Consiglio di Stato, sez. IV, 03.09.2024 n. 7361
L’appellante lamenta che il grave illecito professionale dovrebbe comunque essere riconducibile ad accadimenti o condotte occorsi nell’ambito dell’esecuzione di contratti. Il T.a.r. avrebbe errato nel ritenere tale collegamento irrilevante o comunque nel ritenere rilevanti anche accadimenti occorsi nella esecuzione di contratti privati.
Il motivo è infondato poiché l’art. 50, lettera c) – nella riformulazione introdotta dall’art. 5 del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito nella legge n. 12 del 2019 – (“la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità;”) non richiede un siffatto collegamento che caratterizza invece la distinta ipotesi di cui alla lettera c) ter secondo cui le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni “l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa;”.
A maggior ragione non rileva che la condotta sintomatica sia emersa nell’ambito dell’esecuzione di un contratto pubblico piuttosto che privato.
E’ stato infatti chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio che la nozione di grave illecito professionale di cui alla citata disposizione, “ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica di natura civile, penale o amministrativa e non prevede un numero chiuso di gravi illeciti professionali” (cfr. altresì Consiglio di Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 503).
Deve pertanto essere corretta la motivazione del T.a.r. (che invece afferma la necessità della genesi contrattuale della condotta sintomatica dell’illecito professionale, a prescindere dalla natura pubblica o privata del contratto) nella parte in cui ha ritenuto che: “l’attuale configurazione della disposizione di cui all’art. 80, comma 5, lettera c) del d.lgs. 15 aprile 2016 n. 16, non impone affatto che il fatto costitutivo dell’illecito debba essere forzatamente riconducibile ad un rapporto contrattuale con una soggetto pubblico, ben potendo derivare da fatti di natura organizzativa o dallo svolgimento di altre tipologie di attività comunque imputabili al concorrente, fossero anche riferibili a rapporti contrattuali di natura privata; ciò è possibile inferire dal tenore della norma in argomento secondo cui va disposta l’esclusione del concorrente ove «…c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità»; nessuna limitazione tipologia esiste in merito alla individuazione dell’illecito professionale che così il legislatore intende rimettere al prudente apprezzamento della stazione appaltante (T.A.R. Lazio Roma , sez. III , 14 agosto 2019 n. 10533); d’altra parte una simile lettura della norma, soffrirebbe dell’obiezione per cui ciò che conta è l’affidabilità del concorrente come impresa in sé, connotazione che ben potrebbe essere messa in discussione da fatti ed evenienze di origine differente dall’area di esecuzione di un contratto pubblico”.
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