Offerta economica – Formula inversamente proporzionale – Fuzione dissuasiva rispetto ad eccesso di ribassi – Legittimità (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 14.12.2021 n. 8353

26.2. La più recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, benché non manchino, come si è accennato, anche pronunce di segno contrario, soprattutto nell’applicazione dell’ora abrogato d. lgs. n. 163 del 2006, e spesso incentrate sulla specificità della vicenda, è orientata nell’ammettere la legittimità della c.d. formula inversamente proporzionale che, per l’assegnazione dei punteggi economici nell’ambito di una gara da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prenda quale punto di riferimento per lo sviluppo del calcolo matematico i prezzi proposti dai concorrenti anziché i ribassi sulla base d’asta.
26.3. Numerose pronunce di questo Consiglio, ormai, vengono affermando che questo criterio non è manifestamente abnorme e/o irragionevole perché, sebbene non comporti eccessive differenziazioni tra le singole offerte (pure a fronte di ribassi apprezzabilmente diversi), garantisce comunque – come è nel caso di specie – un apprezzabile collegamento proporzionale tra l’entità del ribasso e al conseguente attribuzione del punteggio (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 10 aprile 2018, n. 2185).
26.4. Si esclude quindi la necessità di assegnare il punteggio massimo al maggiore ribasso e un punteggio pari a zero al minore ribasso ché, anzi, un siffatto criterio – anche se astrattamente rispondente alla possibilità di assegnare l’intero range di punteggio alla componente economica – determinerebbe l’effetto – anch’esso opinabile e, in ultima analisi, irragionevole – di produrre ingiustificate ed “estreme” valorizzazioni delle offerte economiche anche laddove, come è nel caso qui in esame per tutte le ragioni sopra evidenziate, il minimo ribasso e quello massimo si differenzierebbero per pochi punti percentuali (v., sul punto, Cons. St., sez. V, 9 marzo 2020, n. 1691; Cons. St., sez. V, 26 novembre 2020, n. 7436).
26.5. Insomma la più recente giurisprudenza amministrativa si è orientata nel senso di ritenere «non contrarie a legge o irragionevoli formule matematiche volte a rendere marginale il peso degli elementi economici attraverso vari elementi correttivi»: così la sentenza del 23 dicembre 2019, n. 8688 (conforme anche il precedente di cui alla sentenza, sempre della V Sezione, del 23 novembre 2018, n. 6639, in essa richiamato).
26.6. Ha rilevato ancor più puntualmente la sentenza della sez. V, 26 novembre 2020, n. 7436 che la descritta evoluzione, come ha ben evidenziato anche la sentenza qui impugnata, è avvenuta sulla base del «mutato contesto» (così anche la sentenza del 23 dicembre 2019, n. 8688) conseguente all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in relazione al quale nelle Linee-guida n. 2, sull’offerta economicamente più vantaggiosa, l’ANAC ha segnalato la possibilità di impiegare formule matematiche in funzione dissuasiva rispetto ad una competizione eccessiva sul prezzo e dunque in funzione correttiva del metodo tradizionale dell’interpolazione lineare (cfr. il § IV delle Linee-guida in esame).
26.7. La stessa sentenza del 23 dicembre 2019, n. 8688, come pure ha ricordato la sentenza qui impugnata, ha poi segnalato che i precedenti contrari sono invece riferiti a procedure di gara soggette al codice dei contratti pubblici ora abrogato, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dal quale non era ricavabile alcuna preferenza per criteri legati alla componente prezzo rispetto a quelli di carattere qualitativo, come invece dall’art. 95 del codice dei contratti pubblici attualmente in vigore (si rinvia a quest’ultimo riguardo ai principi formulati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 21 maggio 2019, n. 8).