TAR Pescara, 23.05.2020 n. 162
3.1 Sotto il profilo della legittimazione all’inoltro dell’istanza ostensiva da parte di un’impresa terza rispetto ad atti relativi a procedure di evidenza pubblica, va rimarcato che, secondo una giurisprudenza del tutto pacifica, l’impresa che intenda contestare un affidamento diretto o senza gara, pur non dovendo dimostrare l’esistenza di una posizione giuridica differenziata rispetto all’oggetto dell’invocata gara pubblica, deve comprovare la propria legittimazione, quale “operatore economico dello specifico settore”, a contestare in sede giurisdizionale detto affidamento diretto, dovendosi diversamente rilevare l’assenza di un interesse ad agire (ex multis da ultimo T.a.r. Emilia Romagna – Bologna sez. II, 5 maggio 2014, n. 460; Cons. St., sez. IV, 20 agosto 2013 n. 4199; T.a.r. Lombardia – Milano 7 novembre 2012 n. 2686).
Nel caso di specie la società ricorrente ha dato prova dello svolgimento a titolo professionale dell’attività relativa agli atti oggetto di richiesta ostensiva, per cui non vi sono dubbi sulla legittimazione dell’istante ad invocare in sede giurisdizionale l’accesso alle procedure invocate.
Il riconoscimento della legittimazione al ricorso giurisdizionale deve a maggior ragione riflettersi, ad avviso del Collegio, anche in punto di legittimazione all’ esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi, essendo la posizione giuridica dell’impresa dello specifico settore (potenzialmente idonea ad essere invitata) in quanto in possesso delle attestazioni di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubbliche come documentato in atti nella produzione del 4.03.2020, e quindi versante in una posizione differenziata rispetto ad un qualunque altro operatore del mercato (Cons. St. sez. VI, 22 novembre 2012, n.5936).3.2 Ciò chiarito in punto di legittimazione all’accesso, occorre altresì verificare l’interesse nonché il rapporto della strumentalità dell’istanza di accesso presentata dal ricorrente in relazione alla tutela in giudizio della pretesa sostanziale, ad essa sottesa, al conseguimento del contratto in esame.
Come noto, l’art. 22 comma 1, lett b) della legge n. 241/90 nel testo novellato dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15, richiede per la legittimazione attiva all’esercizio del diritto di accesso la titolarità di “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso”.
Ed infatti, la società ricorrente, in qualità di azienda operante nel settore edilizio, è titolare di un interesse a partecipare alle procedure di selezione diretta che si svolgono nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. Tale posizione giurisprudenziale assume ancor più rilievo alla luce della disciplina delle procedure sottosoglia contenuta nel d.lgs. n. 50/2016 e della valorizzazione del principio di rotazione (cfr. Linee Guida ANAC n. 4/2016).
Stante la sopra descritta inclusione della società istante tra i soggetti potenzialmente idonei a partecipare alle procedure oggetto di richiesta ostensiva, è evidente la ricorrenza in atto in capo alla medesima di un interesse diretto concreto ed attuale a verificare, anche a fini risarcitori, che i criteri sanciti in materia dal codice degli appalti a tutela della concorrenza, della trasparenza e della parità di trattamento siano stati osservati; ciò è sufficiente per fondare un diritto all’accesso agli atti relativi alle forniture in economia (T.a.r. Lombardia, Milano, Sez. IV, 21 settembre 2011 n. 2264).3.3 Il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisce infatti un “autonomo diritto all’informazione” accordato per la tutela nel senso più ampio e onnicomprensivo del termine e, dunque, non necessariamente ed esclusivamente in correlazione alla tutela giurisdizionale di diritti ed interessi giuridicamente rilevanti e al fine di assicurare la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa; tale diritto all’informazione, oltre ad essere funzionale alla tutela giurisdizionale, consente agli amministrati di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale per curare o difendere i loro interessi giuridici, con l’ulteriore conseguenza che il diritto stesso può essere esercitato in connessione ad un interesse giuridicamente rilevante, anche se non sia ancora attuale un giudizio nel cui corso debbano essere utilizzati gli atti così acquisiti. Attraverso la tutela giurisdizionale del diritto di accesso sono dunque assicurate all’amministrato trasparenza ed imparzialità, indipendentemente dalla lesione in concreto da parte della P. A. di una determinata posizione di diritto o interesse legittimo, facente capo alla sua sfera giuridica.
