Revisione prezzi ed altri istituti di riequilibrio del sinallagma contrattuale : obiettivo non è azzeramento del rischio di impresa

Consiglio di Stato, sez. V, 29.12.2022 n. 11635

In primis, è opportuno premettere che la finalità dell’istituto della revisione dei prezzi è da un lato quella di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte, dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (così, da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 06/09/2022, n. 7756).
Con la previsione dell’obbligo della revisione periodica del prezzo di un appalto di durata il legislatore ha, infatti, inteso munire i contratti di forniture e di servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, verifichi la congruità del corrispettivo, con beneficio, incidente sull’equilibrio contrattuale, per entrambi i contraenti, sia perché l’appaltatore vede ridotta, ma non certo eliminata, l’alea propria dei contratti di durata, sia perché la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento della qualità o quantità di una prestazione divenuta per l’appaltatore eccessivamente onerosa o, comunque, non remunerativa (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 06/09/2022, n. 7756; conforme Cons. Stato, Sez. V, 08/03/2010, n. 1333).
In proposito, la prevalente giurisprudenza è orientata nel senso di ritenere che gli istituti volti al riequilibrio del sinallagma contrattuale non assumano affatto come obiettivo l’azzeramento del rischio di impresa, connesso alla sopportazione in capo all’appaltatore dell’alea contrattuale normale riconducibile a sopravvenienze, quali l’oscillazione generale e diffusa dei prezzi, dovendosi fare riferimento non già ad aumenti di costi di fattori della produzione prevedibili – anche dal punto di vista della loro consistenza valoriale – nell’ambito del normale andamento dei mercati relativi, bensì al fatto di aver fornito la prova “rigorosa”, non circa il maggior costo sostenuto rispetto a quello ipotizzato in sede di offerta, ma in merito alla sussistenza di eventuali circostanze imprevedibili che abbiano determinato aumenti o diminuzioni nei costi.
Di conseguenza “la periodicità della revisione non implica affatto che si debba azzerare o neutralizzare l’alea riconosciuta dal codice civile per i contratti commutativi di durata, come confermata dalla disciplina di cui all’art. 1664 c.c. (applicabile in via generale a tutti gli appalti, con esclusione dei contratti pubblici secondo il principio di specialità) che impone alle parti di provare la sussistenza di eventuali circostanze imprevedibili che abbiano determinato aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, e che accorda la revisione solo per la differenza che ecceda il decimo del prezzo complessivo convenuto, di modo che –osserva il Collegio- risulterebbe ben singolare una interpretazione che esentasse del tutto, in via eccezionale, l’appaltatore dall’alea contrattuale, sottomettendo in via automatica ad ogni variazione di prezzo solo le stazioni appaltanti pubbliche, pur destinate a far fronte ai propri impegni contrattuali con le risorse finanziarie provenienti dalla collettività” (Cons. Stato, Sez. III, 25/03/2019, n. 1980).

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