorio calabrese, su cui si imperniava l’intervento.