Ciò in quanto l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi assurge a “bene della vita autonomo”, meritevole di tutela separatamente dalle posizioni sulle quali abbia poi ad incidere l’attività amministrativa, eventualmente in modo lesivo, in contrapposizione al sistema in vigore fino all’emanazione della l. n. 241 del 1990, fondato sulla regola generale della segretezza dei documenti amministrativi (così T.a.r. Lazio Roma sez. III, 9 giugno 2009, n. 5486; in termini anche Consiglio di Stato sez. VI, 14 dicembre 2004, n.8062; id. sez. V, 23 giugno 2011, n.3812; T.a.r. Emilia Romagna Bologna sez. I, 30 luglio 2014, n.806; T.a.r. Toscana sez. I, 1 luglio 2014, n. 1179).3.4 A sua volta il comma 3 dell’art. 22 cit. prevede che “tutti i documenti amministrativi sono accessibili ad eccezione di quelli indicati all’art. 24 commi 1, 2, 3, 5 e 6” mentre l’art. 24 comma 7, precisa che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.
Secondo la disciplina del diritto di accesso “ordinario” contemplata dagli artt. 22 e seg. della legge 241 del 1990, il rapporto di strumentalità non viene inteso in senso assoluto, dovendo l’accesso essere garantito qualora sia funzionale “a qualunque forma di tutela, sia giudiziale che stragiudiziale, anche prima e indipendentemente dall’effettivo esercizio di un’azione giudiziale” (ex multis Consiglio di Stato sez. V, 23 febbraio 2010, n.1067; id. id. sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4209).
La giurisprudenza ha accolto un’interpretazione estensiva del concetto di “difesa in giudizio” riconducendo a esso ogni forma di tutela di posizioni giuridiche e ha classificato le compressioni previste dai commi 2 e 5 dell’articolo 53 del d.lgs 50/2016 quali norme speciali, rispetto alla legge 241/1990, da interpretarsi in modo restrittivo.
Le deroghe a queste eccezioni, contenute nel comma 6 dell’articolo 53, determinano una riespansione del diritto generale di accedere agli atti, e sono “eccezioni all’eccezione” e, pertanto, regola.
Per tali ragioni, il diritto di accesso difensivo non viene meno a seguito del decorso del termine utile per intraprendere azioni giurisdizionali volte ad esperire la tutela impugnatoria ai fini caducatori (soggetta allo stringente termine decadenziale dimezzato) che non esaurisce lo spettro di forme di difese in giudizio del concorrente non aggiudicatario, ben potendo, anche nella stessa sede giurisdizionale-amministrativa, azionare l’autonoma e concorrente tutela risarcitoria nel più ampio spatium temporis ivi previsto.
Ciò in linea con un univoco trend normativo volto ad ampliare in termini qualitativi e quantitativi il valore della trasparenza amministrativa sia con riguardo alla generale azione della P.A., sia nello specifico settore dei contratti pubblici, per cui dell’accesso c.d. defensionale deve essere data un’opzione ermeneutica non restrittivo-limitativa, ma al contrario ampliativo-estensiva, nel senso appunto di ricondurre al concetto di “difesa in giudizio” degli interessi del concorrente ogni forma di tutela delle proprie posizioni giuridiche.
Per le stesse ragioni l’interesse all’accesso c.d. defensionale ai documenti va sempre valutato in astratto, senza che possa essere operato, con riferimento al caso specifico, alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale (anche sotto il profilo risarcitorio) che l’interessato potrebbero azionare. Quindi la legittimazione all’accesso non può essere valutata “alla stessa stregua di una legittimazione alla pretesa sostanziale sottostante” (ex multis Consiglio Stato sez. IV, 6 agosto 2014, n.4209; id. sez. V 10 gennaio 2007, n. 55; T.a.r. Umbria 30 gennaio 2013, n. 56).4. La valenza autonoma del diritto di accesso rispetto alla pretesa sostanziale sottostante, quantomeno in passato, risultava affermata in giurisprudenza anche in riferimento ai procedimenti di affidamento di contratti pubblici, riconoscendone la tutela anche in assenza di una rituale impugnazione degli esiti del procedimento di gara in relazione alla quale l’accesso è stato richiesto (ex plurimis Cons. St. sez. VI, 7 giugno 2006, n. 3418; id. sez. VI, 9 gennaio 2004, n. 14).
