Consiglio di Stato, sez. V, 02.08.2019 n. 5504
Nonostante l’art. 6, comma 4, l. n. 537 del 1993 sia stato ritenuto in giurisprudenza come norma imperativa insuscettibile di essere derogata in via pattizia e dotata della capacità di sostituirsi a pattuizioni contrarie delle parti (cfr. Cons. Stato, III, 6 dicembre 2017, n. 5751), si tratta di qualificazione effettuata in ragione delle finalità della disposizione di legge, che consistono nell’assicurare il mantenimento della qualità delle prestazioni a favore dell’amministrazione e della corrispettiva convenienza per il privato che le effettua. Nessuna ragione si oppone, invece, al limite convenzionale alla revisione prezzi per il primo anno di contratto. Come risulta da un recente precedente di questa V Sezione del Consiglio di Stato: “… deve precisarsi che la revisione dei prezzi secondo le descritte modalità in tanto è concepibile in quanto si riferisca alle annualità di contratto successive alla prima. Per quest’ultima deve infatti presumersi che i prezzi utilizzati per raggiungere l’equilibrio contrattuale siano quelli attuali e che dunque nessuna onerosità eccessiva per la parte privata possa configurarsi. Pertanto, l’alterazione dell’equilibrio economico del contratto può configurarsi solo con il decorso del tempo e quindi a partire dalle annualità successive alla prima. Ad opinare nel senso della […] dovrebbe invece assumersi un contratto già oneroso al momento della sua sottoscrizione. Ma di fronte a questa evenienza – in ipotesi configurabile laddove la stipula seguisse di molto tempo la conclusione della procedura di affidamento – il privato sarebbe tutelato dai limiti di validità della propria offerta e dalla conseguente facoltà di rifiuto a sottoscrivere il contratto. Poiché tuttavia ciò non si è verificato nella presente fattispecie deve conseguentemente ritenersi che la mancata revisione per il primo anno di contratto sia conforme alla norma imperativa di cui all’art. 6, comma 4, l. n. 537 del 1993” (Cons. Stato, V, 28 marzo 2018, n. 1940).
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