4.1 Rispetto al settore degli appalti pubblici il diritto di accesso si è connotato da specialità, in quanto oggetto di specifica disciplina (art. 13 d.lgs. n. 163/2006 ed ora art. 53 d.lgs. n. 50/2006) caratterizzata da un più stretto rapporto di strumentalità, ovvero quale accesso strettamente “difensivo”.
Infatti, la disciplina dettata in origine dall’art. 13 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 era più restrittiva di quella generale imposta dall’art. 24, l.7 agosto 1990 n. 241, sia sotto il profilo soggettivo, atteso che nel primo caso l’accesso è consentito solo al concorrente che abbia partecipato alla selezione, che sul piano oggettivo, essendo l’accesso condizionato alla sola comprovata esigenza di una difesa in giudizio, laddove il cit. art. 24, l. n. 241 del 1990 offre un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l’accesso ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna restrizione sul piano processuale (così Consiglio di Stato sez. V, 17 giugno 2014, n. 3079; id. sez. VI, 22 novembre 2012, n.5936; T.A.R. Sardegna sez. II, 4 dicembre 2013, n. 821).
L’articolo 53, comma 1, del d.lgs 50/2016 fissa quale principio generale il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, che è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 241/1990 e da disposizioni specifiche.
In relazione alle offerte il diritto di accesso è differito all’aggiudicazione, ma è escluso in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali (articolo 53, comma 5, lettera a del D.Lgs. 50/2016). Nondimeno, pure in relazione a tale ipotesi, è consentito l’accesso al concorrente per la difesa in giudizio dei propri interessi (articolo 53, comma 6, del d.lgs 50/2016).4.2 Tuttavia tale disciplina speciale dell’accesso non è applicabile allorquando le esigenze conoscitive degli interessati non si pongano in conflitto con esigenze di riservatezza dei terzi e/o della stazione appaltante, trovando piena applicazione, invece, la generale disciplina sul diritto di accesso garantita dagli artt. 22 e seg. della legge 241 del 1990 nei confronti di tutti i portatori “di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso”.
Infatti l’art. 53 comma 1 del d.lgs. 50/2016 al comma 1 stabilisce che, salvo quanto previsto dal codice medesimo, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n.241.
In altri termini, se l’accesso è diritto dell’interessato ammesso in via generale dalla norma della l. n. 241/1990, le compressioni di cui ai commi 2 e 5 dell’art. 53 del Codice rappresentano norme speciali e, comunque, eccezionali, da interpretarsi in modo restrittivo (attenendosi a quanto tassativamente ed espressamente contenuto in esse); mentre le deroghe a tali eccezioni, contenute nel comma 6 di tale ultima disposizione, consentendo una riespansione e riaffermazione del diritto generalmente riconosciuto nel nostro ordinamento di accedere agli atti, possono ben essere considerate “eccezioni all’eccezione” e, dunque, nuovamente regola.5. In subiecta materia, peraltro la connotazione di specialità della disciplina sull’accesso ha assunto una portata non più derogatoria, come era stato pure prospettato, ma complementare rispetto alle altre forme di accesso disciplinate dall’ordinamento a seguito del recente intervento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che, con la sentenza 2 Aprile 2020 n. 10, nel dirimere il contrasto esistente in giurisprudenza circa l’applicabilità dell’accesso civico generalizzato agli atti delle procedure di gara, ha affermato che la disciplina dell’accesso civico generalizzato è applicabile anche agli atti delle procedure di gara di cui al d.lgs. n. 33/2013, ferma restando la verifica di compatibilità dell’accesso con le eccezioni di cui all’art. 5 bis nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.
Ed infatti, ribadito l’orientamento volto ad ammettere il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso, il Supremo Consesso ha chiarito che il rapporto tra le due discipline generali, quello dell’accesso documentale e quello dell’accesso generalizzato, non può essere letto in base ad un criterio di specialità e di esclusione reciproca, ma secondo un canone ermeneutico di completamento/inclusione in quanto: “la logica di fondo sottesa alla reazione tra le discipline non è quella della separazione, ma quella della integrazione dei diversi regimi, pur nelle loro differenze, in vista della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo che rifugge in sé da una segregazione assoluta “per materia” delle singole discipline”. Ed infatti: “L’accesso generalizzato, quale via elettiva della trasparenza, soddisfa dunque ampiamente questo diffuso desiderio conoscitivo finalizzato alla garanzia della legalità nei contratti pubblici che è, per così dire, la rinnovata e moderna cifra dell’evidenza pubblica”. Ciò è stato ribadito anche con riferimento alla concocrrente figura dell’accesso civico ed agli obblighi di pubblicazione degli atti di gara previsti dalla legge n. 190/2012 e dall’art. 37 del d.lgs. n. 33/2013, e dall’art. 29 del d.lgs. 50/2016, in quanto l’Adunanza Plenaria ha chiarito che la sussistenza di obblighi di pubblicazione di numerosi atti in materia di gara non può condurre all’esclusione dell’accesso civico generalizzato sul rilievo che gli obblighi “proattivi” di pubblicazione soddisferebbero già, in questa materia, il bisogno o, comunque il desiderio di conoscenza che contraddistingue il principio di trasparenza. In questa logica di integrazione l’obbligatoria pubblicità di determinati atti è solo un aspetto della trasparenza che si manifesta e si completa nell’accessibilità degli atti nei termini previsti per l’accesso civico generalizzato.5.1 Alla luce delle coordinate ermeneutiche tracciate dalla Adunanza Plenaria si appalesa illegittimo il diniego opposto dall’amministrazione basato sulla genericità dell’istanza nonché su una previa pubblicazione degli atti restata tuttavia indimostrata in giudizio.
A ben vedere, l’istanza di accesso agli atti oggetto del presente giudizio non risulta motivata con riferimento ad una disciplina specifica in materia di accesso. In tal caso, stante la complementarietà delle normative in materia, l’Adunanza Plenaria ha chiarito che in presenza di istanze c.d. ancipiti ossia che non fanno riferimento in modo specifico e circostanziato alla disciplina dell’accesso procedimentale o a quella dell’accesso civico generalizzato, la pubblica amministrazione ha il dovere di rispondere, in modo motivato, sulla sussistenza o meno dei presupposti dell’una o dell’altra forma di accesso, valutando sia l’interesse dell’istante uti singulus ex art. 22 della legge n.241/1990, sia l’interesse uti civis nei limiti del c.d. public interest test.
Allo stesso modo, nella fase giurisdizionale, si è affermato nella stessa pronuncia che, in sede di esame del ricorso avverso il diniego di un’istanza di accesso motivata con riferimento alla disciplina ordinaria di cui alla legge n. 241/1990, è precluso al giudice amministrativo accertare la sussistenza del diritto del richiedente secondo i più ampi parametri di legittimazione attiva stabiliti dalla disciplina sull’accesso civico generalizzato, stante l’impossibilità di convertire, in sede di ricorso giurisdizionale, il titolo dell’accesso rappresentato dall’amministrazione sotto l’uno o l’altro profilo.
Nella specie l’amministrazione ha dato riscontro all’istanza in argomento qualificando l’istanza alla stregua di un accesso documentale ex art. 22 della legge n. 241/1990, nel cui ambito resta quindi circoscritto l’invocato sindacato giurisdizionale.5.2 La pretesa ostensiva della società istante, a differenza di quanto affermato nel diniego impugnato, non riveste carattere generico, in quanto basata su un interesse diretto concreto ed attuale preesistente all’istanza di accesso in ragione dell’adozione di atti amministrativi che l’amministrazione ha posto in essere, e che avrebbero vista coinvolta la ricorrente quale impresa interessata e candidata ad un affidamento diretto di lavori. Si tratta a ben vedere di un bisogno di conoscenza strumentale alla difesa di una situazione giuridica, distinta dalla posizione legittimante, agganciata alla precisa violazione di un dovere giuridico da parte dell’amministrazione intimata, e che comunque non deve sfociare necessariamente in un esito contenzioso. Gli atti oggetto di richiesta ostensiva sono infatti suscettibili di spiegare effetti diretti o indiretti nei confronti dell’interesse partecipativo sottostante dell’impresa ricorrente, avendo limitato o inciso sulle chances di partecipazione poste a base dell’interesse fatto valere. Ciò a differenza di quanto avviene nel caso dell’accesso civico generalizzato ove il “desiderio di conoscenza” può riguardare “chiunque” ed è orientato più genericamente allo scopo di favorire “forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.
In particolare, come si è innanzi anticipato, le esigenze ostensive della ricorrente appaiono senz’altro funzionali al proprio interesse alla verifica di eventuali infrazioni al corretto spiegarsi della libera concorrenza oltre che alla stessa tutela giurisdizionale, quale operatore economico dello specifico settore.
Tali esigenze sono ravvisabili sia per gli appalti di importo inferiore a 40.000 euro sia per quelli di importo superiore dal momento che ai sensi dell’art. 36 del d.lgs n. 50/2016 essi avvengono:
a) per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici o per i lavori in amministrazione diretta;
b) per affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all’articolo 35 per le forniture e i servizi, mediante affidamento diretto previa valutazione di tre preventivi, ove esistenti, per i lavori, e, per i servizi e le forniture, di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti. I lavori possono essere eseguiti anche in amministrazione diretta, fatto salvo l’acquisto e il noleggio di mezzi, per i quali si applica comunque la procedura di cui al periodo precedente.
Ai sensi del comma 1 del medesimo art. 36 l’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese.
In sostanza, l’art. 36 cit. prescrive, in via generale, che il procedimento di selezione del contraente privato sia svolto nell’osservanza dei principi di non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità. Nell’ottica del legislatore l’esigenza di massima semplificazione delle procedure “sotto soglia” deve, infatti, contemperarsi con il rispetto dei criteri di trasparenza e imparzialità che regolano l’affidamento dei contratti pubblici, ciò nella considerazione che le procedure in parola sono uno dei più frequenti ambiti di operatività di pratiche discriminatorie o clientelari.
Inoltre, nessuna esigenza di tutela della riservatezza è ravvisabile né pare concretamente sussistente, per cui il diniego opposto dall’Amministrazione è pertanto ingiustificato e va quindi affermato il diritto di accesso del ricorrente alla documentazione richiesta in quanto funzionale per la difesa dei propri interessi giuridici, a norma degli artt. 22 e seg. l. 241/90, nel senso e nei limiti di seguito precisati.
Tra i documenti oggetto di richiesta ostensiva e l’interesse fatto valere sussiste un rapporto di strumentalità che va inteso in senso ampio, ossia in modo che la documentazione richiesta deve essere mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse.
In proposito, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito (cfr. Sezione V, 27 settembre 2004, n. 6326; 24 maggio 2004, n. 3364; 1° giugno 1998, n. 718; 15 giugno 1998, n. 854; Sezione IV, 17 gennaio 2002, n. 231) che la tutela del diritto all’informazione e alla conoscenza dei documenti della Pubblica Amministrazione assicurata dal legislatore con le norme sull’accesso non può dilatarsi al punto da imporre alla P.A. un vero e proprio facere, che esula completamente dal concetto di accesso configurato dalla legge, consistente soltanto in un pati, ossia nel lasciare prendere visione ed al più in un facere meramente strumentale, vale a dire in quel minimo di attività materiale che occorre per estrarre i documenti indicati dal richiedente e metterli a sua disposizione.
Pertanto, tenuto conto della natura dell’interesse fatto valere in giudizio, della funzione defensionale dell’istanza, e la portata temporalmente circoscritta della richiesta, va esclusa la natura esplorativa dell’istanza, e l’accesso va consentito in quanto necessario alla tutela delle prerogative di parte ricorrente, avendo ella interesse a verificare con quali modalità e rispetto a quali procedure siano state individuate le ditte da invitare alle procedure di selezione per l’affidamento diretto di lavori, per un arco di tempo determinato, nonché per una data tipologia di procedure di minimo importo.
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